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Vita sadomaso con Sara, BDSM- sadomaso

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view post Posted on 12/11/2012, 10:52     +1   -1
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T.P.E.
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Racconto non autografo, trovato sul web. Da La Gabbia, autore Massimo
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Premessa
La mia esplorazione del mondo SM, in Internet, nella letteratura e nella letteratura e nella vita reale, mi spinge a dire che c’è una profonda divisione in quel mondo. Non mi riferisco alla divisione dom/sub. Piuttosto c’è una divisione tra persone che vivono l’SM non come gioco di ruoli ma come stile di vita, come rapporto sociale direi, facendo ruotare tutto intorno ad esso.
Gli antefatti
Nei tre mesi che finora ho trascorso con Sara ho potuto sperimentare la fantasia e la creatività che mette in ogni cosa della vita, dal lavoro al tempo libero fino all’amore, non per ultimo il sesso. Sara è una persona tanto piacevole e sorprendente in quello che fa quanto passionale e imprevedibile nel letto. Riesce a rendere ogni incontro un gioco ricco di incognite e di partecipazione, aggiungendo al piacere fisico degli atti un indescrivibile eccitamento psicologico.
1 – Aglio, olio e peperoncino
Dopo una cena semplice, a base di spaghetti al pomodoro con salsa piccante, dopo un po’ di chiacchiere, si era creata l’atmosfera per qualcosa di più intimo. Così baciandoci, toccandoci, spogliandoci ci ritrovammo sul letto.
Io ero abbastanza eccitato e volevo arrivare, per così dire, al succo della questione, ma lei mi fermò perché aveva in mente un altro programma. Mi propose un gioco, ispirato dalla cena appena consumata, ed io come al solito rimasi affascinato dalla sua immaginazione. Così poco dopo mi ritrovai completamente nudo sul letto con le braccia e le gambe distese a croce e legate agli angoli del letto saldamente con delle morbide sete.
Sara stava vicino al letto con indosso solo una mutandina di pizzo. Aveva in mano un vassoio con due flaconi. Mi disse che in uno aveva messo dell’olio profumato, nell’altro dell’olio al peperoncino. Mi ordinò di scegliere uno dei due, senza sapere quale dei due flaconi corrispondesse all’olio profumato e quale all’olio al peperoncino. Io scelsi quello di sinistra. Posò il vassoio, prese il flaconcino di sinistra ed un paio di guanti di lattice. Si sedette sul letto accanto a me e con calma si infilò i guanti.
Versò l’olio nel palmo della mano coperta dal guanto e mi venne a dare un bacio sulla bocca. Io ero teso come una corda, temendo di aver scelto l’olio al peperoncino, perché leggevo nei suoi occhi una forte determinazione e sapevo che non si sarebbe fermata lì. Infatti circondò il mio sesso con il guanto e cominciò a far scorrere la mano su e giù, spalmando l’olio su tutto il pisello. Per farmi rilassare mi baciava dolcemente il petto, i capezzoli, la bocca., le gambe. Il tempo passava e rimaneva solo la piacevolezza della sua mano che scorreva piacevolmente sul pisello durissimo. Ora mi stavo rilassando, avendo capito di avere fatto la scelta giusta, e mi stavo godendo la sua carezza. Continuò per un po’, ora lentamente ora energicamente. Quindi si fermò e si alzò. Posò il flaconcino che aveva usato e prese l’altro, quello che avevo scartato.
Si avvicinò. Capii le sue intenzioni e protestai, dissi che non era giusto, che avevo scelto l’altro, ma lei era imperturbabile. Si sedette con calma sul letto. Con una mano teneva il mio pisello diritto e verticale, con l’altra mano teneva il flaconcino proprio poco al di sopra della punta del pene.
Mi fissava negli occhi, mentre io avevo la gola secca, quindi le sue labbra si avvicinarono e fecero schioccare un sonoro bacio in cima alla mia asta e si posarono dolcemente lì a gustare il sapore di olio, provocandomi un tremito di piacere. Si ritrasse con le labbra umide di olio.
Allora girò il flaconcino e un filo d’olio cadde proprio sul meato, al centro della mia punta, facendomi sussultare. L’olio coprì rapidamente la punta e lei cominciò a far scorrere la mano sul mio pisello per spalmare il viscoso liquido lungo tutta l’asta. Come prima la carezza era sensuale, piacevolissima ma sapevo che in breve sarebbe arrivato il bruciore. Mi concentrai per sopportarlo, mentre la sua dolce mano mi procurava meravigliose sensazioni. Eppure c’era qualcosa di strano: il bruciore non arrivava, anche un bel po’ dopo che mi stava massaggiando.
