Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

I CLASSICI: Il posto sbagliato, il momento sbagliato, BDSM Hard, Sadomaso

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-triskell-
view post Posted on 1/7/2012, 20:55 by: -triskell-     +1   -1
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Rracconto non autografo, ma tratto dal web
dal blog di MaurizioWylder, storiebdsm.blogspot.com, autore MaurizioWylder
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Prologo

Giovanni camminava lungo una strada semi-deserta fuori città, una rosa in mano e un sorriso un po' ebete. Era felice perché finalmente era riuscito ad ottenere un appuntamento con Mirella, la sua collega dell'ufficio paghe. Mirella era una ragazza molto carina, forse un po' troppo giovane per lui. “Macchisenefrega,” aveva pensato Giovanni, “si vive una volta sola”. Lei all'inizio era stata restia alle avance di lui, ma lui tutto sommato non era male e così lei pensò “Macchisenefrega, si vive una volta sola” e cedette. Si diedero appuntamento in un locale fuori città, un piccolo ristorante lungo la statale tra il paesino di lui e quello di lei. Giovanni arrivò con largo anticipo ma la sfortuna e la scarsità di parcheggi lo obbligarono a posteggiare un po' distante, giusto un paio di minuti a piedi. “Pazienza, questa sera non mi faccio certo rovinare l'umore per questa cazzata.” e s'incamminò lungo il marciapiede.

Capitolo 1

Nel frattempo un tipo molto più strano stava vivacemente disturbando tutti i santi in paradiso, e non si fermava a loro, per una gomma bucata che gli stava impedendo di arrivare in orario al suo appuntamento. Un appuntamento anch'esso molto più strano di quello di Giovanni.
Mario era un masochista, uno di quelli del tipo più estremo, quelli che in gergo si chiamano pain slut. A Mario piaceva essere sottoposto alle torture più dolorose, essere frustato a sangue, perforato da uncini, calpestato con tacchi limati a punta e molto altro ancora. Maggiore era il dolore e maggiore il suo piacere. Era anche un feticista e la perfezione per lui era un delicato piedino, velato da calze nere, che devastava il suo corpo a suon di calci con scarpe a punta e colpi di tacco acuminato. Per soddisfare la sua voglia di dolore e non avendo una partner che condividesse gli stessi gusti, Mario era diventato un frequentatore di Pro-Dom. Queste provvedevano a fargli provare quello che lui cercava dietro un congruo compenso. Ma nonostante la buona condizione economica gli consentisse di frequentare queste Mistress piuttosto spesso, Mario non era del tutto soddisfatto. Non aveva ancora trovato la Mistress che gli facesse provare la vera “Paura” con la P maiuscola, quella che si prova a non avere il controllo della situazione. Le Mistress gli facevano si molto male, ma era lui a controllare il gioco con le sue richieste. La coscienza di dominare dal basso rovinava tutto.
Qualche giorno prima Mario aveva contattato una nuova Mistress trovata su internet. Nel suo sito Mistress Pain prometteva le peggiori torture a chi avesse avuto il coraggio di presentarsi a lei ed esortava i novizi e chi non aveva resistenza al dolore di stare alla larga. Nella galleria fotografica la Mistress fissava con occhi gelidi i navigatori del web torreggiando in mezzo a una stanza attrezzata con ogni tipo di strumento BDSM. Nella sezione dedicata all'abbigliamento facevano bella mostra di se scarpe e stivali di varia foggia e stile trai quali spiccavano alcune paia con tacchi simili a chiodi d'acciaio e dalla tomaia affusolata e coperta anch'essa di metallo. Nella sezione degli strumenti invece c'erano le immagini di spilloni di ogni dimensione, attrezzi per la marchiatura a fuoco e ogni altro strumento di tortura che Mario conosceva e molti altri che non aveva mai visto ma dall'aspetto terribile. Forse aveva trovato la Mistress che faceva al caso suo. Prese il telefono e chiamò il numero che trovò nella pagina contatti.
