Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

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view post Posted: 12/2/2024, 13:12     +1Prostituta - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito laravlush, autore anonimo
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La Padrona da tempo controlla il mio orgasmo e da tempo non mi permette di accoppiarmi con le donne.
I miei orgasmi consistono solo in masturbazioni sempre in situazioni umilianti e degradanti, oppure mi obbliga a subire un pompino da qualche suo amico gay ricordandomi che prima o poi dovrò anche io essere pronto a fare qualche pompino.
Il giorno del mio compleanno la Padrona mi dice.
“Sei stato bravo e quindi ti permetto di accoppiarti con una donna. Stasera ti porterò a donne”.
Non posso credere alle mie orecchie!
Non sto nella pelle, anche se devo dire che mi spiace far sesso senza la Padrona. Il sogno dello schiavo è che un giorno la Padrona voglia usare il suo corpo al punto di scoparmi solo per dimostrare che sono un semplice oggetto di cui lei dispone come meglio crede.
Arriva sera dopo che per tutto il giorno la Padrona mi ricordava l’evento con frasi del tipo: “Allora sei pronto? Allora sei contento che stasera forse scopi? Secondo me non ti tira più ... non farmi fare brutte figure” e io che continuo a pensare a cosa avrà in mente. Inizio a scartare l’ipotesi che mi porti in qualche locale a lasciarmi provare a rimorchiare perche’ la vedo troppo sicura che concluderò. Penso ad un locale di scambisti. ma so che lei non accetterebbe di andare con chi capita e quindi resto sempre più inquietato e del resto ho scartato l’ipotesi che mi mandi a prostitute perchè ha detto che lei sarà con me. Così alla fine penso che forse ha un’amica brutta che non trova un maschio. Chissà, le vie della Padrona sono imperscutabili.

Dopo cena saliamo in macchina e Lei mi indica la strada: gira di qua, gira di la’ ….
Poi mi fa accostare e mi aggancia il guinzaglio. “Oddio ma cosa ha in mente ?”
Gia’ mi ha fatto tenere la cintura di castità e non capivo, ma ora sono ancora piu’ confuso.
Mi fa accostare mentre attendiamo un suo amico. Arriva, sale con noi un suo amico Master che gia’ conosco ed il mistero si infittisce ancora di più.
Vengo fatto mettere sul sedile posteriore, guida il Master. Mentre parlano capisco che stiamo andando a prostitute. Non ci posso credere: mi porta a prostitute con il guinzaglio, la cintura di castità, con lei presente e un altro maschio!?! Ma chi trovermo? E poi io non sono avvezzo ad andare con le prostitute, io ormai godo solo con i piedimi della Padrona, con masturbazioni e sono sottoposto ad astinenze lunghe, non sono mai andato con una prostituta.
il Master si dimostra esperto conoscitore della zona e delle prostitute. Ne conosce diverse che non si fanno problemi ad accostare una macchina con ben tre persone a bordo. Finalmente ne scelgono una. Il mio imbarazzo è impressionante, quasi mi vergogno a guardarla perche’ il Master, senza tanti giri di parole, le ha detto qualcosa del tipo:
“Dobbiamo farlo scopare“.
La ragazza mi guarda, prima vuole i soldi, poi vede il guinzaglio e ride.
Il Master dice “Non ti preoccupare, sai e’ il nostro schiavo e lo facciamo divertire”
(Nostro? Da quando? Io sono lo schiavo della Padrona….).
ovviamente non dico nulla. Mi sganciano il guinzaglio e mi ordinano di abbassare i pantaloni e io eseguo.
La ragazza vede la cintura di castità , si scosta un attimo e chiede:
“Ma come faccio con sto coso?”
Interviene la Padrona: “Ora lo togliamo, sai lui non puo’ avere il controllo del suo cazzettino”. Quindi mi passa la chiave, mi libero e la ragazza inizia a toccarmi e sento la Padrona che dice:
“Sai, non è necessario che lo scopi, devi solo farlo venire, scegli tu come“
La ragazza allora entra un po’ di piu’ nella parte: capisce che potrebbe guadagnarsi i soldi senza nemmeno scopare e quindi inizia con una sega e poi un accenno di pompino.
La Padrona ride e mi mostra i piedini perchè sa che io posso godere solo con quelli. Cosi’ mentre la ragazza pompa io guardo i piedi padronali, la Padrona mi fa un cenno facendomi capire che ho il permesso e così mi libero.
Ancora non ho finito di godere che la Padrona mi dice: “Non hai ringraziato !“
Io ringrazio mentre sto per levarmi il preservativo e la Padrona mi dice.
"Su, hai goduto, ora bevi tutto”
Io la supplico con lo sguardo e la prostituta stessa ha un’esclamazione del tipo “ma no poverino” e la Padrona aggiunge: “Come no … lui è abituato così, se gode deve bersela”.
Svuoto il preservativo nella mia bocca.
La ragazza scende dalla macchina e noi ripartiamo.
Credo di non essermi mai sentito cosi’ umiliato in vita mia.

Dopo la prima volta con una prostituta la Padrona una sera mi dice che saremmo andati con il suo amico Master e che mi sarei divertito.
Questa volta intuisco già come finirà. Fortunatamente mi aveva fatto togliere la cintura di castità e non mi aveva ordinato di rimetterla. Credo ad una dimenticanza. Di solito la porto sempre, io non ho l’ordine di decidere: se la Padrona non mi ordina di metterla io non devo metterla anche se poi magari mi sgrida. Ma una volta che ho osato rammentarlo o peggio metterla senza l’ordine fui punito.
In quelle circostanze capii che la Padrona era contenta del mio comportamento, o comunque non era contrariata, ma per natura mi punisce se faccio qualcosa di mia spontanea volontà senza che mi venga ordinato. Questa è una tecnica della Padrona che alla fine mi dimostra che qualsiasi cosa io faccia è sempre sbagliata. Se chiedo o avviso sbaglio, se non lo faccio sbaglio. Così lei mi punisce come e quando vuole, tanto un motivo lo trova sempre e io imparo che sono inadeguato alla sua presenza. Lei è superiore e quindi il solo fatto di essere ammesso al Suo cospetto è un onore.
Ero senza cintura di castità, dicevo, ma il collare lo avevo. Mi aggancia il guinzaglio e andiamo.
Il Master come sempre dimostra di conoscere l’ambiente e le ragazze. Ne scelgono una che sale in macchina. Pago e la Padrona le dice:
“Non mi interessa come, basta che lo fai venire, anzi meno gli fai e meglio è, tanto lui deve godere lo stesso”.
La ragazza sembra un po’ perplessa ma evidentemente conosce bene il Master e non dice nulla. Inizia a spogliarsi, le vedo il seno … e la Padrona mi dice:
“Ringraziala, guarda che brava, ti fa vedere anche le tette”
Io ringrazio, poi la ragazza si sta toglie gli slip e il Master aggiunge:
“Uh dai che oggi vedi una fica, ti va bene!”
La ragazza si ferma, forse infastidita o forse per capire, guarda il Master, evidentemente lo conosce, e la Padrona aggiunge:
“Ma a lui non serve la fica o il culo, a lui bastano i piedi. Mettigli un piede in faccia e che si faccia una sega che per lui è gia’ troppo”.
La ragazza mi guarda, io abbasso lo sguardo e lei capisce, si toglie una scarpa e mi piazza un piede sul naso e così facendo allarga un po’ le gambe, per un attimo le vedo la fica: quella cosa che ormai da tempo non vedo più, se non quando la Padrona fa i suoi bisogni su di me e per caso per cercare di guardare tutto spalanco gli occhi.
La ragazza mi dice: "Dai vieni così, ti piacciono i piedi ?"
Le rispondo di sì, controllo la Padrona che per il momento non mi ha ancora fatto capire se posso o se non posso godere.
La Padrona inizia a dire che sono un impotente, che non mi si rizza più con la fica, che il massimo che posso avere sono i piedi … che non scoperò mai più.
La ragazza mi tiene i piedi in faccia e sento la Padrona dire:
“Dai su allora quanto ti ci vuole a venire? O vuoi farti una sega dopo a casa, nella cuccia, tutto solo?"
Capisco che posso godere così mi sego mentre il piede della ragazza è sulla mia faccia.
La Padrona mi dice: “Baciale il piede mentre vieni e ringrazia”.
Cosi’ faccio, vengo baciando i piedi di una prostituta mai vista prima, ho pagato solo per farmi una sega, ma la Padrona è contenta di dimostrare il suo potere e quindi io sono FELICE. Felice di essere sempre piu’ degradato e sempre meno maschio, tanto che, anche questa volta, ho dovuto svuotare il preservativo nella mia bocca.

Sono anni ormai che sono al servizio di Padrona Lara.
Il mio percorso di crescita nella sottomissione e nell’appartenenza e dipendenza è stato lungo, ma sempre pieno di soddisfazioni. Lara mi ha portato a superare, piano piano, parecchi limiti e ad impormi sempre più restrizioni e dipendenze oltre a piccoli rituali che sono ormai diventati dei piacevoli meccanismi automatici.
Nel percorso Lara mi ha iniziato a imporre restrizioni sessuali, prima impedendomi di andare con donne, poi impedendomi di toccarmi se non con suo ordine, poi impedendomi di toccarmi se non in sua presenza e su sua concessione. Peraltro, quando ricevo il permesso di toccarmi, non sempre mi è consentito di venire: a volte vuole che arrivi al punto e poi mi ferma e mi lascia a contorcermi. Quando mi permette di venire è sempre in modo umiliante e spesso doloroso. Di fatto, quindi, sono anni che non faccio sesso, a parte la masturbazione.
In verità ciò non è del tutto vero, infatti mi è concesso quando c’e’ qualche suo amico gay o qualche sottomesso che vuole essere umiliato da un maschio allora vengo chiamato. Poi c’e’ un altro momento in cui mi permette di approcciarmi al sesso, e in questo caso con donne, e cioè in occasione del mio compleanno, del Natale (ma solo se sono stato bravo) e quando, a suo insindacabile giudizio, mi sono distinto particolarmente e l’ho resa felice o per lo meno sono stato quasi all’altezza delle aspettative padronali.
Per queste occasioni una volta c’era Master, un carissimo amico della Padrona, grande persona, gentile e buono nella vita “quotidiana” e Master nella sfera privata-sessuale. Master conosceva tutte le prostitute della zona e così io venivo portato in macchina a prostitute. Queste conoscendo Master non si facevano problemi ad accettare la presenza di Master e di Lara oltre alla mia. Io ero sempre portato o con il collare o con la cintura di castità.
Le cose peggioravano sempre più come atto sessuale, infatti Lara spiegava sempre loro che:
“E ‘ il mio schiavo e ovviamente non può far sesso. Gli concedo una volta ogni tanto di potersi svuotare. Fallo godere come ne hai voglia” più o meno questo era il concetto.
Così la prima volta potei venire con un pompino. Piano pogressivamente, sia da quel che diceva la Padrona, sia penso dal conoscere Master e dal vedermi cosi’ conciato, il sesso diventava sempre meno. Infatti la seconda volta potei venire guardando la fica ed il culo della prostituta, ma facendomi una sega. un’altra volta dovetti leccare la fica e così chi godette fu la prostituta e io venni poi obbligato a segarmi mentre ridevano tutti e tre. Ricordo una volta che fui fatto scendere dalla macchina e mi dovetti inginocchiare per terra mentre leccavo i piedi ad una prostituta e mi segavo. Insomma negli ultimi 4 anni il sesso per me era solo o pompini da maschi oppure umiliato anche da prostitute (che almeno potevo toccare un po’) oppure toccandomi ma solo in sottomissione alla Padrona.
Oggi, purtroppo, Master non c’e’ più e quindi è diventato tutto più difficile. Lara pero’ ha voluto comunque concedermi il mio sfogo sessuale meritato (era un anno che non vedevo donna e sono 4 anni che non scopo una donna).
E’ iniziata una ricerca perche’ non è facile approcciare una sconosciuta e chiedere che anche una donna possa assistere. Alla fine ne troviamo tre e Lara ne sceglie una, avrebbe voluto anche la foto ma non c'era.
Ci presentiamo ma Lara inizialmente non svela la natura del nostro rapporto. Credo che la prostituta pensi che siamo una coppia un po’ strana, dove o il maschio vuole che la donna veda per imparare qualcosa, o dove la donna vuol vedere il maschio scoparsi un’altra o magari pensa che alla fine vogliamo farlo in 3. Non so, sono cose che mi passano per la testa senza un vero riscontro. Ricordo solo che la prostituta è giovane e carina, con due belle tette, ma nulla di che, non certo una che ti giri se la incontri per strada, ma nemmeno un’anziana carampana come avrebbe potuto succedere.
Lara mi dice: “Ti è andata bene, guarda come e’ bella”.
Insomma iniziamo. Lara guarda e interagisce, da “suggerimenti”, ma inizialmente è anche imbarazzata. La prostituta inizia con una spagnola e inizia a leccare un po’.
Finalmente giunge il momento di penetrarla, finalmente dopo oltre 4 anni mi faccio una scopata.
Sto per penetrarla la cappella entra e Lara indicando un guinzaglio esclama: "MA COSA E’ QUELLO?"
Ci fermiamo. La prostituta dice che, a volte vengono feticisti o uomini che vogliono fare i cagnolini.
“Bene” esclama Lara “può indossarlo?“ e così mi mettono il guinzaglio (è pure un guinzaglio a strozzo).
“Io lo tengo al guinzaglio mentre ti scopa” dice Lara.
Ricominciamo, ma ogni volta che sto per penetrarla Lara tira il guinzaglio soffocandomi e impedendomi di proseguire.
La cosa va avanti per tre/quattro volte. La prostituta inizia un po’ a irritarsi ha paura che la cosa vada per le lunghe. Lara capisce e dice:
“Tranquilla ti paga una doppia sessione e poi puoi farlo venire anche senza scopare se vuoi”.
Penso di aver maledetto tutti gli dei dell’olimpo.
La ragazza si rilassa. Io ormai quasi non respiro più. La ragazza inizia con una sega io capisco che sto per venire.
Supplico: “No la prego non così” … dico cose strampalate alle orecchie della ragazza del tipo “... sono quattro anni ...”, “...non lo merito...”, “pietà”.
Ma ormai la ragazza non mi considera più e guarda Lara in tono interrogatorio … ha capito chi comanda.
E Lara le dice: “Vuoi farlo venire in fretta? Dagli un piede e permettigli di venire sui piedi” .
E così dopo 4 anni senza scopare finisco venendo sui piedi di una prostituta mentre Lara tira ancora il guinzaglio dicendomi:
“Brava la ragazza vero? Ringraziala!“.
Ecco questa è Lara, questo è il mio stato, questo è come posso fare sesso.
Eppure sono felice di appartenere a Lara, padrona del mio pensiero, della mia anima, del mio sesso e delle mie venute.
view post Posted: 11/2/2024, 13:17     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Solo quando fu nel corridoio F comprese che era già mattino e così si rese conto di aver trascorso la notte intera alle prese con l’atroce esercizio.
Anche se non si vedeva nessuno, poteva udire i rumori tipici dell’attività: lontane urla delle Signore, suoni di passi e sommessi gemiti di qualche schiavo, che echeggiavano fra corridoi e stanze.
Il gruppo di F, fu portato in un locale disadorno dove le Padrone, senza commenti, consegnarono loro una ciotola, con un po’ d’acqua torbida ed un pezzo di pane raffermo e ammuffito. Inginocchiati a terra, e sempre ammanettati, i tre poterono placare almeno in minima parte, l’arsura, e gli spasmi dello stomaco.
Subito dopo furono portati nella stanza che serviva da gabinetto per gli schiavi, dove ebbero il tempo per pisciare e sciacquarsi il viso. Dopo essere stati tanto a lungo nel caldo umido della palestra, rabbrividirono per il freddo del locale e soprattutto per l’acqua gelida. Del resto, non furono lavati col getto, né poterono radersi, visto che le due Signore avevano molta fretta.
Rapidamente li accompagnarono all’aula di Miss Manuela, che, con la sua solita espressione annoiata, li stava aspettando.
Con lei, c’erano la Guardiana, Lady Cotton, e lo schiavo che aveva sostituito F nelle torture di quest’ultima.
- Eccoli arrivati- commentò la Guardiana sogghignando, però mi pare che la lezione comincerà in ritardo!
Lady Mara squadrò F di traverso, poi scosse le spalle.
- Miss Manuela - disse - è la responsabile dell’istruzione, e può assumere i provvedimenti che ritiene più opportuni.
L’Istruttrice chiamata in causa non si scompose minimamente.
- Al momento non ho intenzione di somministrare punizioni - sentenziò - pertanto farò annotare una nota di biasimo a tutti e tre i ritardatari … e mi pare che qualcuno di loro ne stia collezionando in quantità!
F non sottovalutò il fatto che quel commento era sicuramente rivolto a lui, ma ormai si era rassegnato a subire note negative e conseguenti punizioni per cose di cui non era responsabile. Del resto era chiaro che non avrebbe mai potuto difendersi eccependo che il ritardo, di cui nulla sapeva, era stato causato solo dalle Dominatrici.
- Avessi saputo che se la cavavano con così poco - commentò Lady Cotton - avrei tenuto la mia vittima ancora per un po' alla tortura: avrebbe giovato alla sua educazione, ma soprattutto al mio umore!
- Avrai presto modo di sfogarti ancora, sia su di lui, che sul vero responsabile dell’oltraggio - replicò la Guardiana - soprattutto quello lì, che ormai ha una serie di annotazioni tanto lunga da giustificare quanto prima un procedimento disciplinare.
- Sui provvedimenti disciplinari si pronuncerà la Corte Penale, quando sarà il momento - intervenne Lady Mara un poco stizzita - per ora, mi pare che possiamo lasciare Miss Manuela alle sue attività.
La Guardiana non aggiunse altro, e con aria di sufficienza, fece per incamminarsi verso la porta.
- Ti seguo - disse Lady Cotton alla Guardiana - ma vorrei solo fare un’ultima cosa ...
Ciò detto afferrò per il collare lo schiavo che aveva sostituito F e lo fece alzare, portandoglielo davanti.
Bastava dargli una sola occhiata, per immaginare com’era stata la notte passata con l’Aguzzina. Aveva le natiche, il fondo schiena e le cosce, interamente ricoperte di lividi violacei, con molte vistose striature più scure, segno delle nerbate più violente. Il resto della schiena, fino alle spalle, era marcato da strisce profonde, tipiche delle fruste più lunghe, mentre il torace ed i polpacci, recavano le impronte di bastonate e di duri colpi di verga. La carne, un po’ dappertutto, aveva ancora impressi i segni delle catene, che lo avevano imprigionato strettamente, e le ammaccature, lasciate da percosse e strumenti costrittivi.
Anche sul viso, c’era qualche tumefazione, ma soprattutto, colpiva l’espressione annebbiata dello schiavo, evidentemente molto provato, dalla tortura e dall’insostenibile stanchezza. Malgrado le sue penose condizioni, F, non potè non notare un velo di rabbia calare sullo sguardo, quando gli si posò addosso, anche se solo per un istante.
Evidentemente, Lady Cotton era perfettamente riuscita ad instillargli l’odio verso di lui.
- Guardalo bene - ribadì la Dominatrice allo schiavo, indicandogli F - questo animale è la causa delle tue sofferenze ... sono certa che avrai modo di ricambiarlo!
- Ehi! - intervenne ancora Miss Manuela - si fa sempre più tardi, e la lezione di oggi è lunga!
- Il ritardo dipende tutto dal solito colpevole - reagì Lady Cotton, sbottando infastidita - non so cosa aspetti a punirlo adeguatamente.
- Ho già detto che non ho tempo - replicò Miss Manuela, tornando d’improvviso alla sua solita aria, fra lo svagato e l’annoiato - Comunque, questo ulteriore ritardo, comporta certamente una nuova annotazione negativa: segnerò che il comportamento dello schiavo, rallenta gravemente l’istruzione, e che considero questa una mancanza rilevante. Ora vorrei riprendere il mio corso senza altre interruzioni ...
Con un cenno di saluto, tutte le Signore uscirono dall’aula, lasciando finalmente campo libero a Miss Manuela, che fece mettere gli schiavi in ginocchio, un po’ distanziati l’uno dall’altro.

