Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

Lo Sguardo dell'Altro

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anima_emo
view post Posted on 30/1/2016, 02:27     +1   -1




Per completezza d'informazione e per svago, metto il video che ho citato poco più su..

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view post Posted on 30/1/2016, 13:36     +2   +1   -1

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CITAZIONE (Stanis @ 9/1/2016, 20:39)
Anzi, per come la vedo io in quella sede, nel D/s cioè, si esperisce un fortissimo legame individuale e le dimensioni del Sé e dell'Altro sono l'essenza. Non un 'gioco' come lo definisci tu, ma un vero e proprio spaccato esistenziale di noi e del nostro modo di vederci e di vedere l'altro.

Mi hai aperto un mondo, ho capito tante cose da questa singola citazione, ti ringrazio Stanis !

Comunque sia molto interessante l'articolo -che premetto: ho capito solo in parte, ma i vari post successivi mi hanno un pochettino schiarito le idee-: l'idea dell'Altro, dello sguardo e del volto non l'avevo mai capita, ora inizio forse a comprenderla. Io per esempio ho spesso (ma non sempre) "delle emozioni, dei suggerimenti" quando guardo il volto di qualcun altro e specialmente quando lo sguardo si incrocia -e talvolta lo distolgo, perchè c'è qualcosa di troppo forte e sono sopraffatto-. Vedo un volto e penso molto egoisticamente (e l'egoismo della cosa l'ho scoperto solo di recente) di sapere che quella persona è simpatica, che quella persona è triste, oppure che è "profonda" o di grande cultura e così via. Eppure dopo aver letto questo articolo non sono più sicuro di niente. Forse vedo riflesso nelle altre persone quello che sono io, perchè il loro sguardo guarda me che guardo loro...a voi capita mai ? Cosa ne pensate ?
Leggerò l'allegato con più lucidità mentale, ora come ora sono un po' spento, magari anche quello mi schiarirà le idee

Tra l'altro, di recente, credo -e sottolineo credo-, di aver scoperto il mio Io attraverso lo sguardo dell'Altro, ed è stato devastante. Una distruzione salvifica però, perchè pensavo di sapere chi fossi ma in realtà mi autoconvincevo e basta, ho visto il riflesso di me stesso e sono stato in grado di vedere attraverso i suoi occhi il riflesso -se si può dire- della mia essenza. Esperienza salvifica perchè adesso posso ricostruire -forse, perchè lo sguardo dell'Altro purtroppo non c'è più- qualcosa di vero. Davvero una discussione illuminante. Osservarsi è quindi impossibile senza l'Altro ? Altra domanda che vi sottopongo, al quale non so più dare risposta (spero di non essere off-topic, nel caso vogliate perdonarmi)

PS: ho letto l'allegato, capendo davvero poco, dovrò leggerlo con molta più calma. Un vero peccato perdere il dono di quegli insegnamenti, prima o poi ci arriverò

Edited by MyCurse - 30/1/2016, 14:51
 
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view post Posted on 31/1/2016, 10:55     +2   +1   -1
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CITAZIONE (MyCurse @ 30/1/2016, 13:36) 
Mi hai aperto un mondo, ho capito tante cose da questa singola citazione, ti ringrazio Stanis !

Mi fa piacere. :)

CITAZIONE (MyCurse @ 30/1/2016, 13:36) 
Osservarsi è quindi impossibile senza l'Altro ? Altra domanda che vi sottopongo, al quale non so più dare risposta (spero di non essere off-topic, nel caso vogliate perdonarmi)

Assolutamente in-topic. Solo che è domenica mattina e rischio di scriverti sciocchezze! :D

Hai fatto una domanda su cui generazioni di filosofi, gnoseologi, epistemologi, studiosi della psiche umana si stanno spaccando la testa.

Kantianamente mi verrebbe da fare una premessa poco “rassicurante”: quello che viene conosciuto dal soggetto osservante è comunque solo il fenomeno, ovvero una manifestazione, un’ “apparenza”. Non la ‘verità vera’ (quella che Kant chiama noumeno, la cosa in sé, l’essenza che trascende la percezione).

Lacan, quasi due secoli dopo, ti risponde che sì, la conoscenza di noi passa attraverso l’altro. Anzi, ti dice che la nostra realtà psichica inizia ad esistere solo nel momento in cui siamo messi di fronte alla separazione fra io e altro. Ed è talmente fondante la ‘terzietà’ del processo cognitivo/individuativo che Lacan chiama Altro (con la A maiuscola) il nostro inconscio che ‘dialoga’ con il nostro io conscio.

