Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

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view post Posted: 2/8/2023, 08:39     +1Catturato - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
3

La porta d’ingresso era sorvegliata da due soldati corpulenti e da una donna vestita con pantaloni e stivali neri sopra il ginocchio. Aveva una giubba color verde. Era bionda e molto carina.
Zarmia la salutò. “Ciao Herna!”
“Ciao Zarmia hai fatto buona caccia vedo. Un violatore di confini vero ? Fammi dare un occhio …”
Gianni restò in piedi legato alla sella, Herna s’avvicinò e lo colpì nei testicoli.
“In ginocchio di fronte ad una Eletta bestia!”
Gianni crollò al suolo dolorante e mormorò: “Mi scusi … mi scusi”
“Deve imparare l’educazione Zarmia, ma lo farà presto ne sono sicura” disse irata Herna
Gianni vide altri uomini nelle vicinanze che caddero in ginocchio come colpiti da un fulmine.
“Sì, certo Herna. Ma le educatrici faranno il loro lavoro e diventerà usabile.”
Zarmia usò un tono languido.
Herna lo fissò alzandogli il mento con la mano guantata.
“Guarda i miei stivali bestia. Sono neri e se vedi stivali neri devi inginocchiarti immediatamente. Sappi che un ritardo di esecuzione costa 20 frustate o anche peggio. La tua vita non ti appartiene più. Sappilo!”
Gianni annuì freneticamente.
Herna fece un cenno alle guardie e li lasciò andare.
Varcarono la porta della città e Hyyte apparve enorme a Gianni. Vide tantissima gente, negozi e cavalli e l’attività che ferveva in ogni angolo. Sentì l’odore di cibo che gli fece rimescolare lo stomaco.
Giunsero in una piazzetta con delle tettoie, all’interno delle quali c’erano delle gabbie.
Altri uomini erano lì nelle gabbie oppure legati mani e piedi a dei pali.
C’erano soldati, alcune donne e due Elette che dirigevano il tutto.
Zarmia parlò con una delle due Elette scese da cavallo e diede il guinzaglio a Lei.
Etera era il suo nome. Era altissima bionda con i capelli raccolti a coda e occhi azzurri gelidi. Il fisico era muscoloso e giunonico. Calzava stivali neri lucidi sotto il ginocchio e una gonna. Un corpetto pure nero di pelle lasciava intravedere un seno perfetto. Gianni, non appena lei s’avvicinò, s’inginocchiò colpendo duramente il terreno. Gli occhi di Etera erano freddi e crudeli, Gianni sentì rizzarsi i peli e i capelli provava terrore solo a guardarla. Si mise col volto basso cercando di sembrare il più sottomesso possibile.
Zarmia s’avvicinò.
“Ciao schiavetto ti lascio in buone mani … grazie a te e ai talenti che avrò mi potrò divertire un bel po’ … quando soffrirai, ricordati che sono stata io a catturarti e a fare iniziare tutto. Voglio che mi ringrazi ogni giorno per questo … tra l'altro credo che succederà presto ...addio!” e Zarmia se ne andò sorridente.
Etera disse: “Benvenuto schiavo. Adesso con me inizia il tuo percorso: mi chiamerai Padrona Etera. Baciami gli stivali !”
Etera aveva un che di selvatico, di primordiale. Ogni suo modo di fare era sensuale ed eccitante, in particolare la voce, bassa e languida, faceva vibrare ogni cellula del corpo di Gianni.
Gianni suo malgrado si eccitò e sentì per lei una fortissima attrazione. Chiese mentalmente scusa alla moglie, ma trovava l’Eletta irresistibile. La casta che governava Perlaria era dunque formato da autentiche divinità femminili. Anche l'altra Eletta che guardò di sottecchi gli apparve splendida
Etera lo condusse a carponi, in una gabbia vicina che stava sotto una tettoia ove all’interno c’erano altri due schiavi.
“Ciao”
“Tschik” dissero quasi in coro i due. Erano un ragazzo molto giovane e un 40enne. Il ragazzo era di sicuro dell’est, visto il saluto. Erano entrambi con un vistoso collare. Il ragazzo aveva dei lividi sul viso.
“Lui non capisce una parola della nostra lingua. Io mi chiamo Goterm, tu da dove vieni ?” esordì il 40enne
“Sono Gianni vivevo a Merlan”
“Ah io sono di Holt. Cosa sei, volontario? O violatore di confini ? o criminale?”
“Ho passato il confine … ma perché, ci sono anche volontari qui?”
“Certo. Ci sono uomini che vendono tutto e vengono qui per essere schiavi. Danno tutti i loro soldi alle Elette e passano una vita di schiavitù. Basta andare a Gonth che è l’unica città di Perlaria dove si fanno scambi e non valgono le leggi di qui. I volontari che vanno lì danno tutti i loro averi e diventano schiavi per sempre. Perchè lo facciano boh non lo so. Io sono qui perché a Holt comanda la duchessa Fleire che per far scontare le pene a vita manda i criminali qui”
“Criminale?”
“Per la duchessa sono un criminale. Mia moglie aveva una relazione con un altro. Un giorno tornato a casa li sorpresi. Lui scappò e io diedi una ripassata a mia moglie. Lei mi denunciò e questa è stata la condanna. Ho dovuto perfino vedere mia moglie baciare quel cane durante il processo. Era felice, mi fissava e si faceva toccare da lui mentre veniva letta la mia condanna”
Gli occhi di Goterm diventarono fissi e irosi. Gianni temette che desse in escandescenze.
“Sono qui da 5 anni, lavoro nei campi. È dura, ci sono guardiane con la frusta che puniscono continuamente. Si lavora 12 ore al giorno con 1h di sosta. Ero contadino anche prima, ma niente da paragonare a tutto questo”.
Proseguì: “Ci portano qui per vedere le esecuzioni. Dicono che è istruttivo. Se vuoi sopravvivere stai attento alle Elette. Non devi mai mandare segni di ribellione. Mai. Potresti morire per un solo cenno della testa o esclamazione. Devi sempre stare zitto e in ginocchio”
Un rullo di tamburo mise fine al dialogo.
Venne portato da due soldati un uomo incatenato. Trascinava i piedi aveva i capelli lunghi neri e la barba. Era sui 30 anni. Un’Eletta bellissima bionda occhi chiari molto alta li seguiva. Indossava un vestito in pelle rossa e stivali neri sotto il ginocchio.
“Bene schiavi, oggi siete qui per una dimostrazione di cosa succede a chi si ribella agli ordini. Dovete tenere bene a mente quello che succederà, ogni dettaglio … ogni lamento”.
Etera usò il suo solito tono e Gianni ebbe un guizzo di eccitazione pur provando compassione per l’uomo.
venne portato un tavolo di legno. Il prigioniero venne legato mani e piedi agli angoli del tavolo. Gianni notò che aveva un bavaglio che gli venne tolto appena legato.
“Pietà” Gianni sentì dire con un filo di voce da lui.
“Questo schiavo si chiama Aldero. Ha mancato di rispetto ad una Eletta. Per questo è stata stabilita per lui la pena di morte” esordì l'Eletta appena giunta.
“Io, Elfiane, lo condannerò personalmente per il torto che ho subito”
Elfiane s’avvicinò al tavolo. Uno schiavo si mise a carponi per farla salire sul tavolo. Gianni notò che i tacchi degli stivali luccicavano. Erano di metallo e sembravano affilati. La parte più bassa del tacco era sporca di sangue così come la schiena dello schiavo che era a carponi.
I tamburi tacquero.
Elfiane salì con gli stivali sull’addome di Aldero. Egli emise un lamento mentre i tacchi perforavano l’addome di lui facendo sollevare degli schizzi di sangue. Elfiane iniziò una danza sensuale su di lui mentre il corpo veniva martoriato dai tacchi. Lei lo fissava mentre lui inerme subiva il suo martirio.
Elfiane ancheggiava e muoveva il suo sedere in modo sempre più sensuale. Si passava la lingua sulle labbra mugolando di piacere mentre Aldero rantolava senza speranza. Il tavolo e il terreno intorno erano coperti di sangue.
“Muori per me schiavo“ disse Elfiane eccitata. Tagliò con i tacchi l’addome in verticale e insinuò prima uno stivale poi l’altro all’interno della pancia di lui. Si mise a muoversi e a danzare con gli stivali dentro la pancia dello schiavo. L'Eletta iniziò a toccarsi in modo lascivo tra le gambe mentre Aldero invocava misericordia con il corpo squarciato e che grondava sangue.
“Uhmmm si muori …muori per il mio piacere”
Aldero chiuse gli occhi e non si mosse più.
Elfiane si sedette sul corpo di lui sporcandosi di sangue il vestito in pelle. Si abbassò i pantaloni si sporcò le mani di sangue e si masturbò. In pochi secondi gemette il suo piacere.
Gianni suo malgrado si eccitò ancora.
Elfiane, come suprema umiliazione del corpo di Aldero, defecò nello squarcio della pancia.
"Dovete ricucirgli la pancia. la mia merda deve rimanere dentro di lui per sempre! ecco cosa significa per me essere dei cessi umani ! ah ah"
Scese dal tavolo e tre schiavi la pulirono con la lingua. Uno si dedicò al sedere sporco di feci, uno agli stivali e uno alla sua figa che grondava di umori e di sangue.
“Questo schiavo era un inetto. Non puliva bene i miei stivali. Ricordate cosa è successo vermi! Potrebbe toccare anche a voi ... molto presto” disse l'Eletta con la voce ancora eccitata.
Gianni era sconvolto e assurdamente eccitato allo stesso tempo. Goterm gli rivolse uno sguardo eloquente.

(continua)
view post Posted: 31/7/2023, 09:43     +1Catturato - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
2

Gianni seguì zoppicante Zarmia che lo teneva per il collare. Lei aveva uno sguardo serio e irato che gli fece temere ulteriori punizioni.
Prima della tentata fuga la donna, a tratti, mostrava una dolcezza che ormai era sparita del tutto. Si sentìva come un pacco da consegnare.
La caviglia mandava delle fitte atroci e non riusciva ad appoggiare il piede. Capiva che sarebbe stata durissima seguire la Cacciatrice a cavallo.
Tornati al torrente Zarmia fece chinare Gianni.
“Bevi pure, cane” disse Zarmia che entrò con gli stivali in una polla d’acqua e vi spinse la testa di Gianni, che avrebbe dovuto bere con la bocca vicina agli stivali di lei.
Zarmia si chiuse di nuovo in uno scostante mutismo e lo condusse al cavallo. Legò il collare di Gianni alla sella e ripresero il viaggio.
Gianni non mangiava da un giorno ma non ebbe il coraggio di lamentarsi. La collera della Cacciatrice poteva essere molto pericolosa per lui. Sapeva che presto sarebbe arrivato a Hyyte e lo avrebbero venduto. Era però troppo esausto per lasciarsi travolgere dalla tristezza. Oltretutto doveva fare attenzione a come appoggiava il piede per ridurre le fitte. Zarmia non rallentò l’andatura rispetto al giorno prima quindi Gianni fu costretto a soffrire e a stringere i denti a ogni passo.
“Cammina, cane! Così impari a fuggire. Non avrò pietà adesso !”
I gemiti di Gianni non avevano alcun effetto su Zarmia. Ad un certo punto Gianni cadde in ginocchio, ma Zarmia non fece fermare il cavallo che lo trascinò per diversi metri sulle ginocchia provocando delle escoriazioni che si misero a sanguinare.
Gianni era a pezzi e si mise ad implorare pietà supplicando la Cacciatrice :
“Pietà mia Signora non ce la faccio più! La prego la imploro !”
“Ah ah vedi cosa succede a fuggire da me? “ ma non rallentò né si fermò; anzi parve a Gianni che l’andatura aumentasse leggermente.
Gianni cadde in avanti e si sentì trascinare dal cavallo. Dopo alcuni metri Zarmia fermò il cavallo. Gianni la sentì smontare e avvicinarci. Vide di fronte a sé gli stivali di lei.
“Oh poverino sei esausto? Non importa ! Voglio che ti alzi … so che pensi che sono crudele, ma devi abituarti … sarà sempre così d’ora in poi …. SU!”
E Gianni con uno sforzo spaventoso si rialzò. Sentiva la testa ronzare e ansimava.
“Tu mi devi seguire e non rallentarmi!” e lo prese a schiaffi con violenza.
Gianni sentiva il viso che si spostava da una parte e dall’altra. Era inerme, un pupazzo, un oggetto.
“Mi…scusi Padrona farò quello che vuole, la prego mi comporterò bene; abbia pietà!”
“Uhmmmm molto bene … le lezioni vedo che hanno il loro effetto… ottimo … adesso giù, baciami gli stivali e ringraziami !”
Gianni chinò la testa e rese omaggio alla Cacciatrice.
Ormai si sentiva uno schiavo esposto all’arbitrio di una Padrona crudele che lo aveva spezzato.
Non pensava nemmeno più a fuggire, solo a fare quello che gli veniva ordinato sperando di farlo bene. Voleva che la Padrona fosse contenta di lui perchè solo così avrebbe potuto sopravvivere; lo aveva ormai compreso.
“Visto che ti comporti bene ti darò da mangiare …”
La donna prese una mela, la buttò in terra e la schiacciò sotto lo stivale.
“Ecco …. mangia pure”
“Grazie Padrona, grazie molte”
Gianni baciò ancora gli stivali e di lei e si buttò sulla mela schiacciata mangiandola di gusto.
Mangiò perfino il torsolo e implorò la Cacciatrice di fargli mangiare anche i residui sotto la suola dello stivale.
“Ma certo cane mangia anche lo sporco sotto lo stivale, ah ah”.
Dopo quel magro pasto Gianni riuscì, pur arrancando, a seguire il cavallo. L’andatura gli sembrava leggermente meno veloce.
Iniziarono a vedersi intorno alla strada delle fattorie e dei villaggi.
Non c’era grande interesse per Gianni e la Cacciatrice, perché era uno spettacolo ricorrente.
Gianni sentì lo scherno di alcune bambine una delle quali lanciò del fango su Gianni e se ne scappò ridendo a crepapelle.
La strada si fece lastricata e giunsero in vista delle mura rosse di Hyyte. Il cuore di Gianni prese a battere più forte, aveva paura di quello che sarebbe successo.
La strada divenne trafficata con carri, cavalli e gente a piedi. Si sentiva umiliato dagli sguardi della gente. Le donne lo dileggiavano: “è arrivata carne fresca”, “ti porteremo nei campi a romperti la schiena!”, “povero cane”. Gli uomini invece mandavano sguardi di solidarietà.
Gianni vide un risciò con un uomo che lo trainava. C’era seduta una donna con i capelli lunghi corvini che frustava l’uomo per farlo andare più veloce.
Vide due ragazze giovanissime che ridevano e scherzavano tra loro mentre dietro loro un uomo con la schiena carica fino all’inverosimile di legna arrancava sudando.
“Muoviti schiavo!” gli urlarono.
“Sono all’inferno” pensò Gianni.

(continua)
view post Posted: 30/7/2023, 10:10     +1Catturato - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito altervista/raccontieroticipertutti, autore anonimo
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Catturato immagine
1

Era un ottimo erborista. Nel paesino di Merlan nel regno di Albor era una celebrità. Sapeva trovare erbe che altri colleghi non speravano neanche lontanamente di trovare. Tuttavia il suo successo dipendeva dal un rischio concreto che assumeva ogni volta o quasi che usciva alla cerca. Gianni infatti cercava vicino al Confine, il che era dannatamente rischioso. Se l'avesse oltrepassato e una Cacciatrice lo avesse scovato, avrebbe finito i suoi giorni in schiavitù nel vicino stato amazzone di Perlaria.

Era un bel mattino di maggio con il sole, la rugiada decorava le erbe e le foglie delle piante. Gianni aveva avuto una commessa importante da un Curatore della città e trovare le erbe richieste valeva 10 talenti: il che significava 2 anni buoni di lavoro alla ricerca di erbe comuni. Tuttavia la commessa riguardava l'erba del potere e trovarla era un'impresa pressochè impossibile; ne aveva trovata una sola pianta in tutta la sua vita, 3 anni prima.
Gianni era un 26 enne che sin dall'adolescenza cercava erbe, avendo ereditato la sua passione dalla madre. Il padre era un mistero, non l'aveva mai conosciuto.
Gianni s'era sposato presto, a 16 anni, con una dolce ragazza di paese di nome Lorina e avevano avuto una figlia, Eldora, che pareva una piccola fatina, bella e di umore sempre allegro. Andava fiero della sua famiglia e si poteva considerare felice della vita che faceva.
Quel giorno voleva trovare l'erba del potere anche per dare benessere a loro e si convinse che ce l'avrebbe fatta.
Dopo aver trovato delle erbe comuni e girato nei posti che potevano nascondere l'erba del potere, Gianni si sentì deluso, le 4 ore passate non avevano portato bene. Sapeva che l'erba del potere s'accompagnava spesso ai i fiori violacei chiamati Tormenti, ma non ne vedeva alcuno.
Così si portò sulla riva del torrente Argon che segnava il Confine. Era pericoloso accostarsi alla riva in quanto il Confine a tratti la superava, rientrando verso il regno di Albor. Tuttavia Gianni ne conosceva bene le rientranze e si sentiva sicuro nel posto in cui era. Consumò un pasto leggero e decise di costeggiare un po’ la riva. Camminò a lungo e fu con grande stupore che vide di fronte a sè i Tormenti! La collina di fronte però era oltre Confine e non sempre le erbe del potere erano presenti ove erano i Tormenti.
Cosa fare? assumersi il rischio di varcare il Confine magari senza trovare nulla, oppure procedere nelle zone sicure e rinunciare all'eventualità del compenso? Si sedette e meditò a lungo. Aveva una gran paura e per cercare di esorcizzarla girò vicino alla collina, s'arrampicò su un albero e si guardò attentamente in giro: non vide nessun pericolo. C’era un boschetto in cima e nel prato intorno rivide la macchia violacea dei Tormenti.
Decise di avvicinarsi ai Tormenti: 10 talenti erano una cifra enorme, mai posseduta tutta insieme da Gianni!
Si mantenne nell'erba alta e avanzò con circospezione. Il cuore gli batteva forte.
Arrivato tra i Tormenti iniziò con grande cautela a sondare il terreno. Aveva tutti i sensi in allerta, pronto a fuggire al più piccolo rumore. Gianni era un pacifista vegetariano che girava per i boschi senza armi; del resto non c'erano animali pericolosi nelle vicinanze e neppure banditi.
Quando vide il rosso vivo dell'erba del potere lanciò un urlo, cadde in ginocchio e iniziò accuratamente a estirpare la radice della pianta che aveva capacità curative non comun,i specie nei casi di disturbi della digestione.