Mentre l’Istruttrice cominciava la lezione, F rifletté per un'istante su quanto era avvenuto.
La prima considerazione, era che in pochi minuti aveva ricevuto due note negative, una delle quali solo per lui, e dichiaratamente “rilevante”
Cosa significasse quell’aggettivo non era chiaro, ma era evidente che si trattava di una nota più grave della precedente.
In secondo luogo, non poteva far altro che constatare che Lady Cotton era pienamente riuscita a scatenargli contro l’altro schiavo e, cosa ancor più angosciosa, le macchinazioni oscure della Guardiana arrivavano a segno, mettendolo in una luce sempre peggiore con un gran numero di Dominatrici.
Infine, non gli sfuggì l’impressione che, fra gruppi di Signore, vi fosse una qualche rivalità. Non poteva capire se essa dipendesse dalla diversità di ruoli fra Guardiane e Istruttrici, da motivi di affinità personale o dall’esistenza di vari schieramenti.
Certo era, che la Guardiana aveva tenuto un atteggiamento sprezzante verso Miss Manuela, aveva ignorato Miss Phoria, e sembrava sfidare Lady Mara, malgrado questa apparisse più autorevole delle altre. Lady Cotton, era evidentemente dalla parte della Guardiana, ma non era facile capire se fra le due l’intesa fosse stabile od occasionale.
Quel che era, invece, drammaticamente certo, era che anche quel tipo di rivalità strisciante fra le Signore, si trasformava nel motivo per infliggere ulteriori pene alle vittime, e in definitiva F non poteva non vedersi come sacrificato nello scontro tra fazioni che non lo riguardavano.

La lezione di Miss Manuela, consisteva in una lunga spiegazione su regole, procedure interne al Castello, e norme di comportamento per gli schiavi.
L’Istruttrice prese a parlare a voce bassa e monotona, quasi volesse sfidare l’attenzione dei suoi allievi, già inebetiti dal sonno e dalla stanchezza fisica.
In parte, la lezione ripeteva argomenti già più volte affrontati, come il ribadire che gli schiavi erano sottomessi al Dominio delle Signore, che non avevano alcun diritto, che si pretendeva la loro assoluta obbedienza, che non potevano sottrarsi al capriccio ed all’arbitrio, che l’uso che si faceva di loro, era finalizzato al divertimento ed alla comodità delle loro Aguzzine. D’altra parte, l’Istruttrice entrò nel dettaglio, con un’analisi più approfondita, di tutta una complessa serie di leggi che regolavano, come lei stessa disse, l’istituto della schiavitù, così come applicata al Castello.

- Anche se la regola a cui siete sottoposti è l’asservimento all’arbitrio delle Dominatrici - disse - ciò non esclude che vi siano delle norme che regolano la nostra organizzazione. Vi è già stato spiegato, che a queste leggi siete assoggettati per il solo fatto di essere qui, e che delle infrazioni ad esse siete pienamente responsabili, anche se non vi sono state ancora spiegate.
Ciò posto, il programma educativo prevede la loro spiegazione, in modo che ne possiate apprezzare alla perfezione i contenuti. In primo luogo, è bene che teniate presente alcuni principi fondamentali, che riguardano la condizione di schiavo e la supremazia delle Signore.
La prima norma è che nella nostra organizzazione, che chiamiamo Regno, i maschi sono esseri inferiori, e per questo schiavi. Non ci sono eccezioni.
Le Femmine, invece, sono tutte Dominatrici, Signore e Padrone
Voi schiavi siete oggetti, la vostra funzione è solo di obbedire.
Noi Padrone, possiamo fare ciò che vogliamo, comandiamo ed imponiamo la nostra volontà.
Conseguenza logica e diretta di tutto ciò, è che per gli schiavi è obbligatorio obbedire e non potete fare altro.
Quindi, ciò che non è obbligatorio, cioè comandato, è da considerarsi vietato.
Soprattutto, è vietato a voi schiavi pensare ed agire per propria scelta.
Non essendovi riconosciuti diritti o facoltà autonome, non potete far altro che eseguire strettamente ciò che vi è comandato.
Naturalmente dovete organizzarvi, per rispettare nel miglior modo, sia gli ordini che il buon funzionamento del Regno. Quindi, si pretende che vi diate da fare per raggiungere questi scopi, e che il vostro comportamento sia sempre perfetto.
Non vi è concesso alcun potere di valutazione sulla qualità degli ordini, ma dovete solo obbedire, in modo da realizzare i risultati che sono necessari. In pratica, qualora vi sia impartito un ordine in modo sbrigativo, dovrete darvi da fare per capirlo alla perfezione, ed eseguirlo al meglio, per soddisfare, sia la volontà di chi vi ha comandato, che gli obiettivi generali del Regno. Se non ci riuscite, se non capite, se eseguite maldestramente, risponderete della vostra colpa, anche se l’ordine era incompleto o sommario.
In sostanza, si parte dal presupposto che gli ordini sono tutti giusti, e che eseguirli nel modo migliore e corretto è un problema solo vostro.
Può capitare che uno di voi riceva due diversi comandi: anche in tal caso, l’obbedienza ad entrambi è un obbligo e la disobbedienza ad uno di essi è una grave colpa.
Non ci sono scusanti e non ci sono deroghe.

Miss Manuela fece una breve pausa, affinché i suoi allievi riflettessero su quanto aveva detto.
Si trattava di principi semplici, che evidentemente, potevano avere conseguenze aberranti, ma era del tutto chiaro, che per le Dominatrici, le quali avevano sempre e comunque ragione per definizione, non era un problema: il problema si riversava tutto sulle loro vittime.

- Faremo più tardi qualche esempio, affinché possiate rendervi bene conto di come si applicano queste norme - riprese Miss Manuela.
- Adesso invece, voglio proseguire ribadendo, che l’uso degli schiavi come oggetti, ed il fatto che agli schiavi non siano riconosciuti diritti e facoltà, comporta come conseguenza un’altra semplice regola: tutti i vantaggi conseguiti da uno schiavo, nello svolgimento delle attività che gli sono comandate, appartengono alla sua Padrona, o alle Dominatrici che lo usano, mentre tutti gli aspetti negativi sono colpe dello schiavo. Quindi, ad esempio, i frutti del vostro lavoro, sono proprietà di chi vi comanda, e se non ottenete gli obiettivi che vi sono assegnati, rispondete di ciò.
Ovviamente, eventuali danni o perdite, a maggior ragione, sono solo a vostro carico, per non parlare del fatto che si tratta di grave disobbedienza, da punire pesantemente.

Dette così, quelle regole mettevano una certa confusione nella testa degli allievi, che comunque, più o meno ne avevano già conosciuto una qualche applicazione, essendo a tutti capitato di essere puniti dalle loro Padrone, per non averle soddisfatte nelle incombenze, spesso irrealizzabili, a cui erano stati assegnati.
La particolarità di ciò che diceva Miss Manuela, era, che sembrava si stessero delineando le Leggi di un ordinamento giuridico ed economico basato sulla schiavitù, con tutti i vantaggi per le Signore e tutti i pesi sulle spalle delle vittime.

- Chiaramente - continuò l’Istruttrice alzandosi dalla cattedra e mettendosi a passeggiare fra gli schiavi - l’applicazione di queste Regole, ha modalità diverse all’interno del Castello, rispetto ciò che accade all’esterno. Però i principi basilari, sono gli stessi in ogni circostanza e non è ammesso che gli schiavi osino mettere in discussione quanto deciso dalle Padrone, della cui volontà faranno comunque le spese.

Mentre diceva ciò, Miss Manuela, con la sua solita aria di sufficienza, giocava col suo scudiscio, sfiorando la pelle degli allievi inginocchiati.
Giunta davanti ad F, si fermò, e sfilò dalla cintura un guinzaglio a catena, che agganciò al collare dello schiavo.
Con uno strattone lo fece alzare, e lo accostò con le spalle al muro, attaccando il guinzaglio ad uno dei tanti ganci collocati lungo le pareti dell’aula.
- Lecca la punta dello scudiscio!! - Comandò a quel punto, tenendogli l’attrezzo davanti alla bocca.
F si affrettò ad obbedire, tirando fuori la lingua per passarla sul cuoio.
La Signora lo lasciò fare per un po’, poi cominciò ad arretrare, allontanando lo scudiscio che tenne sempre davanti alla sua bocca.
F si sporse così più in avanti, fece qualche piccolo passo, cercando di seguire l’Istruttrice, e continuò a leccare finché l’attrezzo fu fuori della sua portata, limitata dal guinzaglio che lo agganciava alla parete.
Restando lontana da lui, Miss Manuela abbassò lo scudiscio verso il suo sesso, e cominciò ad accarezzaglielo con quello.
Muovendolo con abilità, toccava il pene e lo scroto, mettendo in movimento le reazioni istintive dello schiavo, malgrado la situazione in cui esso si trovava fosse tutt’altro che rilassante.

- Vi è stato ripetutamente spiegato - riprese l’Istruttrice, continuando nella sua operazione, che la schiavitù a cui siete sottoposti va oltre il desiderio erotico, sia vostro che delle vostre Signore. La schiavitù è una condizione della vostra esistenza e comporta il totale ed incondizionato annullamento di ogni aspetto della personalità. E’ per questo che molte sevizie e molti usi a cui venite sottoposti mirano ad umiliare la vostra ignobile virilità. D’altra parte, anche se la vostra squallida condizione vi rende inutili come oggetti erotici, le Dominatrici possono fare usi sessuali del vostro corpo divertendosi come meglio credono. Anche in questi casi, l’obbligo di obbedienza vi impone di assecondare la volontà delle Signore per il loro diletto, e mai, assolutamente mai, per un vostro qualunque piacere!

Mentre parlava, continuava a stimolare con la frusta, il sesso di F, che cominciò ad inturgidirsi. Poi, così come aveva iniziato, Miss Manuela smise bruscamente di accarezzarlo, e con lo scudiscio indicò i suoi stivali.
- Ora lecca qui! - comandò con tono acido.
L’ordine era chiaramente ineseguibile per F che legato dal guinzaglio non era alla portata degli stivali. Si chinò e si inginocchiò, tirando il collo, si stese e strisciò avanti più che poteva, ma non riuscì a raggiungere i piedi della Dominatrice.
- Ora basta! - sentenziò Miss Manuela, dopo aver assistito agli inutili tentativi di F.
Staccato il guinzaglio, lo fece nuovamente inginocchiare al suo posto, quindi tornò a sedersi alla cattedra.

- Vi auguro di avere compreso bene gli esempi che vi ho portato - riprese a quel punto.
- In primo luogo, lo schiavo ha smesso di leccare la punta dello scudiscio senza che fosse stato revocato il comando. Inoltre, ha avuto una reazione erotica, senza che fosse stato a ciò autorizzato. Infine, non è riuscito ad obbedire all’ordine di leccarmi gli stivali. Non essendogli concesso di difendersi in alcun modo, quindi, non può addurre a propria discolpa il fatto che ho allontanato il frustino, che gli ho sollecitato il sesso mentre parlavo di possibile uso sessuale degli schiavi, e nemmeno che ero troppo lontana da lui perché potesse leccarmi gli stivali. Non può difendersi perché gli spetta solo di obbedire, e non ha alcun diritto. Solo io posso decidere se valutare queste circostanze come valide sttenuanti, oppure no. Queste sono decisioni che spettano unicamente alle Dominatrici e che non possono essere in alcun modo messe in discussione.
Ora, ad esempio, io posso decidere che non voglio scusare l’inettitudine dello schiavo e quindi, ritenerlo colpevole di avere interrotto l’esecuzione di un ordine, di avere avuto una reazione sessuale vietata, e di avere disobbedito ad un comando diretto.
In più, posso ritenere che tali colpe siano gravi, perché commesse in presenza di altri schiavi, per i quali rappresentano un esempio negativo, ed ancor più gravi perché avvenute durante una lezione ed hanno quindi comportato ostacolo allo svolgimento ordinato dell’attività schiavista. Si tratta di due aggravanti tipiche, a cui si aggiunge quella della “continuazione”, dato che lo schiavo ha commesso le tre colpe di seguito, dimostrando in tal modo, spregio dell’Autorità.
Come già sapete, posso decidere, di conseguenza, di punire direttamente lo schiavo, di annotare le mancanze sul suo stato di servizio, oppure entrambe le cose. Le annotazioni, poi, saranno prese in considerazione quando sarà opportuno, nell’ambito di un procedimento disciplinare, che ha regole ben precise e di cui tratterò fra poco.
Prima, però, voglio utilizzare l’esempio per un’ultima spiegazione ...
Si interruppe per un attimo, per prendere la penna ed il suo blocco di appunti, su cui annotò qualcosa.
- ... Volevo chiarire - riprese subito dopo, che non intendo acconsentire a nessuna scusante nei confronti dello schiavo colpevole per il fatto che si trattava di un esempio durante una lezione. A nessuno schiavo, infatti, è mai consentito di commettere mancanze ed ogni colpa va punita, anche se sfruttata dalle Dominatrici per i loro obiettivi. Non ho voglia di punirlo direttamente, quindi ho provveduto ad annotare le responsabilità del colpevole e le riporterò sul suo stato di servizio che, a quanto pare, è già molto negativo.
Ciò gli costerà un sicuro aggravamento della sua condizione e sarà oggetto di valutazione in sede di procedimento disciplinare.
Ancora riguardo le annotazioni, voglio che sia chiaro, non esiste alcun onere per le Dominatrici di giustificarle, né di informarvi di averle fatte. In genere, ciò viene fatto, perché è divertente che la vittima si renda conto di essere stato punito, ma è possibile che lo schiavo resti del tutto all’oscuro della nota negativa, per lo meno finché non gli capita di incappare nel rigore del procedimento disciplinare.

(continua)
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La palestra era un locale poco lontano dall’aula, al quale si accedeva passando per un paio di corridoi.
Entrando, Lady Mara accese la luce che illuminò una stanza abbastanza grande in cui erano collocati svariati attrezzi.
In un angolo c’era uno schiavo appeso per i polsi, uniti sopra la testa, e con le gambe divaricate che gli consentivano solo di sfiorare il pavimento con le punte dei piedi. Aveva intorno al busto un corpetto, chiaramente strettissimo, e in testa una strana gabbia metallica, attaccata al collare con delle grosse viti che con dei tappi gli teneva premute le orecchie e gli occhi, mentre in bocca aveva un divaricatore orale che gli impediva di chiudere le mascelle.
In quella condizione, la vittima sembrava privata di ogni percezione esterna, ed il suo aspetto era decisamente sofferente, il che faceva supporre che fosse lì da molto tempo.
La stanza era esageratamente calda e umida e, malgrado il freddo che spesso gli schiavi dovevano patire, non fu una sensazione piacevole.
In mezzo c’erano tre macchinari che sembravano dei tapis-roulant, con la particolarità di essere collocati fra catene e argani, la cui presenza lasciava intuire la trasformazione in attrezzi di tortura.

- Mi spiegherò rapidamente - esordì Lady Mara rivolta agli allievi - poiché questo caldo umido mi infastidisce; d’altra parte, la climatizzazione di questa palestra è stata appositamente studiata per rendere disagevole l’esercizio fisico ed avrete modo di sperimentarne l’efficacia. Per questa notte dovrete sopportare, senza interruzione, un’attività che sarà molto stancante e che aggraverà le vostre condizioni fisiche, ma che vi fortificherà nella sopportazione delle tante, continue angherie, della vostra vita da schiavi. Innanzi tutto, vi saranno legate insieme le braccia dietro la schiena. Una corda a cappio, vi sarà messa alla base del sesso, e sarà unita ai polsi, passando in mezzo alle natiche.
Ciascuno di voi, salirà su uno di quei tappeti a rulli rotanti, e qui i vostri polsi saranno agganciati alle catene che scendono dagli argani. La catena sarà tesa verso l’alto, dal meccanismo che esercita la forza per arrotolarla. A voi non resterà che esercitare una forza superiore in senso contrario, per contrastare la tensione, che tirandovi in alto le braccia, strattonerà il pene in modo doloroso. Dovrete faticare parecchio, poiché l’argano tirerà energicamente ed in modo continuo. La tensione subirà variazioni, tanto che in alcuni momenti sarà praticamente impossibile contrastarla, cosicché, sarete inevitabilmente trainati all'indietro e forse letteralmente appesi, con le conseguenze che potete immaginare. Quando la tensione sarà meno forte, riuscirete invece ad abbassare le braccia ed a procedere in avanti sui rulli che ruotano. I rulli non hanno dimensioni uguali e la loro superficie è ruvida e bitorzoluta poiché con questo accorgimento troverete più difficile procedere in avanti e non riuscirete a tenere un’andatura regolare. Dovrete cercare di stare il più avanti possibile sul tappeto rollante, poiché verso il fondo sono collocati dei sensori che aumentano la trazione della catena, che però varierà anche in modo del tutto casuale, in modo da non consentire alcuna stabile certezza.
Per completare il trattamento, vi verranno messe due cinture molto strette, una sul ventre e l’altra all'altezza del petto, che vi ostacoleranno la respirazione. Inoltre, vi piazzeremo in testa una struttura metallica, simile a quella che vedete indossare dallo schiavo incatenato: è un apparecchio pesante, che dispone di viti, per stringervi paraocchi e paraorecchie. Il divaricatore per la bocca, è un’ulteriore scomodità. Per finire avrete blocchi pesanti alle caviglie, che vi faranno faticare ancora di più per alzare le gambe e muovervi.