Detto ciò…
Se vuoi la mia modesta opinione, penso che non si possa prescindere dallo sguardo dell’altro. Pur nell'immensa soggettività e nella incompletezza di informazioni che può avere questo altro. La conoscenza che ogni persona fa di noi è viziata da elementi di contesto, da pregiudizi, da restrizioni di varia natura, non ultima le limitate capacità dell’essere umano che lo rendono cieco e sordo a tante cose.
Eppure è necessario capire cosa gli altri vedono e capiscono di noi. Perché, paradossalmente, il più soggettivo, inattendibile, viziato dei giudizi è proprio il nostro su noi stessi. Biased, dicono gli anglosassoni, per dire che è inquinato dal fatto di non essere ‘distaccato’ dall'oggetto dell’osservazione.

Il concetto di coinvolgimento rispetto alla persona osservata merita un secondo di attenzione.
Il paradosso che a volte si vive è che una persona troppo distaccata avrà uno sguardo superficiale su di noi. Quindi poco interessante allo scopo di capire meglio noi stessi.
Viceversa una persona troppo coinvolta sarà viziata da enormi interessi e pregiudizi al punto da non voler, o non saper, più vedere delle cose di noi che turbano. Quindi inattendibile.
Perché lo psicanalista non può psicanalizzare se stesso? E neppure un famigliare, un amico caro, un congiunto? Per questo esatto motivo. Biased.

Quindi sembrerebbe che per avere un buon giudizio su di noi, approfondito ma non biased, si deve avere la possibilità di essere in rapporti con qualcuno che ha un numero di informazioni enorme su di noi, per poter lavorare in profondità e non in superficie, ma allo stesso tempo non sia coinvolto emotivamente e sentimentalmente. Lo psicoterapeuta, appunto, lavora proprio in questo modo.

Io però vado un passo oltre e ti dico anche che nessun ‘terzo’, nemmeno lo psicanalista da cui magari vai 5 volte alla settimana per anni, ti dirà chi sei tu, cosa è giusto o sbagliato per te, cosa devi fare o non fare. Non ti darà le risposte esistenziali che cerchi in nome e per conto tuo. Ti porrà domande.

Le risposte alla fine le devi dare tu a te stesso. Ascoltando tutti con la necessaria umiltà, cercando di appropriarti a 360° delle immagini di te che gli altri (non uno, tanti, ciascun dal proprio angolo di visuale) ti riflettono. Ma poi sei tu che, dopo aver raccolto tutti i contributi, devi tirare le fila. Non puoi delegare. E’ una questione di responsabilità innanzitutto. E di consapevolezza. Devi viverti e solo tu puoi prendere le decisioni che contano per la tua vita e per farlo devi sapere chi sei, cosa vuoi, che obiettivi ti dai, su quali risorse puoi contare.

Il BDSM è un percorso che ci aiuta in tal senso, a mio parere. Ci permette di conoscerci e diventare consapevoli di tante cose che giacciono latenti nel nostro inconscio. E quando si sarà raggiunta la consapevolezza necessaria si sarà capaci di formare un Legame di Appartenenza con totale responsabilità e pienezza di intenti. E’ un punto di arrivo. Nel BDSM come nella vita.
 
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view post Posted on 31/1/2016, 14:47     +1   +1   -1

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Ti ringrazio per il tuo tempo nello scrivere tutto quanto :) Però non sono d'accordissimo su una cosa: una persona troppo coinvolta che ha comunque un certo livello di consapevolezza intorno a sè riesce a vedere e riconoscere parti di noi che turbano, ma le accetta. Poi c'è il troppo-coinvolto che non ci fa capire quegli aspetti di noi, "per non farci stare male/sentire a disagio", e il troppo-coinvolto che ce lo fa presente e ci aiuta a imparare e crescere. Forse però con quel "troppo" hai voluto dire "uno che non può fare queste cose, perchè appunto è "troppo""
 
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Milady M
view post Posted on 1/2/2016, 00:55     +1   -1




Scusa Stanis,
mi sono persa di nuovo...dunque se ho capito bene chi ci ama è troppo coinvolto e quindi non è obiettivo? È questo che intendi??? Di conseguenza dobbiamo fare i conti anche su come ci vede chi ci odia??? Tipo fare una media????
 
