Un racconto, a mio avviso, bello per trama e caratterizzazioni, quindi non convenzionale nel senso che si distingue, a mio giudizio in positivo, da tanti altri a tema.
Soprattutto un racconto ben scritto, che sa invogliare la lettura.
Tratto dal sito Diana the Valkyrie, l'autore è Davidmuscolo. Sul forum si trovano pubblicati, anche in questa sezione, diversi suoi racconti con questo pseudonimo.
Per esempio
https://legamidiseta.forumcommunity.net/?t=62520436 ,
https://legamidiseta.forumcommunity.net/?t=60826033 ,
https://legamidiseta.forumcommunity.net/?t=57091678Peraltro l'autore è anche un utente del forum e su LDS ha pubblicato diversi suoi lavori, con altro nick.
Se riterrà di intervenire o di proseguire direttamente lui la pubblicazione del suo racconto, con piacere e libero di farlo.
Per intanto inizio a pubblicare i primi due episodi.
Buona lettura.
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Primo episodio
Sono davanti allo specchio. Mi annodo la cravatta, mi osservo ma storco la bocca. No, non va bene. il nodo mi sembra decisamente troppo grosso e sembro uscito da un vecchio film anni settanta. D'accordo che sto per fare un piacevole salto nel passato per andare ad una riunione con i miei vecchi compagni di liceo per il ventesimo anniversario della maturità, ma non mi sembra il caso di andarci con la cravatta come la portava Kojak. Finalmente riesco a farmi il nodo come si deve. Mi giro e la figura di mia moglie Sabrina intenta a vedere una specie di soap opera in televisione e, come al suo solito, a sgranocchiare qualcosa, stravaccata sul letto in tenuta tutt'altro che sexy, non mi rallegra molto.
“Come sto?” le chiedo comunque dopo aver indossato una giacca di lino blu sopra i jeans e ad una camicia bianca. Lei mi osserva alzando un sopracciglio.
“Ti interessa un mio giudizio? E da quando?”
“Sei mia moglie. Certo che mi interessa” rispondo senza fare polemiche. Non mi sembra il caso di fare di fare l'ennesima litigata. Sabrina alza anche l'altro sopracciglio e poi scuote la testa.
“Mmmm, secondo me i jeans non vanno bene”
“Non mi va di vestirmi col classico completo. Mi sembra un look più giovanile e più informale"
“E certo, vuole essere giovanile lui. Ma sì, vestiti come ti pare. Per quanto me ne frega” mi dice infine rimettendosi a guardare la tv.
“Grazie, sempre gentile tu”
“Dovrei esserlo? Sapere che ti vai a divertire e forse che ti andrai a scopare qualche ex compagna di classe dovrebbe rendermi gentile?”
Scoppio a ridere.
“È tutta gente che non vedo da vent'anni, a parte Andrea. E Andrea non è propriamente il mio tipo. Se hai tutti questi dubbi su di me potevi venire anche tu. La festa è aperta anche ai compagni e alle compagne di coloro che fecero la maturità”
Gira la testa verso di me e per un attimo ho l'impressione di vedere la scena dell'esorcista quando la protagonista, sotto l'influsso del diavolo, fa girare la sua testa di 360 gradi. Anche il suo tono di voce sembra provenire dall'oltretomba.
“E come ci vado? Non ho niente da mettermi” sentenzia infine.
La osservo. Dio, com'è cambiata. Ma dove è andata a finire la donna che ho sposato? So che dovrei starmi zitto ma stavolta non ce la faccio.
“Non hai niente da metterti perché ingrassi di cinque chili al mese”
Ecco fatto. Ora sì che ho fatto il danno. Ed infatti il suo volto cambia espressione, digrigna i denti e poi scoppia a piangere.
“Sei uno stronzo. Un maledetto stronzo. Lo sai che non è colpa mia se sono diventata grassa ma della tiroide che non funziona bene”
Non dovrei replicare ma, ancora una volta, non ce la faccio.
“E no Sabrina, stavolta non te la do vinta tanto per non litigare. La malattia tiroidea è solo una scusa e lo sai benissimo. La tua tiroide non funziona benissimo, d'accordo, ma non è quella a farti ingrassare ma il fatto che stai perennemente a mangiare. Guardati adesso. Patatine, cioccolata, che altro hai vicino a te?”
Per un momento non risponde. Il suo pianto rallenta ma il suo sguardo è adesso di vero odio nei miei confronti.
“Sei una merda Fabrizio"
“Perché ti ho detto la verità? E va bene, mi tengo pure questa” le dico andandomene dalla camera da letto. Dovrò troncare tutto questo. Ha ragione mia sorella ed io l'ho pure mandata a farsi fottere. Ha ragione ma non deve intromettersi nella mia vita. Lo so benissimo anch'io che questa vita con Sabrina è un inferno, come se non bastassero tutti gli altri problemi che ho.
Il fatto è che non trovo il coraggio di dirle che continuare è perfettamente inutile. Non parliamo e se lo facciamo è solo per litigare, non scopiamo più da tempo immemorabile, cosa ci sto a fare insieme a lei? È diventata praticamente una balena e dubito che potrei riuscire ad eccitarmi se anche lei volesse fare sesso ed ora ci stiamo odiando l'un l'altra. No, a dir la verità, io non la odio. Non ancora almeno ma se continua di questo passo finirò per farlo molto presto.