"Bene, guarda guarda cosa abbiamo qui"
Una voce sensuale di donna lo fece trasalire.
Gianni restò quasi paralizzato e solo con uno sforzo riuscì a guardare nella direzione da cui proveniva la voce.
Vide una Cacciatrice!
Era giovane, alta, mora, capelli lisci alle spalle molto bella di corpo e di viso; aveva in mano una balestra ed era vestita completamente di verde.
"Povero piccolo hai attraversato il Confine ... adesso sai cosa ti aspetta vero?"
Gianni cercò di parlare ma la voce gli uscì strozzata ed emise solo un gemito incomprensibile. Rimase dov'era fissando immobile la Cacciatrice.
"Ti consiglio di non cercare di sfuggire, anche se sono quasi sicura che non lo farai: non sembri stupido, per cui vieni da me a carponi. SUBITO! "
Gianni era paralizzato dal terrore e ubbidì , percorrendo i 10 passi circa che lo separavano dalla Cacciatrice. Si fermò ai suoi piedi e notò che calzava degli stivali di pelle al ginocchio di colore marrone
"Bene piccolo, vedo che sei ubbidiente. Ti servirà questa tua caratteristica".
La Cacciatrice gli legò le braccia dietro la schiena.
Gianni si destò dal suo terrore e iniziò a supplicare
"Ti prego non portarmi a Hyyte, voglio tornare dalla mia famiglia. Non volevo davvero superare il Confine, ti prego Cacciatrice liberami!"
Gianni aveva le lacrime agli occhi, si sentiva perduto e realizzò che non avrebbe più potuto vedere la sua amata famiglia: a Hyyte lo avrebbe aspettato il mercato degli schiavi, dove sarebbe stato venduto.
"Stai buono piccolo. non darmi problemi oppure ti dovrò punire severamente. Mi hai capito?"
Gianni annuì tra le lacrime e i singhiozzi.
La Cacciatrice lo aiutò ad alzarsi e lo condusse fino al suo cavallo poco distante.
"Mi chiamo Zarmia e tu come ti chiami piccolo?"
"Gianni"
"Gianni, adesso faremo un viaggio insieme. Se cercherai di fuggire ti farò molto male" e prese dalla sella una frusta rossa corta a sottolineare la frase. "Se cercherai di aggredirmi ti taglierò un dito o una mano a seconda di quanto mi farai arrabbiare. Ti consiglio quindi di non darmi alcun problema. Se vuoi piangere puoi farlo, non mi disturbi; ma niente fughe o ribellioni"
Gianni annuì.
"Dovrai camminare molto. sono circa 50 miglia fino a Hyyte, spero tu sia in forma. Se cercherai di fare il furbo per rallentarmi ti darò tanti calci da spostarti io"
Gianni trasalì a sentire il nome della destinazione.
Zarmia mise un collare a Gianni e lo legò alla sella. Salì a cavallo e iniziò a muoversi. Gianni si mise a camminare dietro al cavallo, sentendo dentro di sè una tristezza infinita.

Camminò a lungo fino a pomeriggio inoltrato. Zarmia teneva il cavallo al passo senza farlo andare velocemente. Seguì le piste nei boschi che praticavano le Cacciatrici così che la camminata era, per Gianni, sostenibile. Zarmia cavalcava silenziosamente e questo peggiorò il senso di vuoto assoluto che avvertiva Gianni; era perduto e lo sapeva.
Poco prima del tramonto Zarmia si fermò in una radura nel mezzo di una abetaia.
"Bene piccolo, un po’ di riposo e di cibo."
Gianni era esausto, aveva camminato molte ore dalla mattina e crollò a terra prendendo uno strattone al collo, essendosi per un attimo dimenticato di essere legato alla sella.
"ah ah così impari piccolo"
Zarmia slegò il collare dalla sella reggendo l'estremità in mano.
"Vieni che ti porto a bere" e lo strattonò fino ad un ruscello vicino.
"Vedi, le Cacciatrici devono iniziare subito a rendere schiavo il catturato; quindi voglio che rinfreschi i miei piedi. E’ tutto il giorno che cavalco, quindi sono stanchi, sudati, puzzolenti; è un compito difficile, ma sono convinta che lo svolgerai molto bene" e picchiettò la frusta rossa sulle gambe di Gianni
Zarmia si sedette su un sasso vicino al torrente e tirò la corda fino a fare inginocchiare Gianni.
"Se non hai capito cosa significa rinfrescare te lo spiego meglio: devi togliermi gli stivali e leccarmi i piedi per bene. Solo dopo potrai bere, prima berrai il sudore dei miei piedi"
Gianni aveva la gola riarsa, erano diverse ore che non beveva e inoltre seguendo il cavallo di Zarmia aveva ingoiato un mare di polvere. Provava disgusto all'idea di svolgere quel compito, si sentiva frastornato dalla situazione e quindi rimase fermo in ginocchio, fissando gli stivali di lei.
"Ti rifiuti? ok iniziamo oggi le lezioni dunque"

Zarmia balzò in piedi e iniziò a colpire con la frusta la schiena di Gianni.
I colpi erano molto forti e ben diretti. Gianni si sentì mozzare il fiato e gemette dal dolore.
"Pietà, pietà" implorò Gianni dopo i primi 3 colpi, ma Zarmia prosegui imperterrita fino a 20.
Gianni sentì la schiena a pezzi e un bruciore diffuso.
La punizione e il dolore lo scossero da uno stato sognante che era iniziato con la sua cattura.
"Mi vendicherò di queste frustate ! maledetta!" urlò a Zarmia.
Sentiva una rabbia cieca montare dentro di lui. non era giusto quello che stava succedendo.
"Povero piccolo, se non impari ne prendi tante tante" Zarmia gli disse facendo una voce da bambina.
"Caro, per prima cosa niente acqua e niente cibo"
Lo strattonò fino ad un albero di notevole circonferenza, dove lo legò lasciando la sua schiena all'esterno e gli tagliò la camicia.
"Bene, se 20 non bastano ne facciamo 30. A schiena nuda. Vedrai come ti faranno bene "
La paura prese Gianni. Non era uno scherzo, non era fantasia ma amara realtà e Zarmia era una donna crudele che non si sarebbe fermata davanti a nulla.
Iniziò a colpire subito Gianni che urlò il suo dolore prima per piangere e supplicare poi. La rabbia dentro di sè gli svanì e prevalse l'istinto alla sopravvivenza. Avrebbe fatto quello che lei voleva e non si sarebbe mai più cacciato in un simile guaio. Doveva giocare d'astuzia, pensò per farsi forza nel dolore tremendo che provava.
Ricevette la punizione e si senti distrutto, sentiva la testa ronzare e fu vicino a svenire.
"Piccolo mio, hai preso tante botte … e adesso vedrai come ti sembrerannoi buoni i miei piedini da rinfrescre e ripulire: dovrai leccarli bene perchè la tua unica acqua per oggi sarà il sudore dei miei piedi"
Gianni fu slegato dall'albero dopo che Zarmia gli aveva legato nuovamente le braccia dietro la schiena e spinto in ginocchio. La donna si sedette sul masso di prima e con un sorriso radioso porse lo stivale destro a Gianni.
Gianni era mezzo stordito dai colpi presi e tolse con difficoltà lo stivale. Tolse anche le calze e si trovò di fronte il piede nudo di lei. L'odore che emanava era molto marcato.
"Beh che fai? ne vuoi altre 40 o fai quello che ti è stato ordinato?" disse Zarmia con voce scocciata.
Gianni passò timoroso la lingua sul dorso del piede. Zarmia gli prese i capelli e gli spinse la testa sul suo piede.
"Su non essere timido! lecca bene"
Gianni passò la lingua in maniera sempre più convincente e decisa. Il timore di nuove frustate era determinante. A tratti ebbe dei conati ma li respinse, il dolore alla schiena lo convinse che non era il caso di fare sciocchezze. Passò la lingua anche in mezzo alle dita e sulla parte bassa con diligenza, ingoiando lo sporco che anneriva il piede. Fece poi lo stesso con l’altro piede, il sinistro.
"Bravo cucciolo. Vedrai quante cose ti insegnerò prima di arrivare a Hyyte. Con te guadagnerò 2 talenti e potrò divertirmi molto con quei soldi. Certo per te la vita sarà duretta, dopo che ti venderanno. Addirittura rimpiangerai questi giorni, sai le Elette sono molto crudeli a volte"
"Elette?" Gianni si incuriosì.
"Solo le Elette possono comprare gli schiavi. Sono le donne più belle e più intelligenti, sono loro che governano Perlaria. E tu finirai sotto il loro dominio. Ci sono 4 tipi di schiavi : quelli che fanno i riproduttori, quelli che lavorano nelle cave e nei campi, quelli che vanno nell'esercito e gli schiavi domestici che sono al livello più basso. Tu sei sicuramente un domestico: troppo brutto per essere un riproduttore, troppo magro e debole per le cave o per l'esercito. Ti comprerà una Eletta che avrà potere di vita e di morte su di te"
Gianni ebbe la certezza di essersi perduto in un mondo ostile.

Finito il compito umiliante, tornarono dove sostava il cavallo: Gianni a carponi e Zarmia tenendolo al guinzaglio.
"Hai molta fame?" chiese sadicamente Zarmia mentre mangiava di gusto frutta e carne secca.
Gianni era affamatissimo dopo le molte ore di cammino e sentiva la salivazione aumentare.
"Sì Zarmia ti prego. non mangio da tanto!"
"No caro, io mantengo le promesse: ti ho detto no bere e no mangiare e così sarà."
Gianni riprese a singhiozzare. Si sentì uno straccio, la sete la fame e il dolore alla schiena lo torturavano.
Zarmia finì di mangiare e ordinò imperiosa a Gianni :
"Vammi a prendere un secchio d'acqua al torrente. Devo lavarmi i piedi. Ma tu non devi bere nulla sennò ..." e fece oscillare la frusta.
Gianni era sorpreso della crudeltà di Zarmia: prendere un secchio d'acqua senza bere mentre era tormentato dalla sete e aveva la bocca che era una crosta di polvere.
Prese il secchio con le mani legate dietro la schiena e fece quanto ordinato. Si avvicinò all'acqua voltato di schiena, ma la sete aumentò drammaticamente.
"ooh che acqua fresca peccato tu non possa bere..."
Zarmia faceva scorrere l'acqua sui piedi sollevandoli. il rumore dell'acqua era una tortura feroce per Gianni che era ad un metro dal secchio in ginocchio.
"beh forse un pò d'acqua te la potrei dare....."
Gianni ebbe un guizzo di felicità e bramò di bere.
Zarmia sadicamente rovesciò il secchio sul terreno.
"Bevi pure !"
Gianni tentò di leccare il terreno umido, ma riuscì a cogliere solo poca umidità.
"Maledetta" pensò ma tentò di evitare di odiarla per non farsi punire con comportamenti troppo espliciti dettati da quel sentimento.
Zarmia andò a liberarsi lì vicino, immobilizzando Gianni alle gambe e alle braccia.
Nel vedere la sua aguzzina accovacciarsi per fare i bisogni provò una sorta di eccitazione che lo sconvolse.
Era assurdo ma si era eccitato. Quando lei tornò sentiva una forte erezione montare. "Cosa mi succede ? " pensò.
"Vieni t'aiuto io a fare i tuoi bisogni"
Gianni era in imbarazzo. Zarmia avrebbe notato sicuramente la sua erezione.
"Non mi scappa ! non serve!" quasi urlò, mentendo.
Zarmia lo schiaffeggiò 5 volte, dritto e rovescio
"Non alzare mai la voce con me! sono stata chiara?" disse seccata
"Sì, scusa non volevo urlare; è che non ho lo stimolo grazie comunque"
"Adesso dormiamo erborista. Non ho un sacco a pelo anche per te quindi arrangiati sull'erba. Sei legato, ma non fare comunque scherzi: sai che se mi arrabbio posso farti molto male. Notte caro"
"Notte Zarmia"

Gianni tentò di sdraiarsi mentre le corde che gli bloccavano le braccia iniziavano a tagliare la sua pelle.
Notò che i lacci alle gambe non erano molto stretti, avrebbe potuto tentare di liberarsi.
Attese un po’, cercando di prestare attenzione al respiro della Cacciatrice. Quando lo sentì profondo e regolare pensò che lei stesse dormendo e iniziò a dimenarsi per liberare le gambe. Fu costretto a farsi la pipì addosso visto che ormai aveva dei dolori alla vescica notevoli.
Dopo un lavorio di molti minuti aveva le gambe libere! Le corde scivolarono sotto i piedi e poteva camminare e correre via, verso casa sua e la libertà.
Si mosse guardingo tenendo d'occhio Zarmia che dormiva sul fianco opposto a lui. Stette con le orecchie tese e si mosse passo dopo passo lentamente, fissando sempre Zarmia: aveva una paura folle di essere scoperto.
Arrivato a 20 metri di distanza si mise a correre a più non posso.
Raggiunto il torrente bevve 2 sorsate velocemente e poi s'inoltrò nel fitto del bosco cercando di andare dove un cavallo non poteva raggiungerlo.
"Povero idiota. ti farai molto male così". Zarmia aveva sentito tutto, guardò il cielo si stiracchiò e si rimise a dormire.
Era una notte senza luna e non si vedeva ad un palmo. Gianni fu costretto a fermarsi nel bosco per gli urti con rami e radici che prendeva continuamente. Inoltre era sfinito dalle camminate fatte durante tutto il giorno. quindi dopo l'ebbrezza della libertà le forze gli mancarono improvvisamente e dovette fermarsi; "mi riposo un attimo e poi riprendo" pensò, ma crollò quasi subito dopo aver appoggiato la schiena ad un abete e finì a dormire su un fianco.

Il risveglio fu brusco.
Un colpo al torace lo destò.
"Cane schifoso!"
Zarmia era in piedi di fronte a lui che lo prendeva a calci. Era l'alba.
La paura colse Gianni che rimase inerme a prendere i calci cercando di soffocare persino i gemiti di dolore.
I colpi arrivarono secchi e ben mirati. Zarmia era inferocita. Il torace e le gambe erano i bersagli preferiti degli stivali di Zarmia. Venne colpito anche 3 volte al volto e ogni volta sentì la testa che si proiettava all'indietro e poi il sapore del sangue in bocca.
"Pie-e-tà" sussurrò ad un certo punto.
Zarmia colpì ancora 5 volte, poi smise.
"Adesso ti faccio vedere cosa si fa in questi casi ... vedrai che non scapperai più..."
Prese la gamba destra di Gianni, gli appoggiò il piede su un sasso e colpì violentemente la caviglia dall'alto verso il basso con lo stivale.
Si sentì uno schiocco e subito dopo Gianni provò un dolore tremendo.
La caviglia iniziò subito a pulsare dolorosamente. Gianni pianse.
"Mantengo sempre le promesse cane! Adesso andremo a Hyyte senza altri intoppi, oppure le gambe te le taglio! Sono stata chiara?"
"Sì ... Zarmia, sì"
"Bene e non pensare che rallenterò perchè hai la caviglia rotta; dovrai seguirmi allo stesso ritmo di ieri sennò sono frustate"

(continua)
view post Posted: 28/7/2023, 22:42     +1Ammirazione per i masochisti: perchè? - Discussioni, Informazioni - BDSM & Fetish
Buona domanda.
Senza esprimere giudizi o fare classifiche, un/a sub spiccatamente masochista consente una maggiore varietà e intensità di pratiche e spesso rappresenta una sfida per il/la Dom.
Inoltre sono figure più rare rispetto a chi pone invece (a ragione e buon diritto, intendiamoci) molti limiti e l'ammirazione verso chi è capace di qualcosa per noi impossibile, o difficile, è una reazione umana consueta e naturale.
view post Posted: 6/7/2023, 12:59     +1Plati e Canagliett* - Che non si ripeta - Le TAG e le Chat da ricordare (e da dimenticare) del Forum Legami di Seta...ed altre varie ed eventuali...
Alzare i toni su temi sensati e sensibili ci può stare, ma usare forum per dare sfogo a scazzi, più o meno gratuiti e di cui - eccezion fatta per i diretti interessati - non frega niente a nessuno, è del tutto fuori luogo.
view post Posted: 3/7/2023, 10:51     +2I CLASSICI: Pavlovian Slaves - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Un racconto molto noto, originariamente scritto in inglese, il cui autore rimane anonimo.
Le versioni reperibili in italiano sono traduzioni liberamente adattate del testo pubblicato su googlesites/storieshhard
Buona lettura
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I. Il racconto