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view post Posted on 4/2/2016, 16:39     +3   +1   -1
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CITAZIONE (MyCurse @ 31/1/2016, 14:47)
Ti ringrazio per il tuo tempo nello scrivere tutto quanto :) Però non sono d'accordissimo su una cosa: una persona troppo coinvolta che ha comunque un certo livello di consapevolezza intorno a sè riesce a vedere e riconoscere parti di noi che turbano, ma le accetta. Poi c'è il troppo-coinvolto che non ci fa capire quegli aspetti di noi, "per non farci stare male/sentire a disagio", e il troppo-coinvolto che ce lo fa presente e ci aiuta a imparare e crescere. Forse però con quel "troppo" hai voluto dire "uno che non può fare queste cose, perchè appunto è "troppo""

Certo la consapevolezza (che ho sottolineato in rosso nel tuo testo) è insostituibile nel processo cognitivo e giudicante.

I genitori che vengono chiamati a scuola dagli insegnanti che dicono loro che il loro figliolo ha gravi problemi e che cascano dal pero negando i problemi e facendo cambiare scuola al figlio in segno di protesta sono genitori probabilmente poco consapevoli e molto coinvolti, “troppo” coinvolti, nel bene e nel male. Déjà-vu.

La ragazza a cui tutti dicono che il suo fidanzato è uno stronzo e di mollarlo e che non vuole rendersene conto finché un bel giorno lo scopre con la sua migliore amica e finalmente capisce di aver negato a se stessa una realtà evidente a tutti perché “troppo” coinvolta, è un topos. Déjà-vu.

Il problema del coinvolgimento è che ci pone ‘dentro’ la cosa che osserviamo. Ovvero, ci sono cose ‘di noi’ dentro quello che vediamo. E quindi istintivamente le difendiamo perché è una difesa di noi stessi.

Io però non voglio che tu creda, mio caro MyCurse, che sto invocando l’anaffettività come stile di vita. Nulla di tutto ciò. Per me l’affetto, l’amore, è il motore dei processi di cambiamento profondi che una persona può mettere in moto per sé e per gli altri. Dico semplicemente che se si è molto coinvolti (lascia stare il “troppo”, è un concetto soggettivo, impreciso e discrezionale, in effetti) si vuole e si può sì fare del bene (e questo è innegabile) ma talvolta, mancando, come giustamente hai detto tu, una consapevolezza piena, si vede quello che si ‘vuole’ vedere e non quello che ci fa più male vedere.

CITAZIONE (Milady M @ 1/2/2016, 00:55)
Scusa Stanis,
mi sono persa di nuovo...dunque se ho capito bene chi ci ama è troppo coinvolto e quindi non è obiettivo? È questo che intendi??? Di conseguenza dobbiamo fare i conti anche su come ci vede chi ci odia??? Tipo fare una media????

Ni. Nel senso che…

…amore e odio sono due facce, opposte, della stessa medaglia. Odi et amo, scriveva Catullo. Non c’è distanza fra me e ciò che amo. Ma neanche fra me e ciò che odio. Sono sentimenti primari, profondi che ‘trasformano’ la persona che osservo, la trasfigurano ai miei occhi con la potenza di questo stato d’animo. Quindi, in entrambi i casi, non si è obiettivi. O lo si può essere (vedi sopra) solo facendo appello ad una consapevolezza suprema, svuotandosi, come un maestro yogin, dalle emozioni e osservando la cosa in sé (il suo fenomeno, per dirla con Kant) e non le emozioni del mio canale percettivo. Perché il rischio in questo caso è che io alla “cosa in sé” sovrapponga, tramite il canale delle mie emozioni, la “cosa in me” (l'immagine della cosa che io conservo nel mio cuore) e io osservi questa credendo di osservare l’altra.

…allo stesso tempo, cara Milady, ti dico…perché no? Perché nella vita di tutti i giorni dobbiamo ascoltare solo le parole lusinghiere di chi ci ama? Di chi ci loda? Di chi vede in noi le cose che vogliamo che si vedano? La vita è fatta di una serie di contesti in cui le persone che ci circondano non sono state scelte da noi. Eppure sono lì e dobbiamo interagire. Per lavoro, ad esempio. E queste persone ci scrutano, ci analizzano, ci giudicano. E non sempre benevolmente. Ma tant’è, anche le persone a noi ostili sono uno Sguardo dell’Altro, seguendo Sartre. Anche il loro feedback è importante. Ci permette di crescere. Di vederci con occhi davvero “altri” da noi. A volte si impara qualcosa di noi anche (soprattutto?) attraverso lo sguardo e le parole di chi ci dice cose che ci feriscono. Ma che ci insegnano qualcosa di noi che col tempo sapremo accettare e trasformare in consapevolezza.
 