Angela, in arte Mistress Pain, stava tranquillamente sorseggiano un tè a casa sua quando il cellulare squillò. Era il telefono di lavoro. “Oh Dio, sarà un altro stupido verme senza spina dorsale. Se una volta tanto leggessero bene le mie avvertenze”. «Pain, chi parla?» disse con voce gelida «Mi scusi se la disturbo Mistress, vorrei chiederle se è possibile avere un appuntamento» «Hai letto il mio sito?» Mario era già turbato dalla voce, non ne aveva mai sentite di così dure «Si Mistress» «Quindi sai che faccio solo BDSM estremo, niente roba mentale o dominazione soft, giusto? Giusto vero?» Mistress Pain sottolineò marcatamente le ultime parole. L'ultimo che l'aveva chiamata era un deficiente che voleva che gli si sedesse solo sul volto. Nemmeno da dire che l'aveva coperto di tali insulti con una voce talmente dura che il tizio aveva cominciato a balbettare al telefono delle scuse durante le quali lei gli chiuse il telefono in faccia. «Si Mistress, è per questo che ho osato chiamarla» “Finalmente qualcuno che sa leggere e sa anche stare al suo posto” pensò Angela. «Bene.» continuò con il suo tono duro «Ora ti spiego le mie regole, se le accetti ci incontreremo altrimenti non se ne fa nulla» «La ascolto Mistress» rispose Mario con il battito accelerato e le mai che sudavano per il nervosismo e l'eccitazione. «Primo. Tu non puoi scegliere nulla di ciò che ti farò. Fin che sarai con me sarai mio schiavo, questo significa che io e solo io decido cosa fare e cosa no. Non me ne frega un cazzo di cosa tu preferisci. Hai capito verme?» Mario non poteva credere alle sue orecchie, finalmente una vera Padrona come aveva sempre desiderato. «Si Mistress, ho capito.» «Secondo. Io ci vado pesante e in crescendo. In ogni momento della sessione potrai scommettere che quello che stai provando potrà solo peggiorare. Unica tua via d'uscita è la safe-word che decideremo ora. Se userai la safe-word il nostro incontro terminerà e dovrai andartene. Non sono previsti rimborsi. Quarto. Alcuni dei trattamenti a cui potrò sottoporti lasceranno segni indelebili e altri potrebbero avere come risultato danni al tuo fisico anche permanenti. Questo è il motivo per cui ti darò sempre il tempo di usare la safe-word prima di iniziare un nuovo trattamento, ma se non l'userai io andrò fino in fondo. Hai capito? Hai capito veramente bene?» Angela voleva essere sicura di questo. Era una sadica ma non una psicopatica e non voleva certo causare danni a chi non era pronto a subirli. «Si Mistress» fu la risposta decisa di Mario il cui cazzo stava spingendo per uscire dai pantaloni. Mai nessuna Mistress lo aveva eccitato a tal punto, e solo parlando poi. «Ripeto, se non userai la safe-word potresti subire danni anche permanenti, perché io non mi fermo nemmeno se ti rompo le ossa. Hai capito bene?» «Si Mistress. Se non userò la safe-word potrò avere danni fisici permanenti. Ho capito Mistress.» Anche Angela era eccitata, finalmente uno schiavo che sembrava essere abbastanza deciso, forse avrebbe finalmente potuto godere anche lei. Era parecchio tempo che non riusciva ad avere un orgasmo come si deve. Essere una vera sadica poteva anche essere un handicap. Se non torturava qualcuno come si deve non riusciva a godere e a quel livello di dolore solo pochi resistevano. Forse questo le avrebbe dato finalmente un po' di godimento. «Bene, vedo che sei sveglio. Immagino che tu abbia letto cosa mi piace fare come role-play. Adoro mettere su una scena convincente, rende tutto più reale. Puoi scegliere tra quelli scritti sul sito, a me vanno bene tutti, altrimenti non li avrei scritti.» La voce di Angela si era un po' addolcita, ma non troppo. Per quanto sveglio quello al telefono restava comunque un verme che presto avrebbe avuto occasione di schiacciare.
