Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

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view post Posted: 16/1/2024, 11:16     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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- Tornando alla spiegazione - continuò la Signora, rivolta al gruppo di schiavi appena arrivati - prima di indirizzarvi al posto dove resterete in attesa delle ispezioni mediche, voglio rammentarvi alcuni altri principi basilari riguardanti sia la disciplina a cui siete soggetti, sia gli usi che saranno fatti del vostro corpo. Innanzi tutto voglio rimarcare che la vostra presenza qui e tutta la vostra esistenza sono finalizzate solo al diletto delle Dominatrici e che non si terrà mai in alcun conto il vostro bisogno personale, anzi: le privazioni e le sofferenze, a cui sarete costantemente sottoposti mirano proprio a provocare un patimento insopportabile e l'assoluto annullamento della persona. Così, ad esempio, la vostra alimentazione non è destinata a darvi sollievo fisico, ma solo a tenervi attivi, motivo per cui essa sarà di regola dispensata in misura apppena suffciente al minimo di sostentamento, perchè la fame e la sete sono validi mezzi di tortura continua che vi tengono già da sole in uno stato di forte subalternità. Nessuno di voi, per quanto si vede, sembra patito, quindi una dieta stretta vi farà solo del bene. Riceverete, ad orari stabiliti ma non regolari, un po’ di pane secco ed acqua, oppure zuppe o qualche avanzo: ciò che vi verrà dato, sarà sempre molto poco gustoso e potrà essere addizionato a sostanze che, seppur commestibili, hanno odori o sapori nauseabondi. Inoltre, vi potrà essere fornito per terra, o in ciotole per animali o comunque in modo che mangiarlo non sia cosa agevole. Insieme a questa minima alimentazione, vi saranno dati composti medicinali per la prevenzione delle malattie: la salute del vostro corpo ci interessa perché su di esso stiamo facendo un importante investimento, di tempo ed istruzione, che non vogliamo sprecare. Le privazioni
alimentari, dunque, oltre a rientrare nel programmi formativi, per tenere voi schiavi più arrendevoli e soggiogati, sono pure usate come torture a fini punitivi e rieducativi; al contrario, nei rari casi in cui può capitare che uno schiavo si distingua al punto da meritare una ricompensa, essa può essere efficacemente costituita da una minima porzione aggiunta.
- Parlando di cibo e delle sostanze che vi possono essere aggiunte, è l’occasione per trattare dell’abitudine di talune Signore di "correggere" l’alimentazione degli schiavi con urina e feci. La pratica della coprofagia non è fra quelle incentivate dal Castello, ma quel tipo di "correzione" viene vista con simpatia nel nostro ambiente, purchè non eccessiva e non troppo frequente. Non sono previsti impieghi stabili di schiavi come "gabinetti-umani" né corsi di educazione per questa funzione, ma ciò non toglie che le singole Padrone possono disporre in tal modo dei propri schiavi, come cessi umani sia per se stesse che per loro amiche. Nel caso di espressa indicazione da parte della Padrona è anche possibile che uno schiavo sia utilizzato come gabinetto da tutte le Signore; è però una pratica non tanto diffusa e che può dare buoni risultati solo se usata con parsimonia, come nel caso si rendano necessarie gravi umiliazioni e punizioni.
- Per quanto riguarda i vostri bisogni fisiologici, sia per finalità educativa che per motivi organizzativi, vi rammento che essi possono essere fatti solo ed esclusivamente nei momenti appositamente previsti e che non rispettare tale regola è consiiderata mancanza disciplinare grave. Vi consiglio di tenere sempre presente questa regola per evitare pesanti punizioni ed avere ben chiaro che nella vostra condizione non vi compete alcuna facoltà umana e che dipendete in tutto e per tutto dalla volontà e dal capriccio di noi Dominatrici.
- Limitazioni analoghe a quelle per il cibo ed i bisogni, valgono anche per il sonno. Anche in tal caso è escluso che lo schiavo possa avere un qualche diritto al riposo, semplicemente, è accettato, perché una quantità minima di sonno serve alla sopravvivenza. Peraltro, è noto, pure la privazione del sonno, costituisce un’ottima tortura psicofisica, molto efficace per tenere la vittima in soggezione, quindi anche il sonno ed il riposo, come il cibo, saranno razionati strettamente e potranno pure essere a lungo interdetti, se ciò apparirà opportuno per motivi educativi o punitivi.
- Un altro importante capitolo della vostra educazione, riguarda l’uso sessuale che può essere fatto dei voi. Innanzi tutto, va tenuto in considerazione non siete qui per soddisfare vostre perversioni erotiche, ma per essere sottomessi al Dominio Femminile. Non ci interessano le pulsioni sessuali che vi hanno condotto alla sottomissione, e tanto meno ci interessa che trovarvi qui possa costituire per voi un’esperienza in qualche modo eccitante. State per sperimentare che vi trovate in una realtà da incubo, molto oltre le vostre fantasie più perverse. Noi Dominatrici, godremo della vostra sofferenza, trarremo piacere dai vostri patimenti e, se vorremo, potremo utilizzarvi come strumenti per il nostro svago sessuale, disponendo del vostro sesso come di una cosa che ci appartiene, e di cui possiamo fare ciò che vogliamo. Gli schiavi non saranno mai soggetti dell’azione sessuale, ma solo oggetti in balia della volontà di chi decide di usarvi: è vostro dovere essere pronti e scattanti all’eccitazione se, e quando, comandata, ed efficaci nel dare piacere nel modo che vi sarà ordinato. Nessun orgasmo, e nemmeno nessuna erezione vi sono consentiti, se non espressamente autorizzati: eccitazioni ed eiaculazioni abusive, sono considerate gravi violazioni disciplinari e anche il compiacimento nell’adempiere all’uso sessuale può essere interpretato come mancanza, poiché per uno schiavo la sola soddisfazione concessa è annullarsi nell’obbedienza assoluta. Gravissima mancanza è una polluzione, ed ancora di più una masturbazione. In tali casi scatta un immediato procedimento disciplinare per l’emanazione di una sentenza severissima. L’uso del sesso degli schiavi avviene in vari modi anche nelle torture e nelle umiliazioni, con modalità che avrete modo di scoprire ed apprezzare ben presto, a vostre spese.
- Un’ultima precisazione riguarda i limiti che sono posti alle vostre sofferenze, umiliazioni e torture. In linea di principio vige la regola che uno schiavo non può sottrarsi al Dominio, rifiutare un impiego o evitare una tortura. Qui si baderà alla vostra sussistenza e sopravvivenza, senza venire incontro ad alcuna vostra esigenza personale, e comunque senza intervenire in modo da danneggiarvi in modo permanente. Per questo motivo, non si praticano tatuaggi, operazioni chirurgiche, piercing, marchiature o torture a fuoco, anche se le Padrone, possono individualmente disporre in qualunque modo dei loro schiavi. Rispetto a tali principi, è logica conseguenza escludere che uno schiavo possa avere voce in capitolo, circa il trattamento che gli viene imposto. Malgrado ciò, è possibile che la Padrona abbia posto particolari limiti al tipo di torture ed utilizzi del suo schiavo e tale volontà sarà naturalmente rispettata a cura di noi Dominatrici, non è quindi vostra competenza sindacare i comandi e le sofferenze, poiché vi sarà inferto solo ciò che è all’interno di tali limiti. Alcune Padrone, eccezionalmente, hanno concesso ai loro schiavi la facoltà di richiedere la sospensione dei supplizi e dei maltrattamenti. Ciò non può avvenire in qualunque momento, ma solo nelle occasioni in cui è previsto che si interpellino gli schiavi in base alle indicazioni fornite dalle stesse Proprietarie.
Ovviamente esistono limiti speciali, com’è nel caso dei procedimenti disciplinari e delle conseguenti punizioni, poiché sarebbe inconcepibile consentire alla vittima di sottrarsi all’accertamento della mancanza o all’erogazione della sanzione. In tali particolari, casi esiste l’istituto della "grazia", che può essere disposta dalla Padrona se il fatto non lede i principi generali del Dominio. Di norma, poi, l’esercizio della facoltà di chiedere l’interruzione dei trattamenti comporta l’allontanamento dello schiavo dal Castello ed è possibile che in seguito sia interdetto un suo eventuale rientro.
- E’ altresì possibile, in determinati momenti, che lo schiavo venga interpellato e possa segnalare motivi di salute che ostacolano il suo normale utilizzo; è vietato, però, usare questi motivi come scusa per l’inesatto adempimento di un ordine o di un lavoro. Nel caso di una segnalazione correttamente effettuata, lo schiavo viene sottoposto ad ispezione sanitaria, e potete già immaginare, che qualora l’accertamento sia negativo, si procederà disciplinarmente con estrema severità.
- Ora vi raccomando – concluse infine - di tenere bene a mente il vostro numero, e di scattare se viene chiamato. Seguite la mia collega, che vi guiderà nell’edificio dove comincerete a sperimentare tutte le sofferenze, privazioni ed umiliazioni che vi ho descritto.

F e gli altri, non si fecero ripetere il comando, e si girarono restando in fila, per seguire la bionda guardiana, sempre la stessa dell’accettazione, che li fece entrare, attraverso una porta, al pianterreno del corpo centrale del Castello.
Finalmente al riparo dal freddo e dal vento, i dieci si trovarono nell’anticamera di quello che era il settore dei "Servizi Sanitari".

(continua)
view post Posted: 15/1/2024, 12:39     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
4