Quando aprii gli occhi la mia visione era distorta, mi sentivo strano, con la testa ovattata e non riuscivo a pensare con chiarezza.
Ricordavo vagamente un colloquio con una donna, ma non ricordavo chi quella donna fosse, né capivo dove mi trovassi o come avessi fatto a trovarmi dov'ero.
D'un tratto avvertii una mano che mi scuoteva la spalla.
"Ti stai svegliando?"
Era una voce femminile. Mi disse: "Su dai, svegliati".
I miei occhi cominciarono a mettere meglio a fuoco e vidi Aldina che si stava rivolgendo a me.
Tentai di alzarmi, ma qualcosa mi tratteneva e non riuscivo a muovermi.
"Bene - ella disse - finalmente sei sveglio: ti ho drogato, per cui può darsi che ti senta un po' confuso".
Poi lasciò la stanza ed io richiusi gli occhi cercando di pensare.
"Forse sto sognando" pensai, scuotendo la testa.
Incominciai quindi a guardarmi intorno: ero seminudo e le mie braccia, i miei polsi e le mie caviglie erano stati assicurati tramite robuste bande di velcro ad una sedia da dentista.
Ricordai vagamente di essermi recato a casa di Aldina, che conoscevo da tempo senza tuttavia andare oltre il semplice saluto: mi aveva richiesto un consulto, chiedendomi di poterci incontrare a casa sua, anziché nel mio studio, perché l'argomento era piuttosto riservato e lei non voleva che nessuno la vedesse entrare da me.
Rientrò tenendo in mano una specie di collare sottile e cromato.
"Cosa diavolo hai intenzione di fare?" le chiesi, pensando che si trattasse di una sorta di strano e non divertente gioco.
"Era ora che ci svegliassimo completamente!" commentò senza rispondermi.
"Liberami - dissi - cosa sta succedendo?".
"Stai buono - rispose - e ben presto saprai tutto".
Premette poi un pedale alla base della sedia facendola reclinare e si accinse ad allacciarmi il collare.
Io tentai di fermarla ma - immobilizzato com'ero - non potevo fare nulla:
"Senti - le dissi - questa storia è già andata avanti troppo: apprezzo il divertimento ma adesso è ora ...".
Aldina fece un sorriso di commiserazione e, afferrandomi con decisione per i testicoli, mi interruppe secca:
"Non è un gioco, e tu farai quello che ti dico io".
In quel momento considerai quanto fosse bella: dimostrava ventisette o ventotto anni, la sua non altissima statura metteva in risalto il corpo ben formato, avvolto in un abito azzurro corto e scollato ed impreziosito dalle eleganti scarpe bianche a tacco alto con calze a rete dello stesso colore.
I lunghi capelli castani, raccolti all'indietro in una crocchia sopra il capo, lasciavano sfuggire due sottili ciocche che incorniciavano sia le minuscole orecchie, agghindate da un paio di lunghi pendenti, sia la fronte alta, sotto la quale due piccoli occhi scuri ed appuntiti mi guardavano con curiosità.
Il naso era piccolo e graziosamente rialzato, le labbra erano crudelmente sottili.
La vista del suo corpo sinuoso e della sua provocante bellezza, nonostante le circostanze, mi stava eccitando.
Poi lei strizzò con forza i miei testicoli, facendo sparire ogni mio pensiero.
Ella assicurò dunque lo strano oggetto intorno al mio collo, facendolo chiudere con uno scatto metallico ed un breve suono elettronico.
"Così va meglio" disse, facendo quindi rialzare la sedia in modo che io potessi vedermi riflesso nello specchio appeso di fronte a me.
"Voglio che ti dia un'occhiata" proseguì, togliendone il drappo che lo copriva, ed io mi vidi con il collare, da cui una piccolo diodo luminoso lampeggiava, mentre sul mio torace era stata indelebilmente tatuata la scritta: "Schiavo della dea Aldina".
"Bene - ella mi disse - cosa ne pensi?".
"Penso che è una cosa pazzesca e ridicola" risposi.
Di nuovo ella sorrise di commiserazione e, avvicinatasi a me, mi diede uno schiaffo di una violenza tale da farmi sentire rintronato; feci per dire qualcosa ma ella mi percosse nuovamente, forte, per tre o quattro volte, rimasi quindi sbigottito e silenzioso, la mia rabbia era stata completamente domata.
"Non c'è proprio nulla di ridicolo - disse Aldina - stai molto bene così. Non è vero?"; io non risposi ed ella mi colpì nuovamente, facendomi gridare di rabbia e di dolore.
"Ti piace il tuo nuovo aspetto?" chiese nuovamente.
"Si, certo!" stavolta prontamente risposi, temendo la sua reazione.
"Dillo" comandò.
"Così sto proprio bene" risposi.
"Bravo!" mi disse sorridendo.
Poi si piegò su di me e mi baciò con ardore, esplorandomi la bocca con la lingua, mentre con le dita mi accarezzava i capezzoli.
Il mio pene subito si rizzò: non volevo mostrarle il mio eccitamento ma non potevo farci nulla ed Aldina, vedendo il mio sconforto, nuovamente sorrise.
Poi reclinò la sedia fino a farmi sfiorare il pavimento con il capo e slacciò il mio polso destro, in modo che potessi raggiungere il mio corpo, senza tuttavia arrivare agli altri lacci per liberarmi.
"Adesso voglio che pensi a me e ti masturbi" mi disse.
"Cosa?" esclamai incredulo,
Senza preavviso ella premette una suola sulla mia faccia schiacciandomi fino a soffocarmi:
"Ti ho già detto che tu farai quello che io ti dico senza discutere. Chiaro?" mi aggredì.
"Si" respirai, quando sollevò la scarpa.
"Allora incomincia" ordinò.
"Molto bene" poi aggiunse, vedendo che io incominciavo ad accarezzarmi nelle parti intime quindi, sfilandosi una delle bianche calzature stese il piedino ben tornito ed incominciò a sfiorarmi delicatamente le labbra con le dita inguainate.
Vedevo trasparire le piccole unghie di colore acceso e senza potermi controllare sentivo avvicinarsi l'orgasmo.
"Aprì la bocca" Aldina comandò, e non appena lo feci ella infilò le profumate dita fra le mie labbra.
"Ora succhia" mi disse, mentre le agitava delicatamente.
Ubbidendole fui invaso da un'ondata di piacere e - chiusi gli occhi - ebbi un violento orgasmo: senza più ragionare continuavo a succhiarle avidamente le dita, mentre dal pene mi fuoriusciva una colata calda.
Aldina rimosse lentamente il piede dalla mia bocca e, ridacchiando, intinse le dita nei miei umori, le asciugò poi sul mio viso porgendole infine nuovamente alle mie labbra perché venissero completamente ripulite: io la assecondai imbarazzato ed umiliato, ancora scosso dall'intenso piacere che avevo provato.
Da un tavolino ella prese poi una siringa e, infilandomela nel braccio mentre la guardavo impaurito, mi rassicurò:
"Questa non ti farà male: dormirai solo un po', ed al tuo risveglio ti spiegherò tutto".
Caddi in un sonno profondo mentre ancora i suoi tacchi si allontanavano.
Ebbi un sogno confuso in cui mi rivedevo entrare nell'appartamento di Aldina che mi faceva accomodare in salotto: chiacchieravamo un poco e, mentre stavo estraendo i documenti dalla valigetta, lei si recava in cucina a prendere due bicchieri, porgendomene uno sorridendo.
Poi la sentii che mi parlava.
"Bene, stai ritornando" ed aperti gli occhi la vidi davvero seduta davanti a me: si era cambiata indossando un abito ancora più succinto del precedente e degli alti sandali senza calze che non la rendevano certo meno eccitante.
"Adesso è il tuo turno per fare domande, se vuoi" mi disse.
"Perché sono qui?" chiesi.
"Perché ti ho scelto per un esperimento" rispose.
"Un esperimento?" ripetei allarmato dalla parola e dal suo sguardo curioso.
Aldina si alzò mettendosi a camminare per la stanza: io la seguivo, fin dove potevo, con lo sguardo ed ascoltavo, fuori dal mio campo visivo, il rumore ritmato dei suoi tacchi.
"Sì - incominciò a spiegare con calma - un esperimento sul controllo del cervello: mai sentito parlare di feticismo? Un’amica mi ha spiegato che può essere provocato ed io lo sto radicando in te come una droga irresistibile, attraverso l'ipnosi ed il riflesso condizionato".
"Il riflesso condizionato?" nuovamente ripetei.
"Già, non so e non mi interessa sapere come esattamente funzioni tutta questa storia scientifica ... l'inventore è un russo, un certo Paolov o Pavlov che fece qualcosa ai suoi cani, e tu stai per diventare il mio cagnolino ubbidiente; altre persone hanno già fatto questo esperimento ottenendo il controllo di chi volevano ed io ho scelto te perché mi sarebbe sempre piaciuto collezionare un avvocato: sei giovane, brillante e ‘quadrato’: sarà divertente vedere cosa posso fare di te!".
Adesso avevo veramente paura: non si trattava di una sciocca follia, ma di un esperimento condotto su basi scientifiche.
Non mi ero mai sentito così vulnerabile ed impotente in vita mia.
"Ti interesserà sapere - disse Aldina - che una telecamera posta dietro quello specchio sta registrando ogni fase dell'esperimento".
Guardai lo specchio con imbarazzato timore, ma vidi solo la mia immagine riflessa.
"Al termine del trattamento - proseguì - il filmato mostrerà come tu sarai gradualmente diventato completamente schiavo della bellezza della tua padroncina, e guidato in ogni tuo pensiero ed azione dall'irresistibile desiderio sessuale che ti sto inculcando: il tuo cervello sarà come cera plasmata a mio piacimento dalle dita dei miei piedini".
"Sciocchezze" risposi, mascherando con incerta spavalderia il vero e proprio terrore che mi aveva assalito, ma la sua risposta, seppure non esplicita, fu ancora più efficace: camminò infatti verso di me e sussurrò:
"Apri la bocca e preparati a succhiarmi le dita".
Io obbedii senza indugio ed ella, sorridendo trionfante, si sedette appresso a me e si sfilò un sandalo, alzando il piedino ricurvo fino a sfiorare le mie labbra con le dita: io, incurante della telecamera e di tutto il mondo, cominciai a baciargliele con passione.
Poi ella sfiorando con l'altro piede il mio pene eretto, disse:
"Ora sei pronto" e, accavallate le gambe, aggiunse "Adesso voglio che ti concentri totalmente sul mio irresistibile piedino".
Io lo guardai intensamente mentre Aldina lo dondolava davanti ai miei occhi con un grazioso movimento, lento e regolare, in alto ed in basso.
"Rilassati completamente" lei mi disse. Capii che mi stava ipnotizzando e mi sentivo sempre più costretto a fare del suo piede il centro del mondo, mentre il mio sguardo era fisso sulle seducenti piccole unghie dipinte.
Un subitaneo moto di cosciente timore mi fece distogliere gli occhi ma ella, senza interrompersi per dire una parola, premette un bottone su di un piccolo telecomando: dal collare che indossavo si irradiò nel mio corpo una violenta scarica elettrica che mi fece gridare dal dolore.
"Ti ho detto di pensare solo al mio piede - ella disse – ed ora sai che ti succede quando disubbidisci”.
Io ritornai a contemplare con intensità il bel piedino dondolante, mentre la voce di Aldina diventava un sussurro di sirena carezzevole ed incomprensibile.
Sprofondai così in uno stato sempre più assorto e svanito, svanitasi insieme la mia coscienza nel suo sinuoso movimento, nella grazia delle desiderabili dita profumate, nei lampi di colore delle unghie che mi passavano ritmicamente davanti; giunsi infine a completamente assopirmi, non prima di avere nuovamente rilasciato il mio seme.