E poi, quella scusa banale della tiroide ingrossata! Quante volte glie l'ho sentita dire. L'endocrinologo che la teneva in cura invece, l'aveva guarita, ma lei continua a ripeterla ossessivamente ogni qualvolta qualcuno le fa notare della sua grossezza. I problemi dovuti all'ingrassamento continuo sono purtroppo ben altri e quelli di mia moglie Sabrina sono esclusivamente psicologici e altrettanto sicuramente dovuti ai suoi tentativi falliti di rimanere incinta. Ci abbiamo provato per diverso tempo senza riuscirci e poi abbiamo scoperto che lei soffriva di endometriosi, una malattia che, nei casi gravi come il suo, annulla ogni possibilità di fecondazione e da lì è nato il dramma. Se solo lei avesse capito in tempo i sintomi di quella malattia, forse adesso avremmo per casa un paio di ragazzini urlanti. Ed invece non ci fece caso, scambiando quei dolori fortissimi per dolori mestruali oltre la norma e riempiendosi di semplici antidolorifici. E poi la diagnosi. Fu una batosta per entrambi, ma fu lei quella a subire le conseguenze maggiori che l'hanno portata, nel prosieguo del tempo, a trascurare me e se stessa, ingozzandosi ed ingrassando a dismisura ed a nulla sono valsi i miei tentativi di portarla da uno psicologo. Non avendo figli si sente probabilmente una donna a metà e, pur se a volte mi fa molta tenerezza, io non sono più in grado di sostenere questa vita. Sono ancora giovane, non ho compiuto nemmeno quarant'anni, e vorrei qualcosa di più di quello che lei mi offre che è tra l'altro quasi niente. Avrei voglia di sesso, ad esempio, ma anche di tante altre cose che dovrebbero far parte del rapporto matrimoniale. Sì, dovrò parlarci e dovrò prendere l'inevitabile decisione di lasciarla, anche se temo che possa compiere qualche sciocchezza. Oh, non certo per amore nei miei confronti ma perché non avrebbe proprio più nulla e sarebbe l'ennesimo suo fallimento visto che, bene o male, io rappresento ancora quella figura maschile di cui lei ha bisogno. O forse sono semplicemente un vigliacco ed ha ragione mia sorella Elena.
Il trillo del mio telefonino mi distoglie da questi tristi pensieri. È il mio amico del cuore Andrea. Forse l'unico vero amico che ho.
“Sono sotto casa tua. Che fai, scendi?"
“Due minuti e scendo” gli rispondo e attacco. Torno in camera da letto e faccio finta di non aver appena litigato con Sabrina.
“Sabri, non aspettarmi. Non so che orario farò?”
Lei sorride ironica. “Fai pure il comodo tuo. Tanto, cosa conto io?”
Sospiro e non replico. Cosa potrei dirle?
Scendo di corsa per non far attendere ulteriormente Andrea e anche perché siamo leggermente in ritardo. L'invito diceva alle 21 e mancano solo pochi minuti a quell'ora. Arriveremo sicuramente quando gli altri saranno già arrivati da un bel pezzo. Il mio amico mi attende con un sorriso a trentadue denti.
“Pronto a tornare indietro nel tempo, Fabrizio?"
“Guarda, vengo giusto per cercare di trascorrere qualche ora senza i miei soliti problemi"
“Si va beh ma ci saranno anche un sacco di belle fighe. Non parlo di Maria Giulia che è inarrivabile per qualunque mortale ma della Tozzi o della Mastrangeli. Te le ricordi?"
Eccome se me le ricordo. Marina Mastrangeli e Valeria Tozzi, due belle fighette. E poi Maria Giulia Ferri, la più bella della scuola ma non inarrivabile come pensa Andrea. Lei me la ricordo ancora meglio e credo che mai me la dimenticherò anche se per motivi che nulla hanno a che vedere con la sua esplosiva bellezza. Do una pacca sulla spalla ad Andrea.
“Calma i bollenti spiriti, amico mio. Saranno tutte sposate e saranno diventate inguardabili. E poi io sono sposato. Sei tu lo scapolo”
“Faresti meglio a dire divorziato"
“E cosa vuoi che cambi?”
“Cambia che se fossi scapolo non avrei dovuto sopportare il tradimento di Manuela”
E già, come dargli torto. Quella puttana della sua ex moglie è stata colta con le mani nella marmellata. O forse dovrei dire con la bocca sul pene del suo amante. Credo che una scena del genere rimanga impressa nella mente per sempre. Per fortuna, il mio amico ha uno spirito particolarmente allegro e l'impressione è che si sia ripreso da quel brutto colpo. O forse è appunto solo un'impressione e soffre ancora. Ci ha pure provato ad allacciare qualche relazione ma finora è stato sfortunato e non ha trovato la donna giusta per lui. Per fortuna che non avevano figli. Se nel mio caso la mancanza di figli è stata la rovina del mio matrimonio, nel suo forse è stato un bene. Un nuovo squillo del telefonino arriva ad interrompere i miei pensieri. Stavolta si tratta di mia madre.
“Fabrizio, come stai?”
“Bene mamma. E tu?”
Mai fare una domanda del genere ad una come mia madre.
“E come vuoi che vada? Da povera vecchietta sola che per sentire suo figlio
deve telefonare lei perché lui si dimentica di avere una madre” .
“Oddio mamma, no, ti prego, non cominciare. Non è mica colpa mia se papà è morto e se sei rimasta da sola”
“Non dico che sia colpa tua ma almeno potresti ricordarti di avere una madre e venirmi a trovare"
“Hai ragione, mamma. È che ho tanti di quei problemi col negozio che non ho nemmeno il tempo di respirare”
“Cinque minuti per una madre si trovano”
“D'accordo. Ti prometto che domani verrò a trovarti”
“Bravo figlio mio. Ah senti, mi ha telefonato tua sorella Elena. Era così giù di morale. Mi ha detto che avete litigato e che l'hai trattata male”
E ti pareva che Elena non andava a piangere sulle spalle di nostra madre? A quarantaquattro anni compiuti sente ancora il bisogno di confidarsi con la mamma.
“Subito a raccontarti tutto eh”
“Ma no, che dici. Ho sentito che era triste ed una madre vuol sapere i motivi che rendono triste i propri figli. Le ho dovuto tirare le parole fuori dalla bocca con le pinze perché non voleva dirmi niente. E niente poi mi ha detto. Semplicemente che avete litigato e che le hai risposto male”
E invece ci scommetterei qualunque cosa che le ha raccontato tutto.
“Senti mamma, abbiamo avuto una discussione e fra qualche giorno faremo pace, ok?”