Le parole di Lady Mara, fecero venire i brividi di paura agli schiavi, malgrado il caldo umido, esagerato ed innaturale, della palestra.
Non vi fu altra attesa poiché le Dominatrici si occuparono subito delle loro vittime, sistemandole così come era stato annunciato.
Toccò proprio ad F di essere preparato per primo. Lady Mara e Miss Manuela, lo presero da parte, e gli attaccarono, innanzi tutto, due pesi di metallo alle cavigliere, ognuno dei quali era di almeno cinque chili. I pesi erano a forma circolare, assomigliavano a quelli per i bilancieri, predisposti per essere avvitati all’esterno delle cavigliere, pure metalliche. Subito dopo, Lady Mara si occupò di mettergli attorno alla vita una cintura di cuoio, alta circa quattro dita, che gli strinse esageratamente, dopo avergli fatto espirare tutta l’aria. Non gli lasciò tregua, poiché subito, gli mise una seconda cinghia al torace, in modo che passasse sui capezzoli, anche questa, stretta in modo da rendere difficile e dolorosa la respirazione. Fu Miss Manuela, ad occuparsi di mettergli la corda alla base del sesso. Presa una corda, fece un cappio e lo infilò, in modo che stringesse l’attaccatura del pene e dello scroto. Strinse il cappio non esageratamente, e misurò il residuo della corda, affinché passasse in mezzo alle natiche, ed arrivasse fino al fondo schiena. Intanto Lady Mara, sbuffando infastidita dal caldo, gli prese le braccia e le unì dietro le spalle, usando una cinghia per stringere fra loro i gomiti, ed un’altra un po’ più sopra, i polsi, che per finire unì, usando un moschettone per attaccare insieme i bracciali.
Quella parte della preparazione, fu completata legando la corda ai bracciali, in modo che fosse consentito un po’ di gioco prima che il cappio si stringesse intorno al sesso.
Prima di condurre F al tappeto rullante, gli fu posta in testa la bizzarra gabbia metallica che sembrava l’intelaiatura di uno scafandro. Lo strumento era composto da due metà, che furono unite fra di loro ed attaccate al collare dello schiavo con una serie di apposite viti. Proprio davanti agli occhi F aveva le sbarre con gli anelli, in cui andavano inserite le viti per i paraocchi. Analoghe sbarre erano in corrispondenza delle orecchie. Facendo qualche prova le due Aguzzine sistemarono le viti nei loro alloggiamenti e misero i tappi alle estremità che andavano a contatto con la vittima. Quindi, cominciarono ad avvitare, per far fare la loro funzione agli attrezzi. Un primo tappo, simile ad una ventosa, fu spinto nell'occhio destro di F. Poi, il secondo, gli chiuse la vista del sinistro. I paraocchi non spingevano troppo sui bulbi, ma espletavano perfettamente alla funzione di chiudere completamente la vista. Altrettanto efficaci, furono i paraorecchie, spinti abbastanza a fondo, che se pure non impedivano del tutto il passaggio del suono, lo rendevano comunque inintelligibile.
Le Signore, quindi, lo forzarono ad aprire la bocca, per infilargli dentro l’apparecchio che divaricava le mandibole. Una volta che lo fecero scattare, F si ritrovò con la bocca spalancata ai limiti della resistenza possibile.
Dopo quei preparativi fu il momento per F di essere accompagnato all'attrezzo.
Salendo sui rulli, ne constatò subito la ruvidità e l’irregolarità, tanto che ebbe qualche iniziale difficoltà a starci in equilibro già da fermi. Gli alzarono le braccia fin quasi a metà schiena, per attaccarle alla catena ed in quel modo si consumò gran parte del gioco della corda che gli stringeva il sesso, tanto che il cappio cominciò inesorabilmente a stringersi. Immediatamente, capì che per alleviare quel dolore, doveva tirare le braccia contro la schiena, ma ciò gli costava non poca fatica, poiché la tensione contraria della catena e dall'argano, erano difficili da bilanciare.
Messo in moto il tappeto di rulli, F si ritrovò costretto a camminare in avanti, e dovette immediatamente sperimentare che, come aveva spiegato Lady Mara, indietreggiando faceva aumentare la forza dell’argano che tirava la catena.
Il movimento iniziale, fu comunque, relativamente modesto. Mentre le Dominatrici preparavano le altre due vittime, infatti, la tensione della catena era relativa, e la velocità dei rulli sostenibile anche per il passo di F, reso difficile, oltre che dalla loro ruvida irregolarità, anche dai pesi, a cui non era certamente abituato.
Quando anche gli altri due schiavi, però, furono collocati ai loro posti, le due Aguzzine scatenarono lo loro crudeltà, aumentando sia la velocità dei rulli, che la forza degli argani. Senza particolari preavvisi, F avvertì l’aumento di potenza, e cominciò a rendersi pienamente conto dell’efficacia di quella tortura, ancorché chiamata esercizio fisico.
Già dopo pochi minuti, F cominciò ad avvertire la fatica, per lo sforzo di tirare in basso le braccia, cosa che doveva necessariamente fare, sia per evitare lo stringimento del cappio intorno al pene, sia per mantenere una respirazione sopportabile e non gravare le sulle spalle. Inclinandosi in avanti, poteva resistere meglio alla trazione dell’argano, ma ciò, gli rendeva più difficile camminare sui rulli. Fra l’altro, le rugosità e le irregolarità di questi ultimi, gli davano fastidio ai piedi nudi, e non lo aiutavano a tenere un passo sopportabile, per non parlare dell’effetto dei pesi alle caviglie, che affaticavano ulteriormente l’andatura. Anche la struttura metallica che gli cingeva la testa, era fonte di complicazione, sia per il peso, che per il fastidio dei paraocchi e paraorecchie.
In poco tempo, iniziò a sudare abbondantemente, e a sentirsi tutto appiccicaticcio, anche per il caldo umido del locale.
Un suo primo cedimento temporaneo, fece scattare i meccanismi che aggravavano il funzionamento della catena.
Perso l’equilibrio sui rulli anteriori, non riuscì a ristabilirsi su quelli intermedi, di dimensioni diverse fra di loro, e venne trascinato indietro dall'argano. La trazione aumentò di scatto, facendogli alzare le braccia, e così facendo tirò la corda che gli strinse dolorosamente il sesso. Lo strappo alle braccia si ripercosse sulle spalle e gli mozzò il respiro, già complicato dalle cinghie, tanto che finì del tutto indietro sui rulli posteriori, provocando un ulteriore strappo dell’argano, che lo sollevò fin quasi a tenerlo sospeso.
Incapace di riprendere il passo sui rulli, e di trovare la forza per abbassare le braccia rimase qualche minuto, alle prese con un forte e complicato dolore, finché l’argano allentò la presa e lentamente gli concesse, a costo di enorme fatica, di tornare alla posizione iniziale. Ci volle del tempo, perché potesse riguadagnare i rulli anteriori, abbassare le braccia e lasciare allentare il cappio. Quando finalmente trovò un nuovo equilibrio, non poté fare altro che riflettere sulla necessità di concentrarsi nei suoi sforzi, per evitare il ripetersi della situazione.
In realtà, fu praticamente impossibile scampare ad altre cadute di quel tipo. Una seconda, fu determinata dall'improvviso aumento della forza di traino dell’argano, impossibile da contrastare. Un’altra, dipese dal brusco incremento della velocità dei rulli. Una terza caduta, fu provocata, invece, dal fatto che inciampò da solo.
Sudava, aveva lo stomaco vuoto che si torceva e la gola essiccata, sia per la sete, sia perché era costretto a tenere la bocca spalancata. Non riusciva a rendersi conto dello scorrere del tempo ed ogni istante era atrocemente interminabile.
I muscoli erano indolenziti, ogni parte del corpo era sollecitata in modo doloroso e non poteva trovare tregua.
Nel buio e nel silenzio, indotti dall'attrezzo che portava in testa, angosciosamente preoccupato di resistere alla fatica ed al dolore, F, ripercorreva con la mente alcune scene degli ultimi giorni, e riconsiderava brandelli di discorsi, sentiti dalle Dominatrici. Ripensò al suo arrivo al Castello, alla presentazione delle Guardiane, all'incatenamento prima della visita medica, ed alla visita stessa, con le umiliazioni e le sofferenze a cui lo avevano sottoposto. Si vide nudo ed incatenato nella cella, oscenamente stretto agli altri schiavi, e poi straziato dalle torture a cui l’avevano sottoposto Lady Mara e Miss Phoria. Gli tornavano, nelle orecchie tappate, le spiegazioni di Miss Manuela, circa il fatto che, in quanto schiavo, era assoggettato senza scampo ai capricci delle Dominatrici, che potevano disporre di lui a piacimento, ed in ogni modo.
Proprio quel ricordo, fece tornare l’inquietante pensiero della Guardiana, che tanto sembrava essersela presa con lui. Fin dal suo primo incontro, gli aveva dimostrato astio, rilevando incomprensibili mancanze che gli comportavano già una lunga lista di note negative. Aveva cominciato subito a mettergli contro tutte le altre Signore, prima parlando, e poi escogitando un ignobile tranello, per attirare su di lui l’ira di Lady Cotton. Anche il pensiero di costei, era tutt'altro che rassicurante, dato che sicuramente la Dominatrice non si sarebbe accontentata della punizione inflitta al suo sostituto e lo avrebbe atteso al varco alla prossima occasione.
Sia la Guardiana che Lady Cotton sembravano essere particolarmente pericolose e crudeli. Già a prima vista, il loro portamento le faceva immaginare terribili e ciò era assai inquietante se si pensava alle dolorose sevizie di cui era capace una Dominatrice come Miss Manuela che, dall'aspetto e dal tono di voce, non sembrava realmente un’Aguzzina.
Era dunque chiaro, che la Guardiana si era messa d’impegno per incastrarlo, sia con le Signore, che con gli altri schiavi.
Pur non potendo immaginare a quali sevizie era stato sottoposto il suo sostituto, non aveva difficoltà a prevedere che se ne sarebbe vendicato, non appena ne avesse avuta la possibilità. E del resto F aveva già sperimentato l’abilità delle Signore nell'escogitare gare per mettere in competizione le vittime e la totale assenza, di una minima solidarietà fra schiavi, che anzi, erano pronti a tutto pur di soddisfare le Aguzzine, anche a spese dei loro compagni.
Lui stesso, ne era certo, non si sarebbe risparmiato, se gli fosse stato ordinato di torturare personalmente uno degli altri schiavi, di cui avrebbe provocato con piacere la sofferenza, per il diletto delle Signore. Nulla, dunque, lasciava pensare che l’energumeno messogli contro da Lady Cotton, avrebbe avuto pietà di lui. Non osava immaginare di cosa sarebbe stato capace, vista la sua prestanza fisica e i motivi di odio che gli avevano dato.

Passava lentamente il tempo, e quei pensieri si ripetevano ossessivamente nella testa di F, da cui era bandita ogni altra riflessione, estranea alla situazione che stava vivendo.
Capiva che quello era uno degli obiettivi delle Dominatrici: tenerlo sotto il loro potere, facendogli pensare solo a questo. Non aveva, del resto, niente altro a cui pensare. Perfino le motivazioni che lo avevano condotto alla mercé di quelle Signore erano ormai lontanissime.
Tanto meno gli veniva di pensare, che potesse esserci una qualche forma di compiacimento erotico, per quanto subiva.
Oramai era sopra a tutto la convinzione che il suo destino era essere schiavo e che per questo doveva patire, obbedire, essere umiliato in ogni modo
Sapeva che non poteva far altro che temere e riverire le sue Dominatrici, assecondando il loro volere e i loro innumerevoli capricci.
Si ripeteva queste cose, continuando nell'estenuante prova a cui era sottoposto, ansimando e patendo in tutto il corpo.
Le gambe, appesantite dai ferri alle caviglie, non lo reggevano, ma dovevano continuare a trotterellare sui rulli, che sembravano cambiare di continuo velocità
Cadde più volte, ed ogni volta si ritrovò tirato all'indietro fino ad essere appeso, per poi poter lentamente e faticosamente riguadagnare la parte anteriore del tappeto. Nessuna posizione nessun trucco, poteva permettergli di trovare una sorta di equilibrio, era questa una caratteristica comune alle sevizie destinate a durare nel tempo. Gli sforzi necessari per sottrarsi ad un dolore ne provocavano altri, senza scampo.
Capiva che, in un certo qual modo, quell'esercizio, oltre che sfibrarlo fisicamente, lo doveva abbattere nell'animo, e si rendeva conto che entrami gli obiettivi erano ampiamente raggiunti.
Dal patimento, acquisiva sempre maggiore consapevolezza della sua condizione, la fatica abbatteva le sue più intime resistenze, la costrizione e le privazioni, lo debilitavano sempre più.
Sudava, penava per il sonno, la fame e la sete, respirava a fatica, aveva i muscoli legati, e non poteva sperare in una minima tregua.

Era assolutamente incapace, di valutare quanto tempo poteva essere passato ... quando il tappeto cominciò a diminuire, lentamente ma costantemente l’andatura.
Ci volle parecchio, prima che fosse del tutto fermo, e solo allora, potendo tenere le gambe puntate, riuscì a recuperare un po’ di equilibrio, malgrado la trazione dell’argano fosse ancora intensa.
La fine della tortura, fu preceduta da un brusco aumento della potenza dell’argano che, incontrastabile, lo tirò indietro, e quindi per le braccia, fino a fargliele alzare ed a tenerlo sospeso.
Ansimante e gemente, sentì le mani di una Dominatrice che lo presero per le palle, straziate dalla corda, stringendole.
Poi la Signora cominciò a rimuovergli i paraocchi, e i paraorecchie, prima di allentare i supporti della struttura metallica per la testa.
La rimozione di quel peso, fu la prima liberazione per F che ebbe modo di vedere che di lui si stava occupando Miss Phoria.
La Dominatrice, lentamente, smontò il divaricatore orale, consentendogli di chiudere la bocca e deglutire. Durante tutte quelle ore a bocca spalancata, aveva grondato quel poco di saliva che gli era rimasta, tenuto conto della misera quantità di acqua che aveva potuto ingerire. Malgrado la sete fosse ancora terribile, il fatto di potere chiudere la bocca, gli sembrò una conquista enorme.
Miss Phoria, con grande flemma, recise la corda che gli stringeva il sesso e dopo un po’ sciolse le cinghie che stringevano torace e ventre.
Ma per poter respirare liberamente, F aveva bisogno di avere liberate le braccia e per questo dovette attendere ancora un po’, dato che la Dominatrice, passò ad occuparsi di uno degli altri schiavi. Infine, tornata da lui, sciolse lentamente le cinghie che univano i gomiti, ed infine azionò l’argano, consentendogli di poggiare al suolo
Liberato dal gancio di traino, F restò solo con i bracciali che gli univano i polsi dietro la schiena e con i pesi alle cavigliere.
Miss Phoria lo spinse giù dal tappeto, e lo fece inginocchiare a fianco di uno degli altri due schiavi che avevano subito il suo stesso trattamento. Il terzo fu affiancato poco dopo, e solo allora F si rese conto che nella palestra c’era anche Lady Mara, che si occupò di controllare lo stato delle vittime con evidente distacco.
Senza altre parole, i tre furono fatti alzare.
Le Aguzzine rimossero i pesi alle gambe, e quindi li indirizzarono fuori dalla palestra.

(continua)
view post Posted: 8/2/2024, 11:47     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Liberati dall'incatenamento, gli schiavi furono suddivisi in gruppi e riportati nell'aula per la ripresa della lezione, tenuta da Miss Manuela.
Oggetto del corso, erano ancora le posizioni formali ed i movimenti, per passare da una posa all’altra.
Miss Manuela, brandendo il suo scudiscio, fece mettere gli allievi prima in ginocchio e poi in piedi, insegnando loro come dovevano muoversi al comando.
Ogni minima imperfezione nell’esecuzione, valutata secondo il suo capriccio, era occasione per rifilare qualche nerbata, che somministrava prevalentemente sulle natiche e sulle cosce. F non poté evitarne svariate, malgrado cercasse in ogni modo di obbedire scrupolosamente.
La Dominatrice spiegò, aiutata da alcune diapositive, le posizioni per le ispezioni, durante le quali le vittime dovevano chinarsi fino a toccare con le mani il pavimento, per offrire le terga ai controlli. Insegnò anche come dovevano stendersi a terra, carponi o supini, offrendosi a fare da tappeto per poter essere calpestati dalle Signore. A dimostrazione di ciò, Miss Manuela salì di peso su ognuno di loro. Al suo turno F, steso a pancia in su, si ritrovò i piedi della Dominatrice sul petto e, per quanto lei fosse abbastanza minuta, il suo peso gli mozzava il fiato. L’Istruttrice, come aveva fatto con gli altri due schiavi prima di lui, spinse a fondo nelle carni di F i tacchi alti dei suoi stivaletti. Lo calpestò in quel modo sulla pancia, e poi si piazzò sulle cosce per dedicarsi quindi a tormentargli il sesso. Spinse la punta di un tacco contro lo scroto, appoggiandovi gran parte del suo peso e quindi gli schiacciò il pene, montandogli letteralmente sopra. Il turno di F, si concluse dopo che la Signora si fece leccare a lungo le suole delle calzature e succhiare un tacco, che gli spinse in gola fin quasi a provocargli la nausea.
Mentre Miss Manuela passava a dilettarsi con l’ultimo schiavo, F riuscì a tirare un po’ il fiato, ma si trattò di una breve tregua poiché ben presto riprese l’insegnamento, particolarmente accurato, dei movimenti per passare dalla posizione di “in piedi” a quella distesa a pancia in giù, attraverso quella inginocchiata. Quel continuo stendersi e alzarsi, era decisamente faticoso, ma agli schiavi non fu concesso alcun riposo, cosicché, proseguendo a lungo l’esercizio, gli errori si fecero sempre più frequenti, e le conseguenti punizioni con lo scudiscio, sempre più violente.
Miss Manuela, sottolineò, poi, la grande importanza della posizione a quattro zampe che, come era già stato spiegato fin dal momento dell’arrivo, consentiva l’utilizzo dello schiavo sia come tavolino, che come sedia o poggiapiedi. Dopo una spiegazione teorica ed una serie di prove l’Istruttrice diede dimostrazione dell’utilità della posa, sedendosi a cavalcioni di ognuno di loro e calcando bene il suo peso per gravare sulle ginocchia delle vittime. Ancora una volta, ad F toccò per terzo di sperimentare il peso dell’Istruttrice, che gli si sedette di traverso sulla schiena, sollevando i piedi per appoggiare interamente su di lui. Malgrado la sofferenza, F si sentì gratificato dal contatto con quel corpo caldo, tanto che ebbe un principio di inturgidimento del pene che, fortunatamente, Miss Manuela non notò; oppure tollerò, sta di fatto senza infliggergli ulteriori punizioni per l’eccitazione non espressamente autorizzata.
La lezione proseguì per ore, senza soste, finchè l’Istruttrice dichiarò di essere annoiata.
Così, per svagarsi in attesa dello scoccare dell’orario previsto, decise di appendere uno dei suoi allievi alle catene, e di cimentarsi a sue spese con l’uso di una frusta, lunga e grossa, con la quale gli somministrò numerosi colpi sulla schiena.
F e gli altri due, in ginocchio, assistettero alla fustigazione della vittima e Miss Manuela, si lasciò ammirare mentre infliggeva i violenti colpi, ai quali lo schiavo reagiva gemendo e dimenandosi.
La lezione fu bruscamente conclusa dall’arrivo di Lady Mara e Lady Cotton.
- La palestra è pronta - disse la prima. E Lady Cotton è qui per prelevare la sua vittima.
- Benissimo - commentò Miss Manuela, lasciando la frusta sulla cattedra. La lezione cominciava ad affaticarmi. Qual è lo schiavo prescelto?
- Prendo quello - replicò la Dominatrice chiamata in causa, indicando l’allievo più grande e muscoloso fra quelli in ginocchio. L’Aguzzina mise il guinzaglio alla vittima e lo fece alzare, tirandolo davanti ad F.
- Guardalo bene e ricordati di lui - comandò poi al prescelto, indicando F. Questo è l’animale che mi ha mancato di rispetto, disprezzando il cibo! Toccherebbe a lui essere punito, ma poiché ha già un impegno di addestramento per questa notte, ho scelto te come sostituto. Il fatto che tu non abbia colpe particolari, non mi interessa minimamente e ti sottoporrò alle torture che avrebbero dovuto spettare al colpevole solo per placare la mia rabbia. Mi aspetto, comunque, che tu tenga ben presente, che la responsabilità del tuo patimento è tutta di questo animale, così quando avrete occasione di scontrarvi in qualche modo, avrai modo di compensarlo di quanto ti ha fatto penare!
F avvertì su di sé lo sguardo irato del suo sostituto. Lady Cotton gli fece alzare il viso, ponendo il suo scudiscio sotto il mento, così, mentre quello lo squadrava, lui stesso potè guardarlo. Aveva un fisico imponente e molto muscoloso, ed anche il suo pene aveva dimensioni ragguardevoli, malgrado la condizione in cui si trovavano. Si trattava chiaramente, di un personaggio che non era consigliabile avere come nemico, ed ora, a conclusione di quella perfida serie di inganni, Lady Cotton glielo stava mettendo contro.
- Ora andiamo! - ordinò infine la Dominatrice. Ti voglio preparare a ricevere le sevizie al più presto!
Con quelle parole, Lady Cotton uscì dalla stanza, tirandosi dietro la malcapitata vittima.
Lady Mara e Miss Manuela si occuparono di F e degli altri due, facendoli alzare e mettendo loro una catena ai collari.