Capii che era uno bluff e anche quest’olio non era al peperoncino. Mi baciò dolcemente sulle labbra e poi si alzò ed uscì dalla stanza. Tornò con un altro flaconcino di olio nelle mani. Me lo mise di fronte agli occhi per farmelo vedere da vicino. Ed io vidi sul fondo del flaconcino quel che chiaramente era peperoncino tritato, lasciato lì a macerare. Ebbi un attimo di terrore.
Sara salì sul letto e si mise girata a cavalcioni sul mio petto, offrendomi la vista del suo culetto e della sua schiena. Poi si fece un po’ più indietro, portando il suo sesso proprio all’altezza della mia bocca e lo premette contro di essa. Un facesitting in piena regola.
Con una mano scostò il lembo di tessuto della mutandina che ricopriva la sua femminilità, lasciandola nuda a contatto con le mie labbra. Sentii che già era umida ed eccitata. Non potevo vederla ma immaginavo, con mio rammarico, cosa stesse per fare. Sentii che mi circondò il pisello con la mano guantata ed oleosa e cominciò a massaggiarlo, talmente bene che diventò d’acciaio, mentre muoveva leggermente il bacino invitandomi a baciare e leccare la figa ed io accolsi il suo invito. Quindi sentì la sua mano lasciare il mio cazzo e dopo qualche secondo riprenderlo saldamente e ricominciare a sfregare.
Le stavo leccando lentamente la micia quando sentii arrivare il temutissimo bruciore, che partì debole e crebbe rapidamente e intensamente. Era doloroso, una vera tortura erotica ed io cercavo di concentrarmi solo sulla sua fighetta, baciando e leccando con voracità per non pensare al bruciore. Lei continuava a massaggiare e questo acuiva il dolore al pene, che stava vincendo la lotta con il piacere datomi dal suo sensuale tocco. Era divenuto insopportabile, cominciai a lamentarmi. Mi dimenavo con tutto il corpo ma ero ben legato ed inoltre il peso di Sara mi bloccava. Avrei urlato se avessi potuto ma lei mi riempiva la bocca con la sua micia.
Allora decisi di sfogare tutta l’energia e la rabbia dovuta all’intenso bruciore, concentrandomi sull’unica cosa che riuscivo a muovere: la lingua. Con la lingua profondamente infilata nel suo scrigno mi agitai, mi scatenai, cercai di raggiungere i suoi abissi, di leccare ogni cellula della sua micetta, con gran foga, mentre la mia faccia si bagnava copiosamente dei suoi umori e la sentivo gemere. Anzi, incitata dal mio dolore per quel bruciante peperoncino sul mio pene e dai miei movimenti, lei accelerò il movimento della sua mano. Alla fine si dimenò selvaggiamente sulla mia bocca urlando l’orgasmo che dal sesso le invase il corpo e il cervello. Prima che la sua estasi finisse del tutto la sua mano furiosa fece perdere il controllo anche a me ed esplosi, schizzando tumultuosi getti. Un orgasmo incredibile che purtroppo pagai caro. Infatti dopo rimase solo il bruciore del peperoncino ed io le chiesi di liberarmi per poter togliere l’olio, che stava divenendo di nuovo insopportabile. Lei scese dalla sua posizione a cavalcioni su di me e mi disse che mi avrebbe lasciato a meditare perché ero stato cattivello. Forse si riferiva al fatto che nell’orgasmo venni con schizzi così violenti che i primi l’avevano colpita in pieno viso. La vidi allontanarsi mentre con un dito si puliva dalle scie appiccicose e bianche che le percorrevano il volto fino a colare dal mento.
2 – La Partita di ping pong
Dopo un intenso periodo di lavoro per entrambi, io e Sara decidemmo di prenderci una pausa di assoluto relax e andammo per tre giorni alla sua casa al mare. Era Ottobre e quindi non c’era nessuno nelle villette che circondavano quella di Sara. Il tempo era bello e il sole poi riusciva a dare un minimo di calore. Comunque il tempo passava tranquillamente, senza grandi occupazioni ma era quello che cercavamo. Ogni tanto facevamo una partitella al tavolo di ping pong che stava sotto il porticato della villetta. Fu così che a Sara venne in mente un altro dei suoi diabolici giochi erotici e sadici. Ed io fui ben contento di assecondarla.