(continua)
view post Posted: 17/6/2023, 11:50     +1Un lungo viaggio per Padrona Lara - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito laravlush, autore anonimo.
Non pare superfluo, considerata la fonte, avvisare che in generale le storie pubblicate su siti di prodommes possono essere spot redazionali
( avvertenza che vale sempre e per chiunque, non per il/un caso specifico)
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Dopo lungo inseguimento e tanti sogni, speranze, fantasie vagheggiate, eccomi qui, Brescia centro, in attesa che lei venga a prendermi.
La sveglia è suonata presto questa mattina, ore 4:45, per poter essere qui al Suo cospetto e passare un intera giornata in Sua compagnia, per servirLa e vivere l'emozione di essere suo schiavo.
Miss Lara Lush non è una Mistress qualunque, per me è un sogno che si realizza. La conosco da diversi anni, ho provato diverse volte a propormi, ma lei non concede facilmente il suo prezioso tempo. Risponde quando può e quando ne ha voglia, incontra solo chi accende in lei un minimo interesse, se ne frega di incontrare schiavi per fare numero, come una vera Dea concede il privilegio solo a chi dimostra nel tempo costanza, devozione, reale desiderio di essere suo. Non so quale buona stella abbia vegliato su di me questa volta, sta di fatto che dopo diverse chiacchierate in chat, tramite Whatsapp, e qualche telefonata concessami, sono qui, con l'ansia di chi si prepara ad incontrare una persona speciale.
Lei è un po', in ritardo, come ogni vera Dea si fa attendere, non so se fa parte del suo sottile gioco psicologico o semplicemente perchè è fatta così. Nella mia personale esperienza quasi tutte l'hanno fatto, quasi a voler dire “tu sei lo schiavo e da te si pretende puntualità e disponibilità, io faccio quello che mi pare perchè Io sono Io”.
Ripenso alle diverse Miss incontrate in quasi 20 anni, le speranze che precedono l'incontro, le tante delusioni, gli splendidi ricordi impressi nella mia mente.
E alle grandi aspettative che ora ripongo in lei, bellissima e superba, Dea vera, per tanto tempo soltanto agognata, e finalmente avrò l'onore e il privilegio di passare del tempo con lei. Un suo messaggio mi distoglie da questi pensieri.
“Sono qui”
Con lo sguardo la cerco. Eccola che si ferma di fronte a me e mi fa cenno di salire in macchina.
Entro e mi si blocca il respiro per un attimo: un sorriso magnifico, quei suoi occhi che sembrano scrutare nella mia anima mentre mi guarda e percepisce il mio imbarazzo, emozione a cui deve essere abituata quando ha davanti a sé uno schiavo.
Mi porge la mano per un primo contatto amichevole, io istintivamente l'avvicino alle labbra in un gesto che sa di antiquato, ma che solitamente le Miss apprezzano, perchè dimostra sincera devozione e rispetto per il ruolo, pur in un contesto amicale.
Lei sorride e sembra aver gradito, quindi parte.
Mentre ci avviamo verso il luogo dove lei ha deciso che avremo fatto colazione, la osservo con un espressione ammirata: capelli biondissimi come sempre ben curati, giubottino in pelle, leggings neri che esaltano la sua figura snella e atletica, scarpe alte, nel complesso elegante ma senza volgarità, semplice e sensuale allo stesso tempo.
Pochissime Mistress dal vivo rendono come nelle immagini, anche perchè nelle foto che si pubblicano si cerca sempre di dare il meglio di sé. Invece lei, se possibile, dal vivo stupisce in positivo: vederla così, bella e sicura di sé, è una folgorazione.
Glielo dico e lei sorride con consapevolezza. Certamente non devo essere il primo e non sarò l'ultimo a dirle quanto sia stupenda, così iniziamo a chiacchierare e raccontarci, esperienze, vita privata, limiti e preferenze, opinioni.
Cerco di non far trasparire l'emozione del momento e chiacchiero con disinvoltura (o almeno credo) quando Lei con tranquillità mi chiede se ho fatto ciò che mi era stato ordinato. Quando, qualche giorno prima, chiesi se in qualche modo mi sarei dovuto prepare per l'incontro, le sue istruzioni erano poche ma ben precise e facevano già capire quali fossero le sue intenzioni:
“Culetto pulito, chiaro? E mi raccomando, non mangiare come un bue. Anzi fai una cosa, la sera prima a digiuno”
Io: ”Digiuno totale?”
“Solo liquidi, tanto non muori”
Quindi la sera prima dell'incontro mi sono preparato come da Lei richiesto, sacrifici minimi per soddisfare e compiacere Miss Lara, e al mattino ovviamente avevo una fame da lupo.
Ci sediamo quindi in un bar in centro, lei ordina per entrambi, e continuiamo a parlare.
Qui la prima scossa elettrica, lei che si ricorda della mia passione per i piedi e per le scarpe, mi chiede un'opinione sulle scarpe che indossa e mentre le osservo e faccio i miei complimenti ringraziando per la visione concessami, Lei toglie la scarpa e mi porge un piede
“Annusa e dimmi se puzza”
Il cuore mi si blocca per un istante: locale pieno di gente a cui io (per fortuna) do le spalle.
Lei mi guarda dritto negli occhi, attende la mia reazione per vedere se sono veramente sottomesso e fino a che punto può spingersi con me.
Io non voglio deluderla, sono li per lei, tutto il resto non conta, per cui prendo con delicatezza il tallone, avvicino il piede al mio viso e annuso.
“Profumano Miss, La ringrazio”
Lei mi guarda soddisfatta, sorride e ritrae il suo gioiello velato, soddisfatta per la piccola umiliazione inflittami in pubblico, e mi racconta le reazioni di chi ci sta intorno, ciò che pensa e quanto la diverte tutto ciò.
Io la ascolto, ancora frastornato da quanto appena successo, sorrido e annuisco: adoro vedere la sua soddisfazione e il suo divertimento, vivo per queste emozioni. Così inizia a stabilirsi realmente e con naturalezza il rapporto Dominante/sottomesso.
I reciproci ruoli ora sono definitivamente stabiliti e dimostrati palesemente, e io so che tutto può succedere da un momento all'altro.
Continuiamo a chiacchierare, come se tutto fosse normale. Lei è una persona piacevolissima e io adoro questo suo modo di fare: mette lo schiavo a proprio agio, ma da un momento all'altro può venir fuori il suo lato dominante e non è una cosa studiata, è la Sua reale natura, fa ciò che le va quando le va di farlo, perchè sa che può farlo e per lei tutto ciò è normale, e trascina anche me in questa sua normalità. Come quando poco più tardi, sfila nuovamente una scarpa e mi chiede (o ordina?) di farle un massaggio, davanti a tutti, perchè quelle scarpe sono un po' strette e lei ha bisogno di rilassarsi.
E così, mentre parliamo e io devo cercare di mantenere un certo contegno, le mie mani accarezzano quella meraviglia, esploro ogni singolo muscolo, cercando di dare la giusta pressione perchè tutto ciò sia piacevole per lei, poiché quello deve essere lo scopo: non il mio piacere nel toccare il suo piede, ma la sua soddisfazione nel ricevere il mio massaggio. Prima un piede, poi l'altro, in un locale pubblico, mentre lei parla e mi fa domande, io ascolto e rispondo cercando di reggere una discussione “normale” in una situazione surreale. Ma soprattutto cercando di non pensare che tutto ciò è stupendo, perchè l'emozione va vissuta pienamente nel momento in cui accade.
La mattinata scorre e l'ora del pranzo è ormai passata, quando lei decide che è ora di metter qualcosa nello stomaco perchè lei ha un po' di fame.
Io, che non mangio qualcosa di solido da più di 24 ore, smetto di nutrirmi delle emozioni che lei mi sta regalando, e non posso che esser d'accordo con lei! Quindi andiamo alla ricerca di un posto dove poter mangiare qualcosa, lei ha voglia di piadina, quello che di solito definirei uno snack, per quelle che sono le mie abitudini alimentari, ma ovviamente non ho facoltà di decidere, anzi ringrazio sentitamente per avermi finalmente concesso di metter qualcosa nello stomaco.
Qui inizia a valutare cosa poter fare di me, si informa nuovamente sui miei limiti e sulle mie esperienze passate, sulle Miss che ho avuto e su quelle che ho incontrato per una semplice sessione. Lei mi racconta dei suoi schiavi fissi e di quelli occasionali, e capisci da come parla che per lei essere Mistress non è un lavoro, non è un passatempo: per lei è vita, reale, pura essenza, non potrebbe essere altrimenti. Il fatto che sia una ProDomme e semplice conseguenza di un modo di essere che fa parte di lei, e io non posso che esserne affascinato.
Dopo il frugale pasto decide che è giunto il momento di divertirsi con me, ha voglia di usare i suoi giocattoli e di vedere se sono degno di essere suo schiavo.
Il motel che sceglie è elegante, mi fa portare i suoi “ferri del mestiere” e non appena dentro la stanza, la splendida ragazza amichevole lascia spazio alla Mistress, decisa e autoritaria.
“Spogliati e mettiti in ginocchio, quando sei di fronte a me, questa è la tua condizione, e puoi alzare lo sguardo solo se io te lo concedo. Capito verme?”
“Si Padrona”
“Ora tieni lo sguardo in basso e non osare guardarmi mentre mi cambio”
Guardo il pavimento, cerco di non pensare che a pochi metri da me quella splendida ragazza si spoglia e si cambia, mentre io non posso e non voglio guardarla, perchè so che non mi è concesso, so di non esser degno, e questo mi fa capire quanto mi sento inferiore e sottomesso.
Dopo essersi cambiata mi concede di baciare i suoi splendidi piedi, finalmente dopo averli toccati, accrezzati massaggiati, annusati, posso baciarli, li ho sognati per così tanto tempo che in quel momento la mia mente vola in un'altra dimensione: dimentico tutto, dove sono, il digiuno, il clistere, tutto sparisce, forse in quel momento dimentico anche il mio stesso nome, e mi perdo nell'emozione che mi da il poter baciare leccare, in una sola parola ADORARE i suoi bellissimi piedi. Morbidi, armoniosi, perfetti nella forma e in ogni loro parte, dalla splendida rotondità del tallone, passando per la sinuosa linea dell'arco plantare, fino ad arrivare alle splendide dita, affusolate, proporzionate, tutto è perfetto e mi perdo in quelle piacevolissime sensazioni, con gli occhi con le labbra e con la lingua, ad esplorare ogni centimetro di pelle.
Ma Lei vuole divertirsi, e pur apprezzando chi riesca a dare tante attenzioni ai suoi piedi, ha voglia di un po' di esercizio fisico.
Inizia quindi per me il momento della sofferenza.
Non sono un masochista, per cui non traggo piacere dalla sofferenza, ma mi presto al divertimento della Padrona, la mia sofferenza e il sacrificio per lasciare spazio al suo divertimento, che è sempre lo scopo principale dell'incontro.
Infierisce sul mio corpo con frustini, paddle, gatto a nove code, la maggior parte di queste artigianali, create appositamente per lei, oggetti che maneggia con maestria, cercando di infierire su punti ben precisi.
Io cerco di resistere al dolore, mi lamento il meno possibile per non infastidirla, ma certe volte è inevitabile. Tuttavia lei non si impietosisce minimamente, per cui continua finchè ne ha voglia, rimproverandomi per la mia scarsa resistenza.
Non so se lo pensi veramente o sia solo un modo per pungermi nell'orgoglio e farmi superare il dolore, io cerco di fare in modo che si diverta e che ragginga il suo scopo: far diventare il mio culetto bello rosso, prima di violarlo.
Solo quando è soddisfatta si ferma e mi concede di baciare nuovamente i suoi piedi, come ringraziamento per avermi concesso di essere oggetto delle sue attenzioni.
Quindi decide che è giunto il momento di dedicarsi alle mie parti intime.
Intanto due mollette sui capezzoli, giusto per non tralasciare nessuna parte sensibile del corpo, poi una bella morsa che stringe sui testicoli, il tutto accompagnato da una posizione scomoda per me, ma perfetta per chè lei possa infierire sui miei gioielli: poggiato sulla schiena, gambe in aria, con le ginocchia che quasi toccano il viso e le gambe larghe. Strizzatine, calci, schiacciamenti con scarpe o con piedi nudi, sulle mie parti intime fa ciò che vuole, ricordandomi quanto siano inutili per me, mentre il loro vero scopo dovrebbe essere soltanto quello di far divertire lei. Mi ricorda anche come sia quasi lecito per lei portarmi all'impotenza, perchè ad uno schiavo non deve esser concesso di fare sesso e procreare, e lì temo sinceramente per le mie future chances di avere figli. Non credo fosse seria, forse voleva soltanto spaventarmi e farmi capire che lei può davvero tutto, e sicuramente ci è riuscita.
Dopo questo si prepara per il momento clou, mi fa assumere la posizione mentre Lei si prepara: io sul letto con culo all'insù, fronte poggiata e mani distese in avanti.
Inizia con un piccolo butt plug, per iniziare ad abituarmi, prosegue con uno più grande, e infierisce con questo cercando di far accettare al mio orifizio il destino per il quale è stato portato fin lì.
Non è soddisfatta perchè vede che quel buco non è abituato a simili trattamenti, per cui con pazienza e dedizione continua fin quando decide che può bastare. A quel punto mi fa spostare e vedo che sulla porta c'è attaccato un dildo con ventosa, che mi pare spaventosamente grande, e mi obbliga a succhiarlo, perchè deve trasformarmi in una troia, questo il suo vero scopo, l'obiettivo che ha scelto di raggiungere con me.
Io obbedisco, e inizio a fare ciò che ogni uomo eterosessuale rifiuterebbe a priori. Lei mi incita, mi spinge con la mano, mi indica cosa fare, come, quando, mi stacca da li e mi gira la testa verso di lei, uno strapon è pronto per me, indossato da lei, ma prima di violarmi vuole farselo succhiare e guardarmi dall'alto mentre mi dedico a quella umiliante operazione. So dove sarà quel fallo entro pochi minuti e questo pensiero mi sconvolge. Ma sono lì solo per questo, so che lei si diverte e vuole usarmi, per cui ci metto tutto l'impegno.
Lei ride e mi insulta, mi riduce ai minimi termini con i gesti, le parole, la situazione nel complesso racconta di una distanza abissale tra ciò che sono io e ciò che è lei, ma il solo fatto che mi conceda di essere lì con lei per vederla divertirsi, essere oggetto del suo divertimento, tutto questo ripaga ogni possibile umiliazione e mi trasporta in una dimensione onirica, estatica: faccio ciò che vuole, sono Suo.
E così, perso e ormai totalmente succube, mi sbatte sul letto, è giunto il momento di dimostrarmi il suo potere, la sua ferocia nel fare sesso, a modo suo.
E così mi penetra, prima con dolcezza, per farmi accettare il suo membro, poi inizia a spingere, aumenta il ritmo, diventa incalzante, e io sento tutto questo, lei che si diverte e mi cavalca, io che alzo lo sguardo di fronte a me e vedo nello specchio questa immagine, terribile e stupenda al tempo stesso: il mio sguardo è atterrito, la sua espressione soddisfatta, eppure mentre mi vedo in questa innaturale inversione di ruoli, capisco che invece è tutto naturale, tutto è al suo posto, perchè io non sarei mai degno di fare una cosa simile, e perchè lei è infinitamente più brava si quanto potrei mai essere io.
In un colpo solo capisco quanto siano vere le sue parole, quando mi dice che ciò che ho tra le gambe è inutile, che non sono degno di procreare, lei con un fallo di gomma è molto più di me che ci sono nato con uno di carne tra le gambe. Se potessi, in quel momento, me lo staccherei per consegnarlo a lei come trofeo di guerra, per dirle “io non sono degno di averlo e usarlo”.
E così lei continua, con sempre più forza, spinge e mi incita a godere, perchè sono la sua troia, e nella foga del momento, sopraffatto da tale dimostrazione di potenza e superiorità, mi aggrappo alle sue gambe gambe forti, che spingono dietro di me, e assecondo il suo movimento, facendomi scopare da lei come mai mi era capitato prima.
E ho gridato, gridato di piacere e dolore, come fossi veramente una troia, perchè in quel momento lo ero, ero la sua troia. Lei stessa si è stupita, e pur divertita mi ha intimato di smetterla, di mantenere un contegno e non gridare, ma senza fermarsi, continuando a spingere e a farmi sentire quanto fossi zoccola.
Si è fermata solo quando non ne aveva più. Stanca, mi ha lasciato li disteso, esanime e sfinito, senza più un briciolo di dignità.
Ma non aveva ancora finito con me. Mi ha concesso qualche minuto per riprendermi, poi mi ha ordinato di andare in bagno e distendermi sul piatto doccia, con gli occhi chiusi.
Dopo poco è arrivata e ha iniziato a spogliarsi. Io ovviamente non potevo guardare, ho tenuto chiusi gli occhi mentre la sentivo togliersi i vestiti, entrare nel box doccia, e fermarsi sopra di me.
“Apri la bocca, schiavo, ho una sorpresa per te”
Temevo questo momento, sapevo che poteva arrivare, ed eccomi li, totalmente alla mercè di quella magnifica Dea, incapace di dire di no a qualsiasi ordine o richiesta, e così ho iniziato a sentire il liquido caldo invadermi prima il viso, poi centrare direttamente la mia bocca, e quasi soffocarmi. Un'ulteriore umiliazione inflittami, un'altra dimostrazione di quanto lei possa fare ciò che vuole di me, dopo di che il getto di acqua, per ripulire lo schifo che ero e lavare se stessa.
Mentre l'acqua accarezzava il suo corpo mi ha obblicato a mettermi in ginocchio, davanti a lei ma di spalle, e ancora circondato dal suo nettare giallo mi ha obbligato a masturbarmi, ricordandomi quanto fossi stato una troia solo pochi minuti prima, ed incitandomi a venire pensando a quello.
Fu un'esplosione di piacere come non mi capitava di provare da parecchio tempo, quasi piangevo, e capivo quanto fosse bello poter servire una Dea come lei.
L'ho ringraziata, mentre Lei concludeva la sua doccia e mi concedeva di lavarmi, sempre ad occhi chiusi, mentre lei si rivestiva ed andava ad adagiarsi sul letto.
Arrivo poco dopo, rinfrancato dalla doccia, e la ammiro ancora una volta in tutta la sua bellezza, serena dopo aver abusato di me, e nuovamente amichevole nei modi.
Io in ginocchio ai piedi del letto, lei comodamente distesa.
La sessione vera e propria era ormai conclusa, c'era spazio nuovamente per un rapporto più disteso, impressioni, emozioni, qualche risata, un bel servizio fotografico per immortalare la sua splendida figura, lei che gioca un pochino con i suoi strumenti.
La giornata volge così alla sua conclusione, io vado via e la ringrazio, felice per l'onore di averla potuta servire, il ricordo che mi lascia sarà indelebile.
La speranza di poterla incontrare nuovamente ora è più tangibile, reale, sono all'ingresso del suo harem, mi sono conquistato un posto tra coloro che lei ricorda, mi ha concesso di entrare nella sua dimensione, spero di non uscirne mai più, ed entrare come adepto tra coloro che possono definirsi suoi schiavi.
Grazie di tutto, Miss Lara,
schiavo Paolo
view post Posted: 10/6/2023, 11:42     +3Racconti d'autore: LA TERZA OCCASIONE - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Un racconto, a mio avviso, bello per trama e caratterizzazioni, quindi non convenzionale nel senso che si distingue, a mio giudizio in positivo, da tanti altri a tema.
Soprattutto un racconto ben scritto, che sa invogliare la lettura.
Tratto dal sito Diana the Valkyrie, l'autore è Davidmuscolo. Sul forum si trovano pubblicati, anche in questa sezione, diversi suoi racconti con questo pseudonimo.
Per esempio https://legamidiseta.forumcommunity.net/?t=62520436 , https://legamidiseta.forumcommunity.net/?t=60826033 , https://legamidiseta.forumcommunity.net/?t=57091678
Peraltro l'autore è anche un utente del forum e su LDS ha pubblicato diversi suoi lavori, con altro nick.
Se riterrà di intervenire o di proseguire direttamente lui la pubblicazione del suo racconto, con piacere e libero di farlo.
Per intanto inizio a pubblicare i primi due episodi.
Buona lettura.
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Primo episodio