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Milady M
view post Posted on 4/2/2016, 17:32     +1   -1




CITAZIONE (Stanis @ 4/2/2016, 16:39) 
Ni. Nel senso che…

…amore e odio sono due facce, opposte, della stessa medaglia. Odi et amo, scriveva Catullo. Non c’è distanza fra me e ciò che amo. Ma neanche fra me e ciò che odio. Sono sentimenti primari, profondi che ‘trasformano’ la persona che osservo, la trasfigurano ai miei occhi con la potenza di questo stato d’animo. Quindi, in entrambi i casi, non si è obiettivi. O lo si può essere (vedi sopra) solo facendo appello ad una consapevolezza suprema, svuotandosi, come un maestro yogin, dalle emozioni e osservando la cosa in sé (il suo fenomeno, per dirla con Kant) e non le emozioni del mio canale percettivo. Perché il rischio in questo caso è che io alla “cosa in sé” sovrapponga, tramite il canale delle mie emozioni, la “cosa in me” (l'immagine della cosa che io conservo nel mio cuore) e io osservi questa credendo di osservare l’altra.

…allo stesso tempo, cara Milady, ti dico…perché no? Perché nella vita di tutti i giorni dobbiamo ascoltare solo le parole lusinghiere di chi ci ama? Di chi ci loda? Di chi vede in noi le cose che vogliamo che si vedano? La vita è fatta di una serie di contesti in cui le persone che ci circondano non sono state scelte da noi. Eppure sono lì e dobbiamo interagire. Per lavoro, ad esempio. E queste persone ci scrutano, ci analizzano, ci giudicano. E non sempre benevolmente. Ma tant’è, anche le persone a noi ostili sono uno Sguardo dell’Altro, seguendo Sartre. Anche il loro feedback è importante. Ci permette di crescere. Di vederci con occhi davvero “altri” da noi. A volte si impara qualcosa di noi anche (soprattutto?) attraverso lo sguardo e le parole di chi ci dice cose che ci feriscono. Ma che ci insegnano qualcosa di noi che col tempo sapremo accettare e trasformare in consapevolezza.

L'ho riletto almeno tre volte caro Stanis, ecco...ti avevo scritto cosa era per me lo sguardo del mio schiavetto (il paradiso) ovvero vedere nei suoi occhi l'ammirazione, il desiderio, l'amore e in ciò vedermi bella, forte, desiderabile.
Certo nessuno avrà piacere di vedere al contrario la propria immagine di sé ridimensionata o annichilita dallo sguardo di chi ci odia se nei suoi occhi ci si vede brutti, deboli, non meritevoli di stima.
Quanto poi sia duro venire a patti con le parole che ci feriscono lo sappiamo!!! Soprattutto se vengono da persone a cui teniamo! Cioè io non presto molta attenzione a chi mi è indifferente, le sue parole mi scorrono addosso, magari perché mi difendo pensando che non mi conosce e si sbaglia, viceversa quando sono ad esempio gli amici a metterci davanti allo specchio allora sì che un giudizio negativo ferisce quanto e più di una spada!!!
 
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Milady M
view post Posted on 4/2/2016, 17:49     +1   -1




Spero di essere rimasta in tema e di essermi spiegata chiaramente.
 
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Larsech
view post Posted on 14/6/2016, 19:05     +2   +1   -1




Perdonatemi, la mia mente ragiona male, ma leggendo tutto questo le prime cose che mi sono venute in mente sono:

1- lo spettacolo teatrale di Tadeusz Kantor con "La Classe Morta", il mio cervello ha fatto un collegamento istantaneo al tema del doppio in cui i personaggi umani vecchi e decrepiti trascinano loro stessi in scena con dei manichini abbozzati ed inanimati sulle spalle; libero pensiero personale sul rapporto innaturale e al tempo stesso naturalissimo tra la natura dell'animo umano e alla sua figura con il fardello del succitato sguardo dell'altro di cui non ci si può mai liberare e continua a perseguitarci ma anche a riflettere una parte di noi; pesa ma allo stesso tempo libera rendendo il manichino un doppio amico e nemico.