(continua)
view post Posted: 6/2/2024, 12:26     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
17

Non disse altro, e suonò un campanello, facendo entrare dalla porta un’altra Dominatrice.
Le due, rapidamente prepararono gli schiavi, lasciando loro solo le catene alle caviglie e ai polsi, uniti dietro alla schiena. Poi, li spinsero in fila fuori dall’aula, per condurli lungo un corridoio, fino ad un nuovo stanzone. Qui altri schiavi erano già radunati ed altri ancora stavano arrivando. Si ritrovarono, quindi, in una dozzina, tutti incatenati allo stesso modo, allineati in due file contrapposte, contro le pareti.
Due paia di Signore, si occuparono di loro, uno alla volta e con esagerata calma. Fra loro c’erano Miss Manuela e Lady Mara, oltre alla Guardiana bionda che aveva incontrato all’accettazione. F, non conosceva la quarta, una mora alta e formosa, che si limitava a guardarsi attorno brandendo una lunga verga, apparentemente forgiata in metallo flessibile.
Le Signore iniziarono dal primo schiavo della fila, davanti ad F, cosicchè tutti potevano vedere la preparazione che era stata escogitata per quell’occasione.
Alla vittima furono fatte aprire le gambe, in modo da collegare le cavigliere a dei ganci infissi nel pavimento. Poi gli fu comandato di inginocchiarsi, rivolto verso il centro della stanza. Per bloccargli le gambe, le Dominatrici usarono mezzi anelli metallici che collocarono all’interno delle ginocchia e fissarono al pavimento con altri agganci. In quel modo, lo schiavo non poteva assolutamente alzarsi. Attaccarono i polsi, uniti fra loro dietro la schiena, ad una catena che passava attraverso un gancio al soffitto e che tirarono, per fargli alzare le braccia, fino a quando furono tese e perpendicolari al suolo. In quel modo, lo schiavo era forzato a sbilanciarsi in avanti, ed era sollecitato in una posizione decisamente scomoda.
La preparazione, però, non era ancora finita, poiché le Signore gli infilarono nel culo un penetratore gommoso, grosso e lungo, che all’esterno era unito ad un bastone che conficcarono in un foro nel pavimento. L’attrezzo era snodato, in modo da consentire il movimento della vittima, senza però, risparmiargli la sofferenza del suo ingombro esagerato.
Uno dopo l’altro, tutti gli schiavi, e così anche F, furono preparati nello stesso modo. Solo quando fu conclusa quella fase, le Dominatrici si occuparono del motivo per cui erano stati radunati lì, e cioè di somministrare loro una razione di cibo.
La Guardiana bionda prese un contenitore ed un mestolo, mentre Miss Manuela e Lady Mara, misero una ciotola davanti ad ogni schiavo.
Le stoviglie, appoggiate per terra, erano proprio sotto alla testa degli schiavi, ma nessuno di loro, tirato per i polsi dalle catene, poteva chinarsi per raggiungerle.
In ogni ciotola, la Guardiana versò una mestolata del terribile intruglio, che doveva servire come alimentazione. Si trattava di una specie di brodaglia dal colore verdastro, in cui galleggiavano tozzi di pane ammuffito, foglie di verdura e anche qualche mozzicone di sigaretta, il tutto con un aspetto, ovviamente, tutt’altro che invitante.
Fu la Dominatrice mora, che F vedeva per la prima volta, colei che si incaricò di dare qualche spiegazione sul cibo e sulle modalità di alimentazione.
- Innanzi tutto - disse, parlando in un inglese forzatamente scandito, voglio che sappiate che il mio nome è Lady Cotton, che sono una Guardiana, e che collaboro alla gestione delle cucine. In particolare, mi vanto di essere l’ideatrice di questa minestra, che costituisce l’alimentazione primaria, e quasi unica, degli schiavi, nei primi giorni di vita qui al Castello. Si tratta di un cibo praticamente privo di calorie e proteine, che non dà alcun apporto di energia, ma serve unicamente a "tamponare" un po' la sofferenza dello stomaco vuoto. La minestra è realizzata facendo bollire un po’ di erbe del nostro orto, con una minima quantità di dado da brodo vegetale, è molto salata, in essa ci si mette qualche tozzo di pane raffermo, e qualche avanzo. In genere, gli avanzi provengono dalla mensa di noi Signore, ma vi possono capitare anche quelli dei cani o gli scarti degli schiavi di rango superiore al vostro, e, come avete potuto constatare, all'interno vi vengono, occasionalmente, anche svuotati i posacenere. Soprattutto, è importante il fatto che vi viene sciolto un cocktail di vitamine, necessarie per fronteggiare gli stenti della vostra vita da schiavi. Il sapore, naturalmente, è disgustoso, anche grazie ad alcuni "additivi", di norma provenienti dalle toilette di noi Dominatrici, che vengono appositamente utilizzati. In tal modo, ci garantiamo che anche questo momento non sia per voi schiavi un istante di piacere, ma, piuttosto, una particolare forma di patimento.
- A questo proposito - intervenne la bionda Guardiana, dall’aspetto più crudele di tutte le altre Dominatrici, per queste prime volte, avete la possibilità di mangiare sperimentando contemporaneamente l’efficacia del sistema di incatenamento che ho ideato proprio per questo tipo di occasioni. Nella posizione in cui siete ora, non potete lambire la ciotola, ma lentamente, le catene che vi tengono imprigionati i polsi saranno calate, e piano piano, riuscirete a mettere la bocca sul cibo. La discesa sarà molto lenta e seguirà una risalita più rapida, e così per le varie volte che vi permetteremo di alimentarvi. Per rendere più interessante la cosa sappiate che a chi finirà per primo, sarà concesso un premio, mentre gli ultimi tre, verranno destinati ad una severa punizione, oltre che a ricevere un’annotazione negativa sul loro ruolino.
Conclusa quella rapida illustrazione, le Aguzzine si posero in mezzo alle due file di schiavi, e finalmente, Lady Mara azionò l’apparecchio che regolava lo scorrimento delle catene.
Non appena F avvertì allentarsi la tensione alle braccia, si sforzò di chinarsi quanto più poteva, per cercare di lambire la ciotola.
Tendendosi al massimo, man mano che scendeva la catena che gli tirava le braccia, avvicinò le labbra alla brodaglia ancora calda e, finalmente, arrivò alla portata utile per sorbire qualcosa. Affamato com’era, scelse di ingoiare per primo uno dei tozzi di pane, che galleggiavano nella strana minestra. Si rese così conto, che la Dominatrice non aveva scherzato, definendo il sapore come “disgustoso”. Il tozzo di pane era salatissimo, ed aveva un gusto, fra l’acido e lo stantio. Se non fosse stato per la fame, e la paura di essere punito, lo avrebbe istintivamente risputato, invece lo trangugiò velocemente, sforzandosi di sorbire anche un po’ di liquido, mentre la catena nuovamente si tendeva, obbligandolo a rialzare la schiena.
Era difficile stabilire, se fosse più fastidiosa la fame, la sofferenza per il metodo di incatenamento o il fetido gusto della brodaglia. Certo era che, a quel punto, F era soprattutto preoccupato di non incappare in una causa di punizione, così si convinse che avrebbe dovuto ingoiare, quanto più velocemente poteva, tutto l’alimento.
Fu mentre la catena si allentava per la seconda volta, che davanti a lui si piazzò la Guardiana bionda. Chinandosi per lambire la ciotola, si vide davanti gli stivali della Signora, che lo stava guardando attentamente. Arrivò a portata utile per deglutire qualcosa, trattenendo a stento il disgusto e quando la catena si tese nuovamente assistette impotente al fatto che la Dominatrice, con un movimento dei piedi, spostava la ciotola. Non fu uno spostamento rilevante, ma sufficiente a fare in modo, che al successivo allentarsi della catena, F non fu più in grado di raggiungerla. Si sforzò, si tese esageratamente, malgrado il dolore alle braccia, ma riuscì appena a lambire la brodaglia con la lingua.
La Guardiana continuò il suo giochetto, avvicinando la ciotola quando F era tirato in alto dalle catene, e allontanandola quando poteva chinarsi. In quel modo, lo fece rimanere indietro rispetto agli altri schiavi, che nel frattempo, sorbivano la brodaglia. Come temeva, F constatò che si trattava di un sistema per fregarlo.
- Guarda qui, Lady Cotton - disse ad un certo punto la Guardiana, c’è uno schiavo schizzinoso!
La Dominatrice chiamata, si avvicinò ad F, mentre questi cercava disperatamente di colmare il distacco dagli altri.
- Uno come questo, merita di patire la fame! - sentenziò Lady Cotton, che usò la punta del suo scudiscio rigido in metallo per rovesciare il contenuto della ciotola.
- Anzi, merita di essere pesantemente torturato! Questa notte lo prenderò, e conoscerà la mia furia e l’efficacia della mia nuova verga!
Solo a guardare l’attrezzo, F aveva motivo di essere terrorizzato. L’arma brandita sotto il suo naso da Lady Cotton, era a sezione grosso modo triangolare, ed aveva uno spigolo vivo, che certamente doveva provocare effetti devastanti sul corpo della vittima. Si domandò per un solo istante, cosa sarebbe successo se a quel punto fosse sbottato, per lamentarsi del trucco escogitato dalla Guardiana. Ma represse immediatamente quel pensiero, sapendo che ciò gli sarebbe costato solo una più grave punizione poiché agli schiavi era vietato parlare senza autorizzazione, ed ancor di più osare avanzare critiche alle Dominatrici.
- Non stasera - intervenne a quel punto Lady Mara. La mancanza di questo schiavo è certamente grave, e deve essere crudelmente punita. Però, sai bene che deve completare l’istruzione e che stanotte, questo animale, deve sostenere una prova in palestra, senza contare che ancora non è completa la certificazione medica ... Quindi, dovrai trattenere la tua rabbia e rinviare la tortura.
- Segnerò la colpa sul suo ruolino - replicò a malincuore Lady Cotton - ma questo rinvio mi secca molto.
- Allora - intervenne la Guardiana, quando lo avrai a tua disposizione, sarai ancora più furiosa ... Vedremo come potrà resisterti! Fra l’altro, questo schiavo ha già sommato varie annotazioni negative, non merita alcuna pietà.
- Sono sicura che Lady Cotton saprà trattarlo come merita, conosco la sua crudeltà! - aggiunse Lady Mara, rivolgendosi alla Guardiana. Se poi hai urgenza di sfogarti su qualcuno, vista l’offesa alla tua cucina, puoi prendere uno di quelli che hanno già ottenuto il nulla osta medico, e che stanotte non sono impegnati.
Così dicendo, indicò un paio di schiavi sull’altra fila. Lady Cotton non se lo fece ripetere, e scelse la sua vittima, incurante del fatto che lo schiavo aveva ingurgitato tutto il contenuto della ciotola.
A quel punto, F cadde in preda al panico, tanto che non badò più a quanto gli accadeva vicino.
Le Dominatrici erano passate a dare il premio allo schiavo che per primo aveva consumato il cibo, premio che consisteva in un’annotazione positiva sul suo ruolino, che, in caso di punizione successiva, gli sarebbe valsa da circostanza attenuante.
F, invece, era tormentato, sia dall’annuncio della futura punizione, che dalla notizia di avere già ottenuto una serie di note negative. Non capiva perché quella Guardiana lo avesse preso di mira in quel modo e non sapeva come fare per evitare che la sua posizione si aggravasse. Certo era che da quella Dominatrice non poteva aspettarsi niente di buono.
Inoltre era allibito per il fatto che non essendo lui disponibile, Lady Cotton avrebbe sfogato la sua rabbia su un altro, del tutto incolpevole. Ciò gli confermava, che le Dominatrici agivano in modo capriccioso, oltre che crudele, e che per gli schiavi, non c’era modo di sfuggire a quell’arbitrio. Infine, si domandava con ansia, cosa gli sarebbe capitato quella notte, durante la quale, avrebbe dovuto sostenere la misteriosa prova in “palestra”. In ogni caso, era sicuro che non sarebbe stato nulla di piacevole.

(continua)
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Accese il videoregistratore e sul monitor comparve l’immagine di uno schiavo immobile in ginocchio, nella rigida posizione che già era stata sommariamente illustrata da altre Dominatrici.
Miss Manuela, descrisse con dovizia di particolari come andavano messe le ginocchia, in modo che lì gravasse praticamente tutto il peso del corpo, e le gambe tenute scostate fra di loro e con solo le punte dei piedi a sfiorare il terreno. Sottolineò che gambe e busto, dovevano stare perfettamente allineati e perpendicolari al suolo, che il collo doveva stare solo leggermente inclinato in avanti e che la testa doveva essere tenuta sempre china, con lo sguardo basso.
Le braccia, fossero o no usate manette, dovevano essere ripiegate all’indietro, con le mani incrociate dietro la schiena, sopra l’altezza del culo, senza sfiorare la pelle.
L’Istruttrice, ordinò agli allievi di mettersi in quella posizione e, uno ad uno, curò che lo fossero in modo regolare, usando una verga di metallo per punire e correggere le imperfezioni.
- Ora - concluse, quando tutti furono a posto, imparerete a restare immobili così a lungo, questa è la posizione principale, e va tenuta per molto tempo e in molte occasioni. Nel frattempo, il videoregistratore vi mostrerà un filmato relativo all’addestramento dei “ponyboys”, cioè degli schiavi usati come cavalli, da traino e da corsa. Osservatelo attentamente, poiché sarà molto istruttivo.
Il video partì, e sullo schermo subito apparve la scena di una corsa fra carretti, ognuno trainato da uno schiavo.
Su ogni sulky, c’era una Dominatrice, che, a suon di frustate, incitava la propria vittima a correre.
Gli schiavi avevano una bardatura simile a quella di un cavallo: paraocchi, morso alla bocca, cinghie, che li legavano alle sbarre per il traino. Per il resto erano nudi, ed i loro sessi, rimpiccioliti sotto lo sforzo, ballonzolavano durante la corsa. Li si vedeva soffrire ed ansimare, sia per la fatica, che per le frustate, che li raggiungevano alla schiena.
Malgrado ciò, correvano ai limiti della loro resistenza, in quella specie di gara. Un’altra scena, mostrava un gruppo di schiavi, con analoghe bardature, incatenati in quella che era una specie di stalla, dove stavano in attesa di essere usati.
Il filmato, proseguiva con le immagini dell’addestramento di uno di quelli. Lo schiavo veniva fatto girare all'intorno, tenuto per le briglie e governato da una lunga frusta, abituandolo a muovere le gambe a scatti, come un cavallo al passo. Un’altra parte dell’addestramento, riguardava il superamento di ostacoli, e faticosi esercizi fisici, consistenti nel traino di pesi sempre più gravosi.
Le scene si susseguivano, mostrando diversi tipi di attrezzi applicati ai cavalli umani, i vari modelli di carri e carrozze, e soprattutto le continue sevizie e fatiche, a cui quelle vittime erano sottoposte. In alcuni casi c’era una sola Istruttrice, in altri, varie Dominatrici, si dilettavano nel farsi trainare, pretendendo velocità sempre maggiori.
Particolarmente inquietanti, erano le immagini di una carrozza trainata da sei schiavi, ad ognuno dei quali era stato inserito un bastone nel culo, bloccato in qualche modo, collegato alle briglie della cocchiera, che così, poteva farli muovere tutti insieme, mentre i sei la tiravano di corsa.
Nella scena successiva, quattro schiavi "portatori" reggevano, con evidente fatica, sulle spalle nude e spellate, una lettiga di legno massiccio che da solaq doveva pesare svariati quintali. All'interno, una Dominatrice armata di una lunga sferza, incitava le quattro povere vittime, le quali, palesemente distrutte dall'immane fatica, facevano del loro meglio per reggerne il peso, e per mantenere un'andatura, al limite evidente delle loro possibilità.
Il filmato, procedendo a pezzi, e ripetendosi talvolta, sembrò durare un’enormità di tempo, certamente almeno un paio d’ore, durante le quali Miss Manuela girava intorno ai poveretti, dispensando colpi di verga, se aveva l’impressione che qualcuno accennasse anche un minimo movimento.
F, quasi ipnotizzato, resistette faticosamente, malgrado il dolore alle ginocchia ed al sesso, ancora stritolato dalla morsa, applicata dall'Istruttrice.
Solo alla fine dell’interminabile video Miss Manuela comandò agli schiavi di rialzarsi, e concesse qualche minuto di rilassamento, autorizzandoli a sgranchirsi un po’. La sua generosità, si spinse fino a rimuovere catene e morsetti, alleviando così la sofferenza delle sue vittime. Tanta grazia, però, cessò improvvisamente un istante dopo, con l’immotivata decisione di infliggere una nuova tortura al quarto schiavo, quello che in precedenza non era stato oggetto delle sue crudeli attenzioni. Tirandolo per il collare, lo portò sotto l’argano e gli incatenò i polsi, sopra alla testa, ai bracciali che pendevano dall’attrezzo. Con altre catene, bloccò le caviglie a dei ganci infissi sul pavimento, i modo da forzarlo a tenere le gambe bene aperte, e quindi azionò la carrucola, per tirarlo verso l’alto con forza, fino a portarlo ad una estrema e dolorosa tensione. A quel punto prese un penetratore metallico, che gli infilò bruscamente nell’ano e che bloccò dentro, utilizzando un sistema di cinghie di cuoio che lasciavano esposto il sesso.
- Lo strumento che ho messo a questo schiavo - spiegò poi a beneficio degli altri tre, è composto da due diverse parti metalliche, tenute separate da una striscia isolante. In pratica si tratta di due elettrodi, che consentono di infliggere scariche elettriche nelle viscere della vittima, con un risultato ancor più efficace e doloroso, rispetto all’uso di contatti in diverse parti del corpo. Detto ciò, collegò un piccolo apparecchio a batteria ai cavetti che uscivano dal penetratore, e subito cominciò a somministrare scosse di varia durata e intensità, allo schiavo, che, per quanto immobilizzato, reagiva con sussulti scomposti, oltre che con gemiti strazianti. Ridendo della sua sofferenza, la Signora proseguì implacabile per tutto il tempo che ritenne di farlo, davanti agli altri tre, che rabbrividivano solo al vedere quella scena.
Così come era stata improvvisa e capricciosa, la decisione di seviziare lo schiavo altrettanto brusco, fu il modo che Miss Manuela usò per terminare quel suo svago. Staccò i fili della macchinetta elettrica, e abbassò di scatto l’argano, mandando la vittima, semisvenuta, a cadere sul pavimento. Lasciandogli addosso le cinghie ed il fallo dentro, gli liberò le caviglie, facendolo rialzare a forza di nerbate sulle terga, per comandargli, infine, di tornare al suo posto, pronto per la ripresa della "lezione".
Senza aggiungere altro la Signora lanciò un nuovo video, in cui si vedeva uno schiavo nella posizione inginocchiata, più rilassata. Miss Manuela, spiegò che si trattava della posizione da tenere, qualora fossero previste lunghe attese, con la possibilità, però, che le Dominatrici venissero d’improvviso ad occuparsi dei loro schiavi.
Seguendo le immagini del filmato, l’Istruttrice descrisse accuratamente la posizione e quindi comandò agli "allievi" di eseguirla. Come per la posizione precedente, si armò del suo scudiscio, per correggere le imperfezioni, ed impartire sonore punizioni, finché tutti furono perfettamente a posto. Dovevano stare, con le gambe sempre scostate, ma era concesso appoggiarsi al suolo, e tenere le cosce appoggiate sui polpacci. Il busto doveva stare dritto sul culo e le braccia andavano tenute stese sulle gambe, con le mani appoggiate sulle ginocchia a palme in su. La posizione delle braccia, spiegò Miss Manuela, poteva variare, qualora fossero state ammanettate dietro la schiena, nel qual caso, potevano essere tenute a penzoloni ma non potevano mai toccare il pavimento o i piedi, per evitare la possibilità di un eccessivo rilassamento. Anche in questa posizione, poi, il capo doveva essere tenuto leggermente chinato e lo sguardo non poteva essere indirizzato direttamente alle Signore.
Sistemati così gli allievi, la Dominatrice lanciò un nuovo filmato nel quale, spiegò, sarebbero state illustrate alcune torture molto severe a cui gli schiavi venivano sottoposti per il divertimento delle Aguzzine o per opportuna punizione.
Già dalla prima scena gli schiavi restarono agghiacciati per l’estrema crudeltà di quelle sevizie. La vittima era stata ammanettata con le braccia dietro la schiena ed appesa per i polsi ad una carrucola, per alzarla fino a farla stare in bilico sulle punte dei piedi. Poi aveva dovuto spalancare le gambe, tirate lateralmente con altre catene, attaccate alle caviglie, ed in quel modo aveva dovuto sopportare la penetrazione anale, con un grosso fallo metallico, utilizzabile per le scosse elettriche, simile a quello che Miss Manuela aveva poco prima usato sull’allievo.
Iniziava così una lunga serie di scariche, di varia durata e potenza, somministrate a volontà da una Guardiana, che rideva delle grida di dolore dello schiavo. La tortura elettrica, era esageratamente più lunga di quella che si era svolta dal vivo dinanzi ad F, e le urla strazianti della vittima, facevano intuire quanto atroce fosse.
Lo spettacolo deliziava molto Miss Manuela, che, per farlo capire, si sedette sulla poltroncina, davanti agli schiavi, ed aprì le gambe, cominciando a massaggiarsi il sesso. Il suo compiacimento, crebbe visibilmente, quando nel filmato si vide comparire lei stessa, che sostituiva l’altra Guardiana nel comandare le scariche. Dopo decine di minuti di tortura, la vittima era ridotta allo stremo, e fu necessaria una pausa, durante la quale gli gettarono addosso un paio di secchi d’acqua gelata, per ridestarlo.
Il supplizio proseguì, con Miss Manuela che si armò di due grossi cavi elettrici, simili a quelli per ricaricare le batterie delle auto, con i quali tormentò i capezzoli ed il sesso dello schiavo. Le scosse. facevano scattare i muscoli della vittima, che si dibatteva per quel poco che gli era consentito dalle catene. Dopo un’altra infinita serie di scariche, vi fu una breve pausa ed infine la tortura riprese, per opera di Miss Manuela e dell’altra Dominatrice, che tormentarono lo schiavo, sia con i cavi che con l’attrezzo infilato nell’ano. La doppia tortura, fu tanto grave da straziarlo in poco tempo. Loro malgrado, le Aguzzine dovettero concedergli pause più frequenti, ma ad ogni ripresa, erano ancora più crudeli.
Il video si interruppe bruscamente, e Miss Manuela, tirato un sospiro, si alzò, mettendosi davanti ai suoi sottoposti, con le mani sui fianchi.
- E’ sempre un piacere – disse - rivedere la tortura di uno schiavo resistente. Non avete idea di quanti cedono subito e svengono alle prime scariche. Animali di quel tipo non meritano nulla! Dai prossimi giorni, cominceremo a testare la vostra resistenza e si vedrà anche da questo la migliore destinazione possibile per il vostro lavoro.
- Ora - aggiunse, dopo aver tirato il fiato, vi consentirò una piccola pausa, durante la quale riceverete un po’ di alimentazione. Vi è già stato spiegato che il cibo vi viene concesso solo per assicurarvi il minimo di energie necessarie per tirare avanti. Non è un piacere, non è gustoso e nemmeno sazia; è solo il carburante che vi diamo per tenervi in piedi e si approfitta anche di questo momento per umiliarvi.