Mario aveva letto molto attentamente il sito e diverse opzioni gli balenarono in mente tra quelle lette e nessuna prometteva dolcezza. Torturatrice delle SS, simulazione di rapimento, dottoressa sadica, interrogatorio ecc... Tra tutte una continuava a stuzzicare la mente di Mario che chiese «Mi scusi, in cosa consiste il “rapimento”?» «Funziona così, ci mettiamo d'accordo su un luogo, un ora precisa e un metodo di riconoscimento. Io arrivo e ti rapisco. Ti porto bendato nel tuo luogo di prigionia per torturarti a mio piacimento. Ti troverai nelle mani di una sadica che vuole torturarti perché gode a farlo. Tutto sommato non dovrò nemmeno recitare.» un risolino arrivò all'orecchio di Mario che provò un brivido lungo la schiena. «Durata non meno di ventiquattro ore, sempre che tu non usi la safe-word prima. Ti avviso, questa è la fantasia che mi scatena di più.» Mario deglutì nervoso prima di parlare «Vorrei questo Mistress.» «Ne sono lieta. Ora... la safe-word è “semaforo rosso”. Ripeti.» «Semaforo rosso» «E bravo il vermetto. Vedi di ricordarla altrimenti sarà peggio per te. La ricorderai?» «Certo Mistress, se rientra nei suoi gradimenti mi piacerebbe molto che usasse i piedi calzati per torturarmi. Sa... calci, trampling con i tacchi a spillo, cose così.» «Cazzo! Come osi fare richieste? Ti ho detto che farò quello che mi pare, punto e basta. Tu non hai voce in capitolo, è chiaro?! Comunque ritieniti fortunato, ho una predilezione particolare nell'usare i piedi per torturare, forse più di quanto tu vorresti...» Partì un'altra risata e questa volta Mario cominciò a pensare che forse stava facendo la cosa sbagliata. «Comunque ricordati una cosa, tu dovrai comportarti come se non ti piacesse essere torturato, deve sembrare un vero rapimento, come se tu non fossi consenziente. Torturare quelli a cui piace non mi eccita, quindi vedi di recitare bene.» «Si Mistress, farò del mio meglio.» Seguirono gli accordi sul luogo, l'ora e il metodo di riconoscimento: una rosa in mano.

Capitolo 2

Giovanni si incamminò lungo la strada senza fretta, era in anticipo sull'appuntamento e non aveva fretta di arrivare al ristorante. Anzi era un po' nervoso e giocherellava con la rosa fantasticando su come sarebbe potuta andare tra lui e Mirella. All'improvviso una macchina lo supera e inchioda davanti a lui. Ne scende una bella donna, molto appariscente, inguainata in miniabito di latex nero e lucido, aderente come una seconda pelle. Collant neri e stivali a mezza coscia dalla punta affusolata completavano un abbigliamento a dir poco aggressivo. La donna lo avvicina a passi svelti e, appena fu a un paio di metri portò avanti il braccio che teneva dietro la schiena per puntarli in faccia una pistola. «Voltati, mani sulla testa e apri bene le gambe. SUBITO!» gli urla la donna. Giovanni si mosse lentamente e si mise nella posizione richiesta. «Credo che ci sia un err...» Un calcio improvviso tra le gambe colpì Giovanni che si accasciò lentamente al suolo tenendosi l'inguine con entrambe le mani. La donna gli girò in torno e lo colpì con un secondo potente calcio nello stomaco. «Stai zitto verme!» Giovanni portò un braccio davanti allo stomaco per proteggersi mentre l'altra mano restava a coprire i testicoli doloranti. L'aria non voleva saperne di rientrare nei suoi polmoni nonostante i suoi sforzi per riprendere a respirare. Con gli occhi sbarrati di terrore guardava la donna che gli puntava la pistola e sorrideva soddisfatta. «Ora tu vieni con me e fai il bravino se non vuoi un proiettile in testa.» Giovanni riuscì finalmente a recuperare un pochino di fiato e cercò di parlare di nuovo «Non so chi lei crede che io sia, ma...» Questa volta il calcio arrivò in pieno volto e la solida punta affusolata dello stivale contribuì a rendere il colpo devastante. Giovanni si trovò sdraiato sulla schiena e non fece in tempo a toccarsi il viso che un altro calcio lo colpì al fianco destro facendolo rotolare sulla pancia. Il respiro si bloccò di nuovo e mentre Giovanni annaspava per recuperare l'uso dei polmoni la donna gli si parò davanti. Giovanni vedeva le punte degli stivali davanti ai suoi occhi e vide uno dei due piedi sollevarsi per andare ad appoggiare il lungo e sottile tacco metallico sulla sua guancia.