2- "Adele H. - Un storia d'amore", film diretto da Truffaut nel 1975 in cui lo sguardo della splendida Isabelle Adjani fà tutto il film, come ammette anche Truffaut stesso in cui in un'intervista ammise di aver scelto lei per il suo sguardo e che avrebbe potuto girare un intero film soltanto sui suoi occhi. La potenza dello sguardo come percezione si sé, dell'altro e addirittura come definizione del contesto.

3- Una citazione di Merleau-Ponty: “La visione del pittore impara solo vedendo, impara solo da se stessa.L’occhio vede il mondo, ciò che manca al mondo per essere quadro, e ciò che manca al quadro per essere se stesso”; secondo me si potrebbe anche applicare al topic di questo post questa frase.

Comunque come direbbe il buon vecchio Sigmund: lo sguardo è un elemento perturbante. Poco da fare :lol:
 
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view post Posted on 15/6/2016, 08:14     +1   -1
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CITAZIONE (Larsech @ 14/6/2016, 20:05) 
Perdonatemi, la mia mente ragiona male

Avrei detto, leggendoti, il contrario...

CITAZIONE (Larsech @ 14/6/2016, 20:05) 
1- lo spettacolo teatrale di Tadeusz Kantor con "La Classe Morta", il mio cervello ha fatto un collegamento istantaneo al tema del doppio in cui i personaggi umani vecchi e decrepiti trascinano loro stessi in scena con dei manichini abbozzati ed inanimati sulle spalle; libero pensiero personale sul rapporto innaturale e al tempo stesso naturalissimo tra la natura dell'animo umano e alla sua figura con il fardello del succitato sguardo dell'altro di cui non ci si può mai liberare e continua a perseguitarci ma anche a riflettere una parte di noi; pesa ma allo stesso tempo libera rendendo il manichino un doppio amico e nemico.

Il tema del doppio è soprattutto psicanalitico, con la dicotomia fra Sé conscio e Sé inconscio. Lacan chiama quest'ultimo, non a caso, Altro.

CITAZIONE (Larsech @ 14/6/2016, 20:05) 
2- "Adele H. - Un storia d'amore", film diretto da Truffaut nel 1975 in cui lo sguardo della splendida Isabelle Adjani fà tutto il film, come ammette anche Truffaut stesso in cui in un'intervista ammise di aver scelto lei per il suo sguardo e che avrebbe potuto girare un intero film soltanto sui suoi occhi. La potenza dello sguardo come percezione si sé, dell'altro e addirittura come definizione del contesto.

Come dargli torto...mitica Isabelle, mica le veline dei giorni nostri. :P

CITAZIONE (Larsech @ 14/6/2016, 20:05) 
3- Una citazione di Merleau-Ponty: “La visione del pittore impara solo vedendo, impara solo da se stessa.L’occhio vede il mondo, ciò che manca al mondo per essere quadro, e ciò che manca al quadro per essere se stesso”; secondo me si potrebbe anche applicare al topic di questo post questa frase.

Assolutamente

CITAZIONE (Larsech @ 14/6/2016, 20:05) 
Comunque come direbbe il buon vecchio Sigmund: lo sguardo è un elemento perturbante. Poco da fare :lol:

E più o meno negli stessi anni il fisco quantistico Heisenberg arrivò a ipotizzare l'influenza del soggetto osservante nella determinazione dell'oggetto osservato che altrimenti risulta indeterminato...più perturbante di così. :D
 
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view post Posted on 1/4/2018, 07:04     +2   +1   -1
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Sto leggendo proprio in questo periodo l'essere e il nulla di Sartre e ho trovato la discussione un interessante e ulteriore spunto di riflessione.Se penso all'idea dei rapporti fra "L'io e l'altro" come li intende Sartre,penso alla conflittualità,importantissima per scoprire sé e prenderne coscienza.Questo perché non è possibile un'oggettivizzazione di noi stessi.
Quei conflitti permettono a me di prendere coscienza " di quel me che l'altro conosce".
Quindi quello sguardo,in quel momento , aiuta a identificarmi nel mio ruolo,a prendere coscienza di ciò che sono in un preciso contesto e non in un "gioco" fine a se stesso,ma nel rapporto fra persone diverse.Quel "me che l'altro conosce" e quindi riconosce diventa la chiave fondamentale nel rapporto d/s.