“Ma tu non trattarla male, capito? È pur sempre tua sorella più grande”
“Le ho semplicemente detto di farsi i fatti suoi e quando lei insisteva ... beh le ho detto di andare a quel paese”
“Va beh dai, rifate pace, mi raccomando. E poi lo sai che lei ha qualche problema con il cuore dopo l'incidente di Maicol. Se la fai arrabbiare, corri il rischio di farle venire un attacco cardiaco. E tu non vuoi questo, vero?”
Ci mancava solo che mi rinfacciasse che Elena potrebbe sentirsi male. In effetti però, non ha tutti i torti visto che a causa di suo figlio Maicol, il mio nipote più grande, ha cominciato ad avere delle aritmie cardiache di poco conto, ma che non devono essere trascurate. Oddio, la colpa di Maicol è relativa visto che alcuni anni fa ebbe un incidente con lo scooter e telefonarono a mia sorella dicendole che era ricoverato in gravi condizioni all'ospedale quando invece e per fortuna aveva solo varie escoriazioni su tutto il corpo che guarirono in poche settimane senza ulteriori problemi, ma lei, a quella notizia, si sentì male e da quel giorno ha appunto lievi aritmie che però non devono essere prese sotto gamba. In compenso, Maicol ha smesso di correre con lo scooter e si è notevolmente calmato. E se penso a mio nipote, mi viene una rabbia per il nome che gli hanno messo. Ma non potevano scriverlo nel modo originale, ovvero Michael, invece di italianizzarlo? Lo odio quel nome. Bah, adesso ho altri problemi che pensare al nome di mio nipote.
“Ma sì, certo che faremo la pace” rispondo infine a mia madre “Adesso ti saluto mamma. Un bacione, ciao” concludo riattaccando.
A dir la verità, le parole che ho detto ad Elena erano un tantino più pesanti e le ho detto di farsi i cazzi suoi e poi l'ho mandata appunto a cagare. E quello che mi fa più incazzare è che lei ha ragione e soprattutto che lo fa per il mio bene. Mi ha detto che devo prendere la decisione da uomo e che ormai il mio matrimonio non regge più. Non a queste condizioni, almeno. Tra l'altro, lei ci ha provato in tutti i modi a parlare con Sabrina per cercare di farle cambiare atteggiamento nei miei confronti, comportandosi con lei come se fosse una sorella maggiore e non una cognata, consigliandole che gli uomini bisogna tenerseli, non solo conquistarli; ma a mia moglie questi consigli sono entrati in un orecchio per uscire immediatamente dall'altro. E quindi, mia sorella è giunta alla conclusione che se vuole vedere suo fratello felice, devo assolutamente cercare di rifarmi una vita con un'altra donna.
Andrea intanto, continua a guidare per raggiungere il luogo dove incontreremo i nostri vecchi compagni di liceo, ma ha ascoltato tutto. D'altronde, non ho segreti con lui come lui non ne ha per me.
“Ancora problemi con il negozio?” mi chiede dopo qualche istante di silenzio.
“Problemi infiniti, amico mio. Mio padre, che riposi in pace, mi ha lasciato in eredità un negozio di calzature con quattro scarpe ed un mare di debiti a causa del suo vizio del gioco”
“Questo lo so ma visto che da un po’ di tempo non ne parlavi più, speravo che fossi riuscito a risanare un po’ la situazione”
“Non te ne parlo perché mi sembra inutile affliggerti con i miei problemi visto che pure tu hai i tuoi, ma mi sembra di lottare contro i mulini a vento. Sto sempre a pagare i debiti e questi diminuiscono di una sciocchezza a causa degli interessi"
“Ma scusa Fabrizio, perché non ti arrendi? Lascia stare tutto, chiudi il negozio e dichiari fallimento”
Sorrido e non è un sorriso di gioia.
“Perché i debiti mio padre non ce l'aveva solo con le ditte fornitrici, ma anche con gente pericolosa. E a quelli non glie ne frega un cazzo che mio padre è morto. Quelli i soldi li vogliono da me. Mio padre giocava e scommetteva in posti dove non era lecito scommettere, mica alle sale giochi di adesso dove tutto è legale. E se anche dichiarassi fallimento, quelli i soldi continuerebbero a volerli. Almeno con il negozio posso rimuovermi. Pur con la crisi riesco a fare degli incassi accettabili, ma non quanto basterebbe però a cancellare quei maledetti debiti”
“Capisco”
“Già. Non è solo per il ricordo di mio padre che mi sono messo in mezzo a questo casino. Fosse dipeso da me, dopo la laurea avrei cercato un lavoro adatto a quel pezzo di carta che mi ero guadagnato ed invece prima lui si è ammalato e sono dovuto andare io a lavorare al negozio e poi ... . Beh, lo sai come è andata a finire”
“Siamo sfortunati, amico mio” fa con filosofia Andrea.
“E poi c'ho il problema di Sabrina” riprendo dopo alcuni secondi.
“Io non la capisco proprio tua moglie. Era così carina da ragazza e guarda come si è andata a ridurre. Senti, se ti confesso una cosa, t'incazzi?”
Lo guardo con tenerezza.
“Mi vuoi confessare dopo vent'anni che tu avevi una cotta per lei?”
Stavolta è lui a guardarmi in modo strano.
“Lo sapevi?”
“Smettila di fissarmi e pensa a guidare. Ci voglio arrivare sano alla festa. Comunque sì che lo sapevo. Lo sapevamo tutti” gli rispondo. In realtà me lo disse un certo Carlo, un amico comune, ma non feci caso più di tanto alla notizia. Non per scarsa amicizia ma perché pensavo che con Sabrina lui non avesse possibilità essendo cotta di me. Ed anche perché lui si stava buttando a corpo morto su Manuela. Pessima idea di entrambi.
“E non mi hai mai detto niente?” mi domanda dopo qualche secondo.
“Cosa mai avrei dovuto dirti? Con lei non ti eri mai dichiarato. Piuttosto, perché mi hai lasciato campo libero?”