Angela, ora nei panni di Mistress Pain, guardò l'uomo a terra che si lamentava mentre gli avvitava con forza il tacco nella guancia. Possibile che questo verme flaccido abbia avuto il coraggio di chiamarla per uno dei suoi trattamenti? Un essere così molle da non sopportare qualche calcetto senza afflosciarsi a terra come uno straccio. Com'era possibile che quell'invertebrato lamentoso fosse il masochista che le aveva dato mano libera? “Mmmm... Si lamenta come se non potesse sopportare... però non usa la safe-word e quindi vuole andare avanti. Che sia solo un bravo attore? Comunque cazzi suoi. Ha scelto lui e inoltre mi ha pagata in anticipo come concordato quindi fin quando non userà la safe-word starò ai patti. Gli farò provare come può essere l'inferno in terra.” Guardò Giovanni e notò che il tacco aveva logorato la pelle della guancia che iniziava a sanguinare. La cosa la eccitò e spinse il tacco ancora più forte senza smettere di avvitarlo, strappando a Giovani un urlo di dolore. Parlò con incongrua dolcezza «Mio piccolo verme, ora tu stai zitto e ubbidisci o ti massacro di calci e poi ti ammazzo li dove sei. Ubbidirai?» Giovanni, terrorizzato da quella che ai suoi occhi appariva come una pericolosa psicopatica biascicò da sotto il tacco un «Scì...» . Con destrezza da esperta Angela gli mise un paio di manette ai polsi legandoli dietro la schiena. Quindi gli mise un paio di cavigliere unite da una corta catena. «Di certo ora non scappi più da nessuna parte.» disse ridendo. Andò alla macchina e aprì il bagagliaio, quindi tornò da Giovanni e lo prese per i capelli, costringendolo a rialzarsi come meglio gli consentivano le catene. «Vai alla macchina ed entra nel bagagliaio. VELOCE!» Giovanni si incamminò a piccoli passetti, rischiando più volte di cadere. Arrivati alla macchina Miss Pain gli diede uno spintone facendolo ribaltare dentro il bagagliaio. L'auto era una grossa berlina Mercedes e il bagagliaio poteva ospitare Giovanni senza problemi. Appena fu dentro Miss Pain prese dal fondo del bagagliaio un bavaglio a palla, e glielo ficcò in bocca a forza allacciandolo poi dietro la testa più stretto che poteva. Giovanni si lamentò per il dolore che le cinghie causavano alle labbra ma gli uscì solo un leggero mugolio. Angela sorrise tra se per il buon lavoro e poi colpì ripetutamente Giovanni con dei pugni al volto. I guantini di pelle con le nocche borchiate accentuarono parecchio il dolore causato dai colpi e sul sopracciglio sinistro di Giovanni si aprì un piccolo taglio. Angela si chinò e gli sussurrò nell'orecchio «Se ti sento ancora prima di essere arrivati ti infilo la pistola nel culo e te la scarico dentro. Sono stata chiara?!» Giovanni si guardò bene dal cercare di rispondere con un si e invece annuì, tutto sommato non era un cretino.
Ad Angela piaceva da matti fare la parte della pazza psicopatica e doveva ammettere che come attore quel vermiciattolo se la stava cavando almeno altrettanto bene. Si stava eccitando come poche altre volte in vita sua. Nelle fantasie erotiche di Angela l'abuso su una vittima non consenziente e, soprattutto, non masochista ricorreva spesso e, immancabilmente, l'orgasmo giungeva forte. Ogni volta poi finiva con il pensare “Peccato che sia illegale avere schiavi e torturarli a piacere come ai tempi dei paesi schiavisti. Un vero peccato.” Non si contavano le volte in cui si era masturbata immaginando di rapire e torturare una vittima scelta a caso. E, per ora, questo verme sembrava riuscire a darle almeno la sensazione di realizzare quella sua fantasia. Certo, c'erano stati molti altri che le avevano chiesto un trattamento simile, però nessuno le aveva dato così tanta mano libera. E, in particolare, nessuno era stato un buon attore. Restavano li, a farsi picchiare, inermi o addirittura eccitati, certo non sembravano una vera vittima. Questo invece si comportava proprio come un inconsapevole vittima, preda di una pazza sconosciuta. Le faceva provare dei brividi di eccitazione che non aveva ancora mai provato. Tranne forse quella volta con suo cugino Marco...