Sara decise di fare una sorta di sfida: avremmo giocato una partita a ping pong e chi avesse vinto avrebbe potuto ben bene sculacciare le natiche dell’altro. Ma lei stabilì un’altra regola: mi fece spogliare completamente e con una cordicella mi strinse un cappio intorno all’ uccello, imprigionando strettamente palle e pisello. L’altra estremità la fissò ad una gamba del tavolo, senza lasciare molta corda.
In questo modo avevo meno libertà di movimento. Quindi lei si spogliò, rimanendo solo con una leggera gonna e le tette scoperte. Tanto c’era un alto recinto che impediva di farci vedere dal di fuori. Quindi iniziò la partita. Sara cercava sempre di mandare la pallina all’angolo opposto a quello dove era legato il mio cazzo: per prendere e rispondere ai suoi tiri dovevo allungarmi fino al limite, subendo la stretta del cappio. Rinunciavo a prendere qualche palla per non rischiare di farmi male sul serio. Ma comunque riuscivo a fronteggiare i suoi tiri, in fondo non era una giocatrice precisa. Al laccio che mi rendeva difficile giocare si aggiungeva la sua sottile conoscenza dei miei istinti, perché più volte fissai le sue tette ballonzolanti piuttosto che la pallina. Comunque riuscii a tenerle testa e finimmo pari.
Visto che nessuno dei due prevaleva e la cosa si stava dilungando troppo, stabilimmo di fare un ultimo punto, il matchpoint. Ma prima lei andò a prendere da bere per tutti e due. Si sedette sul tavolo da ping pong vicino a me, che non potevo allontanarmi visto il laccio. Mentre beveva, dicendo che si sentiva accaldata per la partita, si versò dell’acqua sul seno. Per me fu una visione eccitante vedere l’acqua che scendeva dal collo lungo la pelle fino ai seni, da dove gocciolava poi cadendo per terra.
Prima di riprendere a giocare Sara mi diede una micidiale sculacciata con la racchetta, veramente tremenda, che mi lasciò le chiappe ben rosse. Voleva ricordare cosa c’era in palio. Durante quest’ultimo palleggio lei riuscì a tirare una palla angolatissima ed io mi allungai di scatto pur di prenderla, urlando per il dolore provocato dal cappio che mi trattenne, ma riuscii a rispondere e la pallina tornò nel suo campo. Lei rispose al tiro mentre mi rimettevo in posizione e sfruttò il contropiede, così dovetti cambiare bruscamente passo e direzione per prendere la nuova palla. Una cosa a cui non avevo fatto attenzione era questa: io stavo giocando a piedi nudi ma prima il pavimento era asciutto, ora era cosparso dell’acqua che Sara si era versata addosso. Questo causò non solo la mia sconfitta nella partita, e sarebbe andata bene. Nel mio movimento improvviso scivolai e caddi all’indietro, lasciando la racchetta e portandomi d’istinto le mani all’indietro per fermare la caduta. Non avevo calcolato che avevo il laccio al mio uccello e la cordicella non era tanto lunga da arrivare fino al pavimento.
Cacciai un urlo disumano quando il cappio strinse tremendamente pisello e palle sotto la forza del mio corpo che cadeva. Feci appena in tempo a bloccarmi. Fu molto peggio del più forte calcio alle palle che avessi ricevuto in vita mia. Veramente mi sentii arrivare i testicoli fino in gola. Non riuscivo a respirare dal dolore e mi spuntarono spontaneamente lacrime agli occhi. Tutto il dolore umanamente sopportabile si concentrava nei miei coglioni. Alla fine mi ritrovai in una posizione scomoda e ridicola: mi sostenevo con le gambe e le braccia distese all’indietro, sospeso a mezz’aria perché in questo modo il mio cazzo era ad un altezza compatibile con la lunghezza della corda. Ero in equilibrio precario. Qualunque movimento mi avrebbe aggiunto ulteriore strazio, quando già così il dolore era accecante. Mi sentivo le palle nelle stomaco, schiacciate da una pressa di cento chili. Venne Sara in mio soccorso, dicendomi in tono ironico che avrebbe dovuto avvertirmi perché era impossibile non scivolare su quel pavimento quando era un po’ bagnato. Ero così dolorante e teso che non replicai nulla. Aspettavo solo che mi aiutasse. Lei mi disse che aveva la tentazione di lasciarmi così com’ero ed esitò. Io la pregai, la supplicai. Pisello e palle erano paurosamente violacei. Non avrei retto a lungo in quella posizione e un mio cedimento avrebbe significato la seria compromissione della mia vita sessuale. Quindi lei si avvicinò e cominciò ad armeggiare delicatamente con le sue dita intorno al cappio.