“Perché eri il mio migliore amico e sembravi così preso. E poi non avevo possibilità visto che lei sembrava innamorata pazza di te. E poi anche perché avevo conosciuto Manuela. E comunque io certe cose agli amici non le faccio”
Abbraccio Andrea. “Tu sì che sei un vero amico"
“Piano con gli abbracci mentre guido se no andiamo a sbattere davvero” replica lui sorridendo.
“Sì, forse è meglio. Il fatto è che forse non eravamo veramente innamorati. A quell'età i sentimenti si confondono. Io non avevo nemmeno diciannove anni, lei diciassette e non sapevamo cosa fosse l'amore. Ci piacevamo e ci volevamo bene, ma l'amore è un'altra cosa. Il problema è che te ne accorgi soltanto dopo"
“Quanto sei filosofo stasera. Però adesso basta con i pensieri tristi. Stasera ci si diverte”
“Magari trombando con la Mastrangeli o con la Tozzi”
E non lo dico solo per battuta. Ho un grandissimo bisogno di fare l'amore, di abbracciare una femmina che mi faccia sentire maschio.
“Magari. Sempre se nel frattempo non sono diventate dei cessi”
“Tutto può succedere” e Andrea annuisce, forse pensando proprio a mia moglie Sabrina.
“Scommetto che con Maria Giulia non è successo ed è più bella di vent'anni fà” replico.
“Su di lei non accetto scommesse. Era la perfezione fatta femmina"
Annuisco a mia volta. Di gran lunga la più bella e sensuale della classe. Un corpo strepitoso e atletico, impreziosito da una muscolatura non eccessiva. ma decisamente efficace, come purtroppo scoprii. Un corpo che lei amava mettere in mostra senza falsi pudori ed un viso perfetto incorniciato da lunghi capelli neri che spesso portava raccolti con una coda, due fari abbaglianti, per dirla come il vecchio Mal, al posto degli occhi, azzurri come un lago di montagna eduna bocca perfetta che lei non lesinava a rendere ancora più appetibile dipingendola di rosso fragola. E poi quei movimenti quasi ipnotici che sembravano paralizzare l'attenzione di ogni ragazzo della scuola. Eh sì, bella da togliere il fiato ma con un grosso, enorme, gigantesco difetto, almeno ai miei occhi.
Secondo episodio
Il mio amico Andrea approfitta di un semaforo rosso e si volta a guardarmi.
“Ancora non mi hai risposto, Te la ricordi o no Maria Giulia?” mi chiede sorridendomi.
“E chi è quel ragazzo della scuola che potrebbe dimenticarsela?” faccio.
"Bona come il pane”
“Sì, bona senz'altro. Peccato che fosse pure pazza, antipatica, strafottente, voleva comandare su tutto e su tutti e soprattutto era maledettamente in gamba con le arti marziali. Quella se ti prende per vivo ti lascia per morto. Te lo ricordi come ridusse quei due?”
E come posso dimenticarlo? Mi sembra che fosse il giorno seguente alla festa delle donne, forse il 9 o il 10 di marzo e che si trattasse di una specie di fidanzato che lei aveva mollato per mettersi con un tipo che aveva incontrato proprio durante la festa delle donne. Il suo ex moroso era venuto, spalleggiato dal fratello, per discutere con lei. Beh, diciamo pure per offenderla.
Evidentemente, non la conosceva bene. Appena pronunciò la parola <puttana> infatti. Maria Giulia scatenò un tale inferno che, a confronto, quello scatenato da < Il gladiatore> era un’oasi di pace e tranquillità. Maria Giulia divenne una belva e dimostrò a tutta la scuola di che pasta fosse fatta e quali fossero le sue capacità con le arti marziali riempiendo di botte quei due senza che nessuno osasse intervenire. E non solo. Li costrinse poi ad inginocchiarsi ai suoi piedi, a farseli baciare e naturalmente a chiedere pietà tra l'ilarità idiota di tutti noi. Il problema fu che dopo pochi giorni toccò proprio al sottoscritto di dover saggiare le sue capacità e fu una tragedia. Per me, ovviamente. E altrettanto ovviamente, è questo il motivo per cui non me la potrò mai dimenticare, oltre alla sua travolgente bellezza. Accadde proprio un paio di settimane dopo, durante la festa per il suo diciottesimo compleanno che organizzò nella sua abitazione. Oddio, parlare di abitazione è riduttivo. E si perché la Ferri era anche schifosamente abbiente, a riprova che la fortuna è tutt'altro che cieca e bussa sempre alle stesse porte. In effetti, si trattava di una bella villa situata nella zona nord di Roma con tanto di giardino e piscina che ospitò tutti gli invitati per quella mega festa che fu la sua entrata nella maggiore età. Quasi un anno più piccola di tutti noi. Almeno di età perché per il resto ci sovrastava tutti nettamente, a cominciare dalla sua statura. Centottanta centimetri ai quali abbinava sistematicamente scarpe col tacco elevatissimo. Eravamo ormai al termine della festa quando me ne stavo per andare. L'andai a salutare e a rinnovarle gli auguri quando mi chiese se potevo attendere che andassero via anche gli altri invitati in quanto doveva farmi vedere una cosa, senza capire cosa volesse realmente. Tanto per cominciare, era strano che mi desse confidenza in quanto, fino a quel momento, pur stando nella stessa classe da ben cinque anni, era pure troppo se ci salutavamo. Ad ogni modo, chiesi ad Andrea che era venuto alla festa con la mia macchina di rimediare un passaggio con qualcun altro e attesi che andassero via tutti con il cuore in gola. Maria Giulia mi metteva soggezione, sia con la sua stratosferica bellezza sia col suo modo di fare autoritario e soprattutto con la consapevolezza da parte mia che fosse notevolmente più forte di qualsiasi maschio della scuola, come il pestaggio dei due ragazzi aveva ampiamente dimostrato. Pertanto, non riuscivo proprio a comprendere cosa volesse da me. Mi portò in una camera, chiuse la porta a chiave e, tra il mio sbigottimento più totale, venne poi di fronte a me. Era bella, maledettamente bella, con il suo solito abbigliamento fatto apposta per stimolare le fantasie maschili e quando si avvicinò per baciarmi non potevo rifiutare. Come avrei potuto? E fu un bacio meraviglioso. La sua bocca aveva un sapore particolare, intrigante. Tutto in lei era intrigante e sensuale. Ma poi quelle parole.