(continua)
view post Posted: 29/1/2024, 13:23     +1Scat-ena tanti commenti - Pratiche, Tecniche, Attrezzature - BDSM & Fetish
CITAZIONE (Zilly @ 27/1/2024, 17:11)
Se ne parla poco perché sono pochi quelli a cui piace la coprofilia.
Perché invece chi ama questa pratica ne parla abbondantemente, direi fino alla nausea.

Partiamo dal mondo pro.
Troverai molte più prodomme disposte a farti mangiare i loro escrementi di quante invece ti facciano leccare la gnocca. Le ragioni sono semplici e molteplici:
1) È una pratica a rischio zero per la prodomme: lo scambio di fluidi è unidirezionale. Anche nel caso di rimming, il rischio per la pro è infinitesimale.
2)Adesso meno, ma specie una volta, con la scusa che è una pratica sporca e schifosa che poche fanno, che la prodomme può espletare solo una volta al giorno, magari al mattino presto, che occorra una certa preparazione ( maddeche aho, io vado ar cesso anche 3 volte ar giorno), che se la deve tenere fino al momento opportuno, consente alla prodomme di chiedere un goloso supplemento.
3)se una viene scoperta dalla famiglia, dal fidanzato etc. a fare la prodomme se la gioca facile e passa per furba dato che si faceva pagare ( e tanto ) per cagare in bocca a dei luridi pervertiti. Idem se ha il fidanzato ( talvolta è anche il suo magnager,il cosidetto, in gergo,fidanpappa) o il marito consci della sua attività.

Invece, nel caso di adorazione parti intime, come dicono i raffinati, o leccare la gnocca, come dicono i più ruspanti, non solo vi è un rischio sanitario maggiore per la pro in quanto lo scambio di fluidi è bidirezionale, ma talvolta la tapina è perseguitata e tacciata ( come se fosse in insulto ) di essere una escort, sopratrutto dalle colleghe più pudiche che vedono in quella pratica una sorta di concorrenza sleale.
Questo per dire che nel mondo pro, se ti piace lo scat, non hai che da chiederlo e troverai facilmente.

Diverso il discorso fuori dal mondo pro.
Se sei fortunato riesci a trovare una free con cui fai solo BDSM cui piaccia, altrimenti mi viene da ridere quando ti si suggerisce di coinvolgere la compagna.
Io mi immagino la dolce fidanzata, moglie, compagna che bacia avidamente il partner, magari dopo avergli defecato in bocca. Poi, ci sono, ma sono casi rarissimi.

Parliamo invece dei rischi: se l'urina di una persona sana è sterile e quindi berla comporta rischi minimi, diverso è il caso delle feci.
Alcune delle peggiori malattie sono trasmesse per via orofecale e non è detto che l'escremento della tua compagna sia più sano di quello di una pro.
D'altro canto, il rischio potrebbe aggiungere un motivo di eccitazione ulteriore, come quei punter che ricercano prostitute a basso costo che ricevono in zone ad alto degrado.

L'importante è essere consci dei rischi che si corrono e poi decidere.

Se pensiamo che molte persone più volte al giorno compiono, con una certa nonchalance data dall'ignoranza, una delle azioni più rischiose in assoluto, che se non sbaglio rientra tra le prime dieci cause di morte, ossia mettersi al volante di un' automobile oppure fumano, direi che il degustare l'altrui escremento, per quanto ributtante al 98% delle persone, potrebbe non essere così pericoloso.

CITAZIONE (Zilly @ 28/1/2024, 09:07)
Per quanto riguarda il pissing,invece, il rischio malattia è molto minore in quanto in una persona sana l'urina è priva di microorganismi dannosi.

Questo non vuol dire che berla sia una pratica salutare od addirittura benefica come si sosteneva in certe sette.

La logica di per sé stessa dice che se un corpo espelle dei rifiuti, reintrodurli nello stesso corpo o nel corpo di un altro non ha alcun senso e la scienza lo conferma: l'essere umano è sprecone e l'urina è costituita da oltre il 90% di acqua, anche se questo dipende poi da quanto si beve.

Le persone allergiche ad alcuni farmaci o a particolari sostanze dovrebbero fare molta attenzione in quanto molti composti, tra cui alcuni antibiotici, sono eliminati attraverso la pipì. Tra parentesi, per i patiti del CIM, alcuni antibiotici sono presenti nel liquido seminale e potrebbero dare problemi a chi è fortemente allergico ad essi. Quindi se state assumendo farmaci, prima di coinvolgere partner in certe pratiche sarebbe bene informarsi.

Paradossalmente, anche in questo caso, pur essendo priva di rischi per la prodomme, si avverte una certa resistenza in alcune di esse: molte la vogliono fare mutandate oppure nel bicchiere, lontano dallo sguardo del cliente, che si sa, non ha mai visto una vagina in vita sua. Per quelle che lo fanno mutandate, forse pensano che le altre donne non siano gnoccadotate o che la loro abbia il magico potere di fare innamorare o peggio impazzire il cliente di turno.
Per me hanno semplicemente paura che il cliente, alla fine della bevuta chieda di ripulire con la lingua la sorgente oppure si lanci a farlo spontaneamente e questo le rende immediatamente vergognose o le svergogna come ipocrite: l' ano sporco me lo fai leccare e la topa no? Perché?

Quelle che invece la fanno nel bicchiere e poi la fanno bere da esso con la scusa che è più umiliante per quello che loro chiamano schiavo ( ed io cliente ) fanno ancora più ridere. Se la fanno di fronte al sub, magari da nude, nella ciotola, con lui in ginocchio, legato, pronto ad essere costretto a lappare ha un senso. Se il poveretto se la trova già in bicchiere, magari fredda o se la tipa va in bagno e torna con un contenitore contenente il liquido, chi mi dice che non sia quello del loro fidanzato?

Detto ciò, per correttezza, devo aggiungere che non sono amante dello scat e neppure del pissing, anche se, se alla mistress piace, sono disposto a farmela fare sul corpo. Un paio di volte ho provato a berla dalla fonte e non mi è piaciuto anche se la situazione era molto eccitante, lo riconosco.

Il farting invece non lo commento in quanto, nel mio vetusto cervello di uomo dell'800, le donne semplicemente certe cose non le fanno perché il loro corpo è troppo perfetto. Si, lo so, è sbagliato ma chi se ne importa...ognuno ha diritto alle proprie illusioni.

Semplice, preciso, qualche spunto ad colorandum che non guasta mai, anzi invoglia la lettura, con una chiara demarcazione fra aspetti e giudizi, per così dire, "oggettivi" e soggettivi" che chiunque deve potersi sentire libero di esprimere come meglio gli aggrada, per descriversi o farsi conoscere, condividere sensazioni ed esperienze o più semplicemente perché gli va di farlo e dire la sua.
Quoto per sottolineare che si tratta, a mio avviso, di un esempio fra i migliori i come dovrebbero essere gli interventi in un forum BDSM che voglia essere, prima di tutto, di sana informazione e poi capace di aprire confronti e discussioni utili e di aiuto all'intera comunità.
Complimenti all'autore.
view post Posted: 27/1/2024, 13:18     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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F, incalzato da qualche nerbata sulle natiche, obbedì come poteva. Dimostrandosi maldestro, secondo il giudizio della Signora. Pertanto si attirò subito minacce di pesanti punizioni. Comunque, faticando per la difficoltà di muoversi in quel modo, strisciò fino a superare la porta del salone e poi ancora avanti, lungo un corridoio che gli sembrò infinito, attraverso altre sale, finchè arrivò alla porta dell’appartamento della Dominatrice.
F si rese conto che quello poteva essere l’alloggio di Miss Phoria poiché appariva composto da alcune stanze e proprio vicino alla porta, c’erano tre piccole gabbie metalliche, in due delle quali, erano rinchiusi, segregati nel poco spazio, altrettanti schiavi, nudi ed incatenati.
Miss Phoria non badò a loro e fece proseguire F nella stanza successiva, dov’erano sistemati attrezzi di incatenamento e tortura. Alzatolo di peso, lo prese per i polsi che, sempre uniti dietro alla schiena, attaccò ad un gancio collegato ad un verricello mediante il quale lo tirò su, fino a costringerlo in punta di piedi.
Con la schiena curva, le braccia issate ed il capo sbilanciato in avanti, F sperimentò la gravità di quella posizione, immediatamente peggiorata dal fatto che la Signora gli fece spalancare le gambe a dismisura usando come divaricatore un bastone con anelli alle estremità che agganciò alle cavigliere.
Lasciato in quel modo F faticava ancora di più a tenersi puntellato sulle punte dei piedi e la difficoltà di reggersi aggravava maggiormente il suo patimento. Si rese subito conto che Miss Phoria non aveva particolare fretta, poiché rimase un per un po' a guardarlo, girandogli intorno piano piano, e poi si allontanò, sparendo dalla sua vista.
Pur essendo riuscito a sbirciarla solo un attimo, timoroso di contravvenire alle regole, ma anche curioso dell’aspetto della Dominatrice, F aveva notato la bellezza di Miss Phoria. Di aspetto, mostrava di essere sulla trentina, aveva capelli ricci, fra il castano ed il rosso, portava gli occhiali e si facevano notare le sue labbra carnose, dipinte con un rossetto scuro, molto marcato. Di altezza media, sul corpo snello risaltavano le rotondità del seno, non molto pronunciato, e delle natiche. I pantaloni aderenti e gli stivaloni, facevano risaltare le gambe, dritte e tornite. Il suo atteggiamento gelido induceva rispetto, poiché c’era da aspettarsi che, da tanta calma, saltasse improvvisamente fuori una crudele violenza. L’impressione fu confermata quando Miss Phoria tornò nella stanza, preceduta dai due schiavi tirati fuori dalle gabbie che strisciavano per terra e sospinti a suon di scudisciate. Entrambi, già a prima vista, apparivano malconci e con le carni segnate da evidenti lividi.
La Signora, che manteneva il suo apparente distacco, si era in parte spogliata. Senza i pantaloni, esibiva le gambe fasciate da calze autoreggenti, infilate negli stivali, ed un perizoma che le copriva appena il sesso e le lasciava in vista le natiche. Si era tolta anche la maglia, per cui restava in reggiseno, ed ai fianchi portava il classico cinturone, a cui erano attaccate manette, manganello e un lunga frusta arrotolata su se stessa.
Sospinti dalla Dominatrice, i due arrivarono ai piedi di F. A quel punto, Miss Phoria si occupò del primo, mettendogli un ampio divaricatore fra le gambe che poi attaccò a un secondo verricello, per mezzo del quale, tirò su la vittima, fino a lasciarla sollevata da terra, a testa in giù.
Al secondo, toccò, invece, di venire incatenato ad un cavalletto di legno, sistemato con la pancia in giù, schiacciata lungo l'asse trasversale, con braccia e gambe ammanettate ai piedi dello stesso.
Durante quei preparativi, F constatò che i corpi degli schiavi erano segnati pressoché ovunque dai lividi. Inoltre, entrambi avevano anelli conficcati come piercing, sia ai capezzoli che al prepuzio, con una catenella che univa i tre punti, forzando il pene a stare in alto. Avevano pure un anello che stringeva lo scroto, verso l’attaccatura, mettendo così in uno strano risalto i testicoli. Ciò che maggiormente colpiva, comunque, era che i due apparivano magri, emaciati e vistosamente sofferenti, a visibile dimostrazione, degli innumerevoli patimenti a cui la Signora li aveva sicuramente sottoposti.
Quando li ebbe sistemati, Miss Phoria tornò ad occuparsi di F. Innanzi tutto, azionò ancora il verricello elettrico per tirargli ancora più in alto le braccia, costringendolo quindi a drizzare il busto, in modo che fosse maggiore il dolore provocato dall’incatenamento con le braccia dietro la schiena. Poi, con gran calma, prese un cesto di mollette, che cominciò ad applicargli sul corpo. Cominciò dai capezzoli, mettendogliene sia in cima, che intorno. Proseguì lungo le braccia, e poi intorno al sesso, e ne applicò anche sul pene, sul glande e sui testicoli, gongolando ai gemiti della vittima. Altre ancora ne mise all’interno delle cosce, sul naso e sulle labbra, ordinando infine allo schiavo, di tirare fuori la lingua, per applicarne un paio anche lì. Il fastidio era notevole e la Dominatrice si dilettò, muovendo ora una ora l’altra molletta, levandone qualcuna con uno strappo, per poi rimetterla immediatamente.
F sopportava quel gioco crudele mugolando di dolore, nell’impossibilità fisica di muoversi per il modo in cui era incatenato.
Dopo essersi a lungo trastullata, Miss Phoria gli strappò le mollette, una ad una, finchè, quando ebbe finito, si fece vedere bene mentre sfilava il lungo manganello dalla cintura, e prendeva le misure, roteando infine su se stessa, per infliggere una violentissima randellata proprio in mezzo ai testicoli di F, che, a quel punto, mandò un urlo straziante, completamente stordito dall’atroce dolore.
La Signora, non ancora appagata, gli spinse il manganello con forza, dritto in pancia, e poi lo colpì ripetutamente ai fianchi con una furia incontenibile.
Solo quando lo schiavo perse l’equilibrio, lasciandosi penzolare dalla catena, Miss Phoria si fermò, restando ad osservarlo mentre mugolava col fiato mozzato.
La tregua, comunque, non durò a lungo, poiché la Dominatrice lo incalzò affinchè si raddrizzasse e, quando ottenne ciò, si mise ad armeggiare con una seconda cesta che conteneva pinzette e morsetti metallici. L’uso di questi nuovi attrezzi, era simile a quello delle mollette, ma la loro morsa era ancora più forte.
Innanzi tutto applicò ai capezzoli di F due pinzette, che stringevano esageratamente, e che avevano una specie di vite per essere bloccate e non perdere la presa, oltre ad un anellino dalla parte opposta a quella con cui mordevano la carne. Un’altra pinzetta identica, fu applicata sul prepuzio dello schiavo, che così, si trovava ad essere messo in modo simile agli altri due marchiati col piercing. Il gioco della Dominatrice, a quel punto, fu di passare una catenella fra i tre anelli, per divertirsi a tirare e strattonare contemporaneamente le pinzette. Ora tirava in avanti, ora di lato, ora sopra, ora in basso, ottenendo così di far muovere insieme pene e capezzoli, quasi strappandoli. A quelle sollecitazioni, F rispondeva urlando e piangendo di dolore, e ciò sembrava dare molto piacere alla ua torturatrice che, nel frattempo, si toccava voluttuosamente fra le gambe.
Anche mentre si masturbava, eccitata dalla sofferenza della sua vittima, Miss Phoria non perdeva quell’aria fredda e distaccata, da aguzzina, che già stava elaborando una nuova tortura a cui sottoporre lo schiavo.
Dopo un po’ di quel gioco, infatti, la Signora unì le estremità della catenella ad un moschettone, e quindi ad un’altra catena, più grossa e pesante che srotolò fino a farla passare sulla schiena dello schiavo incatenato al cavalletto, messo di traverso rispetto ad F.
All’estremità della catena, quindi, applicò un grosso peso, che stava alzato da terra. In quel modo la catena era in tensione e le tre pinzette erano tirate in avanti. Inoltre, ad ogni anche minimo movimento dello schiavo sul cavalletto, F subiva strattoni, lievi ma molto dolorosi.
La sua posizione fu ben presto aggravata: Miss Phoria gli cinse i fianchi con un’altra catena, che strinse esageratamente, e che poi attaccò ad un tirante infisso nel muro, alle spalle dello schiavo, costringendolo ad arretrare col busto ed esponendo così ancora di più i capezzoli ed il pene alla morsa che lo tirava dall’altra parte. La Signora, restò un po’ a contemplare la sua creazione, quindi decise di attaccare un’altra catena al divaricatore per le gambe, che collegò ad un altro appiglio sul davanti, costringendo F a subire un’ennesima sollecitazione in senso opposto a quella che lo tirava indietro.
In definitiva lo schiavo si ritrovava appeso per i polsi, uniti dietro la schiena e tirati in alto dal verricello, con le pinzette ai capezzoli ed al pene che lo tiravano in avanti, nella stessa direzione in cui erano tirati i suoi piedi e le sue gambe, spalancate per effetto del divaricatore, mentre la pancia era trattenuta all’indietro dalla catena che, fra l’altro, gli segava la carne dei fianchi.
Ogni respiro suo, o dello schiavo sopra il quale passava la catena con il peso, era sufficiente per scatenare dolore, ed a quel punto F non riusciva più nemmeno a gemere o piangere, poiché anche quei minimi scossoni risultavano insopportabili.
Miss Phoria sembrava soddisfatta della sua opera, tanto che si mise a masturbarsi in modo plateale, senza perdere l’occasione per afferrare con una mano il sesso del terzo schiavo, appeso a testa in giù, tormentandogli pesantemente i testicoli. Ansimò e mugolò, per fare capire ai tre schiavi che stava godendo, divertita dalla loro sofferenza. Quindi uscì velocemente dalla stanza, lasciandoli soli.