Sono davanti allo specchio. Mi annodo la cravatta, mi osservo ma storco la bocca. No, non va bene. il nodo mi sembra decisamente troppo grosso e sembro uscito da un vecchio film anni settanta. D'accordo che sto per fare un piacevole salto nel passato per andare ad una riunione con i miei vecchi compagni di liceo per il ventesimo anniversario della maturità, ma non mi sembra il caso di andarci con la cravatta come la portava Kojak. Finalmente riesco a farmi il nodo come si deve. Mi giro e la figura di mia moglie Sabrina intenta a vedere una specie di soap opera in televisione e, come al suo solito, a sgranocchiare qualcosa, stravaccata sul letto in tenuta tutt'altro che sexy, non mi rallegra molto.
“Come sto?” le chiedo comunque dopo aver indossato una giacca di lino blu sopra i jeans e ad una camicia bianca. Lei mi osserva alzando un sopracciglio.
“Ti interessa un mio giudizio? E da quando?”
“Sei mia moglie. Certo che mi interessa” rispondo senza fare polemiche. Non mi sembra il caso di fare di fare l'ennesima litigata. Sabrina alza anche l'altro sopracciglio e poi scuote la testa.
“Mmmm, secondo me i jeans non vanno bene”
“Non mi va di vestirmi col classico completo. Mi sembra un look più giovanile e più informale"
“E certo, vuole essere giovanile lui. Ma sì, vestiti come ti pare. Per quanto me ne frega” mi dice infine rimettendosi a guardare la tv.
“Grazie, sempre gentile tu”
“Dovrei esserlo? Sapere che ti vai a divertire e forse che ti andrai a scopare qualche ex compagna di classe dovrebbe rendermi gentile?”
Scoppio a ridere.
“È tutta gente che non vedo da vent'anni, a parte Andrea. E Andrea non è propriamente il mio tipo. Se hai tutti questi dubbi su di me potevi venire anche tu. La festa è aperta anche ai compagni e alle compagne di coloro che fecero la maturità”
Gira la testa verso di me e per un attimo ho l'impressione di vedere la scena dell'esorcista quando la protagonista, sotto l'influsso del diavolo, fa girare la sua testa di 360 gradi. Anche il suo tono di voce sembra provenire dall'oltretomba.
“E come ci vado? Non ho niente da mettermi” sentenzia infine.
La osservo. Dio, com'è cambiata. Ma dove è andata a finire la donna che ho sposato? So che dovrei starmi zitto ma stavolta non ce la faccio.
“Non hai niente da metterti perché ingrassi di cinque chili al mese”
Ecco fatto. Ora sì che ho fatto il danno. Ed infatti il suo volto cambia espressione, digrigna i denti e poi scoppia a piangere.
“Sei uno stronzo. Un maledetto stronzo. Lo sai che non è colpa mia se sono diventata grassa ma della tiroide che non funziona bene”
Non dovrei replicare ma, ancora una volta, non ce la faccio.
“E no Sabrina, stavolta non te la do vinta tanto per non litigare. La malattia tiroidea è solo una scusa e lo sai benissimo. La tua tiroide non funziona benissimo, d'accordo, ma non è quella a farti ingrassare ma il fatto che stai perennemente a mangiare. Guardati adesso. Patatine, cioccolata, che altro hai vicino a te?”
Per un momento non risponde. Il suo pianto rallenta ma il suo sguardo è adesso di vero odio nei miei confronti.
“Sei una merda Fabrizio"
“Perché ti ho detto la verità? E va bene, mi tengo pure questa” le dico andandomene dalla camera da letto. Dovrò troncare tutto questo. Ha ragione mia sorella ed io l'ho pure mandata a farsi fottere. Ha ragione ma non deve intromettersi nella mia vita. Lo so benissimo anch'io che questa vita con Sabrina è un inferno, come se non bastassero tutti gli altri problemi che ho.
Il fatto è che non trovo il coraggio di dirle che continuare è perfettamente inutile. Non parliamo e se lo facciamo è solo per litigare, non scopiamo più da tempo immemorabile, cosa ci sto a fare insieme a lei? È diventata praticamente una balena e dubito che potrei riuscire ad eccitarmi se anche lei volesse fare sesso ed ora ci stiamo odiando l'un l'altra. No, a dir la verità, io non la odio. Non ancora almeno ma se continua di questo passo finirò per farlo molto presto.
E poi, quella scusa banale della tiroide ingrossata! Quante volte glie l'ho sentita dire. L'endocrinologo che la teneva in cura invece, l'aveva guarita, ma lei continua a ripeterla ossessivamente ogni qualvolta qualcuno le fa notare della sua grossezza. I problemi dovuti all'ingrassamento continuo sono purtroppo ben altri e quelli di mia moglie Sabrina sono esclusivamente psicologici e altrettanto sicuramente dovuti ai suoi tentativi falliti di rimanere incinta. Ci abbiamo provato per diverso tempo senza riuscirci e poi abbiamo scoperto che lei soffriva di endometriosi, una malattia che, nei casi gravi come il suo, annulla ogni possibilità di fecondazione e da lì è nato il dramma. Se solo lei avesse capito in tempo i sintomi di quella malattia, forse adesso avremmo per casa un paio di ragazzini urlanti. Ed invece non ci fece caso, scambiando quei dolori fortissimi per dolori mestruali oltre la norma e riempiendosi di semplici antidolorifici. E poi la diagnosi. Fu una batosta per entrambi, ma fu lei quella a subire le conseguenze maggiori che l'hanno portata, nel prosieguo del tempo, a trascurare me e se stessa, ingozzandosi ed ingrassando a dismisura ed a nulla sono valsi i miei tentativi di portarla da uno psicologo. Non avendo figli si sente probabilmente una donna a metà e, pur se a volte mi fa molta tenerezza, io non sono più in grado di sostenere questa vita. Sono ancora giovane, non ho compiuto nemmeno quarant'anni, e vorrei qualcosa di più di quello che lei mi offre che è tra l'altro quasi niente. Avrei voglia di sesso, ad esempio, ma anche di tante altre cose che dovrebbero far parte del rapporto matrimoniale. Sì, dovrò parlarci e dovrò prendere l'inevitabile decisione di lasciarla, anche se temo che possa compiere qualche sciocchezza. Oh, non certo per amore nei miei confronti ma perché non avrebbe proprio più nulla e sarebbe l'ennesimo suo fallimento visto che, bene o male, io rappresento ancora quella figura maschile di cui lei ha bisogno. O forse sono semplicemente un vigliacco ed ha ragione mia sorella Elena.
Il trillo del mio telefonino mi distoglie da questi tristi pensieri. È il mio amico del cuore Andrea. Forse l'unico vero amico che ho.
“Sono sotto casa tua. Che fai, scendi?"
“Due minuti e scendo” gli rispondo e attacco. Torno in camera da letto e faccio finta di non aver appena litigato con Sabrina.
“Sabri, non aspettarmi. Non so che orario farò?”
Lei sorride ironica. “Fai pure il comodo tuo. Tanto, cosa conto io?”
Sospiro e non replico. Cosa potrei dirle?
Scendo di corsa per non far attendere ulteriormente Andrea e anche perché siamo leggermente in ritardo. L'invito diceva alle 21 e mancano solo pochi minuti a quell'ora. Arriveremo sicuramente quando gli altri saranno già arrivati da un bel pezzo. Il mio amico mi attende con un sorriso a trentadue denti.
“Pronto a tornare indietro nel tempo, Fabrizio?"
“Guarda, vengo giusto per cercare di trascorrere qualche ora senza i miei soliti problemi"
“Si va beh ma ci saranno anche un sacco di belle fighe. Non parlo di Maria Giulia che è inarrivabile per qualunque mortale ma della Tozzi o della Mastrangeli. Te le ricordi?"
Eccome se me le ricordo. Marina Mastrangeli e Valeria Tozzi, due belle fighette. E poi Maria Giulia Ferri, la più bella della scuola ma non inarrivabile come pensa Andrea. Lei me la ricordo ancora meglio e credo che mai me la dimenticherò anche se per motivi che nulla hanno a che vedere con la sua esplosiva bellezza. Do una pacca sulla spalla ad Andrea.
“Calma i bollenti spiriti, amico mio. Saranno tutte sposate e saranno diventate inguardabili. E poi io sono sposato. Sei tu lo scapolo”
“Faresti meglio a dire divorziato"
“E cosa vuoi che cambi?”
“Cambia che se fossi scapolo non avrei dovuto sopportare il tradimento di Manuela”
E già, come dargli torto. Quella puttana della sua ex moglie è stata colta con le mani nella marmellata. O forse dovrei dire con la bocca sul pene del suo amante. Credo che una scena del genere rimanga impressa nella mente per sempre. Per fortuna, il mio amico ha uno spirito particolarmente allegro e l'impressione è che si sia ripreso da quel brutto colpo. O forse è appunto solo un'impressione e soffre ancora. Ci ha pure provato ad allacciare qualche relazione ma finora è stato sfortunato e non ha trovato la donna giusta per lui. Per fortuna che non avevano figli. Se nel mio caso la mancanza di figli è stata la rovina del mio matrimonio, nel suo forse è stato un bene. Un nuovo squillo del telefonino arriva ad interrompere i miei pensieri. Stavolta si tratta di mia madre.
“Fabrizio, come stai?”
“Bene mamma. E tu?”
Mai fare una domanda del genere ad una come mia madre.
“E come vuoi che vada? Da povera vecchietta sola che per sentire suo figlio
deve telefonare lei perché lui si dimentica di avere una madre” .
“Oddio mamma, no, ti prego, non cominciare. Non è mica colpa mia se papà è morto e se sei rimasta da sola”
“Non dico che sia colpa tua ma almeno potresti ricordarti di avere una madre e venirmi a trovare"
“Hai ragione, mamma. È che ho tanti di quei problemi col negozio che non ho nemmeno il tempo di respirare”
“Cinque minuti per una madre si trovano”
“D'accordo. Ti prometto che domani verrò a trovarti”
“Bravo figlio mio. Ah senti, mi ha telefonato tua sorella Elena. Era così giù di morale. Mi ha detto che avete litigato e che l'hai trattata male”
E ti pareva che Elena non andava a piangere sulle spalle di nostra madre? A quarantaquattro anni compiuti sente ancora il bisogno di confidarsi con la mamma.
“Subito a raccontarti tutto eh”
“Ma no, che dici. Ho sentito che era triste ed una madre vuol sapere i motivi che rendono triste i propri figli. Le ho dovuto tirare le parole fuori dalla bocca con le pinze perché non voleva dirmi niente. E niente poi mi ha detto. Semplicemente che avete litigato e che le hai risposto male”
E invece ci scommetterei qualunque cosa che le ha raccontato tutto.
“Senti mamma, abbiamo avuto una discussione e fra qualche giorno faremo pace, ok?”
“Ma tu non trattarla male, capito? È pur sempre tua sorella più grande”
“Le ho semplicemente detto di farsi i fatti suoi e quando lei insisteva ... beh le ho detto di andare a quel paese”
“Va beh dai, rifate pace, mi raccomando. E poi lo sai che lei ha qualche problema con il cuore dopo l'incidente di Maicol. Se la fai arrabbiare, corri il rischio di farle venire un attacco cardiaco. E tu non vuoi questo, vero?”
Ci mancava solo che mi rinfacciasse che Elena potrebbe sentirsi male. In effetti però, non ha tutti i torti visto che a causa di suo figlio Maicol, il mio nipote più grande, ha cominciato ad avere delle aritmie cardiache di poco conto, ma che non devono essere trascurate. Oddio, la colpa di Maicol è relativa visto che alcuni anni fa ebbe un incidente con lo scooter e telefonarono a mia sorella dicendole che era ricoverato in gravi condizioni all'ospedale quando invece e per fortuna aveva solo varie escoriazioni su tutto il corpo che guarirono in poche settimane senza ulteriori problemi, ma lei, a quella notizia, si sentì male e da quel giorno ha appunto lievi aritmie che però non devono essere prese sotto gamba. In compenso, Maicol ha smesso di correre con lo scooter e si è notevolmente calmato. E se penso a mio nipote, mi viene una rabbia per il nome che gli hanno messo. Ma non potevano scriverlo nel modo originale, ovvero Michael, invece di italianizzarlo? Lo odio quel nome. Bah, adesso ho altri problemi che pensare al nome di mio nipote.
“Ma sì, certo che faremo la pace” rispondo infine a mia madre “Adesso ti saluto mamma. Un bacione, ciao” concludo riattaccando.
A dir la verità, le parole che ho detto ad Elena erano un tantino più pesanti e le ho detto di farsi i cazzi suoi e poi l'ho mandata appunto a cagare. E quello che mi fa più incazzare è che lei ha ragione e soprattutto che lo fa per il mio bene. Mi ha detto che devo prendere la decisione da uomo e che ormai il mio matrimonio non regge più. Non a queste condizioni, almeno. Tra l'altro, lei ci ha provato in tutti i modi a parlare con Sabrina per cercare di farle cambiare atteggiamento nei miei confronti, comportandosi con lei come se fosse una sorella maggiore e non una cognata, consigliandole che gli uomini bisogna tenerseli, non solo conquistarli; ma a mia moglie questi consigli sono entrati in un orecchio per uscire immediatamente dall'altro. E quindi, mia sorella è giunta alla conclusione che se vuole vedere suo fratello felice, devo assolutamente cercare di rifarmi una vita con un'altra donna.
Andrea intanto, continua a guidare per raggiungere il luogo dove incontreremo i nostri vecchi compagni di liceo, ma ha ascoltato tutto. D'altronde, non ho segreti con lui come lui non ne ha per me.
“Ancora problemi con il negozio?” mi chiede dopo qualche istante di silenzio.
“Problemi infiniti, amico mio. Mio padre, che riposi in pace, mi ha lasciato in eredità un negozio di calzature con quattro scarpe ed un mare di debiti a causa del suo vizio del gioco”
“Questo lo so ma visto che da un po’ di tempo non ne parlavi più, speravo che fossi riuscito a risanare un po’ la situazione”
“Non te ne parlo perché mi sembra inutile affliggerti con i miei problemi visto che pure tu hai i tuoi, ma mi sembra di lottare contro i mulini a vento. Sto sempre a pagare i debiti e questi diminuiscono di una sciocchezza a causa degli interessi"
“Ma scusa Fabrizio, perché non ti arrendi? Lascia stare tutto, chiudi il negozio e dichiari fallimento”
Sorrido e non è un sorriso di gioia.
“Perché i debiti mio padre non ce l'aveva solo con le ditte fornitrici, ma anche con gente pericolosa. E a quelli non glie ne frega un cazzo che mio padre è morto. Quelli i soldi li vogliono da me. Mio padre giocava e scommetteva in posti dove non era lecito scommettere, mica alle sale giochi di adesso dove tutto è legale. E se anche dichiarassi fallimento, quelli i soldi continuerebbero a volerli. Almeno con il negozio posso rimuovermi. Pur con la crisi riesco a fare degli incassi accettabili, ma non quanto basterebbe però a cancellare quei maledetti debiti”
“Capisco”
“Già. Non è solo per il ricordo di mio padre che mi sono messo in mezzo a questo casino. Fosse dipeso da me, dopo la laurea avrei cercato un lavoro adatto a quel pezzo di carta che mi ero guadagnato ed invece prima lui si è ammalato e sono dovuto andare io a lavorare al negozio e poi ... . Beh, lo sai come è andata a finire”
“Siamo sfortunati, amico mio” fa con filosofia Andrea.
“E poi c'ho il problema di Sabrina” riprendo dopo alcuni secondi.
“Io non la capisco proprio tua moglie. Era così carina da ragazza e guarda come si è andata a ridurre. Senti, se ti confesso una cosa, t'incazzi?”
Lo guardo con tenerezza.
“Mi vuoi confessare dopo vent'anni che tu avevi una cotta per lei?”
Stavolta è lui a guardarmi in modo strano.
“Lo sapevi?”
“Smettila di fissarmi e pensa a guidare. Ci voglio arrivare sano alla festa. Comunque sì che lo sapevo. Lo sapevamo tutti” gli rispondo. In realtà me lo disse un certo Carlo, un amico comune, ma non feci caso più di tanto alla notizia. Non per scarsa amicizia ma perché pensavo che con Sabrina lui non avesse possibilità essendo cotta di me. Ed anche perché lui si stava buttando a corpo morto su Manuela. Pessima idea di entrambi.
“E non mi hai mai detto niente?” mi domanda dopo qualche secondo.
“Cosa mai avrei dovuto dirti? Con lei non ti eri mai dichiarato. Piuttosto, perché mi hai lasciato campo libero?”
“Perché eri il mio migliore amico e sembravi così preso. E poi non avevo possibilità visto che lei sembrava innamorata pazza di te. E poi anche perché avevo conosciuto Manuela. E comunque io certe cose agli amici non le faccio”
Abbraccio Andrea. “Tu sì che sei un vero amico"
“Piano con gli abbracci mentre guido se no andiamo a sbattere davvero” replica lui sorridendo.
“Sì, forse è meglio. Il fatto è che forse non eravamo veramente innamorati. A quell'età i sentimenti si confondono. Io non avevo nemmeno diciannove anni, lei diciassette e non sapevamo cosa fosse l'amore. Ci piacevamo e ci volevamo bene, ma l'amore è un'altra cosa. Il problema è che te ne accorgi soltanto dopo"
“Quanto sei filosofo stasera. Però adesso basta con i pensieri tristi. Stasera ci si diverte”
“Magari trombando con la Mastrangeli o con la Tozzi”
E non lo dico solo per battuta. Ho un grandissimo bisogno di fare l'amore, di abbracciare una femmina che mi faccia sentire maschio.
“Magari. Sempre se nel frattempo non sono diventate dei cessi”
“Tutto può succedere” e Andrea annuisce, forse pensando proprio a mia moglie Sabrina.
“Scommetto che con Maria Giulia non è successo ed è più bella di vent'anni fà” replico.
“Su di lei non accetto scommesse. Era la perfezione fatta femmina"
Annuisco a mia volta. Di gran lunga la più bella e sensuale della classe. Un corpo strepitoso e atletico, impreziosito da una muscolatura non eccessiva. ma decisamente efficace, come purtroppo scoprii. Un corpo che lei amava mettere in mostra senza falsi pudori ed un viso perfetto incorniciato da lunghi capelli neri che spesso portava raccolti con una coda, due fari abbaglianti, per dirla come il vecchio Mal, al posto degli occhi, azzurri come un lago di montagna eduna bocca perfetta che lei non lesinava a rendere ancora più appetibile dipingendola di rosso fragola. E poi quei movimenti quasi ipnotici che sembravano paralizzare l'attenzione di ogni ragazzo della scuola. Eh sì, bella da togliere il fiato ma con un grosso, enorme, gigantesco difetto, almeno ai miei occhi.