“Voglio che tu diventi il mio ragazzo” Il suo ragazzo? In pochi secondi mi passarono in mente tutte le scene che la riguardavano tra cui ovviamente il pestaggio di quei due ma anche le sue dimostrazioni di superiorità, il modo in cui si comportava in classe con chiunque, ovvero con autorità, pensando di essere un essere superiore nei nostri confronti, sempre sprezzante ed ironica ed ovviamente senza che qualcuno avesse il coraggio di farglielo notare. Anche prima del pestaggio dei due ragazzi infatti, Maria Giulia ci aveva dato ampie dimostrazioni di essere in grado di stendere chiunque avesse osato andarle contro ed anche uno come me che non era mai passato da vigliacco, aveva un certo timore nel rapportarsi con lei. Per fortuna, fino a quel momento i nostri rapporti erano stati quasi inesistenti, malgrado, come detto, fossimo nella stessa classe ma con altri, sia ragazzi che ragazze, non si faceva problemi di ordinare e pretendere di essere obbedita. E malgrado questo suo atteggiamento, o forse proprio per questo, aveva un codazzo di ragazzi, sia maschi che femmine, pronti a fare qualunque cosa pur di far parte del suo gruppo ristretto di adoratori. A dir la verità, sembrava quasi che fossero gli altri a cercare la sua dominazione più che lei ad imporla, quasi come se riconoscessero in Maria Giulia una superiorità ed un carisma tali da potersi permettere qualsiasi comportamento, ma rimaneva il fatto che quelli li trattava veramente come schiavetti sempre pronti ai suoi ordini. Gli altri, coloro che non facevano la fila per essere nelle sue grazie, per lei non esistevano. Io ero appunto tra gli altri e tantissimo fu il mio stupore nel sentire quella frase. Dopo quel bacio, che era comunque già molto strano, credevo che volesse semplicemente scopare, che volesse togliersi uno sfizio, visto che ero comunque considerato un ragazzo carino e simpatico e ad una bellissima ragazza come Maria Giulia non si dice di no. Per qualunque maschio, sarebbe stata la chicca della propria vita, il gradino più alto di ogni desiderio maschile, una di quelle cose che racconti in eterno agli amici ed il cui ricordo ti accompagnerà per tutta la vita. Ma diventare il suo ragazzo no. Come avrei potuto essere il ragazzo di una tipa che voleva comandare sempre lei, che voleva decidere tutto lei e che soprattutto aveva i mezzi fisici per farsi obbedire. Solo il tono con cui mi aveva fatto quella richiesta diceva tutto. Che poi, chiamarla richiesta era un eufemismo visto che aveva dato l'impressione di essere un vero e proprio ordine. E se un giorno si fosse arrabbiata? Avrei dovuto tremare di lei ed inginocchiarmi ai suoi piedi per chiederle perdono, così come erano stati costretti quei due, altrimenti mi avrebbe picchiato? No, la mia ragazza avrebbe dovuto essere dolce, remissiva e innamorata. Una come Sabrina, che mi faceva il filo ormai da un bel po’. Certo, paragonarla a Maria Giulia era improponibile. Qualunque ragazza non poteva essere paragonata a lei. Ma non si vive mica di sola bellezza. E quindi, dopo quel bacio e dopo quella dichiarazione, rimasi sconcertato.
“Vuoi che io sia il tuo ragazzo?” ripetei quasi come un ebete.
“Esatto. Senti io ..."
“No Maria Giulia, ascolta tu” la interruppi. E già il semplice fatto di interromperla poteva essere considerato un atto di coraggio. Cercai comunque un tono accondiscendente che non la facesse arrabbiare. "Tu sei bellissima, la più bella ragazza che io conosca ma io non sono in grado di essere il tuo ragazzo"
“Cosa significa? E allora perché hai accettato il mio bacio?” Avevo poco più di diciotto anni e pur se ero abbastanza sveglio con le ragazze avevo ancora qualche ingenuità e le dissi cosa pensavo. Grosso errore. Dal coraggio dimostrato stavo scivolando verso la totale incoscienza.
“Perché pensavo che volessi scopare. Fare sesso insomma. Se vuoi, io ci sto. Ma diventare proprio il tuo ragazzo non fa per me. Tu sei abituata a comandare su tutti, incuti timore con le tue abilità e ... . Insomma, hai capito, no? Non fa per me tremare di fronte ad una ragazza. Anche se è bella come te"
Fece un respiro profondo e poi si girò per uscire.
“Sei una merda Fabrizio. Non hai capito un cazzo. E ringrazia Dio che non ti riduca a pezzi”
Io la raggiunsi, le afferrai il braccio e la guardai negli occhi.
“Sinceramente non capisco. Pensavo che fossi abituata ad avere ragazzi più grandi. Però se volevi che io diventassi il tuo ragazzo, significa che ti piaccio. E siccome anche tu mi piaci tantissimo, non ci sarebbe niente di male se io e te ... Insomma, se facessimo sesso senza doverci mettere insieme per forza”
Ecco, quello fu l'errore ancora più grande. Si voltò verso di me e mi guardò quasi con odio. Sicuramente con rabbia. Tanta rabbia. E far arrabbiare una con le doti di Maria Giulia non era proprio da ragazzi sani di mente.