All'epoca Angela era ancora una ragazza di soli sedici anni e Marco, a tredici anni, era appena entrato nell'adolescenza. Era primo pomeriggio ed erano a casa da soli perché le loro madri erano uscite insieme a fare shopping. Quello stronzo di Marco le aveva preso una delle Barbie della sua collezione, la sua preferita per giunta. Il cretino le mostrava la bambola e la sfidava a riprendersela, sempre che ne fosse capace. All'epoca lei aveva già un fisico quasi da adulta. Marco invece non aveva ancora iniziato quel veloce sviluppo degli adolescenti e rispetto a lei era un tappo mingherlino. Angela davanti a quella provocazione non ci vide più. Fuori di sé lo raggiunse con un balzo e gli diede uno spintone spedendolo a terra lungo disteso. Marco si mise a frignare mentre lei gli strappava di mano la bambola. Poi, guardandolo dall'alto in basso gli rifilò un calcio nelle costole per vendicarsi. Marco si contorse per il dolore con il fiato mozzo. Angela lo guardò e sentì uno strano calore avvolgerla. Istintivamente si portò una mano all'inguine provando uno strano piacere. Non sapeva ancora cosa stava provando. Con le sue amiche aveva parlato di sesso ma sempre riferito ad atti piacevoli con i ragazzi, non certo al picchiarli. Ma vedere il suo cuginetto contorcersi a terra per il dolore causato da lei la stava eccitando. Senza riflettere lo colpì di nuovo, e di nuovo, sempre più veloce e sempre più forte. Dopo poco stava facendo piovere sul cugino una tempesta di calci. Il fatto di indossare gli stivali che sua madre le aveva da poco regalato, dotati di una discreta e solida punta, contribuiva ad eccitarla ancora di più. Colpiva ovunque le capitava. Ogni parte del corpo non fosse protetta dalle mani di Marco veniva bersagliata. Costole, pancia, volto e soprattutto i testicoli. Colpiva e rideva dei lamenti di suo cugino. Più colpiva e più si eccitava. Più si eccitava e più forte colpiva. Quando si accorse che Marco sanguinava copiosamente da naso e bocca si fermò in preda al suo primo orgasmo. Si sollevò la gonna e infilò la mano nelle mutandine masturbandosi oscenamente di fronte al cugino che piangeva e si lamentava a terra, mugolando e ansimando di piacere Quando si riprese da quel orgasmo esplosivo Marco era ancora li a terra che si lamentava sommessamente, gli occhi e le labbra gonfi come palloni, si teneva le costole respirando a fatica. Angela capì che se voleva farla franca doveva terrorizzarlo. Si chinò su di lui e gli disse «Ora ricorda bene... sei uscito e hai incontrato dei ragazzi sconosciuti che ti hanno ridotto così per rubarti i soldi che avevi in tasca e il tuo cellulare.» Mentre parlava gli frugava nelle tasche prendendogli il telefonino e i soldi. «Se parli ti vengo a prendere e ti sfondo la testa a calci. Mi sono spiegata?» Mise il cellulare di Marco sul pavimento «Fai conto che questa sia la tua faccia...» disse e cominciò a colpire ripetutamente il telefono con il tacco fino a ridurlo a pezzettini. «Allora, mi sono spiegata?» Marco scoppiò in lacrime e si pisciò addosso per il terrore. Certamente non l'avrebbe tradita. Angela, vedendo quale livello di terrore era riuscita ad incutere in suo cugino, si eccitò di nuovo e ricominciò a masturbarsi, guardandolo piangere rannicchiato in un angolo in una pozza di piscio. Fu quel giorno che Angela scoprì il proprio sadismo e il piacere nel provocare dolore e terrore.
Mentre chiudeva il bagagliaio su Giovanni pensò “Speriamo solo che non getti la spugna troppo presto.” Si mise alla guida e partì diretta alla propria villa fuori città.

Capitolo 3

Angela fermò la macchina davanti alla villa. Scese ed andò ad aprire la porticina che dava direttamente nel seminterrato dove aveva il suo attrezzatissimo doungeon. Ogni tipo di strumento di tortura trovava il suo posto sulle pareti e sui tavoli. Era tutto in bella vista così da innervosire gli schiavi che venivano per le sessioni. Tornò alla macchina e, impugnando la finta pistola con cui aveva terrorizzato Giovanni, aprì il bagagliaio.
«Scendi!»
Gli intimò Angela puntandogli la pistola al volto. Giovanni cercò di scendere ma era impedito dai polsi legati dietro la schiena e dalla corta catena che gli univa le caviglie.
«Hai dieci secondi per scendere, poi ti sparo in un ginocchio.»
Sibilò Angela spostando la pistola verso la gamba di Giovanni. Era proprio un'attrice perfetta, forse perché stava interpretando quello che veramente avrebbe voluto poter fare a qualcuno. Giovanni si precipitò come poté fuori dal bagagliaio, finendo di faccia nella ghiaia che ricopriva il vialetto.