F, non vedendola tornare, dopo un po’ cadde preda del terrore di essere abbandonato lì. Accennò inutili e dolorosissimi movimenti, constatando che otteneva l’unico risultato di farsi del male. Fra l’altro, lo schiavo sul cavalletto, cominciava a non reggere più la forzata immobilità, per cui cercava di spostare un poco la schiena, muovendo la catena che tirava le pinzette sul corpo di F. Era, in sostanza, una situazione del tutto insostenibile per lo schiavo novizio, che non aveva scampo, nè poteva sottrarsi al patimento.
Al suo ritorno nella stanza, dopo una mezz'oretta, Miss Phoria, che nel frattempo si era rimessa la maglietta, restando ancora senza pantaloni, portò altri attrezzi. Erano altri pesi, che applicò alla catena che tirava le pinzette, sia alla fine, che in mezzo, fra lo schiavo sul cavalletto ed F per esasperarne ancora di più la morsa. Dopo avere controllato l’efficacia della sistemazione, prese un nuovo attrezzo, il cui scopo era di tenere spalancata la bocca della vittima a cui veniva applicato. Era composto da due parti di ferro, tenute aperte da molle, che avevano un blocco per impedirne in ogni modo la chiusura. Urtando le catene che tiravano F, gli si mise davanti, e gli ficcò in bocca l’attrezzo, regolandolo subito al massimo, affinchè lo schiavo si trovasse con le mandibole aperte al limite della loro possibilità. Un altro aggeggio che la Signora usò sulla sua vittima, era un gancio, fatto a forma di doppio amo, di cui infilò le punte nelle narici. Il gancio era unito ad una cordicella, che la Torturatrice gli passò sopra alla testa, tendendola quindi attraverso l’anello del collare, normalmente usato per mettere il guinzaglio. Da qui la tirò ancora, facendola passare attraverso uno degli anelli della catena che tirava F all’indietro, e poi ancora in mezzo alle natiche. A quel punto, legò la corda ad un tubo metallico di forma curva, che senza tanti complimenti, gli infilò nell’ano.
Ora, F si trovava con la testa tirata all’indietro, il culo penetrato, il naso tormentato dalle punte del gancio. Si rendeva pienamente conto di avere ormai assunto un aspetto del tutto assurdo e sembrava che la sua Aguzzina trovasse ciò molto spassoso, poiché nuovamente gli girò a lungo intorno, palesemente divertita.
Non aveva, però, ancora finito, perché dopo un po’ si mise armeggiare con una nuova catena. Stavolta ebbe bisogno di salire su una sedia, per farla passare attraverso un gancio sul soffitto. Ebbe cura di avere le due estremità al livello del pavimento, e quindi prese un moschettone per unire l’ultima catena con quella che tirava in avanti il divaricatore.
Diede alcuni piccoli strappi, giusto per far capire ciò che stava per fare.
F rabbrividì, rendendosi conto che la Signora aveva l’intenzione di tirare in alto la catena, trainando in quel modo anche le sue gambe, per fargli perdere la possibilità di appoggiare le punte dei piedi per terra. Perdendo anche quell’ultimo minimo appoggio, F sarebbe stato privo di ogni equilibrio, ed assolutamente in preda alle forze contrastanti che lo tiravano in direzioni opposte. Ad ogni strappo, scivolava con i piedi in avanti. Le spalle si drizzavano sempre di più, sul punto di slogarsi.
Portava sempre più indietro la testa, per bilanciare la forza che lo teneva per il naso, ma in quel modo spostava all’indietro anche il busto, offrendosi maggiormente alla sofferenza di capezzoli e pene, morsi dalle pinzette.
Miss Phoria, lentissima ma implacabile, non gli dava tregua. Inesorabilmente gli tirava in avanti i piedi, aggravando piano piano la sua instabilità, e quindi il suo dolore. Infine, con uno strappo finale, gli fece del tutto perdere l’equilibrio, facendogli sollevare i piedi dal pavimento.
F, impegnò nelle braccia quel poco di forza che gli restava, cercando disperatamente di pareggiare la tensione che gliele stava girando in modo innaturale. Si rendeva conto che non avrebbe potuto resistere a lungo, e si aspettava da un momento all’altro di sentire cedere le ossa. Mosso dalla paura, che in quel momento era più forte del dolore delle parti del corpo, stritolate e strattonate in ogni direzione, trovò l’energia per un ultima disperata reazione: slanciò le mani verso l'alto, riuscendo ad afferrare la catena e trovando così un modo più efficace per reggersi.
Miss Phoria lo osservava divertita, mentre cercava di resistere e sembrava in qualche modo molto soddisfatta di vederlo ancora reattivo.
Con una mossa improvvisa, la torturatrice lasciò la catena che tirava in avanti le gambe di F ed azionò il verricello elettrico a cui era appeso. In pochi istanti lo schiavo si trovò tirato verso il soffitto, con le gambe a penzoloni, capezzoli e sesso tirati in basso sul davanti, e fianchi stretti dalla catena attaccata alle sue spalle. Doveva continuare a tenere anche la testa piegata all’indietro, ma il fatto di non essere sbilanciato dalle gambe consentiva ai suoi sforzi di ottenere qualche risultato. Alzandolo fino a fargli toccare quasi il soffitto, la Dominatrice, ottenne l’effetto di muovere in su anche la catena, che prima passava sulla schiena dello schiavo sul cavalletto. Così tutti i pesi tiravano decisamente in basso le pinzette, che stringevano capezzoli e pene di F.
Rimase a guardare con calma la sua vittima, impegnata nel resistere a tutte le sollecitazioni, poi, lentamente, cominciò a rimuovere i pesi alla catena che tirava le pinzette. Molto piano, sganciò dal pavimento la catena che era ancora attaccata al divaricatore e finalmente allentò quella che faceva da cintura ad F, e che era attaccata al muro dietro di lui.
A quel punto, allo schiavo restava ancora applicata la catenella fra le pinzette, il gancio al naso, unito a quello infilato nel culo, l’apparecchio per tenergli la bocca spalancata, ed il divaricatore. Soprattutto gli restava da fare i conti con il suo stesso peso, che gravava tutto sulle braccia, per le quali era appeso al soffitto.
Miss Phoria decise finalmente di farlo scendere, azionando al contrario la carrucola, proprio quando stava per perdere tutte le forze e cedere.
F, dunque, fu calato fino ad essere steso per terra, incapace di rialzarsi. Rimase a boccheggiare, con le mandibole forzatamente spalancate, a pancia in giù, mentre la Dominatrice lo sganciava definitivamente dal verricello. Gli scostò, quindi, anche la catena intorno ai fianchi, che ormai non stringeva più, e gli rimosse i ganci dall’ano e dal naso.
Decise che per un po’ poteva lasciarlo in pace sul pavimento, ma dopo che gli ebbe fatto piegare le gambe indietro, per unire i bracciali, ancora inlucchettati dietro la schiena, al punto centrale del divaricatore. Così F si ritrovò in una posizione che, pur essendo tutt’altro che comoda, era assai meno penosa di quelle provate fino ad allora.
Miss Phoria, a quel punto, si dedicò nuovamente a tormentare lo scroto dello schiavo appeso a testa in giù.
Constatato che ormai anche quella vittima sembrava incapace di reagire, si decise ad abbassare anche quel verricello.
In breve, F si trovò lo schiavo al suo fianco, nella sua stessa identica posizione.
Sorte diversa toccò al terzo, che fu lasciato al cavalletto, e sul quale, Miss Phoria sfogò la voglia di usare la frusta e lo scudiscio.
Si mise a percuoterlo a lungo, sulla schiena, sulle natiche e sulle gambe, rinnovando i lividi che gli coloravano la carne.
Quando si fu stancata, lo staccò dall’attrezzo, lasciandolo ruzzolare per terra, e lo costrinse a strisciare fino alla gabbia, nella quale lo rinchiuse, prima di tornare da F e dall’altro schiavo.
I due avevano appena ripreso fiato, e già toccava loro di affrontare nuovamente la gelida crudeltà dell’aguzzina.
Dedicando la sua attenzione per primo ad F, Miss Phoria usò ancora il verricello, alzandolo da terra per i polsi, uniti al divaricatore.
Fu una nuova dolorosa sollecitazione per lo schiavo, che venne fermato a circa un metro dal pavimento, ad aspettare che nel frattempo la Dominatrice si occupasse dell’altra vittima, a cui toccò identica sorte.
F, dunque, dovette subire ancora l’inserimento del gancio nel naso, unito ad una corda che, come in precedenza, gli fu fatta passare sopra alla testa, dietro la nuca, attraverso l’anello del collare, ed infine attaccata al tubo a forma di "J", la cui estremità gli fu infilata nell’ano.
Nuovamente, la Signora applicò grossi pesi alla catenella che univa le pinzette, gravando, così, su capezzoli e pene.
Anche l’altro schiavo fu sistemato nello stesso modo, con il divaricatore per la bocca, i ganci nel naso e nel culo, i pesi alla catena.
Miss Phoria rimase un po’ a rimirare le sue vittime, soddisfatta dell’opera, fin quando uscì velocemente dalla stanza e dall’appartamento.

F, sentendo il rumore della porta che veniva chiusa a chiave, fu preso dall’angosciosa paura di essere abbandonato lì a lungo. I polsi, già doloranti per il lungo incatenamento precedente, erano atrocemente morsi dai bracciali, e stavolta non aveva la possibilità di afferrare la catena a cui era appeso, per cercare di compensare il peso. La respirazione era affannosa, e sentiva tutti i muscoli della schiena anchilosati. I pesi e le pinze, gli tormentavano capezzoli e prepuzio. Anche le mandibole, erano doloranti, per essere tanto a lungo forzatamente spalancate, e dalla bocca, oltre che dal naso, tirati all'indietro dal gancio, perdeva saliva e liquidi che colavano per terra, sotto di lui.
L’altro schiavo non era in condizioni migliori, anche lui già duramente provato dal precedente incatenamento a testa in giù.
F, cercava di capire quanto tempo avesse fino ad allora passato alla mercè di Miss Phoria.
Essendo stato condotto da lei subito dopo pranzo, poteva essere ormai passato l’intero pomeriggio, per cui si avvicinava la sua terza notte al Castello. In sostanza, da tre giorni non dormiva, né beveva né mangiava, e solo ciò sarebbe bastato come tortura, mentre aveva dovuto subire numerosi e pesanti altri patimenti.
Restò così ancora a lungo, con la sofferenza aggravata dallo sconforto e dalla paura, finchè udì la porta dell’appartamento che si apriva. Nella stanza, fecero il loro ingresso Miss Phoria, che stavolta si era rimessa i pantaloni, e una nuova Dominatrice. Si trattava di una Signora bionda, più anziana, robusta, e vestita con camicia e pantaloni larghi. La nuova arrivata, si complimentò molto con l’ospite, per il modo in cui aveva sistemato le due vittime; ispezionò catene ed attrezzi, con grande attenzione, quindi, chiese di potersi divertire un po' anche lei.
- Sarà un piacere per me assisterla, Lady Mara - le rispose Miss Phoria - Utilizzi pure gli strumenti che preferisce.
- Mi basta assai poco - replicò l’altra. Quando si ha a disposizione uno schiavo così ben incatenato, la tortura è assai semplice.
Dicendo questo, Lady Mara cercò fra gli attrezzi a disposizione nella stanza, recuperando un bastoncino sottile ed appuntito che mostrò a Miss Phoria con grande soddisfazione. Azionò, quindi, il verricello per alzare F, finché ebbe la sua faccia a portata di mano, e, con un sorriso cattivo in volto, cominciò a stuzzicare il naso della vittima, col bastoncino appuntito. Sentendo l’oggetto nelle narici, F provò una fastidiosa sensazione, che si aggravava man mano che la Signora lo spingeva più a fondo, pungendolo dall’interno, prima da una parte e poi dall’altra. Lo schiavo cercava di tirarsi indietro, ma era inutile, poiché già aveva il collo piegato al massimo, tirato all’indietro per effetto del gancio al naso. Il solo prurito, a parte il dolore delle ripetute punture, provocato dal bastoncino, era sufficiente a causargli sofferenza. Infatti, bastò uno starnuto per scuoterlo tutto, e ciò, tenuto conto di com’era incatenato, ebbe effetti disastrosi per i suoi muscoli anchilosati e tesi.
Lady Mara, dopo aver a lungo tormentato F, stuzzicò anche l’altro schiavo nello stesso modo, ottenendo pure con quello, un risultato che giudicò piacevole.
Riprese nuovamente con il primo, infilandogli il bastoncino anche nella bocca spalancata, oltre che nel naso. Gli pizzicò il palato, fino in fondo, provocandogli un terribile senso di nausea, tosse secca e mancanza di respiro.
ornò al secondo, e poi continuò, alternando l’uno e l’altro, mentre commentava con l’amica più giovane, l’efficacia di quella semplice tortura.
Trascorse così altro tempo, finchè le due decisero che era l’ora di prepararsi per tornare dalle altre Dominatrici.
Rapidamente abbassarono i verricelli, lasciando F steso per terra, mentre il secondo, liberato dai vari strumenti costrittivi che lo cingevano, venne rimesso in gabbia.
F fu liberato, in primo luogo del lucchetto, che univa polsi e divaricatore per le gambe. Gli tolsero quindi il gancio infilato nel culo ei anche quello nel naso. Quando venne liberato dall’attrezzo che gli teneva spalancate le mandibole, quasi non riusciva più a chiudere la bocca. Infine, con la rimozione del divaricatore, poté finalmente stringere le gambe.
Lo fecero alzare in piedi, per allentare le pinzette: prima quella al prepuzio e poi quelle ai capezzoli, non mancando in quell’occasione, di strattonarlo ancora un poco.
In definitiva, gli lasciarono solo i polsi lucchettati insieme, e nuovamente lo fecero stendere a pancia in giù, perché strisciasse lungo la strada del ritorno.
Agganciato al guinzaglio, e sospinto dalle due Signore, con piccoli calci e scudisciate, strisciò faticosamente fino a tornare nella sala, in cui, ore prima, le Dominatrici avevano pranzato.

(continua)
view post Posted: 26/1/2024, 12:20     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Finalmente la porta fu aperta, ed una Guardiana li tirò fuori a forza, ordinando che si riprendessero la loro sacca.
Faticando per restare in piedi, con gli arti anchilosati, i tre vennero spinti a risalire lungo la ripida scala che portava al pianterreno, e qui, riuniti ad altre squadre, vennero guidati verso i locali per i servizi igienici, sempre sotto scorta di alcune Guardiane assistite da altri schiavi.
Come già in precedenza gli schiavi, liberati delle catene, furono guidati in una stanza dove c’erano vasi e pitali, nei quali poterono, tutti insieme, pisciare e defecare, stando accovacciati uno vicino all’altro.
Poi, in un vano attiguo, le Guardiane si curarono della loro pulizia, facendoli innaffiare dagli schiavi aiutanti con un getto d’acqua fredda, misto a detergente. Diedero loro dei teli ruvidi per asciugarsi, e fecero loro lavare i denti con una specie di collutorio, dal gusto troppo intenso di disinfettante.
Fatto ciò, le Dominatrici li suddivisero in nuovi gruppi, ognuno dei quali ebbe una diversa destinazione.
Molto preoccupato, F si vide condurre ancora verso un piano più basso, ma stavolta non si trattava del sotterraneo delle prigioni, bensì di un seminterrato dove c’erano corridoi e stanze. In una di queste fu fatto entrare il suo gruppo, composto da una mezza dozzina di schiavi e qui capirono che si trattava dei loro “posti letto”.
Il termine era esagerato, poiché, in effetti, era una camerata con sei brande, di legno, senza rete né materassi.
A lato di ciascuna di esse, c’era una stuoia buttata sul pavimento.
- Questi sono i vostri posti - spiegò bruscamente la Guardiana che li accompagnava. Forse un giorno vi potrete meritare rete, materasso e coperte, ma per ora avete solo la stuoia, su cui vi stenderete in catene. Sotto alla branda col vostro numero lasciate la vostra sacca, dato che per questi primi giorni non dovrete indossare abiti, e fate in fretta che dobbiamo risalire subito.

Non erano dunque previste soste per il momento ed in pochi istanti gli schiavi fecero quanto loro ordinato.
La Guardiana, allora, li guidò nuovamente al piano superiore, e da qui li portò fino a un grande salone, dove affluivano anche altri gruppi. Qui c’era nuovamente la Guardiana che li aveva accolti appena scesi dai camion la quale, con poche parole, li informò che sarebbero stati incatenati lì, per essere a disposizione delle Dominatrici. Quel salone, aggiunse, era il luogo dove venivano tenute le riunioni e le feste nelle occasioni speciali, mentre, quotidianamente era usato come punto di ritrovo delle Signore. C’erano, infatti, sedie, poltrone e tavolini oltre a mobili bar, ma gran parte dell’arredo era costituito da strumenti di incatenamento, rastrelliere, fruste, scaffali con attrezzi di tortura. C’era inoltre, un numero adeguato di “appendi schiavi” sui quali vennero subito collocati F e gli altri.
Non c’erano tutti quelli arrivati con lui, e nemmeno tutti quelli che avevano passato la visita medica, segno che gli assenti erano già stati indirizzati ad altri servizi, trattandosi probabilmente di quelli già educati e preparati a svolgere specifiche mansioni. Per quelli lì riuniti, invece, si prospettava una nuova lunga attesa, dato che le Signore, dopo averli incatenati ai loro posti ed averli imbavagliati, se ne andarono, lasciandoli da soli.
Perlomeno, pensò F, il luogo non era freddo ed era pulito, diversamente dalla cella in cui era stato segregato con gli altri due. In ogni caso, l’attesa era sempre causa d’angoscia, sia per la forzata immobilità ed il senso di impotenza così indotto, sia per l’ansia, determinata dal pensiero di cosa sarebbe potuto accadere all’arrivo delle Dominatrici.
Tormentato dalla fame e dalla sete che si facevano sempre più pressanti, F ripensava con ossessiva insistenza ai momenti trascorsi, rendendosi pienamente conto di come in poco tempo le Dominatrici avessero già preso completo possesso della sua mente e del suo corpo, usandolo come una cosa priva di autonomia.
Rifletteva, in modo confuso su ciò, quando nella sala entrarono un paio di Guardiane, che tenevano al guinzaglio quattro schiavi nudi, facendoli muovere a quattro zampe, come animali. Le Signore indossavano dei cappotti, e gli schiavi erano visibilmente intirizziti dal freddo, segno che provenivano dall’esterno.
Le due si accomodarono su un divano, chiacchierando fra loro, e gli schiavi si misero in ginocchio ai loro piedi.
F le sbirciò, mentre bevevano qualcosa di caldo e fumavano, attendendo con ansia il momento in cui si sarebbero interessate a lui o ai suoi compagni incatenati. Invece non accadde nulla di tutto ciò. Le Guardiane degnarono gli schiavi appesi solo di un’occhiata, e rapidamente com’erano venute, se ne andarono, portandosi via le loro vittime al guinzaglio.
Passò altro tempo prima che altre Dominatrici entrassero nel salone. Stavolta di trattava di tre Signore, che fecero ingresso ridendo fra di loro. Indossavano corpetti attillati, collant, stivali alti neri; e brandivano lunghe fruste, dando l’impressione di essere già eccitate e decise ad infliggere pesanti torture.
Evidentemente avevano le idee precise perché si indirizzarono con determinazione verso uno degli schiavi, scelto fra i più giovani e prestanti, tirandolo giù a forza dallo strumento a cui era appeso e cominciando immediatamente a percuoterlo, senza che lui potesse minimamente opporsi o cercare di attutire i colpi. Lo presero a calci e frustate in tutto il corpo, senza concederli un attimo di tregua, e quando lo videro stremato lo incatenarono ad un paranco, per appenderlo con le braccia dietro alla schiena e le gambe spalancate. Passandoselo da una all’altra, gli inflissero un’altra infinita serie di nerbate, ridendo dei suoi inutili lamenti, e gli tormentarono il sesso a bastonate, senza pietà. Solo quando fu quasi svenuto lo lasciarono lì, per dedicare le loro crudeli attenzioni ad un altro, che maltrattarono in modo analogo.
F assisteva rabbrividendo, terrorizzato da tanta furia, scatenata così a sangue freddo, senza altra ragione che il capriccio delle aguzzine.
Dopo avere straziato anche la seconda vittima, le tre se ne andarono, lasciando i due schiavi appesi in mezzo al salone, coperti di lividi e in lacrime.
Passò altro tempo, difficile calcolare quanto, durante il quale F non aveva altro da fare che stare alle prese con la sua scomoda posizione, guardando avanti a sé, il triste spettacolo delle due vittime penzolanti dalle catene.
Poi, fece improvvisa comparsa nel salone un gruppo di quattro schiavi, nudi, ma con bizzarri corpetti, che stringevano fianchi e torace, senza catene a polsi e caviglie, ma con delle specie di maschere di cuoio e ferro che servivano evidentemente sia come bavaglio che come costrizione per il viso. I quattro si muovevano rapidamente, ignorando gli schiavi sugli “appendini”, evidentemente avevano ordini precisi sui compiti loro assegnati. L’unica attenzione agli altri schiavi riguardò i due appesi nel mezzo del salone, che furono abbassati, in modo che potessero appoggiare i piedi a terra: non era molto, ma era sicuramente meglio che pendere dal soffitto, con tutto il peso scaricato sulle braccia e sui polsi, uniti dietro alla schiena.
Il lavoro principale di questi schiavi, comunque, era di preparare la sala con sedie ed un lungo tavolo, da apparecchiare per il pranzo. Ognuno aveva mansioni precise, che svolgeva senza bisogno di guardare gli altri. Così il tavolo, che prima era sistemato in un angolo, fu rapidamente apparecchiato in mezzo alla sala, con biancheria e
stoviglie prima riposte in scansie chiuse.