Purtroppo era diventato così stretto che non era facile scioglierlo. Allora Sara fece dei movimenti più decisi per liberarmi ma ogni gesto, seppur controllato, mi procurava fitte di dolore tremendo. E la situazione non sembrava migliorare. Io le urlai in faccia di prendere una forbice. Offesa dal mio tono mi replicò che non ne aveva bisogno e anzi continuò ad armeggiare sul cappio con nessuna attenzione e premura verso le mie sofferenze al cazzo e alle palle. Nel tirare e strattonare per sciogliere il nodo mi fece vedere le stelle e non potei trattenere delle urla. Vedevo nei suoi occhi l’eccitazione. Accompagnava il movimento delle sue dita al sottile piacere di procurarmi dolore, fingendo di scusarsi. Dopo un po’, con un gesto deciso e preciso tirò la cordicella.
Questo movimento, nelle mie condizioni, fu come un altro calcione nelle palle, profondamente insopportabile e gridai con quanto fiato avevo in gola. Però a quel punto sentii che la cordicella aveva allentato la presa e finalmente Sara mi liberò da quell’incubo. Appena libero mi lasciai scendere fino a sdraiarmi per terra. Stetti immobile lì per un’ora, forse di più. Quindi a poco a poco presi coraggio e mi alzai lentamente e mi diressi verso la stanza da letto.
Questo successe la mattina. Nel pomeriggio il dolore era ancora presente ma facendo attenzione a non toccare le mie parti basse era ben tollerabile. Senonchè si presentò Sara dinnanzi a me e mi disse che mi toccava scontare la sconfitta. Io la stavo per mandare a quel paese ma lei mi disse, con tono serio, che se non rispettavo il patto mi sarei scordato di scopare per un lunghissimo periodo. Io cercai di dissuaderla, di impietosirla ma alla fine mi diede un ultimatum. Alle quattro sarei dovuto presentarmi a lei per avere le mie sculacciate. Già una volta per aver litigato Sara si era negata a me per un bel periodo e non era stato affatto piacevole.
Quindi, poichè il dolore ai coglioni si era notevolmente attutito, decisi di farlo. Alle quattro in punto andai da lei. Stava aspettandomi seduta su una comoda sedia, con indosso solo la gonna. In mano aveva la racchetta da ping pong ed io capii che sarebbero stati guai per il mio culo. Mi impose di assumere la posizione, che consisteva nel mettermi ad arco sopra le sue gambe, poggiando con i piedi e le mani per terra, mentre il sedere era esposto verso l’alto e il mio bacino poggiava sulle sue gambe.
In questa posizione il pisello premeva contro le sue cosce levigate e sentivo che questo mi eccitava, sebbene dovessi stare attento a non poggiare le mie palle doloranti. Quindi Sara cominciò a palpare il mio culetto, a pizzicarlo. Arrivò la prima sonora sculacciata data con forza con una mano. Presto ne arrivò un’altra e un’altra ancora. Le sculacciate cominciarono a cadere sonore sul mio sedere. Erano forti e ben studiate. Iniziò una serie di sculacciate che dapprima mi sembrarono sopportabili, anzi divertenti. Ma quando il loro numero divenne crescente, date tutte con vigore, si accumularono sul mio culetto e cominciarono a colorarlo di un rosso acceso. La serie continuava e continuava ed io cominciavo a sobbalzare ad ogni nuovo colpo inferto.
Dopo un numero considerevole di schiaffi dati con energia e precisione, anche la sua mano era diventata rossa e decise di fermarsi. Con delicatezza mi accarezzò la pelle arrossata, disegnando con le dita strane figure sul mio sedere, mentre con l’altra mano mi afferrò e mi strinse il pisello, racchiuso tra il mio peso e le sue cosce nude.
Io sussultai per la paura temendo che mi facesse qualcosa alle palle ma la sua intenzione invece era di aiutarmi a sopportare il seguito dandomi un po’ di piacere. Quindi decise di ricominciare e stavolta prese in mano la racchetta da ping pong. Sferrò un primo colpo con la racchetta che, oltre a riecheggiare rumoroso, provocò un certo bruciore. Arrivò il secondo colpo, il terzo e così via. I colpi erano energici e facevano male, tanto che ogni volta sobbalzavo al contatto.