«Bravo. Vedi che se vuoi ci riesci ad ubbidire?»
Disse Angela divertita dalla scena.
«Ora alzati se non vuoi essere preso a calci di nuovo. »
Giovanni ci provò ma appena fu sulle ginocchia gli arrivò un tremendo calcio nei testicoli che lo fece accasciare a terra. Angela rise di gusto
«Ti avevo avvisato. Non è forse vero?»
Lacrime di dolore uscirono dagli occhi di Giovanni mentre cercava in tutti i modi di risollevarsi nonostante il dolore. Non voleva rischiare un altro calcio.
«Ora ascolta bene perché ti dirò cosa fare e lo dirò una volta sola. Sai che ti conviene non farmi arrabbiare. »
Angela rivolse a Giovanni con uno sguardo gelido che gli fece ghiacciare il sangue.
«Vai verso quella porta e entra, Io ti chiuderò la porta alle spalle. Ci sono delle scale, scendile. Quando arrivi in fondo entra nella stanza che vedrai di fronte a te. Su uno dei tavoli della stanza ci le chiavi delle manette e delle cavigliere, usale. Quando sarai libero ti dovrai spogliare nudo e mettere i vestiti nel bidone che troverai vicino al tavolo. Appena fatto ti rimetterai le cavigliere e le manette così come sono ora. Poi andrai in centro alla stanza e ti metterai in ginocchio e li aspetterai fino a quando arriverò. Ci sono delle telecamere e controllerò ogni tua mossa. Fai una cazzata e appena entro ti ammazzo. »
Angela fece un cenno con la pistola in direzione della porticina aperta che dava verso il seminterrato della villa. Giovanni si incamminò a piccoli passi con la testa china, cercando di non ascoltare il dolore sordo che continuava ad arrivare dai testicoli. Appena dentro sentì uno schianto dietro di sé. Angela aveva chiuso la porta e la stava chiudendo a chiave. Il rumore della serratura lasciava intuire che non era certo una normale porticina ma piuttosto una ben oliata porta blindata.
Dopo aver chiuso la porta a chiave Angela si diresse in casa soddisfatta. La giornata aveva tutti i presupposti per diventare una delle migliori che avesse mai vissuto. Quel tizio agiva veramente come una vittima inerme e la cosa la stava eccitando come poche altre volte in vita sua. Una volta in casa si diresse in camera sua e accese il monitor collegato con il seminterrato. Il verme era arrivato nella sala delle torture e si stava guardando attorno. Angela scommise con se stessa che la vista degli oggetti di tortura sul tavolo e sulle pareti lo stavano facendo cagare sotto. “Dovrò comprarmi un nuovo sistema a colori e più definito. Voglio poter vedere come sbiancano quando entrano lì dentro.” pensò. Poi si diresse nella cabina armadio dove, oltre ai normali abiti, facevano bella mostra di se un'incredibile varietà di abbigliamento fetish di ogni foggia. Angela guadagnava molto bene con il suo lavoro di pro-dom. I clienti la pagavano profumatamente per essere torturati come meglio aggradava a lei. Poteva sembrare un assurdo ma era così e a lei certo non dispiaceva. Il cliente che l'aveva chiamata per essere rapito e che, a insaputa di Angela, ora stava sul ciglio della strada con una rosa in mano, era stato felice di anticipare ben tremila euro per un intero weekend di torture. Da venerdì sera alla mezzanotte di domenica. -Saranno più di quarantotto ore di inferno, ti avviso.- gli aveva detto lei. -E' quello che voglio.- aveva risposto lui. Angela aveva clienti quasi ogni giorno, che difficilmente però restavano più di un paio d'ore. Pagavano centinaia di euro a testa e Angela viveva molto agiatamente. La casa era perfettamente pulita ed ordinata per merito di uno schiavo che la pagava per l'onore di farle le pulizie vestito e truccato da cameriera. Naturalmente, nonostante il lavoro perfetto, veniva regolarmente punito/a per inesistenti macchie di sporco o per segni sul pavimento che Angela faceva di proposito con la scarpa. Nella cabina armadio Angela prese una camicetta di seta e la fece cadere a terra. Sarà il pretesto per la prossima punizione dello schiavo cameriera. Poi si diresse verso gli abiti fetish e cominciò a scegliere con cura cosa indossare. Tutto sommato il verme aveva pagato fior di soldi e come professionista doveva scendere almeno al compromesso di abbigliarsi come piaceva a lui.