Quando ebbero finito, i quattro uscirono in silenzio dal salone, per rientrarvi dopo circa un quarto d’ora, secondo l’impressione approssimativa di F.
Tornarono, infatti, portando i carrelli con gli scaldavivande, in cui era preparato il cibo per le Padrone.
A quel punto, risultò ancora più evidente la funzione delle maschere-bavaglio, che servivano, oltre che impedire la parola, ad escludere la possibilità che gli schiavi potessero prendere furtivamente qualcosa da mangiare o da bere.
Chiaramente anche quelli, e non solo i novizi, erano tenuti ad uno stretto digiuno, e fu un penoso supplizio di Tantalo, per tutti gli schiavi, quello di intuire la presenza del cibo, senza potere lenire la fame che li tormentava.
Passò un altro po’ di tempo, durante il quale gli inservienti restarono immobili alla scorta del cibo, prima che arrivassero le Dominatrici. Un paio, erano quelle che avevano già visitato il salone, una sembrava la Guardiana che li aveva portati lì, altre due erano nuove, o perlomeno F non le rammentava.
Entrarono fragorosamente, ridendo fra loro, scortate da due enormi alani neri che si misero a scorrazzare dappertutto e intorno agli schiavi incatenati.
Era tutt’altro che rassicurante per F, trovarsi davanti ad un bestione che gli annusava il corpo nudo e sembrava particolarmente incuriosito dal suo pene, così apertamente esposto. Per quanto si dicesse che sicuramente erano animali perfettamente addestrati, sudò freddo il respiro gli si bloccò. Analogo stato d’animo prese gli altri schiavi e forse fu per avere avvertito la loro paura che i due cani ringhiarono ed abbaiarono alle vittime, comportandosi in modo assai simile alle Padrone.
Gli stessi inservienti, per quanto apparentemente già avvezzi a quel genere di situazione, avevano un’aria incerta ed insicura, attirando così altre ringhiate dei due animali. Poi, improvvisamente, i cani si disinteressarono degli schiavi, e corsero a scodinzolare dalle Dominatrici, che nel frattempo si erano sedute a tavola.
Senza bisogno di comandi, i quattro servitori, presero dai carrelli i piatti da portata, preparando il pranzo delle Signore.
Gli aromi del cibo si dispersero nell’aria, aggravando il patimento per il tormento della fame, che stringeva lo stomaco degli schiavi.
F azzardò a guardare un poco, con l’acquolina alla bocca, i piatti fumanti delle Dominatrici che, servite dai quattro camerieri nudi, mangiavano chiacchierando fra loro. Avevano abbassato il tono della voce, così non si capiva nemmeno in che lingua stavano parlando, ma era del tutto particolare il fatto che le cinque Signore sembravano volere palesemente ignorare la presenza di tutti gli schiavi. Dispensavano, invece, carezze e cibo ai due cani, ai quali furono portate le scodelle con carne, pasta ed acqua. Verso la fine del pranzo, poi, alcune Signore elargirono agli animali un po’ dei loro avanzi, badando bene di fare notare ciò agli schiavi, che invece rimanevano a bocca asciutta. Una di loro, in particolare, si divertì, alzandosi, per passare un residuo di braciola sotto al naso di uno dei due appesi in mezzo alla stanza. Quando quello accennò solo ad aprire la bocca, la Dominatrice, ridendo, fece cadere il boccone, per lasciarlo ad uno dei cani, che lo addentò proprio ai piedi dello sventurato.
Avendo ormai concluso il pranzo, quella stessa Signora dedicò un po' della sua attenzione agli altri schiavi.
Dava l’impressione che si stesse scegliendo la merce che poteva interessarla: infatti passava dall’uno all’altro, palpando braccia, gambe e sesso. Fu, infine, lo stesso F a guadagnare la sua attenzione.
- Questo me lo prendo io per i miei giochetti - disse la Signora, rivolta alle colleghe.
- Fa’ pure, Phoria … - le rispose una delle altre, che, nel frattempo, si era alzata, e puntava ai due schiavi ancora appesi per i polsi - io mi lavoro ancora un poco questi due animali: voglio vedere quanto possono resistere alla frusta!
Il commento della seconda Dominatrice fu accolto dagli applausi delle rimanenti tre amiche ancora sedute a tavola.
Miss Phoria fece un cenno d’assenso e si occupò di staccare F dall’appendino, aprendo la gogna che gli bloccava polsi e collo. Con uno spintone lo mandò lungo disteso a terra, e, tenendolo a pancia in giù con un ginocchio piantato nella schiena, gli attaccò un guinzaglio al collare, e gli unì i polsi dietro la schiena, con un lucchetto.
- Striscia bestia - gli ordinò. Vai verso la porta, strisciando a terra come un verme!

(continua)
view post Posted: 24/1/2024, 13:15     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Nel salone, oltre agli schiavi in attesa e alla Dominatrice rimasta di guardia, c’erano un paio di schiavi addetti alle pulizie e una nuova Signora che li stava controllando.
Il portone era stato spalancato, così entrava il freddo dell’esterno, che raggelava l’aria. Gli schiavi al lavoro erano nudi, e portavano solo un collare, oltre a bracciali e
cavigliere, per incatenare fra loro braccia e gambe, ma le catene erano abbastanza lunghe da consentire una possibilità di movimento quasi normale. Lavoravano stando a quattro zampe, e lavavano il pavimento con stracci bagnati, sotto il controllo della loro sorvegliante, che brandiva uno scudiscio e somministrava di tanto di in tanto qualche colpo sulle natiche, incitandoli a fare bene ed in fretta.
F, malconcio e dolorante, sbirciò un po’ intorno, badando a non farsi vedere dalle Dominatrici; poi, sopraffatto dalla stanchezza e dal patimento, cadde in una sorta di dormiveglia. Non era una situazione riposante, giacché il fatto di essere appeso com’era, non gli consentiva assolutamente di assumere una posizione minimamente comoda.
Riuscì, comunque, ad estraniarsi un po’ e lo stato di rimbambimento in cui era caduto gli consentì di sopportare in qualche modo quella lunga e penosa attesa.
Quasi non si accorse di quando gli schiavi lavoratori se ne andarono, seguiti dalla loro sorvegliante, e fu chiuso il portone. La Dominatrice di guardia fu sostituita da un’altra, mentre, col passare del tempo, F risentiva sempre più dell’intorpidimento delle membra, del sonno insoddisfatto, della fame e della sete.
Lentamente proseguivano le visite. Uno alla volta gli schiavi venivano portati nell’ambulatorio, dove subivano il trattamento simile a quello sperimentato da F e quindi uscivano, sempre più provati e malconci. Vi fu una pausa piuttosto lunga ed F, in un labile momento di lucidità, immaginò che fosse per il pranzo delle Signore. Poi le visite ripresero, sempre con la stessa cadenza, fintanto che tutti gli schiavi furono stati controllati.
Finalmente arrivarono delle nuove Guardiane, vestite in modo identico alle altre, che annunciarono sbrigativamente che era stato concluso il controllo sanitario.
Uno alla volta gli schiavi furono liberati dai carrelli e tenendo ognuno il proprio sacchetto con gli indumenti non utilizzati, furono fatti uscire dalla sala d’attesa e condotti in un lungo corridoio. Mentre ciò avveniva, F ebbe l’impressione di sentire dall’esterno il rumore dei camion che, immaginò, portavano i nuovi arrivati sul piazzale del Castello.
Alla fine del corridoio F e gli altri vennero così spinti in una nuova stanza, assai più piccola del salone in cui avevano atteso i controlli sanitari, dove fu loro ordinato di restare in fila, immobili, in piedi, con le mani sopra la testa, allineati lungo una parete. Davanti a loro c’era una scrivania, su cui erano sistemati scatoloni e fascicoli.
Tre Dominatrici, quindi, si occuparono delle successive operazioni, che consistevano in un nuovo esame delle loro schede e nella scelta di bracciali e collari, in base alle misure individuali.
Uno alla volta, gli schiavi furono chiamati con il loro numero, mentre le Guardiane erano pronte a dare tremende sferzate a chi non rispondeva adeguatamente, o non era pronto a scattare per mettersi davanti al tavolo.
F, chiamato fra i primi ed ancora stordito dall’intorpidimento fisico e mentale provocato dalla lunga immobilizzazione sul carrello, si meritò alcune sonore frustate sulla schiena e sulle natiche, impartite da una Guardiana con una lunga verga di legno flessibile.
Ricontrollata la sua scheda e le sue misure, le Dominatrici gli misero una specie di collare, costituito da due parti di metallo, chiuse davanti con un lucchetto, e dall’altra da un perno inamovibile. Il collare aveva anelli passanti ai lati, evidentemente destinati a consentire facili agganci, ed era molto alto e stretto a tal punto da lasciare solamente pochi millimetri appena di gioco attorno al collo, in modo da costituire un fastidioso peso per lo schiavo. Al lucchetto, poi, fu infilato un pendaglio con il suo numero identificativo. Inoltre gli misero due grossi bracciali metallici, ed altri anelli, ai polsi e alle caviglie, sostanzialmente simili al collare tranne che per le dimensioni.
Gli scattarono alcune foto, per documentare ciò che gli avevano applicato, e fu poi preso in consegna da una nuova Guardiana, insieme ad altri due schiavi che erano già stati preparati prima di lui.
La Dominatrice li spinse bruscamente innanzi a sé, indirizzandoli in una stanza attigua dove un’altra aguzzina stava mettendo catene ad altri due schiavi.
Senza particolari presentazioni, dando solo brevi ordini secchi, la Guardiana usò una catena e dei lucchetti per unire i collari degli schiavi. F, si trovò, così, in mezzo fra gli altri due, entrambi più o meno della sua stessa stazza. Poi fece passare un’altra catena, collegando la caviglia destra del primo schiavo alla sinistra di F, e questa alla destra del terzo. Infine, con altri lucchetti, unì i bracciali di ciascuno dietro alla schiena, e quindi usò una catena con ganci per ciascuno, in modo da attaccare i polsi al collare, costringendo le sue vittime ad una scomoda posizione, con le braccia ripiegate all’insù.
F, ebbe appena il modo di dare un’occhiata all’altro gruppetto, di soli due schiavi, constatando che anche loro erano stati incatenati in modo simile. La Guardiana, usando lo scudiscio per fendere l’aria, comandò che la squadra si muovesse, indicando di procedere lungo una scalinata che portava ai piani sottostanti.
Camminare in quel modo si rivelò assai complicato, col rischio di rovinare giù per le scale per poi ruzzolare l’uno sull’altro.
Alla fine del tortuoso percorso i tre arrivarono in quello che sembrava essere un luogo di prigionia: un corridoio tetro, su cui si affacciavano le porte di alcune celle.
Ciò che la Dominatrice fece confermò l’impressione di F. Infatti, la donna aprì una delle porte, rivelando che dietro di essa c’era una cella di anguste dimensioni. Ritirò dai tre schiavi le sacche con gli indumenti, e subito dopo averle lasciate a terra, si preoccupò di mettere ad ognuno di loro un bavaglio, costituito da una palla che andava infilata in bocca, e che era stretta con un fibbia di pelle chiusa dietro la nuca. Poi, sempre lasciando le caviglie dei tre schiavi incatenate insieme, li spinse dentro alla cella, chiudendo subito la porta alle loro spalle.
Così F si ritrovò incarcerato, imbavagliato e incatenato insieme ai due compagni di sventura, con i quali doveva condividere quello spazio angusto, tanto che si trovavano appiccicati l’uno all’altro, letteralmente compressi, come in una scatola di sardine. F, sentiva premere sul suo corpo quello degli altri due, tanto stretti che era perfino difficoltoso respirare. Le braccia ripiegate all’insù, urtavano contro la schiena di uno, ed il petto dell’altro, era attaccato al suo, quasi come fosse incollato. Sentiva il pene di quello che gli stava dietro, schiacciato contro le sue natiche ed il suo era compresso contro quello davanti, in un abbraccio forzato ed osceno. Non avevano alcuno spazio di movimento, e neppure potevano cadere, stipati in quel modo. Nel buio totale, al freddo umido della cella, udirono per un po’ il rumore di catene strascicate, il ché significava che altri schiavi venivano portati in quel sotterraneo e rinchiusi in altre celle.
Poi i rumori cessarono, ed F comprese che stava iniziando un’altra lunga attesa.
Non capiva più che ora potesse essere, se fosse notte o giorno. Di certo, sentiva le sue viscere vuote: era affamato ed assetato. In più era spossato per la privazione del sonno, che si preannunciava durare anche per il tempo di quella prigionia, poiché era assolutamente impossibile dormire in piedi in quelle condizioni. Inoltre, la cella puzzava di feci ed urina, segno che veniva usata per rinchiudervi a lungo gli schiavi, ed il pavimento grezzo, sembrava non essere stato pulito da molto tempo.
Cercò di farsi forza, per affrontare quella nuova lunga attesa e, di tanto in tanto, qualche maldestro tentativo di movimento dei suoi compagni, creava motivo di diversivo, comunque tutt’altro che piacevole, poiché finivano per colpirsi l’un l’altro o impedirsi la respirazione.
Alternando momenti di assoluta confusione mentale ad altri di minima lucidità, durante i quali era in preda al panic, pensando a quanto gli sarebbe capitato successivamente, F trascorse il tempo di quella incredibile reclusione, finchè si udirono nuovamente suoni all’esterno della cella.