“Con chi cazzo ti pensi di stare a parlare? Con una puttana per caso? Toglimi quella mano. Non mi toccare”
Ed invece rimasi ancorato al suo braccio. Terzo e definitivo errore che la fece mettere in azione. Lei si girò su se stessa e mi catapultò sopra di lei, con una elegante mossa di judo. Atterrai dolorosamente rialzandomi però ancora completamente integro, ma invece di maledirmi per la mia stupidità e chiederle scusa mi uscì dalla bocca un
. Non lo avevo pensato ma fu spontaneo. Spontaneo e idiota. Lo sapevo che era pericolosa eppure avevo reagito come se fosse una ragazza normale. E lei tutto era tranne che normale. Ma ormai la frittata era fatta e Maria Giulia si era incazzata e avanzava verso di me. In un lampo, mi vennero in mente le scene del pestaggio dei due fratelli, di tantissime altre volte in cui si dilettava a dimostrare che lei era la più forte, la più brava e capii il guaio in cui mi ero cacciato. Provai a fuggire ma andai a cozzare contro la sua gamba tesa che mi colpì proprio allo stomaco e che mi fece piegare in due. Appena una manciata di secondi e mi aveva già neutralizzato. Ero in suo potere. Un altro calcio dato con estrema maestria stavolta al volto e caddi come una pera cotta ai suoi piedi. Lei si chinò e mi afferrò per i capelli e chiuse l'altra mano a mo’ di pugno. In quel momento, forse per la prima ed unica volta nella mia vita, ebbi paura per la mia vita. Sì, ebbi più terrore in quell'istante che quando, anni dopo, i creditori di mio padre vennero a cercarmi per dirmi che i debiti che lui, allora ancora vivo ma ricoverato all'ospedale, aveva nei loro confronti, li avrei dovuti estinguere io. Maria Giulia però non fece altro. Mi lasciò e si avviò verso la porta.
“Non meriti nemmeno di baciare i miei piedi, coglione!”
Rimasi lì per un po’, dopodiché cercai un bagno per lavarmi e cercare di nascondere l'occhio nero e curarmi la ferita al labbro che mi aveva causato e che mi faceva perdere sangue. Inutilmente. Per fortuna, riuscii a sgattaiolare fuori dalla villa e ad andarmene senza incontrare nessuno degli altri invitati che erano ormai andati tutti via. Rimasi tutta la notte agitato, pensando che Maria Giulia mi avrebbe fatto pagare anche in seguito per quello che era accaduto ma mi sbagliai. Lei continuò a non rivolgermi la parola come aveva fatto fino ad allora ed io feci altrettanto. L'occhio nero e la ferita al labbro che io addussi ad un urto notturno contro una porta, scomparvero dopo qualche giorno, la ferita al mio animo e la paura che io ebbi nei suoi confronti, durarono un bel po’ di più, almeno fino al termine della maturità, quando Maria Giulia uscì definitivamente dalla mia vita dopo cinque anni di liceo vissuti a stretto contatto. Ecco a cosa alludevo quando parlavo di quel suo grosso, enorme, maestoso e gigantesco difetto.
Sono trascorsi oltre vent'anni da quella serata rimasta scolpita in modo indelebile nella mia mente e adesso quest'invito per questa festa che proprio lei organizza. Beh, vent'anni sono tanti. Non ci siamo più rivisti e forse quel rancore per ciò che accadde quella sera è scomparso. D'altronde, siamo diventati grandi. O forse nemmeno se lo ricorda e sono soltanto uno dei tanti che lei ha ridotto male, come quel suo ex fidanzato e suo fratello, ad esempio.
Sono talmente preso da quei ricordi che nemmeno mi accorgo che siamo arrivati.
La location scelta da Maria Giulia per l'organizzazione della festa è un rinomato albergo sopra un colle che domina Roma, con una vista mozzafiato. In silenzio, ci avviamo verso l'entrata dell'albergo e, appena entrati, un cartello ci mette al corrente di quale sarà la stanza prenotata solo per noi ex allievi. Le sarà costato un occhio della testa. Evidentemente, per sua fortuna non conosce la parola crisi, al contrario di noi comuni mortali. La sala è enorme, di quelle adatte ad un matrimonio, già piena come prospettavo. Io e Andrea ci guardiamo intorno alla ricerca di persone conosciute ma saremo oltre duecento invitati e non è facile rintracciarle. D'altronde, quattro sezioni di quinto liceo, una trentina di allievi a sezione, le loro compagne, moglie e mariti ed il conto è presto fatto. A ridosso del muro di destra e di sinistra, due tavoli imbanditi pieni di ogni ben di Dio con la gente che riempie i propri piatti e chiacchiera amabilmente. Ci avviamo anche noi. Molti non li conosco o non riesco a ricordarli e si tratta di quelli delle altre sezioni, dei loro compagni e compagne, ma finalmente scorgo anche alcune facce conosciute. Marina Mastrangeli ci accoglie con un sorriso enorme e ci presenta il marito. Non è più quella bella fighetta del tempo del liceo ed ha messo su qualche chiletto di troppo, ma fa ancora una discreta figura con quel vestitino scollato che indossa. Poco più in là, altri due miei ex compagni di classe. Si tratta di Francesco Nappi e di Claudio De Cristofori. Ci abbracciamo. È bello incontrare di nuovo queste persone. Ci presentano le loro mogli, due tipe discrete senza infamia e senza lode e poi torniamo indietro coi ricordi ai bei tempi andati.
“Sempre in forma, a quanto vedo, il nostro Fabrizio Villa. E tu Andrea, che fine hai fatto fare alla tua bella chioma?” dice Francesco rivolgendosi poi al mio amico che comincia a dar qualche evidente segno di perdita di capelli. “Mi sa che ti sono rimasti pochi lavaggi. Vorrà dire che risparmierai sullo shampoo”
Sempre il solito simpaticone, ma non è male come persona. Almeno non lo era. Andrea alza le spalle, io invece sorrido.
“E certo che sono sempre in forma. Ci tengo io” rispondo
In verità, credo che sia una questione di fortuna o di genetica visto che non faccio più sport dai tempi dell'università. E chi c'ha il tempo con tutti i miei problemi?
“E già. Il nostro campione. Te la ricordi la finale del torneo?” prosegue il mio vecchio compagno. Annuisco. E come potrei dimenticarla? Mi faccio prendere anch'io dai ricordi.