Edited by LaRosadiCamus - 1/4/2018, 08:26
 
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view post Posted on 1/4/2018, 08:16     +1   -1
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Ciao LaRosa, anche tu nel club allora. :D

La conoscenza di sé, secondo Sartre, passa dalla soggettività dell’altro che riconoscendoci (in corsivo perché Sartre a memoria non usa questo termine, ma lo trovo appropriato) ci permette di prendere consapevolezza di noi stessi in un percorso dialettico.

Questo rende ineluttabile la relazione interpersonale come elemento fondamentale di consapevolezza di sé.
E se ci pensiamo è vero, impariamo di più su noi stessi attraverso le interazioni con gli altri che non rimuginando su di noi, la vita e tutto quanto osservando il soffitto.
 
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view post Posted on 1/4/2018, 08:38     +1   -1
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Nel club,si!!
L'esistenzialismo si pone di fronte all'assurdo,al nulla ,al nichilismo con coraggio e in modo positivo. Interpreto quello "sguardo dell'altro" in modo costruttivo e non in un senso di prigionia come sembra ad una prima lettura di Sartre.L'altro coglie quel qualcosa che spesso non riusciamo a raggiungere.Le mie riflessioni su Sartre sono ancora confuse in attesa di trovare la giusta collocazione per "me" e in "me".
Sono ferma alla considerazione del sado masochismo come sconfitta..mi sfugge qualcosa,chissà magari aprirò un post in merito.
 
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Miss_Me
view post Posted on 1/4/2018, 09:51     +4   +1   -1




Bellissima conversazione, la rileggerò con più attenzione per apprezzare bene le citazioni. Quello che al momento mi viene da dire per ciò che vivo è che l'esplorazione di questi territori paludosi è una parte del mio viaggio in cui sto provando ad accogliere spietatamente l'Ombra per trovare una coerenza interiore che forse, o forse no, mi porterà ad un rinnovamento di consapevolezza e sincerità.
A volte penso che potrei invece rimanere invischiata per troppo tempo o perfino bloccata come da sabbie mobili troppo affascinanti, dimenticando qualsiasi altra meta. Ma sono rischi da accettare, se si vuole procedere.

L'Altro? Senza una controparte non c'è nessun movimento, non ci sono parole perché nessuno le ascolta, non c'è niente che ti possa toccare quando tu lo sfiori.

Ma L'altro è trasformato dallo sguardo di chi osserva. Fa parte della sfida ricordare ogni istante che oltre il mondo costituito da "me" e da "lui-per-me" c'è un'altra Persona per cui io sono una "lei-per-lui".
Ci sono momenti ed istanti in cui ho la sensazione (mai la certezza) che ci sia una coincidenza nella percezione reciproca. Mi viene da pensare che la straordinaria nettezza dei ruoli Dom/Sub, la meraviglia del creare opposti così definiti che si attraggano scontrandosi, amplificare l'intensità del sentire fino all'estremo sia il modo in cui più facilmente si possa realizzare questo Incontro Impossibile.

O forse è solo l'ennesima illusione per allontanare il dolore della Solitudine?
Temo più la seconda... ma per ora non voglio pensarci.

Grazie Stanis 😊 Buona Pasqua a tutti.
 
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view post Posted on 1/4/2018, 11:55     +1   -1
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CITAZIONE (Miss_Me @ 1/4/2018, 10:51) 
Ci sono momenti ed istanti in cui ho la sensazione (mai la certezza) che ci sia una coincidenza nella percezione reciproca. Mi viene da pensare che la straordinaria nettezza dei ruoli Dom/Sub, la meraviglia del creare opposti così definiti che si attraggano scontrandosi, amplificare l'intensità del sentire fino all'estremo sia il modo in cui più facilmente si possa realizzare questo Incontro Impossibile.

O forse è solo l'ennesima illusione per allontanare il dolore della Solitudine?
Temo più la seconda... ma per ora non voglio pensarci.

Grazie Stanis 😊 Buona Pasqua a tutti.

Ma grazie a te.

Sottoscrivo le frasi che ho riportato.
Sono profonde e bellissime e descrivono bene quel “centro cosmico” che sorge nel luogo di tangenza alchemica tra le anime divise come complementarietà ma condivise come ricerca dell’opposto.

Ed è anche profonda e terribile la domanda finale che ci pone di fronte all’ineluttabile solitudine esistenziale a cui il nostro essere individui ci condanna.
 
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