Alla luce del tramonto il piazzale, discretamente ampio, era spazzato da un vento freddo raggelante, anche se la temperatura era in parte mitigata dalla presenza di alcune stufe catalitiche per esterni. Gli schiavi, in zoccoli e saio, venivano fatti schierare in fila, lungo una linea appositamente tracciata sulla pavimentazione, rivolti verso cinque Signore, tutte vestite allo stesso modo che brandivano fruste e scudisci di diversa forma. Oltre alla bionda incontrata all’accoglienza, ce n’erano altre due dai capelli platino, più una rossa ed una mora. Tutte erano alte e, per quanto si poteva intuire, di belle forme. Era difficile stimarne l’età, dato che se ne vedevano solo i volti, belli e curatissimi.
Il piazzale era antistante l’edificio centrale del Castello, a cui F e gli altri davano le spalle. Davanti a loro c’erano le mura, ed il grosso portone principale, che veniva in quel momento chiuso da due schiavi, vestiti con la tuta più pesante.
Altri schiavi in tuta, si trovavano agli angoli del piazzale: qualcuno trasportava le valigie dei nuovi arrivati, altri curavano le aiuole.
Il sibilo del vento, copriva e disperdeva le parole che le Dominatrici si stavano dicendo, chissà in quale lingua, finchè una di loro, la mora, si mise in mezzo e parlò agli schiavi.
- Siete arrivati al Castello, schiavi - disse con tono deciso, scandendo bene le parole per farsi intendere da tutti - Siete il secondo gruppo di questo periodo: dieci come voi sono arrivati ieri ed altrettanti ne arriveranno domani. E’ un periodo di abbondanza questo al Castello perché oltre a quelli come voi, è impegnata un’altra quindicina di schiavi di servizio, assegnati qui in pianta stabile. Vi saranno spiegate le regole di comportamento generali, oltre a quelle specifiche per le varie funzioni, e sarete pure impiegati per vari lavori, sia per istruirvi al riguardo, che per assicurare il funzionamento della struttura e il comfort delle Dominatrici.
Si interruppe brevemente, e cominciò a passeggiare lentamente davanti alla fila degli schiavi, come per passarli in rassegna.
- Per il momento - proseguì - saranno sufficienti alcune minime spiegazioni, poiché l’inserimento avverrà gradualmente. Come prima cosa sarete verificati sotto il profilo sanitario, verrete infatti sottoposti ad accurate visite, analisi e misurazioni, per accertare le ottimali condizioni per il vostro uso successivo. Di ciò, si occuperà lo staff medico del Castello, che vi prenderà in consegna fra poco. Poi resterete sotto il controllo delle Dominatrici Guardiane, il corpo di sicurezza di cui faccio parte io stessa, insieme alle Signore che vedete con me e a qualche altra. Ci potete facilmente distinguere per l’uniforme e lo stemmino che portiamo al bavero dei vestiti. Noi ci occuperemo di illustrarvi le regole generali e di addestrarvi alle corrette posizioni da assumere davanti alle Dominatrici. In particolare nei primi giorni, vi sottoporremo ad un trattamento molto severo per educarvi rapidamente e per conoscervi meglio. Vi raccomando di non cercare di opporre resistenza, nè mentale nè fisica, al nostro Dominio, poiché sarebbe solo inutile, e vi costerebbe ulteriori sofferenze, rispetto a quelle che sono già previste.
Fece una nuova pausa, stavolta un po’ più lunga, e dopo avere completato la rassegna della fila degli schiavi, arretrò di qualche passo, per tenerli sott’occhio tutti insieme.
- Vi è già stato spiegato - riprese - che la lingua ufficiale al Castello è l’inglese, ciò perché sono presenti Dominatrici e schiavi di varia nazionalità. Può capitare che vi sia rivolta la parola nella vostra lingua, e, se siete molto fortunati, che vi sia concesso di usarla per rispondere. Se ciò non vi viene espressamente consentito, però, dovete usare l’inglese, e ogni parola od anche lamento, che pronuncerete in altra lingua, sarà considerata infrazione al regolamento. Potrebbe anche succedere, che vi vengano dati ordini in altre lingue, cosa possibile, perchè nessun limite è posto al capriccio delle Dominatrici. In tal caso è vostro obbligo obbedire, dato che è questo che ci si aspetta da uno schiavo: la mancata obbedienza sarà considerata infrazione disciplinare, e non potrete opporre a vostra discolpa di non avere capito l’ordine.
- Le infrazioni - continuò - possono essere punite subito e direttamente punite o annotate sulla vostra scheda o entrambe le cose, a discrezione della Dominatrice che le rileva. Quando le infrazioni annotate sono numerose, o frequenti, o gravi, si apre un formale procedimento disciplinare per l’erogazione di una adeguata pena esemplare. L’espiazione della pena, comporta, di regola, l’emenda della violazione, ma può essere disposto altrimenti, ed in tal caso, è possibile che siate nuovamente processati per la stessa mancanza.
Di ogni punizione e di ogni annotazione verrà tenuto conto nel giudizio finale, qualora richiesto dalle vostre Padrone, alla fine della permanenza. Se tornerete altre volte, la vostra scheda sarà ripresa e nulla di quanto è successo sarà dimenticato. Deve essere chiaro, che il procedimento disciplinare ha importanza pubblica, e non va quindi confuso con le punizioni direttamente impartite dalle Dominatrici, prima o al posto del giudizio. E’ frequente che le Signore si limitino ad annotare solo le colpe di una certa gravità e che puniscano personalmente le mancanze dei loro schiavi o di quelli al loro servizio. Noi Dominatrici Guardiane preferiamo invece annotare tutto, anche le colpe per le quali somministriamo subito le punizioni. Ciò riguarda le punizioni vere e proprie. Altra cosa rispetto alle torture inflitte a scopo di istruzione o per puro divertimento. Quanto infatti alle torture inflitte a scopo di istruzione, non si tratta di punizioni, ma di lezioni che fanno parte del programma per spiegare e far capire a cosa si può andare incontro. Inoltre, come dicevo, le torture possono essere usate per provare la resistenza della vittima, per sperimentare tecniche o anche per puro e semplice divertimento della Dominatrice. In tali casi tutto dipende dalla volontà della Dominatrice che le dispone e non c’è attinenza con le regole disciplinari, fermo restando che lo schiavo è sempre sottoposto alle regole disciplinari, anche quando è sotto tortura di istruzione o per divertimento della Dominatrice.
- Spero che prima di arrivare qui, abbiate studiato attentamente le regole principali che riguardano la vostra condizione di sottomissione. Esse saranno oggetto di approfondimento nei prossimi giorni e si passerà poi a studiare le regole più specifiche per i vari modi d’impiego e i lavori a cui potrete essere adibiti. Come già vi è stato detto, comunque, già da subito siete soggetti al rispetto di ogni regola esistente al Castello e non potrete mai giustificarvi dicendo che non la conoscete o non l’avete bene capita. Mi piace sintetizzare la regola principale, dicendo che per uno schiavo, esistono solo comportamenti obbligati, ed altri vietati, per cui ciò che non è obbligatorio è proibito. Così, ad esempio, è vietato parlare in alcun modo, se ciò non viene comandato o concesso; è vietato guardare direttamente le Signore, è vietato l’uso di indumenti diversi da quelli previsti per le particolari situazioni, è vietato coprire le proprie nudità, è vietato opporre alcuna anche minima resistenza, fisica o psicologica, alle Padrone ed alla loro volontà. Se vi è comandato di parlare, dovrete usare il Voi verso le Signore e la terza persona per indicare voi stessi. Inoltre, ogni frase deve iniziare e finire con "Signora". Quindi non direte mai "ti obbedisco" ma "Signora, questo schiavo Vi obbedisce Signora".
Sempre ad esempio, non potrete chiedere pietà alle aguzzine che vi stanno torturando, se non dicendo:
"Signora, questo schiavo implora che abbiate pietà, Signora".
Resta inteso che anche i lamenti sono proibiti. Possono essere tollerati solo singhiozzi, lacrime e grida, durante l’inflizione delle torture, ma anche questi possono essere proibiti, o comunque considerati mancanza disciplinare, se troppo insistenti, secondo il giudizio delle Dominatrici che li odono.
Circa l’abbigliamento, va precisato che la tenuta ideale per uno schiavo, è l’assoluta nudità, a parte l’applicazione di attrezzi, quali collari, bracciali, cavigliere, cinture di castità ed altri capi restrittivi.
Questa sarà la vostra condizione abituale all’interno del Castello e nelle celle, a prescindere dalla differenza di temperatura esistente fra i vari locali. Dato che siamo nella stagione fredda, per i lavori esterni è consentito l’uso della tuta pesante, con guanti, calze e zoccoli. In certi casi, potrà essere autorizzato anche il maglioncino, ma se non c’è troppo gelo potrà bastare il saio. Ciò non toglie che in qualunque momento, anche durante un lavoro esterno, vi potrebbe essere ordinato di spogliarvi completamente.
A quel punto, la Guardiana si girò verso uno degli schiavi in tuta, che stavano lavorando alle aiuole e lo chiamò a sé, con un grido. Quello mollò ciò che stava facendo, e la raggiunse di corsa, un po’ limitata dagli zoccoli, per fermarsi ad un paio di passi, e mettersi subito in ginocchio dinanzi a lei.
- Osservate - disse la donna rivolgendosi agli schiavi - questa è la posizione "in ginocchio" che dovrete assumere quando siete chiamati da una Dominatrice. Gambe aperte, appoggiate per terra con le sole ginocchia e punte dei piedi, busto in linea con le gambe e perfettamente perpendicolare al suolo, pancia in dentro, petto e culo in fuori, testa china e mani incrociate sulla testa. Imparerete bene questa posizione, che è una di quella delle fondamentali e che dovrete abituarvi a conservare, nell’immobilità, anche per lunghi periodi.
Tornando a guardare lo schiavo inginocchiato, la Guardiana gli comandò seccamente di spogliarsi completamente.
Quello non mostrò alcuna esitazione: si alzò, si tolse zoccoli e calze e si sfilò rapidamente la tuta, restando completamente nudo, al freddo del crepuscolo che avanzava, per rimettersi in ginocchio come era prima.
Guardandolo, si notava che aveva una catena stretta intorno alla vita ed in mezzo alle natiche, e che tutto il suo corpo era striato dai lividi delle frustate, soprattutto sulla schiena e sul culo.
- Ora lo schiavo vi mostrerà come si sta in piedi - disse la Guardiana, che diede poi il comando, a cui la vittima, scattò istantaneamente.
- Come vedete, vanno tenute sempre le gambe divaricate, si sta dritti ed impettiti, anche in questo caso, con le mani incrociate sulla testa.
- Altra posizione fondamentale è quella piegata in due, utile per le ispezioni anali e le frustate - aggiunse, quindi dando il relativo comando.
- Lo schiavo, a gambe aperte, appoggia le punte delle dita per terra, vicino ai piedi e tiene in alto il culo, ben esposto alla penetrazione ed ai colpi di verga.
La Guardiana, poi, diede l’ordine di mettersi a quattro zampe, che lo schiavo nuovamente eseguì senza indugio.
- In questa posizione - spiegò - lo schiavo tiene testa e busto paralleli al suolo, gambe aperte parallele alle braccia, appoggiando per terra le palme delle mani, le ginocchia, e le punte dei piedi. E’ utile in vari casi, sia per far muovere lo schiavo, che per usarlo come seggiola.
A dimostrazione di ciò, la donna si sedette sulla schiena della vittima, suscitando il compiacimento delle altre Dominatrici che assistevano alla scena.
- E’ una buona usanza del Castello - spiegò ai nuovi arrivati - usare gli schiavi come mobilio: sedili, poggiapiedi, tappeti o reggitori di tavoli e candele. E’ una delle attività a cui frequentemente vi capiterà di essere adibiti e dovrete imparare bene come comportarvi in tali casi, abituandovi alla fatica, ed allo sforzo dell’immobilità prolungata nel tempo. E’ chiaro, che le irregolarità nello svolgimento di questo tipo di servizio, vanno corrette a furia di torture e punizioni.
Sempre restando seduta sullo schiavo nudo, la Signora chiamò un altro di quelli che lavoravano nei paraggi e che si affrettò a raggiungerla, mettendosi in ginocchio davanti a Lei. Anche a quello fu comandato come prima cosa di denudarsi e quindi di stendersi per terra a pancia in giù. Lo schiavo obbedì, sdraiandosi sul selciato gelido, mostrando le terga completamente coperte da lividi e striature.
- In questa posizione -illustrò la Guardiana - dovete aderire perfettamente a terra, senza badare a come si trovano i vostri genitali, tenere sempre le gambe scostate e le braccia lungo il corpo. Vi potrà essere ordinato di strisciare, nel qual caso, dovrete muovervi sempre aderendo bene al suolo, ed imparerete come fare.
Con un altro comando, intimò di girarsi, e lo schiavo obbedì.
- A pancia in su - continuò così l’illustrazione - lo schiavo resta in una posizione simile alla precedente ed è ben disposto a fare da tappeto e venire calpestato.
Per chiarire il concetto, la donna si alzò dalla schiena dello schiavo che le faceva da seggiola e si mise in piedi su quello disteso. Non usò mezze misure, e piantò i tacchi alti dei suoi stivali sul petto e sulla pancia della vittima.
- Anche in questo caso - precisò - la posizione non è una scusante per tenere lo sguardo su una Signora, per cui gli occhi, che non vanno chiusi, devono comunque evitare occhiate indiscrete: cose del genere, sono mancanze da punire e reprimere drasticamente!
Sottolineò il concetto, piantando il tacco di uno stivale sul sesso dello schiavo, spingendo con forza ed a lungo, fino ad ottenere gemiti di sofferenza dalla vittima.
- Questo animale mi ha sbirciata - disse alle altre Guardiane - fate portare qui il palo, che lo punisco subito!
L’idea fu accolta con soddisfazione dalle sue colleghe, una delle quali si rivolse a due schiavi che lavoravano nei paraggi ordinando loro di trasportare l’attrezzo richiesto.
Quelli arrivarono dopo qualche minuto, durante i quali lo schiavo-tappeto continuò ad essere martoriato sui genitali, portando un grosso palo, piantato su un basamento di
legno. Appoggiato l’oggetto davanti alla fila di schiavi, raggelati sia per il freddo che per la scena, due Guardiane sollevarono di peso la vittima da terra, e lo misero contro il palo, con le terga rivolte all’esterno. I suoi polsi furono incatenati in alto, alla sommità del palo, e le caviglie vennero assicurate ad altre catene, poste sulla base, in modo che dovesse tenere le gambe spalancate.
La Guardiana che lo aveva incriminato, volle curare personalmente la punizione, decidendo di infliggergli dieci frustate con il lungo attrezzo che teneva al cinturone, identico a quello, che anche la Signora all’accesso teneva sotto il cappotto. Ad un paio di passi di distanza, la Dominatrice fece roteare la frusta, che poi schiantò con violenza inaudita sulla schiena dello schiavo. Dopo tre frustate, quello cominciò a mugolare, alla quinta gemeva, alla settima piangeva ed alle ultime due, gridò forte, tanto che la donna, ridendo, decise di somministrargli altri due colpi, per puro divertimento delle sue colleghe, che la incitavano a colpire senza pietà.
- Segnerò la colpa sulla scheda dello schiavo - concluse - ed ora, che tornino entrambi alle loro occupazioni!
Le colleghe sganciarono dal palo la vittima, che faticò a reggersi in piedi. Istigato da un colpetto di frustino e dalle ingiurie delle Guardiane, si fece forza, ed andò a raccogliere i suoi indumenti, rivestendosi. Così facendo, diede le spalle alla fila dei nuovi schiavi e proprio ad F, che si trovava più vicino, capitò di vedere bene i pesanti lividi lasciati dalla grossa frusta della torturatrice che in alcuni punti avevano veramente strappato la pelle.
Quando entrambi gli schiavi si furono rivestiti, si allontanarono, genuflettendosi, per riprendere il lavoro sospeso.
- Credo che questa esibizione, vi abbia fatto capire come funzionano le cose qui più di tante lunghe illustrazioni - disse allora la Guardiana al gruppo dei nuovi arrivati – Capita anche a schiavi di lunga esperienza, come erano i due che avete visto, commettere errori ed infrazioni. Avete visto che l’essere bravi nel lavoro e nel comportamento formale non può costituire motivo per alleviare le punizioni che sono egualmente pesanti, poiché non si devono confondere due cose, come la produttività ed il rispetto della disciplina.

(continua)
view post Posted: 14/1/2024, 12:42     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
3

Lo scatto improvviso della chiave nella toppa della porta alle sue spalle, pose fine all’attesa.
Qualcuno, forse la solita signora dell’accettazione, gli tolse le catene dai piedi e le manette.
- Prendi la tua roba – gli disse – indossa saio, calze e zoccoli e metti il resto nel sacco, poi esci e stai davanti alla porta della cella.
F obbedì in fretta.
Come aveva immaginato, il saio era semplicemente un camicione largo, con le maniche corte, fatto di un tessuto ruvido e rigido. Non era una gran copertura, ma dopo il tempo trascorso senza abiti sembrava dare almeno un po’ di protezione alla fredda temperatura, sempre più rigida. Più utili contro il freddo, si rivelarono essere le calze e gli zoccoli. Il resto del materiale, da riporre nel sacco, era rappresentato da un ricambio di calze, un paio di guanti da lavoro, una specie di gilet in lana senza maniche e dalla tuta che già aveva notato e che sembrava essere più pesante e coprente del saio.
Sistemate le cose, come da comandi ricevuti, uscì dalla cella e si mise davanti alla porta, trovandosi così dinanzi a due dei suoi compagni di schiavitù.
Osò appena sbirciare intorno, constatando che le valigie erano state portate via.
Uno dei due era più alto e robusto di lui, presumibilmente anche più anziano, ed era rasato.
L’altro era più o meno della sua stessa corporatura e aveva un’aria sconvolta, come se la reclusione nella cella gli fosse pesata esageratamente.
F non ebbe tempo di fare altre osservazioni e riflessioni al riguardo, perché la signora dell’accettazione dall’altra sala comandò, urlando, che gli schiavi si portassero immediatamente davanti a lei, con le spalle al muro.
F e gli altri due, uscirono dall’anticamera delle celle tornando nel salone dov’era la scrivania. A quel punto stimò che fossero in tutto, circa una decina di schiavi.
La donna, con il solito ghigno, restò un poco a guardarli, poi, con il frustino indicò alla truppa la direzione da prendere, intimando di andare spediti verso un portone, da cui si accedeva al cortile interno del palazzo. Si trattava di un piazzale asfaltato, in mezzo al quale c’erano due furgoni neri, con il simbolo del Castello sulle fiancate. Uno era già
chiuso ed aveva il motore acceso. L’altro, aveva le porte posteriori spalancate, e la donna comandò che gli schiavi si mettessero in fila per salirvi.
Uno alla volta entrarono nella parte posteriore, trovando posto per sedersi sulle panchette, collocate lungo le fiancate, sotto alle quali c’era posto per appoggiare i sacchi con gli indumenti. La donna salì dopo di loro, ed uno ad uno li ammanettò sul davanti, facendogli alzare le braccia sopra la testa, per bloccare i polsi ad appositi moschettoni, agganciati in alto alle fiancate del furgone. Quindi scese e chiuse le portiere, facendo cadere il buio all’interno del veicolo.
Dopo un istante fu acceso il motore e il furgone partì.
Il viaggio durò almeno un’ora, durante la quale gli schiavi, a parte qualche starnuto e colpo di tosse, restarono tutti in assoluto e prudente silenzio. La strada, dopo un breve tratto lineare, doveva essere tortuosa poiché si avvertivano molte curve, e l’ultimo tratto non era asfaltato, a giudicare dagli scossoni che facevano sobbalzare gli schiavi.
Pian piano, gli occhi di F, che stava seduto in fondo verso le porte, si abituarono alla semioscurità dell’interno, ma non abbastanza da poter vedere i suoi compagni di viaggio, a parte l’omone che gli stava accanto, e che alle curve più strette gli finiva addosso, schiacciandolo.
Finalmente il furgone si fermò, e, dopo qualche minuto, furono aperte le porte.
Un brezza gelida penetrò nel veicolo, facendo rabbrividire gli schiavi.
Nuovamente la signora dell’accettazione salì fra di loro e cominciò a sganciarli dai moschettoni, lasciando però loro addosso le manette.
F, raccolto il suo sacco, uscì, e si ritrovò in mezzo al piazzale del Castello, dove altre quattro dominatrici attendevano l’arrivo della "merce".
La scena che gli si presentò davanti, andava ben oltre i limiti della sua più perversa fantasia.