Piovvero altri colpi, con cadenza regolare, crudeli. Ognuno era un supplizio, una tortura. Contemporaneamente con la mano libera mi massaggiava il pisello. I colpi diventarono insopportabili, la pregai di cessare, la supplicai, ma lei rimaneva inflessibile e continuò a martoriare il mio culetto in fiamme. Mi scuotevo su di lei appena la racchetta toccava la mia pelle bruciante. Abbandonò il mio pisello e con la mano libera Sara prese a toccarsi la micia, prima superficialmente, poi inserendo un dito dentro e giocando con quel caldo e umido nascondiglio. Cacciò il dito e me lo offrii per succhiarlo, mentre altri colpi si abbattevano sul mio culo. Scoprii allora come era eccitata e almeno questo mi consolava e dava coraggio. Quindi tornò a massaggiare energicamente il mio pisello, ma con il pollice si accarezzava e stimolava la figa. Fece partire un’ulteriore serie di feroci colpi con la racchetta, più intensi e cattivi che mai.
Sarebbe bastato anche solo un leggero tocco a farmi urlare ma lei invece colpiva con mano ben più pesante, spietatamente. Sembrava interminabile. Avevo le lacrime agli occhi e il pisello che stava per esplodere sotto la suo carezza. Anche lei mugolava accompagnando i movimenti del suo dito sulla bella passera.
Sara finalmente chiuse la serie con un colpo terrificante, così tremendo che mi fece inarcare completamente sollevando piedi e mani da terra. Lanciò la racchetta per aria e corse a toccarsi fra le gambe, inserendo due dita e spingendole in fondo. Allo stesso tempo stava mungendo strettamente il mio uccello che, stretto contro le sue cosce, cominciò a eruttare seme bollente sulla sua pelle liscia, un lungo fiotto viscoso squisitamente liberatorio, ma al contempo fortemente doloroso visto lo stato assai malandato dei miei ciglioni. I miei gemiti emessi quasi gridando furono la goccia che fece traboccare il vaso di Sara, che raggiunse un tale dirompente orgasmo da tremare e agitarsi scompostamente sulla sedia.
3 – Il Quiz
Sono molteplici e impreviste le occasioni che possono scatenare la fantasia di Sara. A volte in un tranquillissimo momento di pace domestica le brillano all’improvviso gli occhi e la sua testa partorisce immagini davvero eccitanti. Mi ricordo di una volta in cui dopo cena stavamo pigramente davanti alla televisione ascoltando un quiz, senza prestare molta attenzione ma comunque divertendoci a gareggiare sulle risposte. Io stavo seduto sul divano e Sara era sdraiata tenendo la testa sulle mie gambe.
D’improvviso si mise seduta e mi guardò con una luce negli occhi. Il programma televisivo l’aveva ispirata.
Così nacque il gioco del quiz, che ripetiamo ogni tanto con leggere modifiche.
Io e Sara siamo i concorrenti, uno contro l’altro ed abbiamo a disposizione una serie di domande su varie materie. Ogni volta che uno risponde male alla domanda deve pagare una penalità. Ma il gioco è un po’ asimmetrico. Infatti quando risponde male Sara tocca una sorta di striptease: si toglie i vestiti cominciando dalle scarpe, poi i pantaloni, la camicetta e così via. Invece io parto già completamente nudo e quando rispondo male ad una domanda, merito una punizione, commisurata al livello della domanda. Certo è un po’ arbitrario ma non giochiamo certo per vincere un premio in tv. Questa è la cronaca del nostro ultimo quiz.
Cominciò a farmi una domanda lei che era piuttosto semplice e così non ebbi difficoltà a rispondere. Quindi il turno passò a lei ed anche lei rispose velocemente. Superai anche la mia seconda domanda. Invece Sara sbagliò sulla sua seconda e così si tolse le scarpe, come da regola. Cominciava bene per me. La terza e la quarta domanda filarono giuste per tutti e due.
Il mio primo errore fu alla quinta. Toccò pagare pegno.
Lei si avvicinò, mi accarezzò il petto solleticandomi piacevolmente ma questo d’improvviso si trasformò in una fitta dolorosa perché aveva preso a pizzicare e torcere un capezzolo.
Il quiz continuò. Lei commise un secondo errore, così si sfilò i pantaloni. Qualche domanda più in là la fece cadere ancora così di pezzo in pezzo si tolse la camicia, le calze, quindi il reggiseno. Era uno striptease molto divertente per tutto il contesto. Il problema era che anch’io non ero immune da errori. Anzi.