Giovanni entrò nella stanza in fondo alle scale e si guardò in torno. Appena vide le fruste appese alla parete sbiancò e le ginocchia cedettero per un attimo. Dove cavolo era finito? E chi era la pazza che lo aveva trascinato in quel posto? Che diamine poteva volere da lui? Non era certo ricco ne tanto meno famoso. Vide la telecamera in alto ad una parete e si ricordò delle parole della donna. Si mosse quanto più in fretta poté per raggiungere il tavolo e liberarsi le mani. Appena raggiunse il tavolo vide le chiavi, ma appena spostò lo sguardo sugli altri oggetti posti bene in mostra sbiancò come un cadavere. Una serie di innumerevoli strumenti dall'aspetto raccapricciante facevano bella mostra di se. Ne riconobbe alcuni: frustini, canne di bambù e fruste di ogni genere, manette e corde, falli di diverse fogge e dimensioni dei quali anche il più piccolo era ben oltre le dimensioni di un pene “normale”. Sempre più terrorizzato vide un apparecchio dotato di cavi elettrici e sonde, delle rotelle simili a speroni da cowboy dotate di punte lunghe ed acuminate, pinze di varie fogge, spilloni, mollette metalliche e coccodrilli a cui erano attaccate delle catenelle . E, incredibile a dirsi, strumenti che riproducevano fedelmente quelli utilizzati nel medioevo per la tortura dei prigionieri come una morsa per le mani, un bavaglio a pera e ferri per marchiare a fuoco. Appena vide questi ultimi si girò di scatto per guardarsi intorno e... sì, eccolo là: un braciere pieno di carbone, spento ma pronto per l'uso. Giovanni si accasciò a terra disperato con la faccia nelle mani e si mise a piangere. Dopo un po' Giovanni si riprese e si alzò con la ferma decisione di non dare a quella donna spaventosa motivo di infierire su di lui. In quel momento non avrebbe saputo dire se fossero passati uno o più minuti da quando aveva ceduto alla disperazione. Si liberò e si spogliò in fretta e furia, si fissò le cavigliere e le manette ai polsi e di diresse verso il centro della stanza a passi microscopici a causa della catena alle caviglie. Ma prima che ci arrivasse la porta si aprì e Giovanni vide entrare quella donna abbigliata in un modo quanto meno particolare. Sarebbe stata eccitante se Giovanni non fosse stato completamente soggiogato dalla paura.


Angela si era preparata con cura. Non aveva concordato un abbigliamento particolare ma sapeva bene cosa piaceva a quelli come il verme che stava di sotto. Non ne ricordava il nome ma chissenefrega, non l'avrebbe mai chiamato per nome. Dopo essersi spogliata completamente nuda indossò un collant della Wolford che non presentava nessuna cucitura, nemmeno all'inguine, lasciando intravedere, o meglio vedere perfettamente, la fica depilata. Poi indossò un body di latex nero perfettamente lucido, sgambatissimo e dalla scollatura molto generosa. Era uno dei sui preferiti perché accentuava il seno spingendolo verso l'alto come fosse un push-up. Si controllò allo specchio dell'armadio, si sistemò il seno, infilò le dita nella sgambatura per sollevarla al massimo, sistemò lo stretto cavallo del body bene in centro al monte di venere. Ecco il motivo di quelle calze così particolari e costose, il latex avrebbe disegnato le cuciture del rinforzo all'inguine, invece così si formò una piccola piega sulla figa lasciando il resto perfettamente liscio. Inoltre questo collant entrava perfettamente tra le natiche, lasciando che la strettissima striscia di latex del body si insinuasse tra di esse praticamente scomparendo. Qualunque feticista avrebbe avuto un'erezione istantanea nel vederla. Dopo essersi assicurata che il body fosse perfettamente a posto passò a scegliere le calzature. Indossò un paio di stivali a mezza coscia di pelle nera con la punta lunga e affusolata, la suola spessa per dargli rigidità e dodici centimetri di tacchi di metallo sottilissimi, dei veri punteruoli. Gli stivali apunta erano un po' fuori moda ma devastanti se usati per calciare o calpestare uno schiavo inerme, e Angela aveva tutta l'intenzione di usarli abbondantemente. Fin dalla sua prima esperienza con il cugino, prendere a calci uno schiavo era la sua attività preferita. Nessuno dei sui clienti ne aveva mai evitato una buona dose. E qualcuno ne era uscito pure con qualche costola rotta. Completò l'abbigliamento con guantini di pelle senza dita, con borchie a punta sul dorso e sulle nocche. Li indossava solo quando intendeva essere particolarmente dura, ed era proprio il caso di quel giorno. Quindi andò alla console e iniziò a truccarsi sapientemente, aumentando la sua naturale bellezza ma anche accentuando la durezza dello sguardo. Il verme doveva eccitarsi vedendola, ma anche provare paura. Nel monitor dietro di lei, non visto, Giovanni era accasciato a terra e singhiozzava.