(continua)
view post Posted: 13/1/2024, 12:54     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
2

Rimasto solo, chiuso nella cella, F cominciò a rendersi pienamente conto di quanto era grave la situazione in cui si trovava. Nella mente gli risuonavano le minacciose parole della donna che l’aveva accolto, che in parte gli sembrava di confondere con i discorsi che la sua Padrona gli aveva fatto, per indurlo ad accettare quell’avventura.
Da tempo F viveva un rapporto sadomasochista con la donna che si faceva chiamare Lady Elena e che gli aveva fatto apprezzare il piacere perverso della sottomissione.
Era stata, in principio, una conoscenza occasionale, da cui era nato un rapporto erotico appagante che, settimana dopo settimana, aveva assunto caratteristiche tipiche del sadomasochismo, per poi finire col renderlo assolutamente succube di colei che era diventata la sua Padrona.
Da quando le si era consacrato come schiavo, Lady Elena non gli aveva risparmiato umiliazioni e sofferenze, per quanto limitate ai momenti dei loro incontri, la cui durata e scadenza, comunque, toccava a lei stabilire, restando a lui solo il dovere di adeguarsi.
Dopo molti incontri, limitati a loro due, Lady Elena si era inventata sessioni con altre Signore ed altri schiavi, con torture e giochi sempre più complicati e pesanti.
F, si era assoggettato al volere della sua Padrona e non era quindi nuovo a situazioni in cui si trovava esibito nudo ad altre persone, incatenato e minacciato di sevizie che, poi, venivano pure praticate a sue spese.
Il cambiamento nel rapporto con Lady Elena risaliva a pochi mesi prima, quando la Padrona lo aveva informato che intendeva acquisire un nuovo schiavo, e forse più di uno. Nell’arco di un paio di settimane, si erano intensificati gli incontri, sia con altre Padrone che con altri schiavi, tant’è che F non riusciva più a capire da dove saltasse fuori tanta gente, diversa dai soliti giri di amici, frequentati da Lady Elena. Non ebbe una spiegazione al riguardo, neanche quando la Padrona, gli disse che non avrebbe disdegnato l’idea di cederlo a qualche altra Dominatrice, lamentandosi però del fatto, che la sua scarsa educazione da schiavo gli faceva perdere di valore.
F aveva ascoltato quel discorso con estrema ansia, poiché in principio aveva tutto l’aspetto di un abbandono. Solo proseguendo, riuscì, pur a fatica, a seguire il ragionamento della Padrona. Lady Elena non intendeva "mollarlo", semplicemente aveva ritenuto che fosse naturalmente conseguente alla sua condizione di schiavo cederlo, ivenderlo, metterlo all’asta, insomma darlo ad un’altra Dominatrice, come del resto aveva già fatto "prestandolo" in occasione delle sessioni sadomasochiste delle ultime settimane. In quei termini, F non aveva nulla da ridire, né avrebbe potuto, essendo suo onere l’obbedienza assoluta alla sua Signora. Neppure trovò motivo di opporsi all’idea di Lady Elena, di mandarlo ad istruirsi presso quell’istituzione della Dominazione Femminile, che insieme avevano visto illustrata in internet.
In verità, sembrava che la sua Padrona avesse le idee molto più chiare di lui sulle modalità di iscrizione e di conduzione di quel genere di "corsi". Lady Elena, si muoveva con disinvoltura ed eccitazione in quel labirinto di regole, programmi, e metodi di istruzione. Lui, era soprattutto interessato a non dispiacerle, e per questo si sentiva pronto a qualunque genere di avventura, che, mal che fosse andata, se non gli avesse consentito di recuperare il suo posto con Lady Elena, gli avrebbe perlomeno aperto la strada ad una nuova Padrona, considerato che ormai non concepiva più di trovarsi senza una Signora a cui sottomettersi.
C’era, in tutta quella storia, il fatto particolare che nei discorsi di Lady Elena la dominazione perdeva sempre più i connotati erotici, per assumere un ruolo totalizzante, verso il quale lui stesso era attratto, ma che gli destava un profondo sentimento di angoscia.
Ora, quell’ansia era stata esasperata dalle parole e dal comportamento della donna che l’aveva appena accolto, nei cui modi non si intravedevano tanto interessi sessuali, ma soprattutto gusto di sottomettere, crudeltà e piacere per la sofferenza altrui.
In un certo senso, si era aspettato cose del genere, ma fra il pensarci, ed il trovarsi assolutamente in balia di personaggi del genere, il passo non era breve, né facilmente superabile.
Cominciò a maledire la sua stupidità, per non avere approfondito il programma che Lady Elena gli aveva predisposto, per avere sottovalutato elementi, quali la durata e la severità dei trattamenti, per non avere apprezzato adeguatamente la portata delle regole del Castello.
Poi si rincuorò, pensando che, in fin dei conti, già aveva subito torture ed umiliazioni anche pesanti, che aveva sopportato e che gli avevano pure apportato soddisfazione, se non sempre piacere. Nuovamente rabbrividì, temendo che lì le cose potessero mettersi in un modo tanto grave, che nemmeno riusciva a prevedere. Ancora si fece forza, riflettendo, che tutto sommato, se la soggezione al Dominio Femminile era il suo destino, meglio era che fosse impartita, anche pesantemente, ma in modo adeguato.
Al quel punto, perlomeno, perdevano significato le preoccupazioni sul suo futuro con Lady Elena: se aveva deciso di lasciarlo, non era per motivi che lo riguardavano direttamente, come sarebbe stato per una perdita di interesse sessuale, forse determinata da sue incapacità a soddisfarla: era la naturale evoluzione di lei come Padrona, e di lui come schiavo che, per il suo ruolo, era diventato un oggetto, privo di diritti e forzato all’obbedienza assoluta.

Passavano così le ore, ed F, per il quale era sempre più difficile sostenere l’immobilità ed il freddo della sua prigione, continuava a tormentarsi con quei pensieri, alternando momenti di profonda ansia, ad altri in cui si sentiva un po’ meno angosciato.
A parte quelle riflessioni, F confuse l’unico aggancio materiale con la realtà che gli proveniva dai capi di abbigliamento che vedeva disposti davanti a sé, piegati in modo tale da rendergli difficile capire esattamente di cosa si trattasse.
Di evidente c’erano solo le scarpe, più precisamente un paio di zoccoli di legno, di tipo ortopedico, presumibilmente con la suola di gomma. Gli altri indumenti si caratterizzavano per il colore marrone chiaro e sembrava si trattasse di una specie di saio e di una sorta di tuta. Non si vedeva biancheria intima, fatto questo del resto assai prevedibile, e da sotto alla pila, faceva capolino qualcosa che poteva essere un paio di calze grosse di lana.
Molto poco per coprirsi e della cosa c’era da preoccuparsi, per il freddo che in quel periodo sferzava il paese a fondo valle, ed ancor di più, presumibilmente, la zona del Castello, che, se F rammentava bene, si trovava su uno dei colli circostanti, e che dal treno aveva visto parzialmente imbiancati dalla neve.
Il pensiero del treno lo riportò alla storia del ritardo, e dell’artificiosa macchinazione, in base alla quale la donna dell’accettazione minacciava di volerlo punire. Non c’era altra spiegazione, se non che in quel "regime" non si poteva discutere e si era completamente assoggettati al capriccio, all’arbitrio, e all’ingiustizia fatta sistema.
Tutto ciò lo inquietava, e nuovamente lo eccitava, così come lo eccitavano, i giochi perversi della sua Padrona, quando lo umiliava, e lo sottoponeva, per pura crudeltà, ad implacabili sevizie.
Passavano le ore, nel silenzio della cella, ed F era ormai confuso e stordito, ma motivato a mostrarsi capace di sopportare un’immobilità tanto lunga. C’era stato qualche momento, in cui aveva sentito provenire suoni dall’esterno, ed anche la voce attutita della signora che parlava in inglese, ma aveva già perso la cognizione del tempo e non riusciva a rendersi conto, di quante ore fossero passate, da quando era stato rinchiuso: immaginava comunque, che non si trattasse di poco, giacchè cominciava ad avvertire un po’ di fame e di sete.
A quel pensiero, gli tornò in mente che Lady Elena gli aveva spiegato di come al Castello avrebbe dovuto patire gravi limitazioni dell’alimentazione e che perfino i suoi bisogni fisiologici, sarebbero stati regolamentati dalle aguzzine.
In effetti, una certa limitazione di ciò era già iniziata fin dalla partenza: obbedendo alla Padrona, che aveva ricevuto precise indicazioni al riguardo dall’Organizzazione del Castello, era a digiuno dal giorno precedente al suo arrivo. Si trattava peraltro di una precauzione, che Lady Elena era solita raccomandare prima dei loro incontri, per tenerlo "in tensione" più di quanto sarebbe stato a pancia piena. Stavolta, però, era stato parecchio anticipato il periodo di restrizione alimentare, ed aveva avuto annuncio che durante il periodo di addestramento al Castello le limitazioni alle sue necessità sarebbero state utilizzate come modo per indurre prostrazione e sofferenza.
Decise fra sé, di mostrarsi risoluto a sopportare anche quel genere di patimento, respingendo intanto il riflesso mentale che, a fronte di quei pensieri, gli stava inducendo il desiderio di urinare. Resistette, almeno per quella prima volta, mentre tornava a ripercorrere tutti i pensieri che, sempre più confusamente, gli si affollavano in testa.

(continua)
view post Posted: 12/1/2024, 13:09     +3I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Un vecchio e noto racconto reperito grazie alla segnalazione di un utente del forum su un vecchio blog in disarmo dove l'autore non era indicato (anonimo).
Si tratta, superfluo specificarlo, di un racconto di pura fantasia, dai contenuti piuttosto forti ed estremi che non tutti potrebbero gradire. Chi prosegue nella lettura è avvisato.
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isola
1