Così al secondo errore mi si piazzò davanti senza che io sapessi cosa avesse intenzione di fare. Mi arrivò un improvviso schiaffo sul viso, dato con forza e precisione. Un alto ceffone mi giunse con l’errore successivo, ancora più violento del primo. Al quarto errore lei mi fece voltare e sentii la sua bocca baciare il mio culetto quando i suoi denti affondarono e morsero la carne, talmente forte che cacciai un urlo. Non si staccò subito ma morse finchè ebbi le chiappe marchiate dal segno dei suoi denti.
Al quinto errore toccò subire al mio alter ego, giustamente: il mio pisello.
Dopo averlo accarezzato un po’ prese la punta tra le mani e strinse il mio cazzo con le unghie affilate, strinse e strinse e non si fermò neanche dopo che ebbi gridato e implorato. Quando lo lasciò aveva un sorriso diabolico stampato in faccia per questo excursus così tremendo nelle torture genitali.
Per fortuna il prossimo errore fu di Sara, che quindi si tolse l’ultimo indumento rimastole addosso: le mutandine. A questo punto ritenevo di aver vinto ma lei non ci stava e mi disse che il gioco continuava. Alla mia obiezione che non aveva altro indumento da darmi rispose che sì era vero, da darmi non aveva niente ma da farmi chissà quante cose. Come lei decideva di volta in volta le mie penalità,così anche io da quel momento avrei deciso la penalità che le toccava. Questo mi eccitava da morire, pensando a quante cose potevo farle subire. Così il quiz proseguì.
Non solo ma fu di nuovo lei la prima a sbagliare. L’aveva voluto lei pensai io. Così mi avvicinai a lei, la guardai negli occhi e feci per baciarla sulla bocca cingendole le spalle con il braccio ma poi la spinsi con determinazione verso il basso, fino a portarla sulle ginocchia. Quindi glielo offrii da baciare e lei sorridendo accettò volentieri. Lo baciò, lo leccò, cominciò a succhiarlo lentamente. Mi piacque molto e volevo continuare ma lei si fermò e mi disse che questo bastava per il livello della domanda.
Così riprendemmo. Stavolta il prossimo errore lo commisi io, un errore stupido. Sara prese in un cassetto delle mollette e poi me le applicò ai capezzoli. Io pensai che fosse finita lì, in fondo non sembrava tremendo. Ma lei disse che ancora mancava qualcosa. Prese una sorta di corta canna di bambù, non gliela avevo mai vista. Forse l’aveva comprata per qualche gioco più duro.
Si piazzò di fronte a me e mi disse che mi doveva togliere le mollette ai capezzoli con questa sorta di frustino. Ebbi un nodo alla gola. Prese le misure e fece partire dall’alto verso il basso un fendente. La punta della canna colpì violentemente la molletta e la fece saltare via. Ma il dolore che sentii fu lancinante, pensai che un coltello mi avesse ferito. Un dolore acutissimo al momento dell’impatto che mi fece gridare. Ma il dolore rimase anche dopo.
Sara mi disse che toccava all’altra molletta ma io avevo il terrore di questo. Poi mi preparai e aspettai. Il secondo colpo di frustino colpì la molletta ma non in pieno e l’unico risultato che ottenne fu di farmi gridare. La molletta aveva solo cambiato posizione e ora pendeva lasciandomi un fortissimo bruciore in quel punto. Stavo per togliermi la molletta con le mani quando la cannula mi colpì violentemente proprio sul dorso della mano. Un dolore tremendo, abissale. Sara mi disse che la penalità consisteva nel togliere entrambe le mollette a quel modo. Io la guardai con rabbia.
Poi la sfidai e mi preparai per il colpo successivo. Non volevo arrendermi. Stavolta Sara prese molto meglio la mira e con un sibilo fece cadere un colpo preciso che staccò la molletta e mi fece gridare a squarciagola.
Cercai di toccarmi delicatamente i capezzoli per alleviare il dolore, allora Sara spostò le mie dita e le sostituì con la sue dolci labbra, baciando e leccando delicatamente i miei capezzoli. Quindi il quiz ripartì. Ed ebbi subito la mia rivincita perché Sara dette una risposta solo parzialmente corretta. Io insistetti e non le feci passare la risposta. Doveva pagare la penalità.