(continua)
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8

Ritornato ad avere un po’ di lucidità, F non poté trattenersi dal cercare di capire quanto tempo poteva avere trascorso nell’assoluto rimbecillimento in cui era caduto. Cercando di rifletterci sopra, realizzò che essendo arrivato alla stazione a metà mattinata, la sua permanenza all’accettazione era durata fino alla seconda metà del pomeriggio. Tra il viaggio, e la spiegazione ricevuta sul piazzale del Castello, potevano essere passate più o meno altre due ore. Quindi, le visite erano iniziate grosso modo all'ora di cena, e dovevano essere continuate fino a circa mezzanotte, forse oltre. Ipotizzando, infine, di avere passato la notte intera immobilizzato e sveglio, per quanto inebetito, poteva concludere che i rumori che avvertiva, erano i segnali del risveglio del Castello e che fosse quindi più o meno l’alba.
Trovava incredibile l’idea di essere stato tenuto lì, ad aspettare, tutte quelle ore, ma pensò anche che era una condizione a cui avrebbe dovuto abituarsi perché chiaramente con tutti quegli schiavi a disposizione le Signore non potevano avere tempo per tutti.
F era assillato dai morsi della fame e soprattutto della sete, dato che non prendeva niente dalla serata precedente il suo arrivo.
Era indebolito dall’immobilità, dal freddo e dal sonno non soddisfatto; inoltre, aveva bisogno di urinare, e sapeva di non poterlo fare.
Come lui, tutti gli altri schiavi erano ridotti a stracci, pallidi e sofferenti, ma tutti cercarono di raddrizzarsi quando nella sala fecero rientro le Sanitarie e le Guardiane, accompagnate dai soliti due schiavi assistenti.
Le donne passarono loro davanti senza neanche degnarli di uno sguardo. La solita guardiana si sedette sulla poltroncina, riprendendo la rivista, e le altre tre entrarono nell’ambulatorio portando con loro uno degli schiavi appesi in attesa.
F, pur restando rimbambito, attese pazientemente e resistette a tutti i fastidi che lo tormentavano, finché, portato fuori il primo, la Guardiana bionda passò al suo carrello e lo spinse dentro all’altro locale.
Qui c’era molto più caldo e, ridestatosi, F osservò che si trattava a tutti gli effetti di un ambulatorio medico, con la tipica attrezzatura di quel tipo di strutture, un po’ particolare forse, perché alle pareti si notavano appese catene e fruste di varia foggia.
La Guardiana aprì i lucchetti che tenevano chiusa la gogna in cui F era stato a lungo rinchiuso e sganciò le sue caviglie dalle catene. Quindi, accompagnandolo con qualche colpetto di scudiscio appena accennato, gli ordinò di mettersi a terra e di stare in ginocchio davanti alle Sanitarie.
F obbedì goffamente, sia per sua incapacità, sia per l’indolenzimento generale provocato dalla lunga immobilità. Attese che qualcuna si occupasse di lui, restando in ginocchio e a capo chino in mezzo alla stanza.
Fu Lady Sonya a parlargli, appoggiando il fascicolo che lo riguardava sulla scrivania e restando in piedi davanti a lui, ad un paio di passi di distanza. L’altra Sanitaria, e la Guardiana bionda gli si misero ai lati, alle sue spalle, brandendo le loro fruste.
- La tua Padrona - disse - ha accuratamente compilato le schede richieste ed ha allegato una completa documentazione sul tuo stato di salute. Dall’esame che ne ho fatto risulti perfettamente in grado di sopportare tutto ciò che è in programma. Faremo comunque un ulteriore controllo e ti sottoporremo a qualche prova ed ispezione, per avere il quadro definitivo. Innanzi tutto, però, voglio verificare un po’ di dati: ti farò delle domande, e tu risponderai senza esitazioni e con le modalità che ti sono state spiegate … se sbaglierai o esiterai, sarai subito sanzionato con la frusta che le mie colleghe hanno già pronta.
Seguendo lo schema della scheda che aveva sott’occhio, Lady Sonya cominciò chiedendogli quanti anni avesse ed F, frastornato, non ebbe la prontezza di rispondere in velocità. Bastarono un paio di secondi di silenzio, perché gli arrivasse sulla schiena la prima sonora scudisciata, che accolse con un gemito quasi stupito.
Lady Sonya ripetè la domanda, e F aprì subito la bocca per parlare, ma sbagliò, perché non iniziò la frase con "Signora" e questo gli costò una seconda violenta nerbata.
Alla terza volta, nuovamente sbagliò, perché non concluse la frase con "Signora" e la conseguente frustata, tanto forte da mozzargli il respiro, lo corresse.
Bastarono quei tre errori e le conseguenti dure punizioni perché F si mettesse d’impegno a non commetterne altri.
Proseguì affrontando le successive domande, e rispondendo a tono, nel modo corretto e senza incertezze.
Le domande riguardavano tutte le possibili malattie che avrebbe potuto avere, ripercorrendo lo schema della scheda.
Pur avendo già sentito quegli interrogativi, in taluni casi ebbe qualche istante di esitazione e ciò gli costò qualche nerbata, ma tutto sommato furono poche.
Conclusa la serie di domande a conferma della scheda, Lady Sonya gli ordinò di alzarsi poiché intendevano misurarlo in ogni parte del corpo. Controllarono lo stato dei denti, il peso, l’altezza, la circonferenza del torace, dei fianchi e dei glutei, la lunghezza delle gambe, delle caviglie, delle braccia, dei posi, del collo, le dimensioni dei piedi e, naturalmente, quelle dello scroto e del pene. Annotarono ogni dato e Lady Alexya scattò foto di ogni particolare. Alla prima misura del suo sesso aveva il pene ritratto, sia per il freddo, che per la condizione psicologica in cui si trovava, per cui dopo averne preso la lunghezza, Lady Sonya, comandò allo schiavo assistente di scrollarglielo un po’, per vederlo moscio ma esteso. La successiva misura, invece, riguardava l’erezione, per cui la Dominatrice gli comandò di iniziare una masturbazione.
- Questa non è una pratica sessuale - aggiunse - quindi, non solo ti è vietato eiaculare, ma anche eccitarti: toccati solo quanto basta per farlo diventare duro, e sviluppato in lunghezza.
Il comando era alquanto bizzarro, ma F non osò contraddire la Dominatrice, né mostrarsi incerto. Cominciò quindi a massaggiarsi con le mani, sperando di superare l’ansia e di dare una buona prestazione. Trovandosi completamente nudo, in piedi davanti a tre Dominatrici che lo osservavano, era certamente molto imbarazzato, e ciò all’inizio non lo aiutò certamente, ma bastò che Lady Sonya facesse schioccare la frusta in aria, perché la sua inclinazione alla sottomissione, gli desse la spinta per eccitarsi.
Quando il suo membro fu eretto, Lady Sonya lo fece fermare, e con il metro gli misurò lunghezza e circonferenza, tastandone la durezza.
- Puoi farlo diventare più duro, spero - gli disse poi sorridendo, e facendogli cenno di riprendere a toccarsi.
F obbedì, muovendo velocemente la mano lungo il pene, che si inturgidì di maggiormente. Fu nuovamente fermato e misurato, e questa volta Lady Sonya sembrò soddisfatta.
Non appena l’ultima misura fu annotata intervenne la Guardiana che nel frattempo aveva impugnato un manganello con il quale, sogghignando, lo colpì violentemente sul sesso.
F, per il dolore fortissimo, si piegò in due e subito sulla sua schiena piovvero altre frustate e bastonate.
- Mi pare chiaro che lo schiavo si era eccitato ben oltre il limite concesso! - sentenziò la Guardiana, mentre F cadeva sulle ginocchia.
- Questa è un’infrazione che verrà annotata ... e il numero 45, in poche ore ha già accumulato molti appunti di questo tipo, tutti imputabili ad un suo eccessivo compiacimento sessuale!
- Ho notato che questo schiavo ha un po’ il gusto dell’esibizione - aggiunse Lady Alexya, saranno necessari severi rimedi per farlo stare al suo posto!
- Ce ne occuperemo quando inizierà l’educazione - concluse Lady Sonya, lo segnaleremo come soggetto da istruire adeguatamente … certamente - aggiunse rivolta alla Guardiana, con un’occhiata maliziosa - Lady Susan avrà modo di mostrare l’efficacia dei nostri metodi correttivi!
- Imparerai il tuo ruolo di schiavo - gli sibilò infine la Guardiana chiamata in causa, puntandogli il manganello in mezzo al petto - e ti farà molto male: non dimenticare queste mie parole, ti sto osservando con grande attenzione e ti seguirò fino a quando non sarai completamente soggiogato!
Ancora ansimante per il dolore, F, la cui erezione si era ormai spenta, fu fatto alzare, e spinto fino ad un cavalletto, su cui fu fatto appoggiare con il bacino. Lo fecero piegare in avanti, finché le mani non toccarono il pavimento, e dovette aprire le gambe, offrendo, in sostanza, il suo culo ben esposto verso l’alto.
Come sospettava, gli aprirono le natiche e una delle Dominatrici si curò di ispezionarlo nell’ano.
Non fu un’operazione delicata. La donna gli infilò bruscamente un dito e poi due, cominciando a frugarlo in modo umiliante e doloroso. Spinse le dita a fondo, fino alle nocche, ruotandole per dilatare il foro, ed aggiungendo poi anche il pollice, per forzare maggiormente l’introduzione.
Dopo avere rovistato per un po’, gongolando dei lamenti della vittima, tirò fuori di scatto le dita, per infilare immediatamente un penetratore di legno a forma di cuneo che spinse a fondo, per una lunghezza di oltre quindici centimetri. Mentre con una mano manovrava l’attrezzo, continuando a ruotarlo, avvicinò l’altra alla bocca di F. Aveva in guanto di lattice, sporco dei residui delle feci, sulle dita che gli aveva infilato. Ordinò allo schiavo di leccare via quello sporco, rimasto a seguito dell’evacuazione senza pulizia ed intanto continuava a tormentarlo. Dopo un po’, tirò fuori l’attrezzo, che nuovamente toccò ad F pulire con la bocca, mentre un secondo fallo gli veniva infilato, stavolta di metallo, assai più lungo e grosso del precedente. Le Dominatrici, sghignazzando, manovrarono il penetratore, sconquassandogli le viscere. Continuarono a lungo, ridendo dei suoi gemiti. Finalmente conclusero l’operazione, facendogli nuovamente ripulire l’attrezzo con la lingua.
F rimase prostrato da quell’ispezione, sia per il dolore che gli aveva provocato, sia per l’umiliante modalità con cui era stata condotta. La sua Padrona, usava, talvolta, imporgli quel tipo di supplizio, ma non era mai stata tanto brutale.
Fra l’altro, lo schiavo non poteva evitare di pensare che gli strumenti erano sicuramente stati utilizzati anche per le vittime che lo avevano preceduto, cosa questa che, a parte le preoccupazioni igieniche, gli faceva pensare di essere considerato soltanto come un oggetto, sul quale le Dominatrici sfogavano, per puro divertimento, la loro estrema crudeltà.
Quelle, d’altra parte, non gli lasciarono tregua.
Lo fecero alzare dal cavalletto e lo trascinarono verso una specie di tavolo ginecologico, sul quale fu incatenato, con braccia e gambe divaricate, in modo che il suo sesso e il culo, fossero esposti e facilmente accessibili. Stretti i polsi e le caviglie alle catene, le Dominatrici ripresero a tormentargli il culo, stavolta con uno strumento apposito per la dilatazione, cioè un cilindro metallico vuoto all’interno, le cui pareti venivano distanziate con una vite.
Con quell’attrezzo si divertirono a straziarlo, e nel frattempo gli misero un anello alla base del glande, che agganciarono ad una catena per tirarlo verso l’alto, in modo esagerato.
In quelle condizioni, ritennero di misurargli la pressione, per cui cominciarono ad armeggiare intorno al suo braccio.
Una di loro si curò di ripetere più volte l’operazione, mentre le altre si occupavano del suo culo e del suo pene, uno dilatato, e l’altro strattonato verso l’alto.
Dopo l’esame della pressione gli fecero un prelievo di sangue, operazione facile, dato che aveva le braccia immobilizzate, ed una serie piuttosto lunga di prove allergiche.
Durante queste operazioni, la Guardiana, implacabile, continuò a tormentarlo, manovrando il penetratore nel culo, strattonandogli il sesso, stringendogli le palle e rifilandogli anche qualche nerbata sullo scroto, sull’interno delle cosce, e sul ventre.
F, in breve, era ridotto allo stremo, e non capiva più il susseguirsi degli eventi e la loro durata.
Quando lo liberarono dal tavolo, lo lasciarono cadere a terra, e, fattolo stendere a pancia in giù, lo costrinsero a calci a strisciare fino al capo opposto dell’ambulatorio, per incatenarlo nuovamente, stavolta appeso per i polsi, in modo che dovesse stare in punta di piedi. Nuovamente lo misurarono, e quindi gli fecero l’esame della vista, proponendogli il cartello dall’altra parte della stanza. Anche per leggere le lettere della tabella, F, doveva premettere e concludere con "Signora", regola questa, che non rispettò inizialmente, e che quindi gli costò alcune violente frustate sulle natiche.
La "visita" fu conclusa da un controllo di orecchie, naso, gola e torace.
F fu quindi nuovamente collocato sul carrello "appendischiavo", bloccato dalla gogna e dalle catene, e riportato nel salone insieme agli altri.

(continua)
view post Posted: 18/1/2024, 12:19     +2I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
7

Già dopo una mezz’ora trascorsa senza che nulla accadesse, F cominciò ad avvertire il fastidio provocato dalla forzata immobilità.
Appena entrato nella sala appendi-schiavi, dopo avere subito il gelo dell’esterno, l’ambiente gli era sembrato tiepido; ma passando i minuti, e restando così fermo, cominciava ad avere i brividi. Presto però trascurò il freddo quando si trovò a combattere con fastidiosi pruriti, che incominciarono a prenderlo a tradimento in ogni parte del corpo e che non poteva in alcun modo sedare, immobilizzato com'era. Inoltre era tormentato da un certo senso di bruciore al culo, certamente causato dal fatto che non aveva potuto lavarsi dopo avere cagato. Facendosi forza per resistere alla scomodità, azzardò a sbirciare gli altri schiavi incatenati, che immaginava si trovassero più o meno nella sua situazione: non osava fissare lo sguardo su alcuno di loro, ma notava i loro piccoli tentativi di muoversi, i piccoli scatti della testa e delle mani, gli accenni di spostamento dei fianchi e delle gambe, per quel poco che era concesso dalla morsa degli attrezzi costrittivi.
Finì inevitabilmente col soffermarsi sui loro sessi, considerando che era una cosa completamente nuova il fatto di trovarsi così nudo ed incatenato, fra tanti altri schiavi nella stessa condizione.
La Guardiana rimasta nella sala, intanto, si era procurata una poltroncina, e vi si era accomodata, leggendo una rivista.
Nessuno osava girare lo sguardo nella sua direzione, anche se la sua presenza incombeva sugli schiavi, che, nel silenzio, sentivano il suo respiro ed il frusciare dei fogli quando li girava.
F, mentre il tempo passava lentamente, si rese conto che stava svuotando la mente, forse come istintiva autodifesa verso quella totale assenza di eventi. Non gli veniva da rimuginare su se stesso e sulla sua storia, come aveva fatto durante l’attesa nella cella dell’accettazione. Così tornò a ripassare mentalmente il discorso della Guardiana mora, sentito nel piazzale e rabbrividì, rievocando l’immagine della scena di tortura a cui aveva assistito.
Con il passare del tempo la sua testa si svuotò anche di quei pensieri, e di quanto aveva intorno. Si concentrò con lo sguardo su un punto del pavimento, cominciando a ripetersi mentalmente che era stato lasciato lì come un oggetto in deposito, una cosa qualunque, poiché così, era come le Dominatrici lo consideravano, uno schiavo fra tanti, senza diritti e facoltà da persona, e tenuto lì solo per essere usato. Se lo diceva, e man mano se ne convinceva, anche se ciò lo spaventava.
Avendo progressivamente perso la nozione del tempo, non potè stimare quanto ne era passato quando il primo schiavo fu portato fuori dall’ambulatorio, già appeso sull’attrezzo, ed il secondo prese il suo posto.
Nulla accadde per tutto il tempo della seconda visita, ed F, pur senza potere dormire, cadde definitivamente in una condizione, mai provata prima, di estraneità a quanto aveva intorno.
Vagamente si accorse dell’uscita del secondo schiavo e dell’entrata del terzo, e poi ancora si sentì spento, fin quando anche quella visita fu terminata. Solo allora le Sanitarie tornarono nella sala, e, dopo un breve conciliabolo con le Guardiane, informarono che le visite erano finite per quella notte e che sarebbero riprese la mattina successiva.
Agli schiavi non restava altro da fare che aspettare lì, immobili e incatenati com’erano.
Sarebbero stati lasciati soli, ma con la luce accesa e sotto sorveglianza di alcune telecamere, che li avrebbero sempre tenuti sotto tiro. Detto ciò, le Dominatrici se ne andarono, portandosi via pure i loro schiavi assistenti. Così il gruppo di nuovi arrivati restò solo.
Ridestato dalle parole delle Signore, F riacquistò un po’ di lucidità, che non gli fu d’aiuto, perché così riprese ad avvertire il freddo, il fastidio per la posizione, l’umiliazione e l’ansia per ciò che stava vivendo.
Sempre tenendo la testa china, alzò gli occhi quel poco che gli bastò, per guardare nella direzione dello schiavo uscito per ultimo dall'ambulatorio, che era l’uomo robusto vicino al quale si era ritrovato all’accettazione e che ora gli stava davanti, dall’altro lato della sala. Aveva un aspetto malconcio, un po’ stravolto, come se avesse penato particolarmente durante l’ispezione e si notavano lungo le cosce e vicino al pene, alcuni lividi di frustate.
Sembrava, dunque, che quello avesse già cominciato a sperimentare direttamente, le violenze di cui le Dominatrici erano capaci.
F, cercò di immaginarsi cosa lo aspettava durante l’ispezione sanitaria, a parte il fatto che già era penosa quell'interminabile attesa che lo stava mettendo a dura prova. Che fosse necessaria una visita medica era un’asserzione che non teneva conto del fatto, che insieme all’iscrizione, alla sua Padrona era stato richiesto di documentare accuratamente il suo stato di salute: visite, analisi, radiografie, erano state allegate in abbondanza e per l’occasione, aveva proprio dovuto farsi fare un completo check-up. Non aveva molto senso, salvo che per controllare l’autenticità dei documenti, una nuova visita approfondita. Probabilmente sarebbe stato sufficiente un rapido controllo, più che altro per poi verificare lo stato di conservazione, durante ed alla fine della permanenza. La durata della visita, a meno che non fosse anche quella contrassegnata da lunghi tempi morti, faceva immaginare qualcosa di più approfondito, ma più che altro era facile intuire che era solo l’occasione per infliggere patimenti e umiliazioni.
Ciò pareva confermato dall’aspetto abbattuto dello schiavo appena visitato e metteva in moto nella mente di F fantasie su possibili maltrattamenti da parte delle due Dominatrici Sanitarie e della Guardiana che le assisteva. Pur non sapendo bene cosa aspettarsi, era sicuro che non sarebbe stato piacevole, tanto più se l’esperienza delle torturatrici si sommava a cognizioni mediche. Cominciò, così, a vedersi dinanzi alle sue aguzzine, nudo ed in catene, sottoposto a frustate, preso a calci e bastonato.
Immaginava vagamente che gli avrebbero potuto somministrare dolori atroci, a cui non avrebbe potuto sottrarsi, prendendosi gioco di lui, con la scusa di provare la sua capacità di resistenza.
Nuovamente, si ritrovò a pensare che non aveva scampo, poiché essendo stato sottoposto al loro dominio, non poteva aspettarsi altro che questo; se loro lo consideravano una cosa con cui giocare, non gli restava altro da fare che assecondarle e rassegnarsi al patimento, tanto ormai la sua via era tracciata.
Così, per quanto confusi fossero quei pensieri, scivolò, lentamente, ma inesorabilmente, in quella condizione di parziale incoscienza, che, in assenza di un vero riposo, era la sola a consentirgli di resistere per ore ed ore, all’incatenamento ed alla scomodità.

(continua)
view post Posted: 17/1/2024, 13:17     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
6

Nella stanza c’erano due Dominatrici, entrambe vestite con il camice bianco da medico, sotto il quale spuntavano stivaloni neri con il tacco alto. Brandivano scudisci, mentre stavano sedute ciascuna sulla schiena di uno schiavo. I due schiavi-sedia erano completamente nudi e stavano a quattro zampe.
Scambiate poche parole con le due Guardiane che avevano scortato gli schiavi, una delle due Dominatrici sanitarie si rivolse al gruppo.
- Sono Lady Alexya – disse – e mi occupo della Sanità insieme alla collega Lady Sonya. Procederemo alla vostra visita, che sarà molto accurata e quindi durerà a lungo. Credo che potremo vederne solo tre di voi per stasera ed il resto domani, fino all’arrivo del prossimo gruppo. Durante l’attesa, resterete nudi ed incatenati ad appositi attrezzi, che chiamiamo appendi-schiavi, attrezzi che imparerete a conoscere bene poiché li usiamo spesso essendo molto comodi; comodi solo per noi, ovviamente. Non avrete né cibo né acqua, né potrete dormire, ma resterete costretti ad una scomoda immobilità. Verrete staccati dall’attrezzo per la visita, e poi ancora incatenati lì finché non avremo finito con tutti. Poi sarete messi a disposizione delle Guardiane per la prosecuzione delle operazioni di ingresso al Castello. Prima di essere incatenati, verrete portati in due gruppi nel locale dove dovete orinare e defecare per le analisi. Ora spogliatevi, mettete saio, calze e zoccoli nel sacco, e seguiteci senza farci perdere tempo.

F e gli altri si affrettarono ad eseguire il comando, e quando tutti furono completamente nudi, le due Sanitarie si alzarono dalle schiene degli schiavi e indicarono al gruppo la porta dove entrare. Ne fecero passare cinque, compreso F.
Si trovarono in un locale quadrato che sembrava un pisciatoio, con una griglia verso le pareti per coprire la canaletta di scolo. Per terra c’erano cinque pitali e cinque vasetti.
- Al Castello gli schiavi pisciano accovacciati, informò Lady Sonya - quindi procedete, ci sono i numeri sui contenitori.

F vide il suo numero, e, come gli altri, raggiunse il suo posto.
L’idea di potersi liberare era una consolazione, dato che dal mattino non aveva più potuto farlo ed erano già passate tante ore da allora.
Accovacciato come una donna, pisciò nel pitale e scaricò anche nel vaso, accanto agli altri che facevano come lui. Era una situazione del tutto anomala, ma non ebbe il tempo di pensarci troppo, dato che le due Dominatrici meytyevano una gran fretta. Agitando gli scudisci, li fecero rialzare, mentre i due schiavi che prima avevano servito da sedie correvano a prelevare i vasi, tappandoli e mettendoli su un carrello.
Dopo che tutti e cinque i nuovi arrivati ebbero espletato le loro funzioni, arrivò il momento di conoscere i famosi attrezzi "appendi-schiavi" il cui nome derivava evidentemente da quello degli appendiabiti trattandosi di una versione modificata, dei carrelli usati per questo scopo nei negozi.
Si trattava, infatti, di una base rettangolare con rotelle, nei cui lati corti, erano collocate delle sbarre, che, reggevano una specie di gogna in legno messa orizzontalmente, regolabile in altezza per adattarsi esattamente alle dimensioni dello schiavo da appendere.
I dieci attrezzi erano già stati portati nell’anticamera e le due Guardiane avevano attaccato a ciascuno di essi i sacchi degli schiavi, per cui, chiamandoli uno alla volta, era giunto il momento di incatenarli tutti ai loro posti.
F, ancora una volta fra i primi, venne fatto salire sulla pedana a gambe spalancate, poiché le caviglie gli furono bloccate con catene, alle parti opposte della base. Era una divaricazione non troppo spinta, ma sufficiente per essere scomoda.
Infilò la testa nell’apposito foro, ed altrettanto fece con i polsi. Quindi venne chiuso nella gogna, restando in tal modo forzatamente in piedi.
Dopo averli sistemati tutti negli attrezzi, le Guardiane misero a ciascuno un bavaglio, costituito da una palla metallica infilata in bocca e tenuta ferma da una fibbia allacciata dietro la nuca.
- Consideratelo un aiuto a stare zitti - disse infine la Guardiana bionda, così vi evitiamo di subire punizioni per aver parlato senza permesso.

Le Dominatrici Sanitarie si ritirarono nel loro ambulatorio con uno degli schiavi. L’altro restò in ginocchio davanti alla porta e le due Guardiane rimasero a vigilare sui prigionieri. Passarono alcune decine di minuti, prima che fosse fatto entrare il primo schiavo per la visita. Al segnale della Sanitaria, la Guardiana bionda prese il primo carrello appendi-schiavo, e lo spinse nell’ambulatorio, chiudendo poi la porta alle sue spalle.
A F, intanto, non restava che attendere il proprio turno e poi la fine di tutte le visite: non aveva idea di quanto tempo ci sarebbe voluto, ma sospettava che sarebbe stato molto.

(continua)
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