Il treno era arrivato con un po’ in ritardo, così F dovette affrettarsi per giungere in tempo. Uscì di corsa dalla piccola stazione ferroviaria tenendo in mano la valigia, leggera perché semivuota, e cercò rapidamente di orizzontarsi con la cartina stampata sul biglietto d’invito.
Non ebbe grandi difficoltà, il percorso era chiaro e breve; solo dovette allungare il passo fino a correre per rispettare quanto più poteva l’orario di ingresso.
Arrivato davanti al portone dell’edificio dov’era diretto, si fermò per tirare il fiato e controllare la targhetta del videocitofono, la cui unica indicazione era un simbolo identico a quello stampato sul suo invito.
Tirò un profondo respiro e suonò il campanello, mettendosi in posizione davanti alla telecamera con l’invito bene in vista.
Dopo un breve silenzio una voce femminile gli rispose seccamente, in un inglese molto scandito.
- Ben arrivato numero 45. Muoviti, sei già in ritardo!
La serratura del portone si aprì con uno scatto elettrico ed F varcò la soglia, accedendo in un salone freddo e spoglio, ai lati del quale si vedevano porte chiuse, mentre era aperta solo quella all’estremità opposta.
Entrò lasciando che il portone si richiudesse pesantemente alle sue spalle e s’incamminò verso la porta aperta, tirandosi dietro la valigia, senza riuscire a trattenere l’ansia per quanto lo attendeva.
Già la storia del "ritardo" suonava come un inganno: l’orario dell’appuntamento gli era stato evidentemente fissato a ridosso dell’arrivo del treno proprio nell’intento di complicargli le cose. Del resto aveva già deciso di non obiettare nulla ad eventuali rimproveri, immaginando che ogni possibile ragione difficilmente sarebbe stata considerata.
Arrivò così alla nuova porta che oltrepassò cautamente trovandosi in un secondo salone, più piccolo, nel quale c’era solo una piccola scrivania, dietro alla quale, su una poltroncina, stava una ragazza bionda vestita con un lungo cappotto nero di pelle. Sul risvolto del bavero si notava lo spillino con il solito simbolo, che attirò l’attenzione di F quasi più dei bellissimi lineamenti della giovane donna.
- Avvicinati e non oltrepassare la linea gialla per terra – gli disse in inglese senza alzare lo sguardo da un fascicolo che teneva aperto sulla scrivania.
Era sicuramente la stessa voce che lo aveva accolto al citofono, brusca e acida, poco intonata al bel viso della donna. Quando quella alzò gli occhi, però, mostrò uno sguardo gelido ancora più tagliente delle parole.
- Sto controllando i tuoi dati – gli disse passando ad un italiano un po’ stentato che tradiva più dell’inglese l’accento slavo – Risulta che sei stato inviato qui dalla tua Padrona per un periodo di addestramento e servizio di un mese. La tua Signora si raccomanda un trattamento severo ed ha posto come limite solo l’esclusione di danni permanenti al tuo corpo, nessun altro limite. Ha quindi escluso che tu possa invocare sospensioni o interruzioni del trattamento, che sarà indirizzato a piegare del tutto la tua mente e a spezzare ogni possibile resistenza sia fisica che psicologica. Sarai sottoposto ad ogni genere immaginabile di umiliazioni, patimenti, privazioni, punizioni e torture; sarai costretto a svolgere lavori e mansioni pesanti per il corpo e per le mente, in condizioni che li renderanno più difficili e dolorosi; imparerai ad obbedire prontamente e ti annullerai completamente ai comandi delle Signore che qui possono disporre di te senza limitazioni e secondo il loro gusto e capriccio. Un mese è un lungo periodo: sei sicuro di essere pronto a sopportarlo?
Le parole della donna erano state tanto crude e dirette che F si trovò quasi bloccato per rispondere alla domanda.
Il cuore gli batteva forte e l’ansia stava cedendo il passo alla paura. Così, con la gola secca, non riuscì ad articolare una parola e si limitò ad un cenno del capo. Il suo comportamento sembrò irritare la ragazza che si alzò di scatto dalla poltroncina.
- Ti è stata rivolta una domanda e devi rispondere in modo chiaro, preciso e sintetico! – urlò – A quelli come te non è concesso di parlare tranne quando viene espressamente comandato: cerca quindi di mostrarti degno dell’onore che ti ho concesso chiedendoti di esprimere l’accettazione delle regole a cui sei sottoposto!
Senza aspettare altro la donna passò davanti alla scrivania tenendo in mano la cartellina con la scheda relativa ad F ed una penna.
- Firma qui sotto oppure vattene! – gli intimò avvicinandosi e mettendogli il foglio davanti al volto.
Impressionato da tanta energia F prese in mano la scheda su cui erano riportate le regole e le condizioni che la sua Padrona aveva deciso e che lui già aveva sottoscritto prima della partenza. Non osò perdere tempo per rileggere tutto e si limitò a vedere che la sua nuova firma andava posta sotto una dicitura con cui ribadiva, in quella data, l’adesione assoluta al "programma" per la sua permanenza. Firmò e restituì scheda e penna alla donna che depose il tutto sulla scrivania appoggiandosi ad essa.
Il cappotto era sbottonato per cui F potè vedere che sotto di esso la bionda, alta e longilinea, portava un maglione nero di lana chiuso con una cerniera, pantaloni di pelle e stivali lunghi neri con il tacco alto. Particolare significativo era il cinturone alla vita al quale si notava agganciata una frusta grossa e nodosa.
- Spero che tu abbia già studiato le principali regole di comportamento – riprese a parlare la donna, a voce più bassa e distaccata – Avrai comunque molte occasioni per impararle al meglio durante le lezioni che ti saranno impartite e grazie alle crudeli punizioni che riceverai per ogni minima infrazione. Al proposito ti deve essere chiaro che con la tua firma hai accettato tutte le regole vigenti, anche prima che esse ti siano spiegate. Per questo motivo ti sei già reso responsabile di alcune mancanze: il ritardo all’arrivo, l’esitazione nella risposta e il fatto che mi hai innervosita con il tuo modo di fare. Annoterò queste infrazioni nella tua scheda, così come faranno tutte le Signore che ne rileveranno altre, in modo che se ne terrà conto nelle prossime occasioni di punizione.
Fu istintivo, a quel punto, per F accennare l’intenzione di replicare e difendersi. ma bastò che aprisse la bocca per suscitare una nuova reazione infastidita della donna.
- Taci! – gli intimò – Basta l’intenzione di replicare che hai mostrato per renderti colpevole di un’altra mancanza: annoterò anche questa! Se continui così ti troverai a passare più tempo sotto tortura che a lezione.
Zittito, F chinò il capo, rassegnato al peggio.
- Adesso è ora che tu ti prepari al trasferimento – riprese la Signora compiaciuta dell’effetto provocato dalle sue parole – Devi spogliarti completamente e riporre tutti i tuoi indumenti nella valigia che lascerai qui. Ti segnerò sul braccio con un numero, che sarà il tuo nome per la permanenza nel nostro Dominio, e ti darò gli indumenti di servizio di cui dovrai avere la massima cura e che sono segnati con il tuo stesso numero. Quindi ti sistemerò in una cella in questo edificio dove aspetterai che venga il momento di andare al Castello. Alcuni schiavi sono già arrivati e stanno aspettando da ore, altri ne arriveranno e partiremo quando il carico sarà completo. Dato che gli schiavi al Castello provengono da varie nazioni è stato scelto l’inglese come lingua ufficiale, è quindi difficile che in futuro ti si parli ancora in italiano. In ogni caso sono poche le occasioni in cui ti sarà ordinato di parlare e… - aggiunse con un ghigno – credo che avrai più spesso modo di piangere e urlare, piuttosto che di parlare!
Detto ciò le bastò fare un cenno con la mano per indurre F a togliersi i vestiti.
Intimidito dal modo di fare e dalle parole della donna, a capo chino, F aprì la valigia che aveva lasciato a terra e dentro alla quale c’erano solo una busta per la toeletta, un paio di ricambi di biancheria intima ed un pigiama. Si era già preparato a quel momento per cui non incontrò particolari difficoltà nel levarsi il giubbotto e riporlo nella valigia, procedendo poi con il maglione, la t-shirt e la maglietta fino a restare a torso nudo.
La donna lo osservava manifestando una certa impazienza, ma non lo interruppe né gli inveì contro.
Rabbrividendo per il freddo del salone F si tolse le scarpe e le calze riponendo anch’esse nella valigia. Quindi si sfilò la cintura e si calò i pantaloni restando in mutande.
Fu allora che la Signora colse l’occasione per rifilargli una cattiveria.
- Credi di fare uno strip-tease? – gli disse sogghignando parlando stavolta in inglese – C’è poco di interessante in uno schiavo come te!
Accompagnò le parole con un gesto della mano per fargli fretta e subito F si sbrigò nel levarsi le mutande e riporle nella valigia restando, in definitiva, completamente nudo davanti alla sconosciuta che allungò la mano sinistra, fasciata in un guanto di pelle nera, e lo afferrò per le palle, stringendogliele un poco.
- Te le faremo scoppiare – sibilò – ed in pochi giorni rimpiangerai di avere quel coso fra le gambe che ti ha reso maschio, condannandoti alla tua schiavitù.
Tirò, quindi, fuori dalla tasca del cappotto un grosso pennarello indelebile nero con il quale segnò il numero 45 sul braccio di F. Dalla stessa tasca prese anche un adesivo con lo stesso numero che gli consegnò, indicandogli senza bisogno di altre parole che era quello da applicare sulla valigia.
F si chinò per chiudere il suo bagaglio ed applicare la targhetta mentre la donna tornava alla scrivania per prendere uno scudiscio rigido appoggiato lì sopra che impugnò per fendere l’aria ed indicare una delle porte che si affacciavano nella sala.
Raccolta la valigia F, imbarazzato per la nudità che manifestava la sua condizione di sottomesso, si avviò verso la porta, seguito dalla Signora che gli teneva puntato il frustino in mezzo alla schiena. Da lì si trovò in un’altra stanza, più piccola e sempre priva di arredi, con tre porte più piccole davanti ad una delle quali era depositata una valigia numerata di dimensioni simili alla sua. Sulle porte c’erano targhette numerate, una delle quali era il 45. Non c’era bisogno di particolari spiegazioni per capire che doveva entrare lì dentro lasciando il suo bagaglio fuori.
La donna usò una grossa chiave per aprire la cella facendogli quindi cenno di entrarci.
Si trattava di uno stanzino lungo non più di tre metri e largo meno di due, assolutamente spoglio e privo di finestre, illuminato da una debole lampadina sistemata in mezzo al soffitto. Alle pareti e per terra c’erano anelli e ganci il cui scopo evidente era di consentire varie modalità di incatenamento dei reclusi.
Per terra, dalla parte opposta alla porta, era appoggiato un sacco di tela sul quale era disposta una pila di indumenti di fattura povera e grossolana.
La donna prese i polsi di F e glieli unì dietro la schiena chiudendoli subito con un paio di manette metalliche. Infilò la frusta fra le cosce dell’uomo muovendola lateralmente per fargli capire di aprire le gambe, quindi si chinò e gli passò intorno alla caviglia sinistra una catena che poi bloccò con un lucchetto ad uno dei ganci infissi per terra. Ripetè l’operazione con la caviglia destra facendo così in modo che F si ritrovasse con le gambe forzatamente aperte, anche se non spalancate.
- Resterai immobile qui fino a quando sarà l’ora di partire – gli disse – e tieni presente che sei inquadrato da due microcamere per cui sarà possibile verificare eventuali movimenti che saranno considerati come disobbedienza ad ordini espressi. Puoi immaginare la gravità della pena per un così grave reato!
Con quelle parole uscì chiudendo a chiave la porta e lasciando solo il prigioniero.

(continua)
view post Posted: 2/1/2024, 14:11     +1L'IKIGAI - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito mistresselvira.com, autore Dasa
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Aveva ormai assoggettato molti uomini e molte donne, ma solo alcuni fra questi potevano considerarsi i fortunati, quelli che appartenevano alla cerchia ristretta dei suoi servi permanenti. Viveva unicamente la realtà del dominio nella sua pienezza. Ognuno dei suoi schiavi doveva provvedere ai suoi bisogni, versando la quasi totalità dei propri introiti alla Dea e trattenendo per sé lo stretto necessario per mantenere la propria casa, gli alimenti alla famiglia per chi ne aveva una, le tasse e le bollette.
Il cibo era preparato in comune da uno schiavo cuoco e gli abiti di tutti erano scelti dalla Mistress in base al suo gusto. Ciascuno di noi riceveva istruzioni su cosa acquistare, quando la Padrona lo desiderava. Nella schiavitù totale, il denaro non era necessario e quindi veniva tutto consegnato alla Dea, la quale, in questo modo, poteva permettersi una vita di agiatezza in un antico casolare fuori città in cui viveva, circondata dai suoi numerosi servi che dormivano in piccole camerette in una struttura adiacente, una vecchia stalla ristrutturata. L’aveva acquistata e sistemata con il contributo di ciascuno dei sei schiavi, tre uomini e tre donne, che vivevano permanentemente al suo servizio.
Permanentemente per modo di dire. Ciascuno di noi doveva infatti meritarsi quotidianamente con un comportamento impeccabile l’onore di servire la Padrona e la circostanza che uno avesse contribuito agli agi della Padrona in maniera più sostanziosa di altri non era assolutamente garanzia di mantenimento dello status di servo domestico. Proprio la persona che aveva messo i maggiori mezzi a disposizione per l’acquisto e la ristrutturazione del casolare era stata allontanata per gravi violazioni del contratto - ognuno ne aveva infatti firmato uno - e sostituito rapidamente. Una foto pubblicata sui siti specializzati con un breve annuncio che la Mistress ricercava un nuovo schiavo a tempo pieno, per sostituire l’allontanato o aggiungerne uno, e venivamo investiti di richieste di schiavi da tutta Italia, pronti a immolarsi per lei! La selezione preliminare toccava a noi. Un po’ perché la Padrona voleva occuparsi solo della scelta finale, ed era molto esigente al punto da punirci severamente in caso di proposte che riteneva inadeguate. Un po’ invece era la minaccia sottintesa poiché al vedere la lista di persone pronte a prendere il nostro posto con tanto entusiasmo, ciascuno si rendeva conto di quanto facilmente sostituibili fossimo. Conseguenza ne era un maggiore impegno a soddisfarla in tutto, orgogliosi ed eccitati di far parte dell’elite di privilegiati, ma attenti a non perderne lo status. Era una logica psicologica molto sottile da parte della Padrona, una donna riservata tanto che nessuno di noi può dire di conoscerla se non nei limiti di quanto funzionale a fare sempre quello che la soddisfa. Riservata e discreta, ha i suoi momenti in cui preferisce restare sola e il suo stile di vita le aveva permesso di vivere in modo a lei congeniale: autonoma, con molti schiavi che pensano a lei.
Il rapporto femdom professionale comporterebbe degli impegni, agende, scadenze da rispettare, tutte cose che detesta e, più detestabile di tutto, sarebbe quella sgradevole sensazione di esercitare il ruolo di mistress a richiesta, in una logica commerciale, redditizia ma in fondo non vera, non pura. Trovare uno schiavo sufficientemente ricco da pensare a tutto quello che le serviva sarebbe stato facile e funzionale a certi aspetti della vita privata, ma avrebbe rappresentato un vincolo, per il semplice fatto che sarebbe stato difficile anche per lei ottenere sostentamento e agio da uno schiavo che fosse stato allontanato. Decise così di andare in fondo alle proprie volontà: essere una Regina nel vero senso della parola. Padrona di un ristretto numero di schiavi, pronti a tutto per lei e disponibili tutto il tempo.
Cominciò a pensare all’idea del casolare e cominciò a portarmi in giro per le campagne nel circondario della città. Era un po’ quello il mio compito, quello di consigliarla in scelte estetiche. Non mi è mai sembrato di avere gusto particolare per le cose ma, per qualche ragione, i miei suggerimenti facevano sempre scattare in lei una molla che la indirizzava nella scelta giusta. Da principio non capivo cosa avesse in mente e come intendesse procurarsi le risorse necessarie per il progetto che voleva realizzare e che non conoscevo, ma cominciai ad avere certi pensieri mano a mano che, parlando in occasione delle visite, si delineavano vagamente i contorni di un progetto diverso. Soprattutto mi accorsi che stava predisponendomi alla dedizione totale. Non ci incontravamo a pagamento, ma pretese un mensile, molto consistente, che di fatto mi impediva di avere altri svaghi. Inoltre richiese la mia disponibilità totale. Non avevo più una vita privata se non negli scampoli che mi concedeva e pretese l’applicazione rigorosa del contratto, comprese le password di tutti gli account, l’installazione di un app che mi teneva sempre sotto il suo controllo e tutto quello che possa servire a limitare la libertà. Fu una liberazione, non dovevo più preoccuparmi di organizzarmi per incontrarla e attendere che mi rispondesse. Ero semplicemente suo e vivevo in serena attesa degli incontri con la mia Regina, non necessariamente di carattere BDSM, anzi. Più spesso si trattava di commissioni. Avrei scoperto, iniziata l’esperienza nel casolare, che un percorso simile era stato riservato a tutti gli altri.
Quando ebbe finito i lavori, eseguiti da personale estraneo alla cerchia dei suoi schiavi, tanto che nessuno aveva mai visto il luogo in precedenza a parte me in una visita preliminare, ci convocò tutti insieme e ci spiegò il suo progetto.
Era un bel casolare, con un corpo centrale a due piani. Al piano superiore si era sistemata in un appartamento molto funzionale e semplice, la camera dove dormiva, una camera armadio adibita a scarpe e vestiti, un grande soggiorno con cucina di pietra a vista, zona salotto separata ma non in una stanza a parte e uno studio dove dipingeva e scriveva.
A piano terra aveva allestito uno studio, uno spazio molto ampio in cui trovava posto l’area punizioni, con catene, cavalletti, lettini, gogne, sedie da impalamento e tavole da tortura. In un’altra zona invece aveva allestito una classe vera e propria, con banchi di legno in stile scuola del dopoguerra, lavagna e cattedra.
Fummo tutti convocati per un sabato mattina, alle nove.
Presi una macchina a noleggio per raggiungere il luogo in tempo. Era un casolare isolato, poco distante dalla città, facilmente raggiungibile anche con i mezzi, circostanza che sul momento non destò in me molta attenzione ma che era evidentemente decisiva per l’attuazione del suo progetto. Quando fummo arrivati, ciascuno di noi, sebbene avesse ricevuto una convocazione individuale, comprese che gli altri erano lì per la stessa ragione. Fummo tutti imbarazzati dall’incrociare gli sguardi di altri schiavi, esponendo ciascuno la propria identità al pubblico, seppur ristretto e ragionevolmente fatto di persone nella stessa situazione. Fu sicuramente un elemento che creò solidarietà e facilitò la pubblica esposizione della propria condizione. Tuttavia ciascuno, almeno in quella fase, rappresentava un minaccia, un rivale nella conquista delle effimere attenzioni della Dea.
Lei ci accolse vestita in modo del tutto informale con i capelli sciolti. Era primavera e indossava una camicia bianca con una collana colorata, dei jeans e degli stivali di cuoio col tacco basso. Ci diede il benvenuto sorridente e ci invitò a entrare nell’aula.
"Aspettatemi qui in silenzio assoluto, vado a prepararmi e da sopra potrò sentire tutto e vedere tutto quindi vi conviene ubbidire".
Restammo tutti in silenzio per una mezzoretta circa, ciascuno pensando a cosa sarebbe accaduto. Tre uomini e tre donne di età diverse, uniti nell’attesa.
Discese completamente trasformata. Aveva raccolto i capelli in uno chignon, la frangetta le dava un aspetto sobrio e sopra la stessa camicia bianca di prima aveva una giacca grigia completata dalla gonna dello stesso colore, al ginocchio con spacco centrale e décollétées nere ai piedi. Le calze, inutile dirlo, erano di seta con la riga nera. Sedette in cattedra e accese il computer e lo schermo. Come una formatrice professionale, aprì una presentazione in powerpoint nella quale descriveva la casa, poi mostrò un profilo di ciascuno di noi. Imparai i nomi dei miei compagni e alcune caratteristiche come professione, età, provenienza, ruolo come schiavo. Poi passò all’illustrazione del progetto.
Eravamo stati scelti, fra tanti schiavi, come gli eletti, al servizio permanente della Dea, in una nuova vita totalmente diversa da quanto vissuto fino a quel momento.
Immaginai che la selezione fosse stata attenta e ponderata prima di arrivare a quel punto. Cominciai a dare un senso ai cambiamenti dell’ultimo anno e pensare che quell’evento di quella mattina di primavera fosse il compimento inevitabile di un percorso già iniziato, per me e gli altri.
“La vostra vita non sarà più vostra, questa sarà la vostra casa e la vostra prigione. Alcuni di voi si recheranno al lavoro quando necessario, secondo una pianificazione concordata, per il resto lavorerete da qui per garantire il sostentamento della comunità e svolgerete le funzioni domestiche e di servizio alla mia persona. Sarete i miei cuochi, i miei autisti, i miei valletti, le mie vittime, i miei giocattoli erotici. Avrete anche una vita sessuale fra di voi, secondo le combinazioni che via via vi dirò. Non sono permesse storie autonome, ogni volta che farete del sesso, quando, in quanti, come e con chi vi dirò, sarete sempre sotto il mio controllo anche se non assisterò. Adesso tutto questo potrà sembrarvi strano ma la vita di gruppo, il mio controllo totale sulle vostre vite e sulle vostre finanze vi renderanno tutto più chiaro col tempo. È un progetto ambizioso ma è quello che voglio e sono sicura di aver scelto le persone giuste. Siete tutti in grado di assicurare mezzi economici alla riuscita del progetto, tutti di gradevole aspetto, tutti completamente soggiogati alla vostra Signora. Ho studiato a lungo i vostri profili psicologici e il vostro modo di vivere la sottomissione. Non solo siete quelli che preferisco ma siete anche compatibili psicologicamente. Alcuni forse potevano sembrare migliori di voi, per caratteristiche o devozione, ma non li ho ritenuti adatti perché non avrebbero assicurato l’armonia necessaria fra di voi. Sarete una squadra coesa di schiavi, mai in competizione per le attenzioni della vostra Padrona, sempre pronti invece a dare tutto e nella totale devozione a me, vi sentirete uniti in un rapporto quasi religioso. Sarete miei oggetti. Amerete la vostra vita qui e non vorrete più averne una diversa. Per questo vi chiedo adesso, poi non potrete tornare indietro e scoprirete perché, se è quello che volete. Se direte di sì avete 48 ore per portare qui tutto quello che vi serve e, dopo aver ricevuto la mia approvazione della lista di cose che intendete portare con voi, stabilirvi qui per sempre nelle camerette che vi saranno assegnate e che saranno ruotate secondo quanto riterrò opportuno. Se non accetterete queste condizioni sarete irrimediabilmente fuori dalla mia vita perché non intendo più ricevere nessuno occasionalmente.”
Detto questo diede forma a un rituale di intensità erotica indescrivibile. Ci disse di tenere le mani sul banco e il capo reclinato verso il basso. Si avvicinò poi a turno a ciascuno di noi, con le sue splendide mani laccate di rosso alzava il mento di ognuno perché incrociassimo il Suo sguardo e ci rivolse una domanda che aveva qualcosa di battesimale:
"Lo vuoi?"
All’inevitabile "Sì Padrona", replicava:
“Allora inginocchiati, baciami i piedi e giura che sarai sempre devoto alla tua Dea, leale e rispettoso con i tuoi compagni e ubbidiente senza condizioni”.
Poi, con il tacco appoggiato sulla testa ci dava un nuovo nome e con quello ci saremmo riconosciuti e quello fu il nome che ciascuno di noi sentiva proprio.
Quando tutti ebbero giurato in un’emozione elettrizzante che si sentiva nell’aria, ricevemmo la seconda parte della lezione. Regole della comunità, programmi di formazione in aula, tipologie di punizione. Ciascuno di noi ebbe il compito di leggere il testo del contratto che tutti avevamo già firmato individualmente ma che adesso acquisiva una nuova veste e doveva essere adattato in alcuni dettagli e quindi firmato di nuovo. Ne demmo lettura collegiale su indicazioni della Mistress.
A me toccò leggere le sanzioni.
Per trasgressione leggera: ceffoni, sculacciate, frustate, castigo sui ceci, calpestamento, cbt, torture capezzoli, pesi sui testicoli, sospensioni, immobilizzazioni, umiliazioni.
Le sanzioni per trasgressione media: cinghiate, uso battipanni, caning, bastinado, cera su parti intime, zenzero nell’uretra o ano, plug anale tenuto per intera giornata lavorativa, bere l’urina della padrona, bere la propria sborra, sborrarsi in faccia da solo, scosse elettriche sul pene e testicoli, severa fustigazione, ortiche sui genitali.
Poi le sanzioni per trasgressione grave: umiliazioni pubbliche, impalamento, scosse elettriche con sonda uretrale, scosse elettriche mediante plug anale, 7 giorni di castity cage, asshole canning, canning dei testicoli, ball crushing.
Infine le sanzioni per trasgressione gravissima comprendevano il silence treatment, allontanamento dall’harem per tempo indeterminato o annullamento del contratto.
Fui percorso dai brividi nel leggere quelle cose in pubblico, a volto scoperto con persone che firmavano lo stesso documento.
Benché facessi fatica a pensare ad alcune pratiche come punizioni, e avremmo imparato tutti che quello che ci piaceva fare diventava in realtà un premio, alcune punizioni mi sembravano spaventose e avevo il fiato rotto nel leggerle, altre addirittura impensabili come l’annullamento del contratto.
Venne il momento di firmare e fu completata l’opera di impossessamento.
A ciascuno di noi, ci disse, era stato imposto nelle settimane precedenti un piercing ai capezzoli. Io avevo dei normali anellini ma, questo è il motivo per il quale ci aveva spiegato che non avremmo più potuto ribellarci, li sostituì con una coppia di piccole ganasce con chiusura magnetica collegata via smartwatch, che dovevamo sempre indossare, al suo computer dal quale poteva con un semplice clic attivare una piccola scarica elettrica di intensità variabile. Per togliere le ganasce bisognava attivare un codice che conosceva solo Lei.
Fece alcune prove con diversa intensità per farci comprendere quanto potere le stessimo consegnando.
La scossa di intensità più alta era davvero tremendamente dolorosa e causava singulti inopportuni in pubblico. Il pensiero di disubbidire a un ordine, sempre impartito tramite l’orologio, era semplicemente una non possibilità. Quelle più lievi erano quasi un gesto di generosità, un piccolo dolore in una zona erogena per pensare alla Padrona e godere dell’onore di essere stati degni della sua attenzione.
Mi inchinai, baciai di nuovo i suoi piedi e tornai a casa per organizzarmi.
Avrei dovuto preparare la lista delle cose che desideravo con me per la sua approvazione nel pomeriggio. Avrei avuto a disposizione poco più di un giorno per raccogliere l’essenziale e presentarmi di nuovo nella "Residenza", come ormai avevamo imparato a chiamarla.
Col tempo ci avrebbe permesso di sistemare anche il resto ma, per la vita monacale che ci attendeva, non c’era bisogno di molto.
Una volta a casa una breve scossa di media intensità mi fece piegare le gambe, le lettere delle sue iniziali lampeggiarono sull’orologio, risposi e dissi che ero arrivato e che stavo lavorando alla lista. Una nuova scossa molto forte mi fece gemere di dolore. "Ricorda di avvisare sempre la Padrona quando arrivi, non sempre ho tempo da perdere per cercarti sull’app". Era una regola nuova, non scritta, ma fece in modo di farmela imparare velocemente.