Le comandai di mettersi di nuovo in ginocchio, ma stavolta mi meritavo un bel lavoro. Così me lo feci succhiare a lungo e bene. Passò prima la lingua lungo tutta l’asta, come mangiasse un gelato, lo mordicchiò. Poi si infilò la punta tra le labbra. Lo introdussi e lo tolsi più volte. Approfittai della sua attenta lingua, lo immersi bene in fondo mentre lei lo succhiava lentamente. Davvero un gran pompino. Quindi lo sfilai e le indicai le mie palle. Volevo che le trattasse con cura. Lei sorrise e cominciò a leccarle, baciarle, succhiarle. Ne ingoiò una alla volta, una dopo l’altra. Allora io le infilai contemporaneamente un dito in bocca e le feci allargare la bocca in modo smisurato perché volevo farmi succhiare entrambe i coglioni contemporaneamente. Con tono brusco la minacciai nel caso avesse fatto minimamente male ai miei cari gioielli. Doveva fare uno sforzo incredibile per tenerle così, tutte e due dentro, senza premere o stringere, respirando a fatica, movendo la lingua contro la rugosa pelle che conteneva quelle due sfere.
Le chiesi se le piacevano le mie grosse palle e la sfottevo perché non poteva rispondere con la bocca occupata. Dissi che chi tace acconsente e quindi se le doveva proprio gustare. Quindi con prudenza le feci uscire una alla volta. La lasciai riprendere fiato. Quindi la schiaffeggiai forte sulla guancia con il pisello durissimo, più volte. Lo infilai di nuovo nella sua bocca e mi lasciai cullare beatamente finchè lei se lo sfilò e mi disse che quello poteva bastare.
Si tornò al quiz. Andammo avanti con una lunga serie di domande senza che nessuno incappasse in qualche errore. Poi purtroppo capitò a me. Sara mi fece voltare e mi fece divaricare leggermente le gambe. Non avevo idea di cosa mi aspettasse. So solo che avevo il cuore che batteva all’impazzata. Sentii la voce di Sara che mi diceva che prima non le avevo dato il modo di rispondere, che adorava le mie grosse palle così tanto che voleva tenersele per sé e non lasciarle a me.
Contemporaneamente mi arrivò un calcio nelle palle. Un calcio ben studiato e piazzato, forte e deciso.
Non riuscii neanche a urlare per il dolore tremendo. La voce mi si strozzò in gola, la vista mi si annebbiò. Caddi per terra in preda ad un dolore che arrivava dal profondo, non dalle viscere ma dagli abissi del mio spirito. Facevo fatica a respirare. Non poteva esserci un organo che facesse così male, non era umano. Non sapevo se toccare il punto colpito o no, qualunque tocco era inutile o dannoso.
Ora sapevo finalmente cosa era il ball busting, una vera tortura!
Rimasi a terra per un bel pezzo per far passare quella sensazione tremenda. Sara sembrava davvero dispiaciuta, diceva che aveva esagerato e voleva fermarsi. Ma io mi ripresi e dissi che volevo andare avanti nel gioco. Lei era sorpresa ma accettò, dopo che si assicurò che stessi di nuovo completamente a posto. Oramai le domande erano tutte difficili ed era probabile sbagliare.
Per mia fortuna fu il turno di Sara che infatti non conosceva la risposta. La feci mettere carponi sul divano. Cominciai a massaggiarle e leccare i piedi, sapevo che le piace da matti. Baciai, strinsi, accarezzai, succhiai, mordicchiai le sue estremità.
Allo stesso tempo con una mano strusciavo la sua micia che presto si inumidì. Baciandole e leccandole i piedi le infilai il dito nella passera e cominciai un movimento lento ed efficace che la faceva bagnare sempre di più. Il dito accelerò. Le dita diventarono due. Sara mugolava e fremeva di piacere e avevo la mano completamente bagnata dal suo nettare che facilitava il passaggio. Le strinsi forte ed insieme i piedi con una mano, quasi a volerla bloccare. Tolsi dolcemente le dita dalla sua micia e in un attimo, con il dito più grosso, completamente zuppo e lubrificato dai suoi umori, la penetrai di colpo nel culo. Sì. Un movimento deciso e senza esitazioni che non le lasciò il tempo di realizzare.
Urlò per il dolore e la sorpresa. Il dito entrò per meno di metà e ora lo tenevo ben stretto fra quelle pareti, godendomi le pulsazioni del corpo di Sara intorno a quella sonda. Infatti il culo di Sara non sapeva se espellerlo o risucchiarlo, batteva freneticamente contro quel dito, stringeva e allentava. Allora lo mossi lentamente avanti e indietro, molto lentamente, fino a constatare che il passaggio si fa era meno ostile.