Quando fu pronta Angela si diresse nel seminterrato, aprì uno spioncino e controllò cosa stava facendo lo schiavo. Non era pronto. Fantastico! Angela aveva la scusa buona per iniziare a torturare il verme. Aspettò che l'uomo si fosse ri-amanettato ed entrò.
« Allora verme. Cosa ti avevo detto? Cosa cazzo ti fa pensare che non ti faccia pagare la tua disobbedienza? Ma ti insegnerò io cosa significa disubbidire ai miei ordini. »
Angela si diresse a grandi falcate al tavolo, afferrò un manganello da poliziotto. Si voltò verso Giovanni mostrandolo. La regola era quella. Lei mostrava quale sarebbe stato lo strumento che avrebbe usato poi senza trattenersi e se lo schiavo non voleva doveva usare la safe-word. Se non veniva usata allora era il semaforo verde per andarci dura. Perché Angela ci andava solo dura, non aveva mezze misure. Giovanni scosse la testa e implorò pietà. Niente safe-word, splendido.
« Ora ti do la tua prima lezione, cane. »
Angela si diresse verso Giovanni e iniziò una tempesta di bastonate su tutto il corpo. L'uomo cercava di proteggersi come poteva, ma con le mani legate dietro la schiena non poteva fare altro che cercare inutilmente di schivare i colpi che invece lo raggiungevano inesorabili. Dopo un paio di minuti e un numero incredibile di colpi durissimi, Angela si fermò ansimante ed eccitata. Guardò il verme rannicchiato a terra a cui sanguinava il naso e uno zigomo e con il torso che cominciava a chiazzarsi dappertutto di macchie giallastre, preludio dei lividi ed ematomi che sarebbero usciti poi.
« Spero che tu abbia capito che aria tira, altrimenti per te sarà molto dura. »
Detto questo Angela gli rifilò un calcio nelle costole, tanto per gradire. Poi prese una sedia che stava vicino alla parete, la portò davanti a Giovanni e si sedette in modo che i suoi stivali fossero a pochi centimetri dal suo volto. Incrociò le gambe e guardando il manganello che aveva in mano come fosse la cosa più interessante dell'intera stanza iniziò a parlare in modo molto tranquillo.
« Dunque verme, ora ti spiego perché sei qui. E' molto semplice: sono una sadica a cui piace torturare gli uomini e poi, quando mi sono stufata, mi piace ammazzarli nel modo più lento e doloroso possibile. Ora... ti renderai conto che se mi stufo di te sei finito. Quindi è nel tuo interesse non farmi incazzare disobbedendo ai miei ordini. Solo un coglione come te può non capire questo semplice dato di fatto. Ogni disobbedienza verrà punita peggio della precedente e, se mi scoccio del tutto ti torturerò a morte. La regola vale per qualsiasi ordine, senza eccezioni. Prima o poi morirai tra indicibili sofferenze, ma se sarai molto ubbidiente potrai vivere più a lungo. Mi sono spiegata? »
Giovanni la guardava senza parole. Partì un calcio che lo colpì in pieno volto.
« Rispondi coglione! »
Urlò Angela.
« Si, ho capito. »
Disse Giovanni con voce tremante. Un altro calcio lo raggiunse sul naso già sanguinante.
« “Si Padrona” pezzo di merda! »
« Si P... Padrona »
Disse la voce terrorizzata e balbettante di Giovanni. Sembrava tutto vero. Angela era bagnata come lo era stata raramente. Quello schiavo, con la sua aria inerme e disperata, la stava eccitando come non mai. Angela stava già pensando di prenderselo come schiavo fisso, un attore così era un tesoro da tenersi stretta. Ma ora voleva solo pensare a immedesimarsi il più possibile e godersela, nel vero senso della parola.

Edited by -triskell- - 16/3/2013, 11:51
 
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