Vivevo nella Residenza da alcuni mesi, il lavoro mi richiedeva di allontanarmi da essa un paio di volte a settimana regolarmente e, certe rare settimane dell’anno, anche tutti i giorni. Per il resto svolgevo dei compiti per la Mistress, insomma ero Suo.
Svolgevo anche funzioni di gabinetto e imparai a distinguere odori e sapori della sua urina e delle sue feci, associandoli anche a stati di alterazione emotiva.
Non un solo momento della mia vita era svincolato dalla mia condizione di servo addomesticato. La circostanza che non esistesse più la sessione, l’incontro, il dono, la tortura la liberazione finale rendevano tutto immensamente più piacevole e interessante. Tutto accadeva in un continuo di emozioni che mi tenevano sempre fisicamente eccitato. Ero tornato a una frequenza di erezioni adolescenziali e, come ci aveva anticipato, l’erotismo non la coinvolgeva necessariamente in maniera diretta ma era sempre sotto il suo controllo.
Ebbi un turno in camera con un altro schiavo e imparai a provare piacere nell’esecuzione di compiti, che avrei altrimenti detto ripugnanti, per il fatto stesso che quel pene fra le mani o in bocca o dentro di me era come se fosse quello della padrona se me l'aveva ordinato lei.
Poteva controllarci con le telecamere e darci istruzioni mentre eseguivamo i suoi ordini.
Ovviamente preferivo quando mi imponeva di giocare con le donne, particolarmente con Luna; avevamo tutti abbandonato i nostri nomi al momento del battesimo, ma non era tanto per la bellezza, pur notevole, di Luna. Era una donna sui quarant’anni, molto bella, dal seno prosperoso ma incredibilmente tonico. In origine era lesbica e non aveva figli ma, nella residenza, le nostre preferenze sessuali non erano rilevanti. Era rilevante solo l’amore incondizionato per la Dea e il senso di fratellanza fra noi seguaci, come ci chiamava.
Luna era la donna che più sembrava stimolare il desiderio della Mistress, con il suo corpo tonico e potente. Aveva i peli delle ascelle non rasati, cosa che la rendeva per me irresistibile.
Nella gerarchia della Padrona i maschi sono più schiavi delle femmine e quando mi imponeva di giocare con maschi c’era uno scambio di ruoli e funzioni di vario tipo in una logica paritaria. Se invece c’era da giocare con una donna avevo sempre il ruolo di sottomesso della sottomessa.
Con Luna, gli ordini della padrona, il seno e l’afrore afrodisiaco delle sue ascelle mi tramortivano implacabilmente. Luna se ne accorse ed ebbe una qualche tendenza a dominarmi di sua iniziativa. Benché lesbica, non sempre poteva godere dei piaceri della Mistress o delle altre due schiave e quindi era ben felice che la mia lingua si applicasse per il suo piacere. La Padrona colse una violazione del senso di comunità in quella specie di rapporto privilegiato e ci punì entrambi con l’isolamento. Per oltre un mese non avemmo contatti intimi né con la Mistress né con alcuno degli altri schiavi.
Ogni giorno ricevevamo punizioni fisiche molto severe, di quelle previste per le mancanze lievi, bendati senza sapere chi le comminava. Chiusi nelle stanze delle punizioni in isolamento, appena sentivamo il catenaccio dovevamo coprirci il volto e docilmente lasciarci condurre nella stanza delle torture dove chissà chi, la Padrona, gli altri schiavi, altre mistress o master amici della Padrona, ci comminava dolorose ed estenuanti punizioni.
Uscii da quell’esperienza dolorante e malconcio, dimagrito e indebolito nel corpo e nello spirito.
Tuttavia, e non poteva essere altrimenti, rinvigorito nel desiderio di essere di proprietà della Padrona a quelle condizioni, terrorizzato al solo pensiero di potere essere allontanato dalla Residenza e grato alla Padrona di avermi facilitato la comprensione di cosa voglia dire essere membri della comunità dei suoi devoti.
La segregazione finì un giorno così come era iniziata.
Fui condotto dalla Mistress nudo e bendato. in ginocchio davanti a lei, sentii le dita sul mio petto, l’erezione fu immediata.
Risentii dopo tanto tempo la sua voce così suadente e così autoritaria.
Sentii le ganasce allentarsi e le tolse dai miei capezzoli. Ne prese il controllo diretto dopo oltre un mese mentre una mano mi tolse il cappuccio e vidi il suo ventre morbido e sensuale come mai davanti ai miei occhi. Guardai immediatamente verso il basso per ammirare le mutande di pizzo, il reggicalze e le scarpe col tacco altissimo. Lei strinse più forte e mi ordinò di guardarLa. Con un sorriso trionfante mi chiese:
"Sei felice?"
Risposi di sì piangendo e appoggiandomi al suo ventre mentre Luna, dietro di me, con la mano destra cominciò a masturbarmi e con la sinistra muoveva ritmicamente dentro di me un grosso fallo.
La Dea mi volle ai Suoi piedi e sedette sulla poltrona dietro di lei, appoggiandomi i piedi sopra.
"Adesso fammi sentire le tue unghie come sai fare tu".
Mi girai cominciai ad accarezzarLe le gambe come lei mi aveva insegnato.
Luna intanto si era alzata e, messasi alle sue spalle, le accarezzava i capelli e il seno, poi di fianco ad occuparsi solo del seno mentre, a un cenno della Padrona, il suo piede scivolò sul mio pene lubrificato da oltre mezzora di erezione. Muoveva il piede ritmicamente mentre un piede della Mistress era ormai stabilmente piantato sul mio viso e l’altro muoveva sempre più energicamente sul mio petto.
Luna, su ordine della Padrona, si mise in ginocchio di fronte a lei e, con la perizia atletica che tanto apprezzavo, leccò avidamente il sesso della Padrona, accarezzandole i seni in maniera sempre più intensa da farla gemere mentre le sue ginocchia con lo stesso incedere si muovevano sul mio pene e sul mio petto. Riuscì a farci venire entrambi nello stesso momento. Fu come aver fatto l’amore con la mia Dea, da oggetto tramite un altro oggetto.
"Adesso mentre io mi godo l’orgasmo, siedi sul volto dello schiavo che ti darà a sua volta un orgasmo"
Leccai Luna con amore per la mia Dea e desiderio irrefrenabile per il suo aroma. Mi inondò di liquido in una serie di singulti, agevolati dalla Padrona che, ripresasi dall’estasi dell’orgasmo, le stringeva forte il seno.
Crollò ai piedi della Dea mentre io ero segnato dal suo odore.
La voce della Mistress fu implacabile.
"Ubbiditemi sempre, rispettate le regole e vi renderò felici. La vostra vita mia appartiene ormai e l’unica opzione per voi è l’obbedienza".
"Sì Padrona" rispondemmo all’unisono.
Avevamo capito la lezione ed eravamo totalmente Sua proprietà.
Felici di esserlo.
view post Posted: 29/12/2023, 12:43     +1Possesso - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Terza e ultima parte