Così mentre con il dito medio guadagnavo millimetro dopo millimetro nello stretto budello, con il pollice sfregavo le labbra della sua passera. Il dito si introdusse sempre di più e notai che il dolore in Sara si sta affievolendo rapidamente. Il mio movimento cominciò a piacerle e la eccitava, così aumentai la velocità. La tenevo con una mano per i capelli, con l’altra muovevo vigorosamente il dito avanti e indietro nel suo culo, mentre il pollice esplorava le molli pareti della sua figa.
Inutile dire che avevo il cazzo durissimo per l’eccitazione. In questo modo la portai ad un estenuante orgasmo che espresse senza remore con il corpo e le voce. Dopo che si fu rilassata, il gioco riprese. Riuscii a rispondere alla domanda successiva ed anche lei superò la sua. A quel punto decidemmo di terminare il gioco ma ci venne ancora in mente una malsana idea. Un ultima domanda a cui avremmo dovuto rispondere entrambi. La stessa domanda per me e Sara.
Leggemmo la domanda scelta a caso. Io non sapevo assolutamente la risposta mentre sospettavo che Sara la conoscesse. Era una materia in cui era molto ferrata. Capii che l’ultima penalità sarebbe toccata a me. Eppure Sara disse che non conosceva la risposta. Cosa cui non credetti mai.
Comunque aveva deciso così. Tutti e due dovevamo pagare la penalità. Io le dissi subito la mia intenzione: scoparla, fare l’amore nel più classico dei modi. Sapevo che sarebbe stato anche il suo desiderio, che aveva una voglia pazza di essere amata e presa a quel punto del gioco. Sara invece non propose questo per me. La sua espressione si fece severa e crudele. Mi fece mettere di nuovo in piedi con la schiena rivolta verso di lei. Avevo una paura fottuta che mi desse un altro calcio nei coglioni. Certo Sara è una donna di buon senso e sapeva che sarebbe stato pericoloso. D’altra parte l’eccitazione era altissima e non era facile ragionare in questo stato. Inoltre la mia mossa, con quella rozza violazione del suo di dietro, avrebbe potuto spingerla a vendicarsi in maniera irrazionale.
Mentre facevo questi pensieri, preso da un’ansia angosciante, sentii risuonare nell’aria un sibilo, subito seguito dall’impatto sul mio culo della canna di Sara. Scattai in avanti per il dolore. Avvertivo una striscia infuocata sulla pelle del mio di dietro. La voce di Sara mi ordinava di rimettermi in posizione perché me ne aspettavano altri nove. A giudicare dal bruciore del primo colpo, non sapevo se ce l’avrei fatta. Per ora mi disposi a prendere il secondo colpo. Sara mi colpì con pazienza, aspettando con calma prima di dare ogni nuovo colpo.
Sapeva che facevano molto male e che non poteva concentrare i colpi di canna nello stesso momento, né nello stesso punto del mio sedere. Infatti la posizione dove cadevano era di volta in volta differente. Questo non riduceva il bruciore terribile che avvertivo ogni volta. Comunque dopo i primi cinque sei, colpi era difficile trovare un posto non percorso da strisce rosso infuocato. Stringevo i denti e avevo le lacrime agli occhi.
L’unica cosa che potevo fare era urlare. In particolare gli ultimi colpi di questa energica fustigazione furono strazianti. Si sovrapposero ed intensificarono alla massima potenza il continuo dolore di sottofondo. Era meglio che non avessi la visione del mio di dietro perché forse mi sarei spaventato. Ero così concentrato a scacciare da me il dolore che non mi accorsi quando i dieci colpi furono terminati. Sentii solo un nuovo contatto e sobbalzai ma non era la canna.
Era la bocca di Sara che stava teneramente baciando la mia pelle, nei punti non toccati dalla canna. Poi con estrema delicatezza leccò una delle ferite riaprendo in me il bruciore ma lo faceva con molta grazia. Così la lasciai percorrere le strade del mio sacrificio.
A quel punto Sara mi condusse a letto. Si sdraiò mollemente ed io mi adagiai su di lei. Ci baciavamo e sfioravamo ma presto il mio pisello durissimo trovò la sua destinazione e si immerse nella calda ed umida femminilità della donna. Di nuovo pensai al paradiso, alla beatitudine dei sensi. Scopammo lentamente, gustandoci ogni momento di quell’unione, fondendo le nostre pelli. Fu così che mi persi in lei, lasciando che la sorgente della mia virilità generasse un fiume dolce e strabordante che irrigò la sua valle incantata.
 
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