“Te lo ricordi che gol che feci? Dribbling sulla sinistra, uno, due, tre avversari smarcati come birilli e poi palla a rientrare di destro ed il torneo delle scuole di Roma è stato nostro. Del Piero ha imparato da me a fare quei gol"
“E mo’ non esagerare. Comunque sì, bel gol. E pensare che ti eri fatto male e che stavi per essere sostituito” Scoppio a ridere.
“Mamma mia che testata. Vedevo tutto confuso. Poi ho visto che quell'idiota di Valeri, il nostro professore di educazione fisica che si atteggiava ad allenatore stava per far entrare <er figurina> e mi sono rialzato di colpo. Mica poteva entrare quell'impedito proprio nella finale”
Marcello Lorenzi, detto <er figurina> per la sua scarsa attitudine al gioco del calcio. Cioè, giocare con lui o con una figurina era esattamente la stessa cosa.
“E già. A proposito di Lorenzi, coi piedi era scarso ma con le mani ci sa fare. Eccolo là insieme alla moglie. Pensa, è diventato uno dei migliori ginecologi di Roma. Le donne fanno a gare per farsi visitare da lui”.
Mi volto e lo scorgo. Lui è sempre il solito, alto e allampanato, ma la moglie è una figa da paura. Hai capito <er figurina>? Ha fatto carriera. Lui era un nerd ed io uno dei più svelti della scuola e adesso, a vent'anni di distanza, ci troviamo praticamente all'opposto. Poi rifletto un attimo. Un ginecologo? Lascio i miei ritrovati amici a chiacchierare con Andrea e mi avvicino a Lorenzi, intento a scegliere qualcosa sulla tavola imbandita con in mano un bicchiere di vino. Lo chiamo e si rigira. Un sorriso franco gli riempie il volto.
“Villa, sei proprio tu? Che piacere rivederti!” Gli dico che anche per me è un piacere. Mi presenta la sua bella moglie e poi lo prendo per un braccio.
“Senti Lorenzi, permetti una parola in privato?” Lui mi segue docile.
“Che c'è Villa?”
“Ho saputo che sei diventato un rinomato ginecologo. Potrei chiederti un parere professionale?”
Lui sorride.
“Vuoi cambiare sesso e farti visitare da me?“
Sto allo scherzo.
“Ma sentilo < er figurina>. Ha fatto carriera e adesso rinnega i suoi vecchi amici”
“E già. < Er figurina> ormai è solo un ricordo sbiadito, per fortuna”
“Sono contento per te. Chi l'avrebbe mai detto che uno come te sarebbe stato sempre in mezzo alla fica”
Scoppia a ridere.
“Ne ho viste più io di Rocco Siffredi” Sorrido anch'io alla sua battuta ma sono pronto alla replica.
“Sì ma lui le vede tutte giovani e belle. Ho l'impressione che per te non sia così"
“Mah! Difficile che da me venga la vecchia di 70/80 anni. La mia clientela è piuttosto giovane, invece”
Mi avvicino di più a lui per non farmi sentire da altri.
“Ma dimmi, se ti capita una ventenne da panico, non ti ecciti a vederla nuda?"
“A parte che raramente la vedo interamente nuda, ma le vedo solo la fica oppure solo le tette”
“E ti pare poco?” lo interrompo.
“Ma dai, è una questione di professionalità. Nessun ginecologo degno di questo nome guarderebbe una donna pensando al sesso. Quelli che lo fanno sono da togliere immediatamente dall'albo professionale. Piuttosto, stavi parlando di un consulto. Dimmi pure”. Mi faccio serio.
“Senti Marcello, si può guarire dall'endometriosi?” Si fa serio anche lui.
“No Fabrizio. Nel modo più assoluto no. Ce l'ha tua moglie?”
“Purtroppo si. Non siamo riusciti ad avere figli” ammetto.
“Mi dispiace. L'endometriosi si può bloccare ma non curare e credo che te l'abbia detto anche il medico che glie l'ha diagnosticata. Si eliminano ad esempio i dolori e le perdite di sangue tipiche di questa malattia con una cura a base di farmaci ormonali, sul tipo della classica pillola anticoncezionale o, in casi più gravi, anche con un intervento chirurgico”
“E quindi, nessuna possibilità di rimanere incinta?” chiedo sconsolato.
“Non ho detto questo. La valutazione deve essere effettuata caso per caso. Se la malattia non è estesa, ad esempio, e se non ci sono lesioni nelle tube, ci sono le possibilità di una gravidanza, sospendendo la cura ormonale per la durata necessaria. Insomma, come nella maggior parte delle malattie, la prevenzione è la miglior cura. Il caso di tua moglie com'è?”
“Purtroppo grave. Anche lei ha fatto una cura ormonale ed ormai non ha più dolori e perdite di sangue, ma le hanno anche detto che una gravidanza è impossibile”
Si guarda in tasca e poi mi porge un bigliettino da visita.
“Evidentemente, l'endometriosi le è stata diagnosticata in ritardo. Se vuoi, portala da me ma temo che ormai non ci sia più nulla da fare. Avete pensato ad un'adozione?”
Eccome se ci abbiamo pensato. Ma non è una via facile da percorrere. E comunque, il problema di Sabrina è anche di carattere psicologico. Lei non vuole solo sentirsi mamma, cosa che con dei figli adottivi forse le riuscirebbe, ma soprattutto generare lei stessa. Lo metto al corrente di questa situazione e poi torniamo in mezzo agli altri. Almeno stasera, vorrei non pensare a nulla e cercare di trascorrere una bella serata. Ne ho bisogno come l'aria che respiro.