Federica comunicò a Matteo, ormai il suo schiavo, che di lì a poco avrebbe dovuto seguirla assieme al suo ragazzo in una vacanza al mare di una settimana. Ovviamente sarebbe stato a sua completa disposizione per tutto il tempo.
Dopo una prima fase di sgomento, Matteo accettò, non conscio di ciò che lo avrebbe aspettato.
Avevano preso un appartamento non distante dalla spiaggia e sin da subito al ragazzo erano state completamente affidate le mansioni domestiche: mentre la padroncina era a divertirsi in spiaggia con Diego, Matteo era costretto ad occuparsi delle pulizie, di cucinare, di fare la spesa, di lavare i panni, oltre che ad avere una speciale cura per le scarpe della sua padrona. Ogni volta che tornavano dalla spiaggia, finalmente poteva occuparsi di lei, del suo corpo e soprattutto dei suoi piedini.
Benchè inizialmente Diego fosse infastidito della presenza di Matteo, in seguito si abituò all’idea che la sua ragazza avesse uno schiavo personale. Lui non interferiva mai nei rapporti fra i due, e al massimo si divertiva a schernire il povero Matteo, che non poteva far altro che subire: ciò faceva divertire anche Federica, che assieme al suo ragazzo lo vessava ed umiliava verbalmente. Oltretutto Federica era solita schiaffeggiare e prendere a calci lo schiavo, spesso per puro divertimento.
Già dopo il primo giorno, a Matteo fu ordinato di stare nudo in casa e di camminare a quattro zampe e , per aumentare ulteriormente l’umiliazione, quando la padrona era in casa gli applicava un guinzaglio.
Una umiliazione particolarmente cocente per lo schiavo fu quella di dovere sistematicamente togliere con la lingua la sabbia dai piedi della sua padrona ogni volta che rientrava dalla spiaggia: all’inizio, causa l’evidente difficoltà manifestata dal povero ragazzo, la padrona gli concesse di non ingoiare la sabbia, ma di potersi sciacquare la bocca dentro una bacinella deposta ai suoi piedi; ma in seguito dovette imparare ad ingoiare la sabbia.
“Pulisci bene, tesoro, forza, ihihihi”, diceva, agitando le dita dei piedini. “Dai, che questo è il tuo pranzo, ahahahah”, lo incalzava mentre lo schiavo assaporava il gusto di quei bellissimi piedi bruniti dal sole, che sapevano di salsedine, crema, con un retrogusto amarognolo, e che emanavano un piacevole calore. Poi Federica sollevava la pianta del piede e controllava che fosse ben pulita: se fosse rimasto anche un granello di sabbia, lo avrebbe colpito con uno schiaffo.
Un giorno arrivò un ordine che lasciò Mateo perplesso e contrariato:
“Bravo cicci, ora lecca anche le sue scarpe!”, disse Federica, indicando le ciabatte di Diego.
Vinta la riluttanza di Matteo con un gran ceffone sulla bocca, lo schiavo si accinse a leccarle, mentre Diego rideva, lo copriva di vessazioni e, incitato dalla sua ragazza, lo colpiva con dei calci: “Colpiscilo sulle palle, ahahaha”, e così fu, mentre il ragazzo mugolava dal dolore, cercando di continuare a leccare le scarpe.
I primi giorni Diego era rimasto passivo, ma ora si era fatto trascinare da Federica nei suoi giochi perversi. D’altra parte, Matteo si riempiva di tristezza e frustrazione quando, nello svolgere i suoi compiti, i due amoreggiavano sul divano. Federica l’aveva notato, e per accrescere la sofferenza dello schiavetto talvolta gli ordinava di accucciarsi ai loro piedi e di osservarli mentre si baciavano e lei lo colpiva con dei calcetti o lo provocava con delle carezze. Ogni tanto Diego era vinto dalla gelosia (soprattutto quando la padrona ordinava allo schiavo di massaggiarla sui glutei o sulle parti intime) e colpiva Matteo con pugni e calci, che doveva ricevere senza nemmeno difendersi, mentre Federica osservava divertita e rideva, almeno fin quando Diego non avesse esagerato, in qual caso lo avrebbe fatto calmare. Anche perché, essendo Matteo sempre nudo, ogni sua eccitazione era sotto gli occhi sia di Federica che di Diego.
La schiavitù verso la bella Federica diventava ogni giorno più difficile da portare avanti.
Quando i due facevano sesso, Matteo poteva facilmente udire, dalla camera accanto, i mugolii di piacere della sua padrona e la foga da cui si faceva prendere il ragazzo.
Alla fine Federica riuscì a convincere Diego ad assecondarla nelle degradazioni che avrebbe inflitto nei giorni successivi al suo schiavetto: dopo tutto, nessuno dei due aveva pudore nel fare qualsivoglia azione davanti agli occhi dello schiavo, ormai ridotto alla stregua di un animale domestico. Così Federica iniziò col masturbare Diego davanti agli occhi di Matteo, che doveva assistere accucciato a poca distanza da quel membro grosso e pulsante.
“Mmmm, guarda che bel cazzo che ha il mio amore, altro che quel cosino là in mezzo”, disse Fede, premendo col piede sui testicoli dello schiavo.
“Ti piacerebbe che lo facessi anche a te, vero? Guarda che belle manine che ho, ihihihi…”, diceva, mentre Diego emette va dei gemiti di piacere sempre più forti per far arrovellare ulteriormente lo schiavo.
Quando Federica capì che Diego stava per venire, prese la testa dello schiavo e la avvicinò di forza al suo pene, mentre lui cercava con tutte le forze di allontanarsi e implorava pietà. Diego venne copiosamente sul viso dello schiavo, che serrò d’istinto la bocca e gli occhi, mentre la ragazza scoppiò in una fragorosa risata.
“Guarda che schifoso, si eccita anche con questo! Che lurido verme..”, disse Diego, quasi disgustato, allontanandolo con il piede. Poi Federica raccolse lo sperma con la mano, e costrinse lo schiavo, riluttante, ad ingoiarlo.
“Dai tesoro, non fare i complimenti, lecca, avanti! AVANTI!”, urlò la padrona, colpendolo con un ceffone.
Diego, sempre più disgustato, si rivolse alla ragazza: “Dai amore, ti prego, ma che schifo!”, al che lei rispose con una risata e uno sguardo ammiccante: morale della favola, lo schiavo fu costretto ad ingoiare lo sperma dal sapore acre e salato del ragazzo.
Poi Federica gli sussurrò all’orecchio: “Abituati tesoro, ti farò diventare una vera troia, ahahahah”.

Il resto della serata lo trascorsero a guardare la tv sul divano, con i piedi poggiati su un basso tavolino, con a poca distanza la faccia dello schiavo, costretto a stare immobile ad annusare le estremità dei suoi padroni. Di tanto in tanto matteo riceveva calci da entrambi, che si divertivano a schernirlo:
“Beccati tutta la puzza! Senti che profumino? Annusa più forte, ahahahaha”.
Passò così più di un’ora. Poi i due si recarono in camera da letto, e stavolta dovette seguirli anche Matteo, che fu fatto inginocchiare al lato del letto.
Dopo essersi spogliati, lei mise a Diego il preservativo, si mise a gambe divaricate e lui iniziò a penetrarla furiosamente.
Matteo dovette assistere impassibile al rapporto sessuale, mentre il ragazzo si rivolgeva lui dicendo: “Guarda come me la sbatto, tu col cazzo che la vedrai mai!”.
Quando il rapporto terminò e i due erano esausti, continuarono a coccolarsi per un po’, finchè alla fine lei tolse il preservativo dal membro del suo compagno, e, assunta un’aria beffarda, guardò Matteo (che già temeva per la sua triste sorte), si avvicinò a lui carponi e fece dondolare il preservativo davanti alla sua faccia.
“Guarda che bello! Adesso te lo faccio assaggiare anche a te, guarda come sono gentile, ihihihi”, disse, infilando il preservativo nella sua bocca.
“Senti il sapore della mia fichetta, tesoro, ti piace, eh, succhia bene tutto!”, disse, mentre lo schiavo leccava avidamente gli umori della pardoncina depositati sul profilattico.
“Succhia troia, dai, più forte!”.
Alla fine Federica rigirò il profilattico, lo spremette nella bocca spalancata di Matteo, che ricevette una colata di sperma denso e maleodorante. Matteo ebbe conati di vomito, ma alla fine inghiottì con uno sforzo estremo.
“Buono, non è vero? Che sapore ha, tesoro?”
“Buono, padrona”, drispose Matteo disperato, mentre Federica rideva divertita.

Altre innumerevoli volte nel corso della vacanza dovette ingoiare lo sperma frutto del piacere dei due.
Alle volte Federica, dopo aver praticato fellatio al proprio compagno, sputava lo sperma succhiato, direttamente nella bocca dello schiavo. Un’altra volta eseguì un footjob a Diego e, dopo che questi aveva inondato del suo sperma i delicati e splendidi piedini, costrinse lo schiavo a ripulirli, dal dorso fino alle suole.
L’umiliazione raggiunse le stelle quando, dopo aver praticato un rapporto sessuale con Diego, Federica si fece ripulire la passera e l’ano colanti di sperma.
Matteo sentiva che quanto più l’umiliazione e la vergogna crescevano, tanto più aumentava la sua eccitazione: non avrebbe potuto più fare a meno di servire la sua padrona, qualsiasi cosa essa avesse voluto. Perché ormai era un oggetto nelle sue mani.

FINE
view post Posted: 28/12/2023, 13:38     +6Perché le prodomme quando parlano di prezzi dicono fiori invece di euro - Discussioni, Informazioni - BDSM & Fetish
Giusto per la cronaca: la prostituzione non è un reato.
Sono invece reati (distinti) l'induzione, il favoreggiamento, lo sfruttamento della prostituzione.
L'attività della prodomme è prostituzione senza se e senza ma (per legge; non c'entra che la diano o meno, se si limitino alla manovella o neppure quella; per una diversa qualificazione occorre che la legge cambi, il giudizio soggettivo e morale di ciascuno, quale che sia, è irrilevante).
L'evasione fiscale (illecito commesso da tanti soggetti, non solo dalle pro) è reato solo al superamento di soglie (che sono piuttosto elevate) e il rischio sanzionatorio, pecuniario e/o penale che sia, è assunto dall'operatrice.

L'auspicio è che in argomento siano evitate le solite banalità. Chissà se succede.
view post Posted: 27/12/2023, 11:11     +1Possesso - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Seconda parte

Sentì il portone aprirsi, poi lo scalpitio dei tacchi della sua padrona che saliva le scale.
con affanno e timore si recò davanti al portone, lo aprì e si accucciò in attesa.
Lo splendido profilo della sua padroncina si stagliava contro la luce dell’atrio, il suo inconfondibile e forte profumo pervase le narici di Matteo. Lei fece alcuni passi, poi, con un calcetto assestato sul petto del ragazzo, lo fece scostare.
“Ciao tesoro”, bisbigliò, per non svegliare la madre, e poi scoppiò a ridere. Dal modo in cui camminava e apriva le varie porte non sembrava essere totalmente sobria; era reduce da una serata in discoteca con il ragazzo, ed era quantomeno frastornata. Entrò in camera, seguita a quattro zampe dal suo schiavetto, il quale aspettava l’inesorabile verdetto sul lavoro svolto.
Accese la luce, si sedette sul letto, si spostò indietro i capelli, mossi e scomposti, e iniziò a fissare il ragazzo, ancora sulla porta a quattro zampe, con occhi socchiusi e un beffardo sorriso accennato. Sospirò, fece per slacciarsi la slip dello stivale destro, ma poi disse a lui, con tono di voce alterato:
“Beh, cosa fai lì imbambolato? Coglione, vieni a togliermi gli stivali”.
Detto ciò il ragazzo corse ai suoi piedi: sentì un forte odore di cuoio e sudore che si mescevano al profumo; gli sembrò anche di riconoscere il sottile e nauseante odore dello sperma. Lei iniziò a dargli degli scappellotti non troppo forti sulle guance e sulla testa, ridendo a tratti e singhiozzi, intervallati da incitazioni:
“Dai”, “Forza!”, “Più forte!”
Quando il ragazzo fu sul punto di sfilarle uno stivale, gli arrivò un calcio deciso e intenso sotto la mascella, che lo fece traballare. Fu un’impresa ardua riuscire a sfilare lo stivale fra schiaffi e calci, ma alla fine vi riuscì: una vampata del forte odore di nylon e di sudore arrivò improvvisa, provocando un’ondata di calore e di eccitazione nel ragazzo.
”Bacia!”, comandò.
Matteo non se lo fece ripetere due volte e, mentre baciava il suo piedino caldo e odoroso, si beccò un altro calcio seguito dalle risate sgraziate e sgolate della ragazza.
Federica iniziò a stuzzicarlo con il tacco dell’altro stivale, che finì col calpestare in maniera brutale la mano del povero Matteo, il quale cercò di reprimere il grido dell’intenso dolore inflittogli, mentre lei roteava e premeva il piede.
Quando entrambi gli stivali furono tolti, Federica si alzò e si diresse verso la finestra, ai lati della quale giacevano tutte le sue scarpe ordinate. La vista di quei piedi che camminavano sul pavimento inarcandosi lo riempirono di eccitazione, interrotta soltanto dalla paura: ovunque passava, lasciava le impronte umide dei suoi piedi sul parquet, che svanivano poco dopo.
“Oh, ma che bravo”, disse, facendole cadere con un calcio e ridendo.
Assistendo alla breve distruzione del suo lavoro, il ragazzo venne invaso da un istinto di rabbia, che a stento represse, seguito prontamente da una intensa eccitazione. Poi iniziò a tirargli scarpe in faccia, ridendo ogni volta di pancia, ordinando gli di riportarle, come un cane, con la bocca. E infine accadde l’inevitabile.
federica prese una decolté nera, vide che non era pulita e la annusò.
“Che puzza!”, disse.
Matteo non fece nemmeno in tempo a vedere la sua reazione, che subito si ritrovò la ragazza addosso, che lo picchiava con una violenza inaudita e quasi scimmiesca:
“CHE E’ QUESTA PUZZA, EH?”, ed arrivarono sulla testa dello schiavo diverse serie di schiaffi forti, rapidi e frequenti,.
“COGLIONE”, e una sberla, ”IDIOTA”, e un manrovescio assestato con decisione sull’occhio destro, “FROCIO DI MERDA”, e un calcio sulla schiena che lo face cadere in terra.
Iniziò a calciarlo e calpestarlo con durezza, mentre si era chiuso a riccio per difendersi, ansimante. Lo girò su un fianco ed iniziò a colpirlo con le sue magnifiche gambe all’altezza dello stomaco: respirava a stento e aveva la testa che ronzava per i colpi ricevuti. Lo tirò per i capelli, continuò a schiaffeggiarlo e provocò la fuoriuscita di sangue quando lo colpì sul naso con una forza incontrollata; iniziò a colpirlo anche con delle scarpe.
“COGLIONE, FROCIO, BUONO A NULLA, MERDA UMANA!”.
Federica costrinse Matteo ad alzarsi e gli diede un calcio sui testicoli, che lo fece accasciare sul pavimento.
Fra i lamenti Matteo implorava pietà, che sapeva non sarebbe arrivata.
Diverse volte fu fatto rialzare e preso a calci sui testicoli, non riusciva più a respirare per il forte dolore, e per le fitte che lo attanagliavano. Alla fine iniziò a piagnucolare:
“Padrona, perdono, basta, pietà”.
Alla fine anche Federica si accucciò a terra esausta, ed iniziò a ridere come una forsennata. Lo schiavo dolorante dovette allora cercare di spogliarla e metterla a letto, ma non vi riuscì e, fra schiaffi ed insulti, Federica si mise a letto da sola. Lui si limitò a coprirla, poi tornò a casa, reggendosi a malapena in piedi e barcollando.