Secondo episodio

Il mio amico Andrea approfitta di un semaforo rosso e si volta a guardarmi.
“Ancora non mi hai risposto, Te la ricordi o no Maria Giulia?” mi chiede sorridendomi.
“E chi è quel ragazzo della scuola che potrebbe dimenticarsela?” faccio.
"Bona come il pane”
“Sì, bona senz'altro. Peccato che fosse pure pazza, antipatica, strafottente, voleva comandare su tutto e su tutti e soprattutto era maledettamente in gamba con le arti marziali. Quella se ti prende per vivo ti lascia per morto. Te lo ricordi come ridusse quei due?”
E come posso dimenticarlo? Mi sembra che fosse il giorno seguente alla festa delle donne, forse il 9 o il 10 di marzo e che si trattasse di una specie di fidanzato che lei aveva mollato per mettersi con un tipo che aveva incontrato proprio durante la festa delle donne. Il suo ex moroso era venuto, spalleggiato dal fratello, per discutere con lei. Beh, diciamo pure per offenderla.
Evidentemente, non la conosceva bene. Appena pronunciò la parola <puttana> infatti. Maria Giulia scatenò un tale inferno che, a confronto, quello scatenato da < Il gladiatore> era un’oasi di pace e tranquillità. Maria Giulia divenne una belva e dimostrò a tutta la scuola di che pasta fosse fatta e quali fossero le sue capacità con le arti marziali riempiendo di botte quei due senza che nessuno osasse intervenire. E non solo. Li costrinse poi ad inginocchiarsi ai suoi piedi, a farseli baciare e naturalmente a chiedere pietà tra l'ilarità idiota di tutti noi. Il problema fu che dopo pochi giorni toccò proprio al sottoscritto di dover saggiare le sue capacità e fu una tragedia. Per me, ovviamente. E altrettanto ovviamente, è questo il motivo per cui non me la potrò mai dimenticare, oltre alla sua travolgente bellezza. Accadde proprio un paio di settimane dopo, durante la festa per il suo diciottesimo compleanno che organizzò nella sua abitazione. Oddio, parlare di abitazione è riduttivo. E si perché la Ferri era anche schifosamente abbiente, a riprova che la fortuna è tutt'altro che cieca e bussa sempre alle stesse porte. In effetti, si trattava di una bella villa situata nella zona nord di Roma con tanto di giardino e piscina che ospitò tutti gli invitati per quella mega festa che fu la sua entrata nella maggiore età. Quasi un anno più piccola di tutti noi. Almeno di età perché per il resto ci sovrastava tutti nettamente, a cominciare dalla sua statura. Centottanta centimetri ai quali abbinava sistematicamente scarpe col tacco elevatissimo. Eravamo ormai al termine della festa quando me ne stavo per andare. L'andai a salutare e a rinnovarle gli auguri quando mi chiese se potevo attendere che andassero via anche gli altri invitati in quanto doveva farmi vedere una cosa, senza capire cosa volesse realmente. Tanto per cominciare, era strano che mi desse confidenza in quanto, fino a quel momento, pur stando nella stessa classe da ben cinque anni, era pure troppo se ci salutavamo. Ad ogni modo, chiesi ad Andrea che era venuto alla festa con la mia macchina di rimediare un passaggio con qualcun altro e attesi che andassero via tutti con il cuore in gola. Maria Giulia mi metteva soggezione, sia con la sua stratosferica bellezza sia col suo modo di fare autoritario e soprattutto con la consapevolezza da parte mia che fosse notevolmente più forte di qualsiasi maschio della scuola, come il pestaggio dei due ragazzi aveva ampiamente dimostrato. Pertanto, non riuscivo proprio a comprendere cosa volesse da me. Mi portò in una camera, chiuse la porta a chiave e, tra il mio sbigottimento più totale, venne poi di fronte a me. Era bella, maledettamente bella, con il suo solito abbigliamento fatto apposta per stimolare le fantasie maschili e quando si avvicinò per baciarmi non potevo rifiutare. Come avrei potuto? E fu un bacio meraviglioso. La sua bocca aveva un sapore particolare, intrigante. Tutto in lei era intrigante e sensuale. Ma poi quelle parole.
“Voglio che tu diventi il mio ragazzo” Il suo ragazzo? In pochi secondi mi passarono in mente tutte le scene che la riguardavano tra cui ovviamente il pestaggio di quei due ma anche le sue dimostrazioni di superiorità, il modo in cui si comportava in classe con chiunque, ovvero con autorità, pensando di essere un essere superiore nei nostri confronti, sempre sprezzante ed ironica ed ovviamente senza che qualcuno avesse il coraggio di farglielo notare. Anche prima del pestaggio dei due ragazzi infatti, Maria Giulia ci aveva dato ampie dimostrazioni di essere in grado di stendere chiunque avesse osato andarle contro ed anche uno come me che non era mai passato da vigliacco, aveva un certo timore nel rapportarsi con lei. Per fortuna, fino a quel momento i nostri rapporti erano stati quasi inesistenti, malgrado, come detto, fossimo nella stessa classe ma con altri, sia ragazzi che ragazze, non si faceva problemi di ordinare e pretendere di essere obbedita. E malgrado questo suo atteggiamento, o forse proprio per questo, aveva un codazzo di ragazzi, sia maschi che femmine, pronti a fare qualunque cosa pur di far parte del suo gruppo ristretto di adoratori. A dir la verità, sembrava quasi che fossero gli altri a cercare la sua dominazione più che lei ad imporla, quasi come se riconoscessero in Maria Giulia una superiorità ed un carisma tali da potersi permettere qualsiasi comportamento, ma rimaneva il fatto che quelli li trattava veramente come schiavetti sempre pronti ai suoi ordini. Gli altri, coloro che non facevano la fila per essere nelle sue grazie, per lei non esistevano. Io ero appunto tra gli altri e tantissimo fu il mio stupore nel sentire quella frase. Dopo quel bacio, che era comunque già molto strano, credevo che volesse semplicemente scopare, che volesse togliersi uno sfizio, visto che ero comunque considerato un ragazzo carino e simpatico e ad una bellissima ragazza come Maria Giulia non si dice di no. Per qualunque maschio, sarebbe stata la chicca della propria vita, il gradino più alto di ogni desiderio maschile, una di quelle cose che racconti in eterno agli amici ed il cui ricordo ti accompagnerà per tutta la vita. Ma diventare il suo ragazzo no. Come avrei potuto essere il ragazzo di una tipa che voleva comandare sempre lei, che voleva decidere tutto lei e che soprattutto aveva i mezzi fisici per farsi obbedire. Solo il tono con cui mi aveva fatto quella richiesta diceva tutto. Che poi, chiamarla richiesta era un eufemismo visto che aveva dato l'impressione di essere un vero e proprio ordine. E se un giorno si fosse arrabbiata? Avrei dovuto tremare di lei ed inginocchiarmi ai suoi piedi per chiederle perdono, così come erano stati costretti quei due, altrimenti mi avrebbe picchiato? No, la mia ragazza avrebbe dovuto essere dolce, remissiva e innamorata. Una come Sabrina, che mi faceva il filo ormai da un bel po’. Certo, paragonarla a Maria Giulia era improponibile. Qualunque ragazza non poteva essere paragonata a lei. Ma non si vive mica di sola bellezza. E quindi, dopo quel bacio e dopo quella dichiarazione, rimasi sconcertato.
“Vuoi che io sia il tuo ragazzo?” ripetei quasi come un ebete.
“Esatto. Senti io ..."
“No Maria Giulia, ascolta tu” la interruppi. E già il semplice fatto di interromperla poteva essere considerato un atto di coraggio. Cercai comunque un tono accondiscendente che non la facesse arrabbiare. "Tu sei bellissima, la più bella ragazza che io conosca ma io non sono in grado di essere il tuo ragazzo"
“Cosa significa? E allora perché hai accettato il mio bacio?” Avevo poco più di diciotto anni e pur se ero abbastanza sveglio con le ragazze avevo ancora qualche ingenuità e le dissi cosa pensavo. Grosso errore. Dal coraggio dimostrato stavo scivolando verso la totale incoscienza.
“Perché pensavo che volessi scopare. Fare sesso insomma. Se vuoi, io ci sto. Ma diventare proprio il tuo ragazzo non fa per me. Tu sei abituata a comandare su tutti, incuti timore con le tue abilità e ... . Insomma, hai capito, no? Non fa per me tremare di fronte ad una ragazza. Anche se è bella come te"
Fece un respiro profondo e poi si girò per uscire.
“Sei una merda Fabrizio. Non hai capito un cazzo. E ringrazia Dio che non ti riduca a pezzi”
Io la raggiunsi, le afferrai il braccio e la guardai negli occhi.
“Sinceramente non capisco. Pensavo che fossi abituata ad avere ragazzi più grandi. Però se volevi che io diventassi il tuo ragazzo, significa che ti piaccio. E siccome anche tu mi piaci tantissimo, non ci sarebbe niente di male se io e te ... Insomma, se facessimo sesso senza doverci mettere insieme per forza”
Ecco, quello fu l'errore ancora più grande. Si voltò verso di me e mi guardò quasi con odio. Sicuramente con rabbia. Tanta rabbia. E far arrabbiare una con le doti di Maria Giulia non era proprio da ragazzi sani di mente.
“Con chi cazzo ti pensi di stare a parlare? Con una puttana per caso? Toglimi quella mano. Non mi toccare”
Ed invece rimasi ancorato al suo braccio. Terzo e definitivo errore che la fece mettere in azione. Lei si girò su se stessa e mi catapultò sopra di lei, con una elegante mossa di judo. Atterrai dolorosamente rialzandomi però ancora completamente integro, ma invece di maledirmi per la mia stupidità e chiederle scusa mi uscì dalla bocca un . Non lo avevo pensato ma fu spontaneo. Spontaneo e idiota. Lo sapevo che era pericolosa eppure avevo reagito come se fosse una ragazza normale. E lei tutto era tranne che normale. Ma ormai la frittata era fatta e Maria Giulia si era incazzata e avanzava verso di me. In un lampo, mi vennero in mente le scene del pestaggio dei due fratelli, di tantissime altre volte in cui si dilettava a dimostrare che lei era la più forte, la più brava e capii il guaio in cui mi ero cacciato. Provai a fuggire ma andai a cozzare contro la sua gamba tesa che mi colpì proprio allo stomaco e che mi fece piegare in due. Appena una manciata di secondi e mi aveva già neutralizzato. Ero in suo potere. Un altro calcio dato con estrema maestria stavolta al volto e caddi come una pera cotta ai suoi piedi. Lei si chinò e mi afferrò per i capelli e chiuse l'altra mano a mo’ di pugno. In quel momento, forse per la prima ed unica volta nella mia vita, ebbi paura per la mia vita. Sì, ebbi più terrore in quell'istante che quando, anni dopo, i creditori di mio padre vennero a cercarmi per dirmi che i debiti che lui, allora ancora vivo ma ricoverato all'ospedale, aveva nei loro confronti, li avrei dovuti estinguere io. Maria Giulia però non fece altro. Mi lasciò e si avviò verso la porta.
“Non meriti nemmeno di baciare i miei piedi, coglione!”
Rimasi lì per un po’, dopodiché cercai un bagno per lavarmi e cercare di nascondere l'occhio nero e curarmi la ferita al labbro che mi aveva causato e che mi faceva perdere sangue. Inutilmente. Per fortuna, riuscii a sgattaiolare fuori dalla villa e ad andarmene senza incontrare nessuno degli altri invitati che erano ormai andati tutti via. Rimasi tutta la notte agitato, pensando che Maria Giulia mi avrebbe fatto pagare anche in seguito per quello che era accaduto ma mi sbagliai. Lei continuò a non rivolgermi la parola come aveva fatto fino ad allora ed io feci altrettanto. L'occhio nero e la ferita al labbro che io addussi ad un urto notturno contro una porta, scomparvero dopo qualche giorno, la ferita al mio animo e la paura che io ebbi nei suoi confronti, durarono un bel po’ di più, almeno fino al termine della maturità, quando Maria Giulia uscì definitivamente dalla mia vita dopo cinque anni di liceo vissuti a stretto contatto. Ecco a cosa alludevo quando parlavo di quel suo grosso, enorme, maestoso e gigantesco difetto.
Sono trascorsi oltre vent'anni da quella serata rimasta scolpita in modo indelebile nella mia mente e adesso quest'invito per questa festa che proprio lei organizza. Beh, vent'anni sono tanti. Non ci siamo più rivisti e forse quel rancore per ciò che accadde quella sera è scomparso. D'altronde, siamo diventati grandi. O forse nemmeno se lo ricorda e sono soltanto uno dei tanti che lei ha ridotto male, come quel suo ex fidanzato e suo fratello, ad esempio.
Sono talmente preso da quei ricordi che nemmeno mi accorgo che siamo arrivati.
La location scelta da Maria Giulia per l'organizzazione della festa è un rinomato albergo sopra un colle che domina Roma, con una vista mozzafiato. In silenzio, ci avviamo verso l'entrata dell'albergo e, appena entrati, un cartello ci mette al corrente di quale sarà la stanza prenotata solo per noi ex allievi. Le sarà costato un occhio della testa. Evidentemente, per sua fortuna non conosce la parola crisi, al contrario di noi comuni mortali. La sala è enorme, di quelle adatte ad un matrimonio, già piena come prospettavo. Io e Andrea ci guardiamo intorno alla ricerca di persone conosciute ma saremo oltre duecento invitati e non è facile rintracciarle. D'altronde, quattro sezioni di quinto liceo, una trentina di allievi a sezione, le loro compagne, moglie e mariti ed il conto è presto fatto. A ridosso del muro di destra e di sinistra, due tavoli imbanditi pieni di ogni ben di Dio con la gente che riempie i propri piatti e chiacchiera amabilmente. Ci avviamo anche noi. Molti non li conosco o non riesco a ricordarli e si tratta di quelli delle altre sezioni, dei loro compagni e compagne, ma finalmente scorgo anche alcune facce conosciute. Marina Mastrangeli ci accoglie con un sorriso enorme e ci presenta il marito. Non è più quella bella fighetta del tempo del liceo ed ha messo su qualche chiletto di troppo, ma fa ancora una discreta figura con quel vestitino scollato che indossa. Poco più in là, altri due miei ex compagni di classe. Si tratta di Francesco Nappi e di Claudio De Cristofori. Ci abbracciamo. È bello incontrare di nuovo queste persone. Ci presentano le loro mogli, due tipe discrete senza infamia e senza lode e poi torniamo indietro coi ricordi ai bei tempi andati.
“Sempre in forma, a quanto vedo, il nostro Fabrizio Villa. E tu Andrea, che fine hai fatto fare alla tua bella chioma?” dice Francesco rivolgendosi poi al mio amico che comincia a dar qualche evidente segno di perdita di capelli. “Mi sa che ti sono rimasti pochi lavaggi. Vorrà dire che risparmierai sullo shampoo”
Sempre il solito simpaticone, ma non è male come persona. Almeno non lo era. Andrea alza le spalle, io invece sorrido.
“E certo che sono sempre in forma. Ci tengo io” rispondo
In verità, credo che sia una questione di fortuna o di genetica visto che non faccio più sport dai tempi dell'università. E chi c'ha il tempo con tutti i miei problemi?
“E già. Il nostro campione. Te la ricordi la finale del torneo?” prosegue il mio vecchio compagno. Annuisco. E come potrei dimenticarla? Mi faccio prendere anch'io dai ricordi.
“Te lo ricordi che gol che feci? Dribbling sulla sinistra, uno, due, tre avversari smarcati come birilli e poi palla a rientrare di destro ed il torneo delle scuole di Roma è stato nostro. Del Piero ha imparato da me a fare quei gol"
“E mo’ non esagerare. Comunque sì, bel gol. E pensare che ti eri fatto male e che stavi per essere sostituito” Scoppio a ridere.
“Mamma mia che testata. Vedevo tutto confuso. Poi ho visto che quell'idiota di Valeri, il nostro professore di educazione fisica che si atteggiava ad allenatore stava per far entrare <er figurina> e mi sono rialzato di colpo. Mica poteva entrare quell'impedito proprio nella finale”
Marcello Lorenzi, detto <er figurina> per la sua scarsa attitudine al gioco del calcio. Cioè, giocare con lui o con una figurina era esattamente la stessa cosa.
“E già. A proposito di Lorenzi, coi piedi era scarso ma con le mani ci sa fare. Eccolo là insieme alla moglie. Pensa, è diventato uno dei migliori ginecologi di Roma. Le donne fanno a gare per farsi visitare da lui”.
Mi volto e lo scorgo. Lui è sempre il solito, alto e allampanato, ma la moglie è una figa da paura. Hai capito <er figurina>? Ha fatto carriera. Lui era un nerd ed io uno dei più svelti della scuola e adesso, a vent'anni di distanza, ci troviamo praticamente all'opposto. Poi rifletto un attimo. Un ginecologo? Lascio i miei ritrovati amici a chiacchierare con Andrea e mi avvicino a Lorenzi, intento a scegliere qualcosa sulla tavola imbandita con in mano un bicchiere di vino. Lo chiamo e si rigira. Un sorriso franco gli riempie il volto.
“Villa, sei proprio tu? Che piacere rivederti!” Gli dico che anche per me è un piacere. Mi presenta la sua bella moglie e poi lo prendo per un braccio.
“Senti Lorenzi, permetti una parola in privato?” Lui mi segue docile.
“Che c'è Villa?”
“Ho saputo che sei diventato un rinomato ginecologo. Potrei chiederti un parere professionale?”
Lui sorride.
“Vuoi cambiare sesso e farti visitare da me?“
Sto allo scherzo.
“Ma sentilo < er figurina>. Ha fatto carriera e adesso rinnega i suoi vecchi amici”
“E già. < Er figurina> ormai è solo un ricordo sbiadito, per fortuna”
“Sono contento per te. Chi l'avrebbe mai detto che uno come te sarebbe stato sempre in mezzo alla fica”
Scoppia a ridere.
“Ne ho viste più io di Rocco Siffredi” Sorrido anch'io alla sua battuta ma sono pronto alla replica.
“Sì ma lui le vede tutte giovani e belle. Ho l'impressione che per te non sia così"
“Mah! Difficile che da me venga la vecchia di 70/80 anni. La mia clientela è piuttosto giovane, invece”
Mi avvicino di più a lui per non farmi sentire da altri.
“Ma dimmi, se ti capita una ventenne da panico, non ti ecciti a vederla nuda?"
“A parte che raramente la vedo interamente nuda, ma le vedo solo la fica oppure solo le tette”
“E ti pare poco?” lo interrompo.
“Ma dai, è una questione di professionalità. Nessun ginecologo degno di questo nome guarderebbe una donna pensando al sesso. Quelli che lo fanno sono da togliere immediatamente dall'albo professionale. Piuttosto, stavi parlando di un consulto. Dimmi pure”. Mi faccio serio.
“Senti Marcello, si può guarire dall'endometriosi?” Si fa serio anche lui.
“No Fabrizio. Nel modo più assoluto no. Ce l'ha tua moglie?”
“Purtroppo si. Non siamo riusciti ad avere figli” ammetto.
“Mi dispiace. L'endometriosi si può bloccare ma non curare e credo che te l'abbia detto anche il medico che glie l'ha diagnosticata. Si eliminano ad esempio i dolori e le perdite di sangue tipiche di questa malattia con una cura a base di farmaci ormonali, sul tipo della classica pillola anticoncezionale o, in casi più gravi, anche con un intervento chirurgico”
“E quindi, nessuna possibilità di rimanere incinta?” chiedo sconsolato.
“Non ho detto questo. La valutazione deve essere effettuata caso per caso. Se la malattia non è estesa, ad esempio, e se non ci sono lesioni nelle tube, ci sono le possibilità di una gravidanza, sospendendo la cura ormonale per la durata necessaria. Insomma, come nella maggior parte delle malattie, la prevenzione è la miglior cura. Il caso di tua moglie com'è?”
“Purtroppo grave. Anche lei ha fatto una cura ormonale ed ormai non ha più dolori e perdite di sangue, ma le hanno anche detto che una gravidanza è impossibile”
Si guarda in tasca e poi mi porge un bigliettino da visita.
“Evidentemente, l'endometriosi le è stata diagnosticata in ritardo. Se vuoi, portala da me ma temo che ormai non ci sia più nulla da fare. Avete pensato ad un'adozione?”
Eccome se ci abbiamo pensato. Ma non è una via facile da percorrere. E comunque, il problema di Sabrina è anche di carattere psicologico. Lei non vuole solo sentirsi mamma, cosa che con dei figli adottivi forse le riuscirebbe, ma soprattutto generare lei stessa. Lo metto al corrente di questa situazione e poi torniamo in mezzo agli altri. Almeno stasera, vorrei non pensare a nulla e cercare di trascorrere una bella serata. Ne ho bisogno come l'aria che respiro.
Mi intrattengo con altri miei ex compagni di scuola, sempre ricordando i tempi passati. C'è anche Mauro Piatti. Avevo poca confidenza con lui e Francesco Nappi, che invece era uno dei miei compagni preferiti, mi mette al corrente che ha preso una brutta strada e che è appena uscito di prigione dopo essersi fatto cinque anni. E non è la prima volta. Pare che stavolta l'abbiano beccato per furto d'auto e ricettazione ma aveva precedenti piuttosto considerevoli. Eppure sembrava un ragazzo a posto. Bah! In fondo lo conoscevo poco. Do un'occhiata intorno. Io e quelli della mia classe siamo raggruppati e sembrano essersi formati quattro gruppi distinti, come quante erano le sezioni, come se ognuno di noi volesse intrattenersi soltanto con i propri ex compagni. Mi sembra che della nostra classe dovremmo esserci proprio tutti, ma manca proprio l'organizzatrice. Maria Giulia ancora non si vede. Se non è cambiata, vorrà fare un'entrata trionfale nel bel mezzo della festa. E come se i miei pensieri l'avessero evocata, una figura maestosa fa il suo ingresso.
Oh mio Dio! Un metro e ottanta più i tacchi di figa allo stato puro avvolto in un abito corto e aderente grigio, due tette che sembrano chiedere aiuto per uscire allo scoperto dalla prigione in cui le relegano lo striminzito vestitino, capelli raccolti con uno chignon intrecciato che mettono in completa luce un volto bellissimo e truccato perfettamente. La sua camminata è sicura, malgrado le sue decoltè col tacco altissimo e a spillo dello stesso colore dell'abito, che la elevano un gradino al di sopra di quasi tutti i presenti. In una mano tiene una micro borsetta abbinata alle scarpe e nell'altra un individuo di sesso maschile che in quel momento deve sentirsi come l'uomo più invidiato del pianeta terra. Ed io ad una del genere ho detto no! Voglio un muro per sbatterci la testa. Ma forte, per farmi male davvero. E voglio qualcuno che mi dica quanto sono coglione. E me lo devono dire in coro e con l'eco. È addirittura più bella e desiderabile di quanto lo fosse da ragazza, cosa che pensavo fosse impossibile e, alla sua entrata, la maggior parte dei presenti si sposta nella sua direzione. Lei sorride, abbraccia e bacia chi le viene incontro mentre io preferisco rimanere in disparte insieme ad Andrea che si è stampato sul volto uno sguardo da ebete che è forse lo stesso che ho io alla visione di Maria Giulia che, dal canto suo, sembra una star di Hollywood che cammina sul tappeto rosso. Quando la folla si dirada, lei si dirige al verso un tavolino posto proprio nella direzione opposta all'entrata, sempre seguita come un'ombra dal tizio che l'accompagna, afferra il microfono posizionato sopra a quel tavolo e ringrazia tutti i convenuti per la loro presenza alla festa da lei organizzata per poi mescolarsi con gli invitati. Che pezzo di donna!
La festa continua e proseguiamo ad ingozzarci di cibo che i camerieri imperterriti portano sulle due tavolate. Dopo gli antipasti è il momento di fumanti fiamminghe di pasta e quindi quello dei secondi. Sono già sazio dopo gli antipasti ma comunque è difficile rinunciare a tutto quel ben di Dio.
Cerco con lo sguardo Maria Giulia e non mi è difficile intravvederla, grazie alla sua considerevole altezza, mentre conversa un po’ con tutti. Con me ancora niente ed io non ho il coraggio di andare di fronte a lei. Forse ce l'ha ancora con me ed il suo invito è stato solamente un atto dovuto. Anch'io mi butto in mezzo agli altri cercando di dimenticare le mille difficoltà in cui verso.
La bella Valeria Tozzi sembra disponibile ad una chiacchierata, ad esempio. Lei è ancora un tipetto niente male. Oh, niente a che vedere con Maria Giulia, ma è comunque ancora molto appetibile. Mi dice che è divorziata, mi fa i complimenti per la mia forma fisica visto che sono uno dei pochi ad averla mantenuta come quando ero ragazzo, complimenti che contraccambio con sincerità. Malgrado le dica che sono sposato, mi dà il suo numero di telefono chiedendomi di sentirci ogni tanto e di non far trascorrere altri vent'anni. Mi da quasi l'impressione che ci stia provando ed io ho tanto bisogno di una donna che mi faccia dimenticare i problemi con Sabrina. Ha ragione Elena, devo lasciarla se non voglio che la mia vita sentimentale e sessuale continui ad essere così avara di soddisfazioni per me. Continuo a parlare con Valeria che mi chiede della mia vita attuale quando, con la coda dell'occhio, noto la statuaria figura di Maria Giulia, sempre seguita come un'ombra da quello che lei ha presentato come il suo fidanzato, che si fa largo tra gli invitati per venire nella nostra direzione. Forse vorrà parlare con Valeria. All'epoca del liceo, la Tozzi e la Mastrangeli erano considerate un po’ come le ancelle della regina e brillavano non solo di luce propria visto che erano considerate molto graziose, ma anche di luce riflessa: quella di Maria Giulia. Essere considerate sue amiche le ponevano al centro dell'attenzione di tutti gli altri. Sì, sembra proprio venire verso di noi ma, al contrario di come pensassi, saluta con un sorriso la Tozzi e poi mi afferra per un braccio.
“Valeria, ti dispiace se ti rubo per un attimo il nostro Fabrizio?”
Rimango quasi di stucco e poi prosegue nei miei confronti.
“Vieni, accompagnami di fuori che ho voglia di fumarmi una sigaretta”
“Con piacere. Basta che tu non abbia l'intenzione di proseguire ciò che hai iniziato vent'anni fa” le sussurro per non farmi sentire dagli altri e riferendomi a quella sera in cui mi pestò per bene. Lei ride di gusto.
“Potrebbe essere un'idea. Sai, le donne rifiutate possono essere molto vendicative”
Sto per replicare qualcosa ma non mi viene in mente niente di intelligente. Preferisco perciò tacere ed attendere gli eventi.
Non so perché, ma qualcosa mi dice che Maria Giulia ha in mente qualcosa e che fumarsi una sigaretta è solo una scusa. E non so se essere contento o preoccuparmi seriamente.