Mi intrattengo con altri miei ex compagni di scuola, sempre ricordando i tempi passati. C'è anche Mauro Piatti. Avevo poca confidenza con lui e Francesco Nappi, che invece era uno dei miei compagni preferiti, mi mette al corrente che ha preso una brutta strada e che è appena uscito di prigione dopo essersi fatto cinque anni. E non è la prima volta. Pare che stavolta l'abbiano beccato per furto d'auto e ricettazione ma aveva precedenti piuttosto considerevoli. Eppure sembrava un ragazzo a posto. Bah! In fondo lo conoscevo poco. Do un'occhiata intorno. Io e quelli della mia classe siamo raggruppati e sembrano essersi formati quattro gruppi distinti, come quante erano le sezioni, come se ognuno di noi volesse intrattenersi soltanto con i propri ex compagni. Mi sembra che della nostra classe dovremmo esserci proprio tutti, ma manca proprio l'organizzatrice. Maria Giulia ancora non si vede. Se non è cambiata, vorrà fare un'entrata trionfale nel bel mezzo della festa. E come se i miei pensieri l'avessero evocata, una figura maestosa fa il suo ingresso.
Oh mio Dio! Un metro e ottanta più i tacchi di figa allo stato puro avvolto in un abito corto e aderente grigio, due tette che sembrano chiedere aiuto per uscire allo scoperto dalla prigione in cui le relegano lo striminzito vestitino, capelli raccolti con uno chignon intrecciato che mettono in completa luce un volto bellissimo e truccato perfettamente. La sua camminata è sicura, malgrado le sue decoltè col tacco altissimo e a spillo dello stesso colore dell'abito, che la elevano un gradino al di sopra di quasi tutti i presenti. In una mano tiene una micro borsetta abbinata alle scarpe e nell'altra un individuo di sesso maschile che in quel momento deve sentirsi come l'uomo più invidiato del pianeta terra. Ed io ad una del genere ho detto no! Voglio un muro per sbatterci la testa. Ma forte, per farmi male davvero. E voglio qualcuno che mi dica quanto sono coglione. E me lo devono dire in coro e con l'eco. È addirittura più bella e desiderabile di quanto lo fosse da ragazza, cosa che pensavo fosse impossibile e, alla sua entrata, la maggior parte dei presenti si sposta nella sua direzione. Lei sorride, abbraccia e bacia chi le viene incontro mentre io preferisco rimanere in disparte insieme ad Andrea che si è stampato sul volto uno sguardo da ebete che è forse lo stesso che ho io alla visione di Maria Giulia che, dal canto suo, sembra una star di Hollywood che cammina sul tappeto rosso. Quando la folla si dirada, lei si dirige al verso un tavolino posto proprio nella direzione opposta all'entrata, sempre seguita come un'ombra dal tizio che l'accompagna, afferra il microfono posizionato sopra a quel tavolo e ringrazia tutti i convenuti per la loro presenza alla festa da lei organizzata per poi mescolarsi con gli invitati. Che pezzo di donna!
La festa continua e proseguiamo ad ingozzarci di cibo che i camerieri imperterriti portano sulle due tavolate. Dopo gli antipasti è il momento di fumanti fiamminghe di pasta e quindi quello dei secondi. Sono già sazio dopo gli antipasti ma comunque è difficile rinunciare a tutto quel ben di Dio.
Cerco con lo sguardo Maria Giulia e non mi è difficile intravvederla, grazie alla sua considerevole altezza, mentre conversa un po’ con tutti. Con me ancora niente ed io non ho il coraggio di andare di fronte a lei. Forse ce l'ha ancora con me ed il suo invito è stato solamente un atto dovuto. Anch'io mi butto in mezzo agli altri cercando di dimenticare le mille difficoltà in cui verso.
La bella Valeria Tozzi sembra disponibile ad una chiacchierata, ad esempio. Lei è ancora un tipetto niente male. Oh, niente a che vedere con Maria Giulia, ma è comunque ancora molto appetibile. Mi dice che è divorziata, mi fa i complimenti per la mia forma fisica visto che sono uno dei pochi ad averla mantenuta come quando ero ragazzo, complimenti che contraccambio con sincerità. Malgrado le dica che sono sposato, mi dà il suo numero di telefono chiedendomi di sentirci ogni tanto e di non far trascorrere altri vent'anni. Mi da quasi l'impressione che ci stia provando ed io ho tanto bisogno di una donna che mi faccia dimenticare i problemi con Sabrina. Ha ragione Elena, devo lasciarla se non voglio che la mia vita sentimentale e sessuale continui ad essere così avara di soddisfazioni per me. Continuo a parlare con Valeria che mi chiede della mia vita attuale quando, con la coda dell'occhio, noto la statuaria figura di Maria Giulia, sempre seguita come un'ombra da quello che lei ha presentato come il suo fidanzato, che si fa largo tra gli invitati per venire nella nostra direzione. Forse vorrà parlare con Valeria. All'epoca del liceo, la Tozzi e la Mastrangeli erano considerate un po’ come le ancelle della regina e brillavano non solo di luce propria visto che erano considerate molto graziose, ma anche di luce riflessa: quella di Maria Giulia. Essere considerate sue amiche le ponevano al centro dell'attenzione di tutti gli altri. Sì, sembra proprio venire verso di noi ma, al contrario di come pensassi, saluta con un sorriso la Tozzi e poi mi afferra per un braccio.
“Valeria, ti dispiace se ti rubo per un attimo il nostro Fabrizio?”
Rimango quasi di stucco e poi prosegue nei miei confronti.
“Vieni, accompagnami di fuori che ho voglia di fumarmi una sigaretta”
“Con piacere. Basta che tu non abbia l'intenzione di proseguire ciò che hai iniziato vent'anni fa” le sussurro per non farmi sentire dagli altri e riferendomi a quella sera in cui mi pestò per bene. Lei ride di gusto.
“Potrebbe essere un'idea. Sai, le donne rifiutate possono essere molto vendicative”
Sto per replicare qualcosa ma non mi viene in mente niente di intelligente. Preferisco perciò tacere ed attendere gli eventi.
Non so perché, ma qualcosa mi dice che Maria Giulia ha in mente qualcosa e che fumarsi una sigaretta è solo una scusa. E non so se essere contento o preoccuparmi seriamente.
(continua)
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Edit:
corretti alcuni piccoli refusi
Triskell
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Edited by -triskell- - 10/6/2023, 13:04