L’indomani, dolorante e con terribili fitte ai testicoli, Matteo si avviò a casa di Federica dove avrebbe dovuto rimettere ordine nel caos della serata precedente. Aveva timore di una nuova punizione ed era pieno di imbarazzo e frustrazione.
Quando Federica aprì la porta di casa, a lei si presentò un ragazzo esausto, spento, con un occhio gonfio e pieno di graffi ovunque, che si muoveva a scatti per i dolori. Ne provò pena, e improvvisamente si addolcì:
“Piccolo, cosa ti ho fatto!”, disse con voce commiserevole accarezzandolo.
Lui non ce la fece nemmeno ad inginocchiarsi ai suoi piedi, anche se avrebbe desiderato sopra ogni cosa baciarglieli.
Federica continuò ad accarezzarlo, poi lo fece entrare in camera e sedere sul letto accanto a lei: nel rivedere la camera piena di scarpe, vestiti gettati all’aria e calze, sentì una vertigine che gli fece girare il capo.
“Sono stata proprio cattiva ieri sera, scusami tesoro mio!”, disse, accarezzandolo ed eseguendo un dolce massaggio sulla schiena. Nella sua voce c’era un sincero pentimento, e questo fece emozionare anche il ragazzo.
Federica lo portò in bagno, dove medicò le sue ferite e i vari graffi, nonostante egli si fosse inizialmente opposto perché, disse, non voleva essere “servito” dalla sua padroncina!
Ad un tratto, mentre erano davanti allo specchio, Federica reclinò dolcemente il capo sulla sua spalla: nel sentire i morbidi capelli di lei scendere sulla sua schiena, e le soffici e calde guance toccare la sua spalla, improvvisamente si decontrasse e si abbandonò a quel raro momento di tenerezza.
Li sorprese la madre, meravigliata, che prontamente Matteo salutò. Martina lo guardò con occhio indagatore e quando rimase da solo in bagno la sentì rimproverare la figlia per averlo ridotto in quelle condizioni, per averla svegliata durante la notte e per essere tornata a casa in quello stato.
“Si trattano così i tuoi amichetti?”, disse, mentre passava scalpitando sul corridoio: c’era un sottile velo di ironia in quella frase, visto che Matteo era un “amichetto” un po’ particolare.
Alla fine Federica chiese a Martina di riportare il poveraccio a casa in macchin. La madre assentì, ma Federica disse che prima intendeva portarlo a fare la spesa con lei.
Matteo si sentì veramente in imbarazzo, per mostrarsi in quello stato davanti alla madre di lei, la quale ogni tanto lo guardava con i suoi splendidi occhi e lo interpellava con la sua voce calda e le sue labbra sensuali
“Piccolo, ti fa ancora male la schiena? L’ho detto a mia figlia che deve essere meno aggressiva!”
“No, Martina, non ti preoccupare, non è nulla…”
Nelle domande di Martina si intravedeva allo stesso tempo l’incomprensione per la sua condizione di schiavo, una fine derisione umiliante e anche una sottilissima soddisfazione che la sua vanità femminile provocava. Lui continuava a guardare come imbambolato le mani che dolcemente e scioltamente scivolavano sul cambio, ma l’eccitazione che inevitabilmente sorgeva veniva soffocata immediatamente dai dolori ai testicoli.
Si fermarono a fare la spesa.
“Tesoro, tu puoi rimanere in macchina se vuoi!”, disse la ragazza, sapendo che in questo modo la avrebbe senza esitazione accompagnata.
Matteo portò per lei il cestino, la seguì docilmente lungo gli scaffali assecondando ogni sua esigenza
I movimenti della donna, che forse aveva notato lo sguardo del ragazzo dietro di lei, si fecero volutamente più sensuali.
Alla fine Matteo si offrì di pagare lui, al che la donna simulò un rifiuto di cortesia:
“No, guarda che mi arrabbio, hai già pagato tu tutte le altre colte”,, disse lasciandosi scappare una risatina e quindi lo ringraziò: “Grazie, cucciolo!”.
Quando lo lasciò a casa, al momento di salutarlo gli fece una sensuale carezza sulla spalla: quel gesto, unito all’intenso odore di pelle e di creme emanato dalla donna, di nuovo fece eccitare il giovane, ma le intense fitte di dolore di nuovo repressero quell’istinto. Lo salutò, con quello sguardo rilassato e quel sorrisino ironico con cui era solita fissarlo.
Se ne andò intenerito, emozionato e frustrato ad un tempo.
Ancora non sapeva che la padrona aveva in serbo per lui una sorpresa molto piacevole.

(continua)
view post Posted: 26/12/2023, 12:29     +1Possesso - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito raccontieroticipertutti, autore anonimo
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Federica era una bella ragazza di 18 anni; Matteo, un ragazzo di 22 anni che era stato sedotto da Federica, dal suo corpo armonioso, dai suoi lunghi capelli corvini e dai suoi seni sodi e abbondanti al punto giusto, fino a perdere la testa per lei. Da subito era stato particolarmente servizievole nei suoi confronti, iniziando ad esaudire le sue richieste incondizionatamente, pur accorgendosi che le sue attenzioni non venivano ricambiate. Federica infatti si era fidanzata con un ragazzo più grande, di 30 anni, Diego, senza tuttavia che Matteo rinunciasse ad obbedirle ciecamente. La ragazza aveva così approfittato della situazione, e le richieste nei confronti di Matteo erano diventate sempre più impertinenti e gravose: arrivava fino a farsi portare a casa delle pizze per lei e per Diego, per poi licenziarlo e facendogli capire, più o meno esplicitamente, che la serata sarebbe trascorsa in intimità fra loro due.
Una volta Matteo le aveva confessato che nel servirla si sentiva realizzato, eccitato e che non avrebbe desiderato altro dalla vita. Così, senza alcun atto esplicito, Federica era diventata la sua padrona: aveva iniziato col farsi fare regali, col farsi accompagnare a fare shopping e ad usare Matteo come autista. Poi aveva iniziato a beffeggiarlo in maniera subdola, ad acuire la sofferenza che sapeva di provocargli ogni volta che gli raccontava delle sue serate con Diego. Una volta, mentre era seduta sul suo motorino, ed indossava una lunga gonna e un paio di splendide infradito rosa, notando che Matteo le guardava fugacemente i piedi, gli aveva chiesto di baciarglieli e lui, senza farselo ripetere, si era accucciato ai suoi piedi e glie li aveva baciati dolcemente e delicatamente.
Da allora in poi i sabati sera di Matteo si svolgevano sempre allo stesso modo: era costretto a sistemare la cameretta della sua padroncina, a prepararle il letto per la notte, a sistemare e lustrare le sue scarpe e i suoi stivali. Poi, quando aveva terminato, inizialmente lasciava la casa, senza sorpresa della madre di Federica che era al corrente della situazione, e che, talvolta, ne approfittava. In seguito, col passare del tempo, Federica gli aveva chiesto di aspettarla al suo rientro dalla serata, di solito passata a ballare, in modo da farsi massaggiare i piedi e divertirsi a punire lo schiavoMatteo qualora non avesse svolto correttamente i compiti assegnatigli. Le punizioni consistevano in schiaffeggiamenti particolarmente intensi di cui Federica era diventata esperta alternati a frustate eseguite con la sua cintura borchiata.
Come ogni sera Matteo stava pulendo il pavimento, mentre Federica si stava cambiando, gettando i panni sporchi a terra addosso allo schiavo. Come sempre Federica lo fissava con un sorrisino beffardo, e di tanto in tanto lo colpiva con un calcetto.
“Devo sbrigarmi, fra un po’ arriva Diego! Pulisci più in fratta te. Stasera ci divertiremo!”
Per umiliarlo gli infilò un calzino sporco in bocca, e lo colpì con uno schiaffo, ridendo. Poi gli si accostò, lo accarezzò e gli sussurrò all’orecchio:
“E’ buono vero? Questa sera dovrai pulire tutte le mie scapre, dopo averle annusate e leccate una per una. Se quando torno le troverò sporche, lo sai quello che i faccio, vero? Ihihihi”
Tornò poco dopo con un paio di infradito rosa (sapeva che facevano impazzire Matteo) e, dopo avergli tolto il calsino dalla bocca, ne avvicinò uno alla sua faccia, tirandolo per i capelli; poteva intravedere la sagoma nerognola del piede di lei sulla scarpa.
“Ecco la tua ragazza”, disse, “ne hai addirittura due, ma che marpione che sei ahahahahah. Questa sera vi lascio soli, mi raccomando non fate troppo gli zozzoni ahahahahah”. Rideva di gusto e derideva Matteo, poi lo costrinse ad annusare la scarpa e gliela strusciò violentemente in faccia.
“Bacia la tua ragazza!”.
Lui la baciò, e per tutta risposta gli arrivò un violento ceffone che lo fece vacillare.
“Si baciano così le ragazze, cafone che non sei altro? Baciala meglio!”
Matteo baciò la suola della scarpa, mentre la sua padrona la teneva premuta contro il viso.
“Bravo cicci, così si fa! Siete proprio una bella coppia.Ahahahahah!”
Intravide i fantastici piedini di lei, laccati di porpora, e sentì la sua eccitazione crescere. Lei lo schiaffeggiò con la scarpa, e si finì di preparare.
Quando Diego suonò, Federica si accucciò nuovamente accanto a Matteo, lo baciò sulla guancia e gli sussurrò:
“Ciao tesoro, io vado. Ci vediamo quando torno! Buon divertimento ihihihihi”
“Buon divertimento, padrona”, rispose Mattei sommessamente.
Ciò detto, Federica gli porse il piede destro, su cui indossava una decolteè fuxia molto bella, che egli prontamente e delicatamente baciò.
Matteo proseguì nella pulizia del pavimento, nel riassestamento dei panni e nella preparazione del letto, quindi si avvicinò alla montagna di scarpe, da cui proveniva un odore molto intenso. Si eccitò. Iniziò da un paio di stivali rosa, li slacciò, li annusò a lungo, per poi iniziare a succhiare i tacchi, leccare le suole e le punte ed assaporare la polvere che vi si era depositata.
“Matteo!”, si sentì chiamare dall’altra stanza.
Era Martina, la madre di Federica, una donna sulla quarantina che si manteneva abbastanza bene fisicamente: aveva un viso piacente, occhi marrone chiaro, capelli lisci di un castano intervallato da colpi di sole, ma soprattutto due splendide gambe e due piedi stupendi che per fisionomia ricordavano quelli della figlia, dalle dita affusolate e dalle lunghe unghie laccate di lucido, che facevano impazzire il povero Matteo.
“Matteo, mi puoi fare un favore?”
“Martina, io, veramente … dovrei finire di fare ciò che mi ha detto Federica, temo di non…”
“Dai, su, ma certo che finirai in tempo! Vieni un secondo!” disse lei con voce calda e tranquilla.
Lui sapeva di non avere scelta, e a malincuore si dovette recare in salotto, dove lei giaceva sdraiata a piedi nudi sul divano, a guarda re la TV.
“Fai il bravo, finisci di spicciare la tavola!”
“Si subito!”, disse lui.
Mentre spicciava la tavola, i suoi occhi cadevano sulle gambe di lei, sui piedi, le cui dita si muovevano sensualmente di tanto in tanto, e poi su un paio di zoccoli che giacevano ai piedi del divano. Lei se ne accorse attraverso il riflesso della portafinestra, e chiese:
“Cosa stai guardando, cucciolo?”
Imbarazzato, Matteo pronunciò un rapido “niente” e si rimise a capo chino sulle sue mansioni. Lei sapeva di metterlo in imbarazzo e ogni tanto si divertiva a fare domandine di questo tipo.
Non fu la prima volta che Matteo dovette interrompere il lavoro: lo chiamò altre due volte, una delle quali prima che lei si coricasse. Matteo raggiiunse Martina in camera da letto, dove si stava spalmando una crema sui piedi.
“Puoi prepararmi il letto?”
“Certo”
”Ma che tesoro che sei, grazie”
Martina continuò a spalmarsi la crema sui piedi, sapendo di provocare eccitazione in lui.
Nella camera si respirava un provocante odore di crema, collants, cuoio e della pelle della donna.
Quando questa tortura finì, tornò ai suoi compiti nella camera della figlia, realizzando che ormai non avrebbe fatto in tempo a finire di pulire tutte le scarpe. Quando la padroncina sarebbe tornata, probabilmente gli sarebbe spettata una dura punizione: nel caso in cui fosse tornata ubriaca,poi, la violenza con cui si sarebbe avventata su di lui sarebbe stata incontrollabile. E la punizione sarebbe stata dura in ogni caso: l’idea lo eccitava e lo impauriva al tempo stesso, l’attesa lo lacerava.