(continua)

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Edit:
corretti alcuni piccoli refusi
Triskell
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Edited by -triskell- - 10/6/2023, 13:04
view post Posted: 7/6/2023, 19:52     +2Quando scrivi, scrivi sempre un po' di te - Presentazione Indecisi, Curiosi, Primal, Vanilla, Famolostranisti
Complimenti per la presentazione, non convenzionale, e per gli spunti offerti (che qualcuno ha saputo cogliere e ha voluto rispondere).
Buon forum.
view post Posted: 4/6/2023, 10:46     +1Matrimonio Femdom - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Al servizio della Dea


Sono quasi le 22 di un mercoledì e Matteo è da due ore in ginocchio e nudo in attesa del ritorno della moglie Giulia, la sua Padrona.
"Non alzarsi": gli ordini sono quelli questi e lui non può disubbidire alle disposizioni della sua proprietaria.
Giulia finalmente arriva.
“Bentornata Padrona” e Matteo si prostra per baciarle i piedi in segno di saluto.
La sua giovane e bellissima moglie come sempre non lo degna di uno sguardo e si siede sul divano. Lui, camminando a quattro zampe, si avvicina per toglierle le scarpe e massaggiarle i piedi, sperando che lei gli ordini di leccarli.
“Sono stata a prendere un aperitivo con Alex", dice lei, "perciò non ho fame, sparecchia e metti via la cena”
“Non deve darmi spiegazioni, Padrona, lei può fare quello che vuole, io…”
Lo schiavo non può finire la frase perché gli arriva uno schiaffo in faccia.
“Non osare interrompermi e non parlare senza permesso, verme, non ti stavo dando alcune spiegazione, avevo solo iniziato a dirti cosa dovrai fare nelle prossime settimane”.
Matteo si prostra e dice: “Mi perdoni Padrona, sono il solito idiota, chiedo scusa”
“Bene, allora stai zitto ed ascolta. Le prossime due settimane siamo entrambi in ferie. Io ho concordato con Alex una vacanza in Sardegna, solo io e lui, lo sai bene che non tradisco il patto di discrezione. Per lui sei solo un ingenuo cornuto, gli ho detto che devi rimanere in città per impegni di lavoro e che mi crederai in vacanza con una mia amica. Capito?”
“Sì Padrona, la ringrazio per la sua comprensione"
“Bene, però non posso lasciarti a casa da solo, in fondo anche i cani, quando i proprietari vanno in vacanza, vengono a volte affidati ad altri. Quindi, visto che mia mamma, la tua Dea, merita un po’ di riposo ed ha sempre sognato di avere una donna di servizio, verrà qui per 15 giorni e tu le farai da domestica. Per l’occasione dovrai indossare sempre biancheria femminile ed un abito da sissy maid, sai cos’è? Certo che un segaiolo masochista come te lo sa. Capito schiavo ?”
“Certo Padrona, sono lieto di poter servire la Dea Luciana, ma per l’abito come facciamo?”.
Lei si alza e dice: “Ci ho pensato io da tempo, seguimi in camera strisciando come il verme che sei”.
Arrivati in camera lei tira fuori dall’armadio un voluminoso pacco contenente tutto il necessario, biancheria femminile, calze di nylon, abito da sissy con tanto di grembiulino e crestina e scarpe nere con tacco.
“Alzati ed indossalo”.
Matteo si alza leggermente imbarazzato, non per il fatto di dover indossare l’abito da cameriera ma perché non è’ abituato a stare in piedi in presenza della moglie.
“Ma sei una meraviglia! Mi pento di non avertelo fatto indossare prima, con la mia idea di farti stare sempre nudo, mi viene voglia di fare sesso, vai a prendere lo strapon grande, mettimelo in vita e poi vai a pecora sul letto, svelto!”
“ Subito Padrona, grazie mia superba signora”.

Sabato mattina arriva la madre, la signora Luciana, splendida donna di 47 anni, vedova da oltre un decennio. Entra in casa accompagnata dalla figlia che è andata a prenderla al paese. Immediatamente Matteo, come sempre nudo con gabbietta castità, si prostra ai piedi delle due donne.
“Bentornata Padrona, benvenuta Dea” e le omaggia baciando prima i piedi della moglie e poi quelli della suocera.
“Vieni mamma, visto? L’omuncolo sta sempre così in casa, adesso pranziamo io te a tavola ed il verme ai nostri piedi con i nostri avanzi, poi indosserà il suo vestito da sissy maid e comincerà il servizio ai tuoi ordini. Mi raccomando, come ti ho spiegato in macchina, tu non devi muovere un dito, fa tutto lui, non ringraziarlo mai, dagli ordini secchi e puniscilo per ogni minimo errore. Non dovendo andare al lavoro non ha bisogno di riposarsi e può tranquillamente dormire sul tappeto vicino al letto, nudo naturalmente. Tieni presente che il suo massimo premio consiste nell’avere il permesso di leccarti i piedi. Lui sa dove sono i frustìni e gli strapon, se vuoi provare ad usarli, ti assicuro che è divertente. Un’altra cosa che mi raccomando ancora è di utilizzarlo come cesso umano per la pipì e come carta igienica, vedrai quanto è piacevole”.
Poi rivolgendosi al marito, ancora prostrato ai piedi di madre e figlia: “Capito, schiavo? Non deludermi e non farmi fare brutte figure, altrimenti quando torno non ti immagini nemmeno cosa ti aspetta”.
“Non la deluderò Padrona, sono a completa disposizione per la Dea”.

Nel pomeriggio Giulia parte con il suo boy friend attuale, Alex, e Matteo, indossati i panni della sissy, si mette diligentemente al servizio di Luciana, la Dea.
Nei primi giorni la donna ha difficoltà ad entrare nel ruolo della dominatrice e si limita a farsi servire. Lo spirito di sottomesso dello schiavo, però, emerge è paradossalmente è lui a suggerire alla suocera come umiliarlo con frasi, strisciando ai suoi piedi e con richieste tipo “La prego Dea, mi permetta di assaporare la sua divina pioggia dorata” oppure “La supplico, oggi non ho potuto ancora leccare i suoi divini piedi” ed anche “Per favore, mi sodomizzi con lo strapon, mia Dea”.
La donna ci prende gusto e, visto che è persona di cuore, accoglie le richieste del genero-schiavo.
Trascorrono così i 15 giorni. “La miglior vacanza della mia vita” pensa Matteo.
In effetti durante le vacanze della moglie/Padrona Giulia, lo schiavo Matteo ha servito come sissy maid la suocera, Luciana, per lui la Dea. Sono state due settimane di continue umiliazioni per il sottomesso: prima titubante poi sempre più sicura di sè la ancora giovane (47 anni) ed avvenente Luciana ha umiliato e sfruttato il genero-schiavo in tutti i modi.
“Schiavo, oggi rientrerà mia figlia, tua unica Signora e Padrona, devo dire che ti sei comportato bene e meriti un premio, ecco la chiave della gabbietta, puoi togliertela e farti una sega in ginocchio davanti a me”.
“Grazie Dea, è stato un privilegio poterla servire, lei è, come sua figlia, la mia Padrona, un essere superiore ed una nullità come me può solo ambire a servirla e riverirla”.
Poi Matteo si toglie la gabbietta ed inizia a masturbarsi, dopo pochi colpi viene, un piccolo quantitativo di sperma che va sul piede della Dea e immediatamente Matteo incomincia a leccare per ripulire.
“Ahaha, ma aveva ragione Giulia, se proprio uno scherzo di uomo, duri pochi secondi e schizzi solo qualche goccia”
“Sì mia Dea, sono nato per servire donne meravigliose come lei e la mia Padrona”.
Giulia rientra, lo schiavo la attende in ginocchio, nudo, da 15 giorni non vede la sua proprietaria e non vede l’ora, si prostra immediatamente ai suoi piedi.
“Bentornata Padrona, spero abbia passato una buona vacanza”.
“Puoi dirlo, schiavo di merda, Alex mi ha scopato in tutti i modi, adesso indossa qualcosa e vai giù a prendere la valigia, poi porterai mia mamma al paese, svelto”.
Rivolgendosi alla mamma: ”Allora come si è’ comportato?”
“Bene direi, non posso lamentarmi “
“Mi fa piacere, ma lo punirò lo stesso, sono 15 giorni che non lo frusto e devo proprio sfogarmi”
“Fai bene Giulia, è tua proprietà e devi utilizzarlo come ti pare, quelli come lui meritano solo questo trattamento, anzi, sai cosa ti dico, questi giorni mi hanno aperto un nuovo mondo, voglio anch’io uno schiavo al mio completo servizio”.
“Certo mamma, lo meriti, credo che una bella donna come te non abbia problemi a trovarne uno, ti aiuterò con la ricerca , magari su internet”

(continua)
view post Posted: 2/6/2023, 11:45     +1Matrimonio Femdom - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Vita coniugale


Comincia, dopo il viaggio di nozze, la vita matrimoniale di Giulia e Matteo, un matrimonio femdom visto che la bellissima Giulia ha accettato di sposarsi con lui, bella presenza, buona posizione sociale, ma mini dotato, dietro promessa del marito di assoluta sottomissione. Infatti durante il viaggio di nozze lei lo tradisce con prestanti ragazzi del posto.

La vita dei due si svolge tutto sommato normalmente durante le ore diurne della settimana: lui si alza presto la mattina e, badando di fare assoluto silenzio, si reca al lavoro.
Lei dorme invece fino a tardi, poi nel primo pomeriggio si reca presso un negozio di abbigliamento dove ha trovato impiego part-time come commessa. Giulia non avrebbe necessità di lavorare, ma in fondo si annoierebbe a casa sola, senza il suo marito schiavo, tutto il giorno e poi è l’occasione per conoscere qualche bel ragazzo per farsi scopare.
Matteo rientra verso le 18, appena entrato in casa si spoglia completamente, anche se la Padrona è assente lui ha l’ordine di essere sempre nudo in casa, indossa solo la gabbietta di castità che la moglie gli ha imposto al rientro dal viaggio di nozze e che toglie solo per lavarsi e quando la sua Proprietaria gli concede di masturbarsi, naturalmente in ginocchio ai suoi piedi. Poi Matteo svolge alcuni lavori domestici, .che ovviamente sono tutti a suo carico, e prepara la cena, su indicazioni della Padrona, apparecchiando solo per una persona: Giulia sul punto è stata molto chiara e intransigente: gli schiavi infatti non siedono a tavola con i Padroni. Qualche minuto prima delle 20,00 Matteo si mette in ginocchio vicino alla porta di ingresso, in attesa del ritorno di lei che rincasa verso la 20/20,30. Appena la vede interare si prostra ai suoi piedi, la saluta con “Bentornata Padrona, mi auguro abbia avuto una buona giornata “ e poi la omaggia baciandole le eleganti scarpe che Giulia calza. Lei non lo degna né di una risposta, né di uno sguardo, si accomoda sul divano e l’ammaestrato servo le si avvicina, camminando a quattro zampe, le toglie le scarpe e le massaggia i piedi che, quando la Padrona si sente generosa, gli concede di poterli leccare. Lui non vede l’ora visto che è tutto il giorno che non vede la sua adorata moglie. Dopo essersi fatta assistere per la doccia, con grande sofferenza di lui che è a stretto contatto con la fica della moglie, oggetto proibito, ma non può nemmeno leccarla, la signora mangia, lasciando gli avanzi in una ciotola per cani, avanzi che Matteo consuma in ginocchio.
Durante il fine settimana, invece, la musica cambia. Il sabato mattino lei dorme fino a tardi, visto che di norma il venerdì esce con qualche amica oppure, più spesso, con uomini. Lui le porta la colazione a letto, svegliandola con una delicata leccata di piedi, il resto della giornata ai lavori domestici a naturalmente a servire la Padrona. La sera, poi, l’aiuta a prepararsi per uscire per l’usuale appuntamento con qualche bel ragazzo. Lei rientra tardissimo, ma lo schiavo la deve attendere sveglio, pronto a mettere la sua lingua a disposizione per pulire e rinfrescare figa e culo della Padrona, unica occasione in cui ha l’onore di leccare la vagina dei lei, quasi sempre ancora impregnata dello sperma dell’amante occasionale.
Con il tempo Giulia introduce nuove forme di sottomissione: prima di tutto abitua il suo schiavo a bere la sua urina, prima gradualmente da un bicchiere e poi direttamente dalla “fonte”. Soluzione quest’ultima che Matteo preferisce, visto che con l’occasione può leccare la figa di lei per ripulirla, ma deve però trattenersi dal continuare quando la pulizia è completata: qualche leccata in più può costare infatti pesanti punizioni. La Padrona, infatti, si è attrezzata con scudisci e fruste per punire lo schiavo od anche solo per sfogarsi, magari dopo una giornata storta. Una sera, infatti, rientrata incazzatissima per aver scoperto di non avere speranze con un cliente che le piaceva molto, visto che costui era gay, ha rifilato 30 frustate al malcapitato ed incolpevole Matteo, che come in tutti i rapporti sadomaso che si rispettino, doveva contare e dire “Grazie Padrona” ad ogni colpo di frusta.
Altra novità viene introdotta nella coppia all’arrivo di un grosso pacco anonimo. Contiene tre strapon di diversa grandezza.
“Visto schiavo come è generosa la tua Padrona? Ho deciso che anche tu meriti di fare sesso ma inizieremo con quello più piccolo, su aiutami a d indossarlo poi lubrificalo un po’ con la lingua”.
Matteo è angosciato, na dentro di se, nell'intimo, si aspettava questo momento e, tutto sommato, desiderava che arrivasse. Matteo esegue e poi, su ordine di lei si mette a 90 gradi.
“La prego Padrona, faccia piano, è la prima volta”.
“Come osi dirmi quello che devo fare? Verme inutile. Tu sei di mia proprietà e faccio quello che mi pare e poi, credimi, prenderlo nel culo è piacevole, te lo dice una che lo fa abitualmente da veri uomini non da impotenti segaioli come te”.
Detto questo affonda lo strapon nel culo di lui, senza pietà.
Nel giro di un mese arrivano a quello di maggiori dimensioni e la Padrona sta considerando di acquistarne online uno più grosso.


La suocera


La vita coniugale di Giulia (la Padrona) e Matteo (il marito schiavo e cornuto) aveva anche dei momenti “normali”.
Vivendo in una grande città ma provenienti da un piccolo comune, non avevano una grande vita sociale, perlomeno lui visto che lei frequentava altri uomini. Tuttavia una volta al mese si recavano al paesello per trovare i genitori. I genitori di Matteo, che era figlio unico, erano anziani perché lo avevano avuto tardi. Quella di Matteo era una famiglia benestante ed il rapporto con il figlio non era granché. Diverso invece il discorso per Giulia: la madre, Luciana, aveva 47 anni, si era sposata giovanissima ed era rimasta vedova per un incidente stradale del marito, purtroppo l’uomo aveva torto e così i famigliari non presero alcun risarcimento. Luciana era una bella donna, molto somigliante alla figlia con la quale aveva un rapporto molto confidenziale dovuto al fatto che per più di 10 anni erano rimaste da sole, cementando la loro unione. Luciana Non si era mai risposata ed eventuali relazioni erano un mistero per i compaesani.
Luciana: “Ti vedo in splendida forma, Giulia, più bella, sicura di te, il matrimonio ti sta facendo bene, dimmi, avete intenzione di darmi un nipotino presto?”
“Un nipote? Con Matteo, direi che è impossibile, mamma”
“Come mai? Ha problemi? È sterile? Avete consultato un medico?”
“Sterile? Non saprei, anche se da quello sfigato me lo aspetterei; la verità è che non facciamo sesso”
“Ma come? Con una bella ragazza come te? Come mai? Non sarà mica finocchio? “
“A te posso dirlo mamma: è di fatto impotente ed io mi vedo con altri uomini”
“E lui lo sa?”
“Certo che lo sa, da sempre, era una delle condizioni per sposarlo, la mia libertà sessuale e la sua completa sottomissione. Insomma, Matteo è il mio schiavo, mamma. Ma tra poco arriverà e avrai modo di vederlo con i tuoi occhi”.
Dopo poco arriva Matteo e cercando di mantenere un comportamentale normale saluta le due donne con un “Buongiorno, belle signore” così da evitare un imbarazzante -ciao- alla sua Padrona.
“Smetti pure di fare il martirino, ho detto tutto a mia mamma di noi. Perciò spogliati completamente e falle vedere che razza di ometto sei”.
Matteo era imbarazzato, per la prima volta avrebbe dovuto manifestare la sua sottomissione a Giulia di fronte ad in altra persona. E si trattava poi di Luciana, una donna che lui aveva sempre ammirato ed alla quale aveva, in passato, dedicato numerose seghe, pensando di averla come Mistress.
Nonostante questo Matteo si toglie i pantaloni e la maglietta e rimane nudo con solo l’immancabile gabbietta di castità, non può disubbidire ad un ordine della sua Padrona.
Luciana: “Cos’è quella cosa sul pisello? Giulia ha paura che tu la tradisca? Comunque si vede lo stesso che ha un cazzettino veramente minuscolo”
Giulia: ”Tradirmi? Ma chi lo piglia uno così … ahahahahhaa, no, è solo per tenerlo in castità, nemmeno le seghe si può fare senza il mio permesso, vero schiavo?”
“Sì Padrona, solo lei può generosamente concedermi di godere con il mio inutile cosino”.
Luciana: “Ma come? Tuo marito ti da del lei e ti chiama Padrona?”
“Certo mamma e questo è niente” e rivolgendosi al marito: “Come ti permetti di stare ancora in piedi di fronte alla tua Padrona ed a sua madre? A casa faremo i conti, adesso in ginocchio e ringrazia e rendi omaggio a mia mamma, lei mi ha messo al mondo e per te è una Dea, così la dovrai chiamare!”
Lo schiavo su prostra immediatamente ai piedi delle due donne.
“Mi scusi Padrona, si che merito una punizione per il mio comportamento” poi rivolgendosi a Luciana:
“Mia Dea, posso avere l’onore di leccarle i piedi per ringraziarla di avermi dato la mia Padrona ?”
Luciana: “E pensare che la tua famiglia di stronzi ci ha sempre guardato dall’alto in basso! ben fatto figlia mia! sì, merda di uomo, leccami i piedi”
“Grazie Dea, grazie Padrona”
Matteo si mette a leccare i piedi della suocera. In fondo lo sognava da molti anni questo momento.

(continua)
view post Posted: 1/6/2023, 10:40     +2Matrimonio Femdom - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto trovato sul web, dal sito racconti erotici, autore Sine Nomine
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L’inizio


Matteo, 32 anni, impiegato amministrativo di una grossa azienda, si può definire una persona fortunata. Figlio unico di una famiglia agiata, bella presenza, discreta cultura: insomma una persona gradevole da tutti i punti di vista. Tuttavia la natura non è stata generosa con lui in un particolare, è infatti un mini dotato e il suo membro in erezione arriva a soli 6 centimetri: questo particolare gli ha causato un complesso di inferiorità, soprattutto nei confronti delle donne.
Giulia, 25 anni, commessa, bellissima ragazza, vive nello stesso paese di Matteo. Orfana di padre, la sua famiglia, composta da lei e dalla madre, vive comunque dignitosamente.
I due si conoscono da sempre e Giulia, spinta dalla mamma che vuole assicurare un futuro agiato alla figlia, praticamente si getta nelle braccia di Matteo. Non ne è particolarmente attratta ma, come detto, Matteo è comunque un buon partito, di bella presenza e di carattere gradevole.
I due cominciano e frequentarci e formano una coppia, tuttavia Giulia, pur ammirando la docilità di lui che le lascia prendere tutte le decisioni, è assolutamente insoddisfatta delle prestazioni sessuali del fidanzato. Così, dopo qualche tempo incomincia a frequentare altri uomini. Matteo, che non è uno sprovveduto, se ne accorge.
“Mi tradisci vero?” chiede Matteo a Giulia.
“Alla fine te ne sei accorto. Vedi, io so che sei una brava persona e mi piace il tuo carattere ma una donna ha bisogno di altro e tu, scarso come sei a letto, non me lo puoi dare. Credo che la nostra storia finisca qui”
Matteo ha una reazione inaspettata, si mette a piangere e supplica la fidanzata:
“No, Giulia ti prego, non lasciarmi, io ti amo, ti adoro e non posso vivere senza di te, sono disposto a tutto pur di starti vicino, a tutto sono disposto, ti supplico, sposami! La ditta mi ha offerto un ottimo posto in una grande città, ci trasferiremo lì, tu non dovrai più lavorare, farai la vita da signora. Il mio stipendio sarà più che sufficiente per entrambi. Lì non ci conosce nessuno e tu sarai libera di frequentare tutti gli uomini che vorrai”.
Giulia scoppia a ridere.
“Ahahhahah, bella proposta, l’avevo capito fin da subito che eri un sottomesso di natura. Però ci devo pensare, adesso vai, devo incontrarmi con un bel ragazzo che ho conosciuto in negozio, ti farò sapere la mia decisione”.
Trascorrono tre giorni terribili per Matteo, tre giorni in spasmodica attesa di un cenno da parte di Giulia, di una telefonata che finalmente arriva.
Giulia: “Matteo, vieni subito a casa mia, ti devo parlare”.
Lui si precipita, la madre di Giulia è uscita ed i due sono soli.
“Allora cosa hai deciso?”
“In realtà la decisione l’avevo presa subito, ho impiegato questi giorni per informarmi su come trattare un marito sottomesso, non hai idea di quante informazioni si trovano in rete, oppure sì, scommetto che visiti anche tu certi siti di racconti e video femdom e nella tua fantasia ti immagini di essere al posto dello schiavo, vero?”
“Non posso negarlo” risponde lui “fin da ragazzino ho avuto queste fantasie che però sono sempre rimaste tali, non ho ma fisicamente incontrato una donna che mi dominasse, nemmeno a pagamento “
“Ottimo” risponde Giulia “sei fortunato, adesso l’hai trovata. Ecco le mie condizioni: in privato dovrai sempre chiamarmi Padrona e darmi sempre del Lei, sarai il mio servo domestico e il mio umile schiavo. Io frequenterò altri uomini, mentre tu sarai ridotto in castità, al massimo ti concederò di farti qualche sega ogni tanto ma solo se ti comporti bene. Inoltre ti punirò per i tuoi errori ma anche per mio puro divertimento. Ti faccio solo la concessione della discrezione: nessuno saprà della vera natura del nostro rapporto, non per farti un piacere, ovvio, ma per evitare che, magari, la tua ditta ti licenzi per condotta immorale. In pubblico saremo una normale coppia con una moglie un po' autoritaria, c’è ne sono un sacco e nessuno si stupisce. Se accetti inginocchiati e leccami i piedi, altrimenti vattene e non farti più vedere”.
Matteo non ci pensa nemmeno un secondo, si prostra ai piedi di Giulia.
“Accetto Padrona, grazie Padrona “ e incomincia a leccare i piedi della sua futura moglie.


Viaggio di nozze


Il matrimonio tra Matteo e Giulia si svolge nel più tradizionale dei modi, sposa in bianco, cerimonia in chiesa, parenti ed amici invitati, mamme in lacrime, soprattutto quella di Giulia. Dopo il pranzo di nozze i due partono per il viaggio di nozze, la destinazione era stata, ovviamente, scelta da Giulia tra quelle che offrivano ragazzi locali dotati e disponibili per le turiste.
Scena all’arrivo: lei bellissima che cammina davanti e lui dietro carico di valige.
Preso possesso della camera, finalmente inizia la loro vera vita matrimoniale.
“Nudo ed in ginocchio subito, schiavo!” ordina lei.
“Certo Padrona, come desidera”
“Allora, ho già adocchiato un paio di ragazzi interessanti, adesso mi rilasso un po' e poi vado in piscina a cercare di abbordarli; tu nel frattempo leccami i piedi, verme”.
Dopo la leccata lei di addormenta sul comodo letto matrimoniale e lui sul tappeto. Passa un’oretta, Giulia si sveglia e rifila un calcio al marito.
“Sveglia, aiutami a prepararmi, esco a cercare un bel maschio, non voglio certo passare in bianco la prima notte di nozze”.
“Subito Padrona, le auguro buona fortuna”.
Dopo un paio d’ore lei ritorna:
“Tu Matteo parli inglese vero?”
“Certo, Padrona, lo parlo correttamente”.
“Bene, a qualcosa servi, mezza sega di un ometto, vedi quel bel ragazzo là fuori? Esci e vai a chiedergli quanto vuole per venirmi a scopare stasera dopo cena”.
Un attimo di imbarazzo, la richiesta era inaspettata e spiazzante, ma Matteo non poteva rifiutarsi di eseguire un ordine della moglie.
“Vado subito”
“Ma cosa fai? Esci nudo? Sei cretino? Mettiti almeno il costume da bagno”
“Mi scusi Padrona, ma non mi aveva ordinato di vestirmi”.
Dopo meno di un giorno di matrimonio Matteo era già completamente calato nel ruolo di schiavo sottomesso e marito cornuto.
Il ragazzo scelto da Giulia, un ventenne alto 1,90 che indossava slip che lasciavano intravedere un membro di proporzioni considerevoli, accettò subito. In genere era pagato per soddisfare turiste 50enni poco attraenti e l’idea di poter, per una volta, farsi pagare per scopare una bella ragazza come Giulia era una gradevole novità.
Pochi minuti prima dell’orario fissato lei ordinò al marito: “Adesso è ora che ti togli dai coglioni, tra poco arriva lo stallone e non ti voglio tra i piedi, vattene a gironzolare qua attorno, ti faccio sapere io quando puoi tornare”.
Matteo passò così la prima notte di nozze in attesa che la moglie gli ordinasse di ritornare in camera. Lui trascorse il tempo a gironzolare nei paraggi, cercando di farsi notare il meno possibile, trovò anche il modo di masturbarsi un paio di volte pensando alla sua adorata consorte che se la spassava con un super dotato del posto. In fondo lei, forse non ancora completamente calata nella parte della dominatrice o forse eccitata per la scopata che stava per fare, non gli aveva espressamente vietato di masturbarsi.
Finalmente, verso le 3, arrivò il laconico messaggio: “Rientra”.
Lo schiavo entrò nella camera si spogliò e si mise in ginocchio, Giulia era sdraiata ancora nuda sul lettone, visibilmente stravolta.
“Che toro da monta, ho perso il segno di quante volte mi è venuto in bocca, in figa e in culo … di cazzi né ho presi ma uno così non l’avevo mai trovato, ho il sedere in fiamme, su schiavo, renditi utile, datti da fare con la lingua per rinfrescarmi il buco del culo”.
“Subito Padrona”
Matteo affonda la sua lingua tra le chiappe della moglie.
Questo fu l’andazzo delle due settimane di luna di miele, con Giulia che si fece scopare da diversi ragazzi, a volte accogliendone anche due contemporaneamente.
La variante era che a Matteo fu concesso di assistere anonimamente richiuso nella cabina-armadio della camera e da lì riusciva ad intravedere la moglie che, a pecora, prendeva un enorme cazzo da dietro e contemporaneamente ne spompinava un altro. Una visione celestiale per uno schiavo masochista.

(continua)

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Edit: corretti alcuni errori di battitura
Triskell
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Edited by -triskell- - 2/6/2023, 12:50
view post Posted: 17/5/2023, 17:57     +2Vuoi distruggermi? - Presentazione SchiavI
Presentazione originale, non c'è che dire.
L'integrità fisica è comunque un diritto indisponibile (articolo 5 c.c., oltre che 32 della costituzione): non si possono mai provocare danni permanenti neppure a chi consente.

CITAZIONE (Zilly @ 17/5/2023, 11:53) 
considerando che ci sono persone che pagano per essere insultate, riceverne uno gratis, pur non essendo il mio fetish, provoca un orgasmo nel taccagno che è in me.

:D
view post Posted: 17/5/2023, 11:04     +1Laura e Giulio - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto trovato sul web, dal sito fetish community autore jacq3s
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Prologo

Laura aveva deciso: il suo rapporto con Giulio avrebbe fatto un passo avanti, un grosso passo avanti.
Giulio era il suo schiavo, giocavano ormai da diversi anni. Si vedevano abbastanza regolarmente e ogni volta avevano a disposizione qualche oretta per giocare.
Ma le sessioni estemporanee, a Laura, non bastavano più: voleva provare qualcos’altro.
Voleva che Giulio fosse a sua completa disposizione, che ogni volta che si incontravano non ci fossero più semplici sessioni di gioco, voleva che lui fosse sempre, per sempre e comunque il suo schiavo.
Laura voleva soprattutto provare una sensazione nuova, quella di essere realmente proprietaria di un uomo che, seppure per un periodo limitato, avrebbe vissuto solo per lei.
Questo le avrebbe permesso non solo di fare del suo schiavo uno schiavo migliore, ma anche e soprattutto di crescere lei stessa nel ruolo di mistress e di sperimentare più a fondo questo lato del suo carattere che la stava meravigliando.
Era sua intenzione far seguire a Giulio un vero e proprio training di addestramento finalizzato a migliorarlo nella sopportazione di umiliazioni e dolore, ma soprattutto finalizzato all'obbedienza e all’educazione. Non un’educazione in generale, ma la “sua” educazione, quella che lei intendeva impartirgli.
Accettando il percorso, Giulio si sarebbe messo a sua disposizione, senza più possibilità di rifiutare quello che Laura gli avrebbe imposto.
Laura era fortemente intenzionata a fargli superare i suoi limiti, senza pietà, in un percorso di crescita che avrebbe riguardato entrambi.
"Dunque - disse Laura a Giulio - da oggi cambiamo un po' di cose: so che ogni tanto ti piace giocare allo schiavo e alla padrona, ma questo a me non basta più. Voglio che tu sia realmente il mio schiavo. Ogni volta che ci incontreremo tu sarai a mia disposizione, non ci sarà più una separazione tra il momento dedicato al gioco e i momenti che invece passiamo insieme da amici. Quando ci vedremo tu sarai a mia disposizione e se e quando e come ne avrò voglia farò di te ciò che più mi aggrada. Questo non vuol dire che giocheremo sempre ad ogni nostro incontro, ma significa che tu sarai sempre pronto a giocare quando io vorrò e come io vorrò".
Giulio annuì con la testa, tra l'eccitato e lo spaventato. Sapeva infatti benissimo che giocare quando si è eccitati è una cosa, mentre giocare quando si è obbligati a farlo è tutt’altra cosa. Niente di paragonabile tra le due situazioni. Era comunque felice perché vedeva Laura particolarmente coinvolta. Evidentemente per lei questo aveva molta importanza.
"Inoltre - continuò Laura - faremo assieme un percorso di crescita: tu imparerai ad obbedirmi a dovere; io imparerò ad usarti di più e meglio. Scopriremo assieme quanto tu sei schiavo e quanto io sono e so essere padrona!”
"Sì - disse Giulio - ma cosa devo aspettarmi? A cosa dovrò obbedire?"
"Questo lo scoprirai solo dopo aver accettato di fare con me questo percorso. Non ti deve interessare, tu dovrai solo obbedire! Accetti?"
"Sì - disse Giulio - accetto"
Laura gli diede un bacio sulle labbra, quasi fosse una firma su un contratto.
"Ora ascoltami bene. Da adesso sei mio. Ogni volta che ci incontreremo tu per prima cosa eseguirai un rituale di sottomissione: appena entrato ti inginocchierai e bacerai quello che ti porgo, che sia la mano o che sia un piede. Fatto questo ti spoglierai completamente a meno che io non ti dica il contrario. Resterai nudo tutto il tempo, sino a mio ordine di vestirti, a prescindere dalla temperatura e anche dalla presenza di eventuali estranei. Questo servirà a me per poter fare ciò che voglio del tuo corpo qualora mi vada e a te per avere bene in mente che sei lì per servirmi. Quando io mi siederò tu ti accuccerai a terra sempre davanti a me, sul pavimento, a meno che io non ti dia il permesso di sederti vicino a me. Tutto questo dovrai farlo sempre, senza che te lo debba più ripetere. Se qualche volta non vorrò, sarò io a dirtelo.
Quando sarai al mio cospetto, sarò io a decidere se usarti o no, tu dovrai solo essere pronto qualora io ne abbia voglia. Il tuo compito sarà quello di soddisfare tutte le mie richieste, nessuna esclusa e a prescindere che ti piacciano o no. Mi massaggerai, ti userò per il mio piacere e per i miei capricci, sopporterai tutte le torture e tutte le umiliazioni che mi divertirò ad infliggerti. Imparerai ad obbedire a prescindere dal tuo piacere e dalla tua eccitazione. Il tuo compito sarà solo quello di soddisfarmi. In tutto. Capito bene?”
“Sì” - disse Giulio.

(continua)
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