(continua)
view post Posted: 20/12/2023, 11:54     +1Agli ordini della Padrona - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito Erzulia, autore anonimo
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La mia padrona non mi aveva mai chiesto tanto come quel giorno. Era alla ricerca di qualche novità che la eccitasse e mentre ero inginocchiato davanti a lei a massaggiarle i piedi, mi guardò con un sorriso malizioso e mi disse di vestirmi perché saremmo usciti subito.
Obbedii senza far domande e dopo circa mezz’ora lei fermò la sua auto davanti a un cinema porno. Non mi ci aveva mai portato e l’idea tutto sommato non mi dispiaceva.
Mi guardò dritto negli occhi obbligandomi ad abbassare lo sguardo, come faceva sempre quando stava per esprimere un ordine e mi disse:
“Ora entrerai in quel cinema, avvicinerai un uomo e gli farai un pompino”.
Pensai che stesse scherzando e mi misi a ridere.
Scoppiò a ridere anche lei e questo mi tranquillizzò, ma il suo sguardo rimase fermo e severo e le sue parole successive mi colpirono come un pugno allo stomaco:
“Esci immediatamente dalla macchina e fa come ti ho ordinato, io controllerò dall’ultima fila!”
Con le gambe tremolanti mi avviai verso il cinema: il cuore mi batteva all’impazzata e credo che arrossii fino alla cima dei capelli quando feci il biglietto.
Non appena gli occhi si abituarono al buio potetti valutare quanta gente ci fosse. Non erano molti, meno di una ventina, tutti uomini tranne un paio di coppie. Sullo schermo le scene di un’orgia.
Mi sedetti a cinque o sei posti di distanza dall’uomo più vicino. Ero paralizzato dalla paura, ma il comando della padrona non poteva essere ignorato; avrei rischiato di perderla.
Dopo qualche minuto mi feci coraggio e mi misi un po’ più vicino a quel ragazzo. Guardavo lo schermo e guardavo lui cercando di capire che età avesse e provando a intuire le fattezze del suo viso nella speranza che non fosse troppo mascolino. Lui doveva aver notato il mio spostamento perché dopo poco si mise proprio accanto a me. Avvicinò la sua gamba alla mia e poi mise la sua mano sulla mia. Io ero immobile; allora lui prese la mia mano e se la portò sull’uccello già turgido. Iniziò a strofinarsi il sesso con la mia mano e presto lo tirò fuori dai pantaloni e me lo fece impugnare affinché lo masturbassi. Mi lasciavo guidare da lui e le sensazioni che stavo provando creavano in me uno stato di confusione e di grande eccitamento.
Provavo repulsione verso il sesso di un altro uomo, ma al contempo ero stato colto da una specie di ubriacatura che mi faceva palpitare il cuore e annullava ogni resistenza. Queste andarono via del tutto quando lui passò un braccio attorno alle mie spalle e mi tirò a sé costringendomi a piegarmi verso il suo cazzo. La mia faccia era a pochi centimetri dal suo sesso e potevo sentirne l’odore. Le mie labbra entrarono in contatto con il suo glande e a quel punto una spinta decisa sulla mia nuca mi obbligò ad aprire la bocca e ad ingoiare quel cazzo. Stavo per venire per l’eccitazione a causa di quel manico che andava e veniva nella mia bocca riempiendola del suo sapore. Lui cominciò ad ansimare e dopo che glielo ebbi leccato e succhiato per qualche minuto il primo schizzo di sperma invase la mia bocca e ne seguirono altri fino a che la mia bocca non ne fu piena. Non volevo ingoiarlo e quando lasciò andare la mia testa, pensai di sputare tutto in un fazzoletto, ma non appena mi rimisi a sedere mi accorsi che accanto a me, dall’altro lato, si era seduto un altro uomo. Egli mi mise una mano sulla nuca e con decisione spinse la mia testa verso il suo cazzo già turgido.
Non potendo far altro dovetti ingoiare lo sperma che avevo trattenuto in bocca ed aprii le labbra per accogliere quel grosso arnese che premeva sulle labbra.
Non era delicato come il primo e spingeva la mia testa con forza facendo in modo che il suo cazzo entrasse tutto nella mia bocca.
Leccai e succhiai per almeno quindici minuti, fino a che un’abbondante eiaculazione mi riempì di nuovo. Poiché il cazzo era tenuto profondamente nella bocca dovetti ingoiare ogni fiotto di sperma per non soffocare. Finalmente mi lasciò la testa e alzandomi a sedere vidi che l’altro se n’era già andato e anche quest’ultimo si alzò senza dire una parola e andò via.
Rimasi seduto per calmarmi un po’. Ero frastornato e provavo vergogna e rabbia per quello che era accaduto, ma allo stesso tempo provavo un’enorme piacere che proveniva innanzitutto dal fatto di aver obbedito alla padrona e poi non potevo negare la voluttà delle sensazioni provate con quei cazzi, sensazioni che mi avevano riportato a esperienze vissute durante l’adolescenza.
Uscii dal cinema qualche minuto dopo; la padrona era lì che mi aspettava, col suo sorriso soddisfatto per il potere esercitato. Ci sedemmo in macchina e si fece raccontare quello che era accaduto mentre lentamente si masturbava.
“Bene, mi disse, ora la posta si alza, per cui rientri immediatamente nel cinema e vai nella toilette. Lì non sarai più protetto dal buio e dovrai affrontare la stessa prova di prima facendoti vedere”
La implorai quasi in lacrime di desistere da quella sua idea, ma come sempre fu inflessibile.
Allora rientrai nel cinema e dopo aver balbettato qualcosa alla cassiera mi avviai verso la toilette. Per fortuna era vuota e non sapendo che fare mi misi davanti a uno specchio.
Non passarono un paio di minuti che entrò un ragazzo e si avvicinò all’orinatoio. Si accorse subito che lo guardavo e appena terminato di fare pipì mi si avvicinò, mi prese la mano e mi tirò verso la porta di un w c. facendomi sedere sulla tazza. Non si curò nemmeno di chiudere la porta, ma tirato fuori l’uccello dai pantaloni me lo mise in bocca. Era ancora moscio e fu molto eccitante sentirlo gonfiarsi e indurirsi. Mi scopò letteralmente la bocca tenendomi ferma la testa e quando venne, non solo mi schizzò dentro ma anche sul viso. Mentre si asciugava il cazzo vidi che altri due ragazzi avevano assistito alla scena e pretesero a turno di essere spompinati anche loro. Ce ne furono ancora altri due prima che potessi uscire da quel bagno, con lo sperma che mi colava dentro la camicia, per non parlare di tutto quello che avevo dovuto ingoiare.
La padrona era andata via e mi toccò tornare a casa in autobus, da solo con i miei pensieri e le mie emozioni contrastanti.
Nei giorni seguenti pensai continuamente all’accaduto: se pensavo a un maschio non avevo nessun tipo di eccitazione, ma se ricordavo il sapore di quei cazzi non potevo evitare di masturbarmi e bere il mio sperma.
Da quel momento per me iniziò una fase in cui la sessualità avrebbe preso strade del tutto diverse da quelle percorse fino allora.

FINE
view post Posted: 29/11/2023, 11:55     +1La Badante Rumena - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Grazie Marco, quando l'autore interviene è sempre un piacere.
Se hai scritto altri racconti e intendi pubblicarli su questo forum hai e avrai sempre tutto lo spazio che vuoi.
view post Posted: 27/11/2023, 11:23     +1La Padrona - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
11

Davide non riesce a sedersi, gli chiedi se ha messo la pomata che gli hai consigliato e annuisce. Cerca di non dare nell’occhio ma gli altri colleghi lo stanno fissando, lui dice che è scivolato dalle scale di casa sua e si è fatto male al sedere. È evidente che non ci credono ma non ti interessa.
Con te lei non è mai arrivata a tanto e quando ripensi alle condizioni delle natiche di Davide ti viene persino da piangere
Vedi un collega nuovo, vai a presentarti.
“Ciao, io sono Miche … tu, tu, tu ...”
“Si sono il ragazzo con il quale hai scopato qualche sera fa, piacere Michele io sono Luca"
Torni alla tua scrivania. E' ovvio che lei lo sta facendo apposta, probabilmente quel ragazzo avrà le capacità richieste, il capo cercava una nuova persona da assumere da un po’ di tempo, ma proprio lui cavolo!
Lei esce arrabbiata dall’ufficio, va verso Davide e ad alta voce lo umilia davanti a tutti dandogli dell’incapace. Non sai ancora cosa ha combinato ma lo vedi correre verso il bagno cercando di nascondere le lacrime.
Te ne freghi di tutti e vai dalla tua padrona, entri senza bussare e richiudi la porta.
“Si può sapere cosa le ha fatto? Se è perché si è masturbato trovo esagerato il suo …”
“Non sono affari tuoi, non impicciarti”.
Non avevi mai osato così tanto, lei ti sta guardando seria, sembra avere i fulmini negli occhi. Ora hai paura e il cuore ti batte fortissimo. Automaticamente ti spogli, lei è seduta sul divano e ti capire di sdraiarti sulle sue gambe. Ti accarezza le natiche, le apre e passa il dito sull’ano. Ti piace. Un oggetto rigido ti colpisce, non sai cos’è ma fa male e fa rumore. Sembra non smettere mai, non ce la fai più e inizi a urlare. Qualcuno bussa.
“Avanti” dice lei.
Ti senti morire.
“Oh scusate, io volevo lasciarle questi documenti. Esco subito”
Stai morendo di vergogna. Adesso cosa penseranno di te i tuoi colleghi?
“Vieni, resta con noi”.
Daniel chiude la porta, sembrava sperasse di essere invitato.
“Ti piacerebbe scoparlo Daniel?”
“Beh, non avevo mai pensato a una cosa del genere però … perché no”
Senti la zip dei suoi jeans, lei ti fa alzare, si siede con la schiena contro il bracciolo e si sistema pronta ad essere leccata.
Ti metti a pecorina e inizi a leccarla, intanto Daniel si è lubrificato e lo senti appoggiarsi. Ha dimensioni notevoli, sculetti, ti piace come entra pian piano mentre spinge. Ti sculaccia, il bruciore è intenso. Ormai sei completamente aperto e inizia a spingere con forza, mentre lecchi la tua padrona sempre più intensamente fino a farla venire.
Daniel spinge sempre più forte, ti senti sfondato, poi lei lo ferma.
“Voglio vedere un bel 69”.
Non obiettate, tu resti sotto e lui si mette sopra, cominciate a succhiarvelo, lei inizia a sculacciare Daniel con il righello, dal rumore capisci che l’ha usato anche con te prima.
Venite l’uno nella bocca dell’altro e entrambi ingoiate tutto.
“Vi ringrazio per questa nuova esperienza, è stato molto bello” dice Daniel.
“Vuoi unirti a noi ed essere il mio nuovo schiavo?”
“Si signora”

(continua)
view post Posted: 26/11/2023, 11:38     +1La Padrona - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
10

Non riesci a dormire, non sai come farai a gestire i prossimi mesi in ufficio con lei.
Ti alzi, sono solo le 3 del mattino, prepari il caffè e ti metti ai fornelli, non hai cenato e ti ritrovi davanti a un piatto di amatriciana alle 3.45.
Prepari un altro caffè e accendi il PC per lavorare un po’.
Alle 6 senti la sveglia, vai in camera a spegnerla e ti butti sotto la doccia. Hai il membro duro, non ti ha dato tregua tutta la notte, ma non vuoi disubbidire alla tua padrona tanto oggi avrai sicuramente il tuo orgasmo.
Entri in ufficio e ti siedi alla tua scrivania, apri il cassetto per depositare il cellulare e trovi un pacchetto, lo apri e dentro c'è un dildo con ventosa. Richiudi velocemente, cerchi Davide ma non lo vedi. Nascondi come puoi il pacchetto sotto la giacca e vai a bussare all’ufficio del capo.
La porta si apre, lei è dietro la porta seminuda. Davide è legato a una sedia e ha la gag ball in bocca. Lei ti fa entrare e richiude dietro di sé la porta a chiave. Ti spogli velocemente, tremi, chissà cosa penseranno i vostri colleghi vedendo che passate molto tempo con lei chiusi li dentro. Questo pensiero però ti eccita, chissà se sentono i vostri gemiti, o magari stanno proprio con le orecchie attaccate alla porta, oppure cercano di spiare da sotto. Sei talmente assorto nei tuoi pensieri che non ti accorgi che lei ti ha trascinato davanti a una sedia dove ha attaccato il dildo e ti ha dato in mano il lubrificante. Ti strizza le palle e subito torni alla realtà, ti pieghi in due dal dolore.
“Lubrificalo e siediti sopra”
Esegui, piano piano ti penetri e inizi a muoverti su e giù, gemi, non te ne frega niente se fuori ti sentono.
Lei si siede su Davide, lo sta scopando davanti a te, una vampata di gelosia ti assale, continui a muoverti e a godere ma sei arrabbiato.
Vedi lui ansimare, lei si massaggia il clitoride, perché ti sta facendo questo?
Si alza e viene verso di te, una strizzata di capezzoli ti fa capire che stai rallentando.
“Se vuoi leccarla devi metterci impegno a sfondarti il culo“
Si siede sopra di te, siete faccia a faccia, hai il culo pieno e il cazzo nella sua figa, lei è ferma stai spingendo solo tu.
“Padrona sto per venire”
Lei si alza e schizzi sulla sua figa. Ti fa alzare e va a sedersi sulla sua sedia.
La segui, ti inginocchi e la pulisci per bene con la lingua, poi ti impegni a farla venire.
“Slega tu Davide”
Vai subito da lui, non capisci perché non gli ha fatto del male, non ne ha fatto molto neanche a te.
Davide tenta di alzarsi ma non riesce, lo aiuti, la sedia è sporca di sangue. Quando è in piedi vedi le sue natiche piene di ferite e un dildo molto grosso sulla sedia, anche quello sporco di sangue.
“L’ho beccato masturbarsi in bagno, così l’ho bacchettato per bene e poi l’ho sfondato”.
Lo disinfetti e lo aiuti a vestirsi, gli porti acqua e caffè, ha bisogno di riprendersi un po’.
Quando esci dall’ufficio tutti ti guardano male, credi abbiano sentito tutto ma fai finta di nulla.
“Davide oggi resta in ufficio con me, lavorerà qua, tu vai pure al tuo posto”.
Ti metti al PC, ti senti gli occhi di tutti addosso, pensi che ti piacerebbe farti sottomettere davanti ai tuoi colleghi.

(continua)
view post Posted: 23/11/2023, 11:54     +1La Padrona - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
9

È la prima volta che ti fa venire dentro di lei, ed è la prima volta che venite insieme.
Sei stravolto, hai provato nuove emozioni e sei molto stanco.
Mentre sei nel tuo letto e pensi alla serata appena passata crolli in un sonno intenso.
La sveglia suona alle 6.00, ti alzi e vai in bagno, butti la testa sotto l’acqua fredda, ti asciughi e ti vesti. Prepari il caffè e ti avvii verso l’ufficio, il cielo è grigio e l’aria è fresca. Entri e ti metti alla tua scrivania. Dopo un paio d’ore arriva il capo a dirvi che si assenterà per qualche mese e vi sostituirà una delle sue nipoti. Alzi lo sguardo, fai cadere la penna.
Lei ti guarda con il suo solito sorrisino che fa capire tutto e niente.
Com’è possibile che la tua padrona sia la nipote del capo? Sei incredulo.
Cerchi di stare calmo e continui a lavorare finché lei arriva e ti convoca nel suo ufficio. Chiude la porta a chiave.
“Padrona gli altri capiranno, domani rientrerà Davide dalle ferie …”
Ti torce i capezzoli dalla camicia, mugugni e stringi i denti.
“Stai zitta troia”.
Ti slaccia i pantaloni e li abbassa insieme ai boxer, ti spinge a 90 sulla scrivania. Senti subito il lubrificante e qualcosa di freddo entrare. Ti rialza boxer e pantaloni e si siede. Ti ha infilato il plug di metallo e ti chiedi fino a quando dovrai tenerlo.
Intanto lei apre le gambe, indossa un vestito, e sposta le mutandine.
La lecchi come se volessi mangiarla, viene in fretta.
Ti ricomponi e torni alla tua scrivania.
Prevedi mesi complicati, dove sarà difficile lavorare. Ti siedi, il plug si fa sentire. Cerchi di fare finta di nulla e ti rimetti al lavoro. Arriva la pausa pranzo, sei l’unico che pranza in ufficio così decidi di slacciare i jeans, è duro e ti fa male.
“Perché l’hai tirato fuori? Ti ho forse dato il permesso?”
“Mia padrona mi faceva molto male, mi dispiace”.
Ti strizza le palle poi ti si siede in braccio e si penetra.
È un lago, si muove con forza, senti il plug muoversi, sei eccitatissimo.
Le prendi i seni e li stringi tra le mani, li sollevi e li baci. Le massaggi il clitoride poi ti porti le dita alla bocca e le succhi.
Senti le sue unghie sulla schiena, ti mordicchia le labbra. Riprendi a toccarle il clitoride fino a farla venire.
Si alza, inizia a strizzarti le palle.
“Segati”
Ti fa malissimo ma vuoi il tuo orgasmo.
Urli dal dolore ma alla fine vieni nella tua mano. Da bravo schiavo la lecchi per bene.
“Per oggi è tutto puttanella, togliti il plug da solo e portamelo “ ti sussurra.

(continua)
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