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3. L’agonia
Il tempo sembrava non passare mai. La mia Padrona aveva ragione, essendo io uno sfigato ero abituato a masturbarmi tutti i giorni e più volte al giorno, sognando ragazze come lei che non avrei mai potuto avere, adesso che avevo vissuto i momenti più emozionanti della mia vita non avevo più alcuna possibilità di toccare il mio cazzettino. Passò un tremendo autunno, con me che non facevo altro che fantasticare su Francesca, immaginandola in costume, o ripensando a quei suoi morbidi piedini da baciare, o all’eccitante momento in cui aveva scoperto il mio pisellino microscopico. Dovevo continuamente sciacquare le mie parti basse con acqua gelida e cercare di tenermi sempre occupato a fare qualcosa, ma era difficilissimo. Arrivò l’inverno. Cominciai a sottrarmi a qualsiasi riunione tra amici e a saltare ogni uscita, ogni volta con una scusa diversa, per evitare che i miei amici notassero lo strano rigonfiamento tra i pantaloni. Dovetti abbandonare l’università e iscrivermi a una telematica per poter andare avanti nello studio. Mi tolsi da facebook per evitare di dover dare troppe spiegazioni o di vedere foto di belle ragazze. Cominciai a isolarmi dal mondo esterno, per soffrire il meno possibile ed evitare di rovinare la mia reputazione per sempre. La mia Dea mi mandava spesso foto di lei a letto con il suo ragazzo, o in intimo, e io cercavo di dimenticarle, ma ormai la mia testa pensava sempre e solo a lei e io soffrivo silenziosamente. Ovviamente ricambiavo immediatamente mandandole le foto della gabbietta col prigioniero. Come da lei ordinato, non osai dirle della mia sofferenza né del mio estremo bisogno di sfogarmi. Avrei dato qualunque cosa per potermi toccare. La primavera fu peggio. Le mie palle si erano ingrossate e cominciavano a diventare color violetto. Non accesi più la televisione, perché ormai mi eccitavo alla vista di qualsiasi donna. Ero totalmente isolato dal mondo. L’unica persona che vedevo era mia sorella Alessia, di quasi 17 anni (un anno in meno di Francesca), che abitava con me. Anche lei era stupenda e dolce, le volevo un gran bene, ma dovevo evitare a tutti i costi di parlarle e guardarla perché ormai anche la sua voce e la sua vista mi eccitavano. Fortunatamente lei spesso usciva e io restavo sempre nella mia camera, perciò ci vedevamo solo per pranzo e cena. Finalmente arrivò l’estate. Io ormai ero al limite. Le mie palle erano strapiene e di un colorito blu preoccupante. Prendevo tranquillanti durante il giorno e sonniferi la notte per non impazzire e riuscire a dormire un po’. Abbandonai completamente l’università, concentrarmi per me era diventato impossibile. Il mio pisellino pulsava incessantemente e piangeva continuamente presperma. Dall’eccitazione continua ormai respiravo affannosamente. Solo a vedere le perfette gambe abbronzate e gli incantevoli piedini nudi di mia sorella che camminava scalza per casa mi sentivo male. Cominciai a cercare un appartamento per le vacanze vicino casa di Francesca, ne trovai uno a 300 metri ma era troppo per le mie finanze semivuote, dato che per le mie condizioni non potevo lavorare. Non avevo altre possibilità, dovevo chiedere alla mia sorellina, che aveva un po’ di soldi da parte, di venire con me. Non potevo fare altro, non avendo più amici. E poi avrei dovuto dare loro troppe spiegazioni. Così cercai di calmarmi, feci un bel respiro, presi coraggio e entrai in camera sua. Trovai Alessia stesa sul divano a messaggiare col suo ragazzo. Era in shorts e maglietta, le piante dei piedini rivolte verso di me e le sue meravigliose gambe in bella vista. Mi sentii male. Cercai di non darlo a vedere. “Ale“ - le dissi con un sospiro affannoso - “T-ti andrebbe di venire con me in vacanza? ... Aah“. “Che gentile“ mi rispose lei staccandosi dal cellulare. “Come mai questa proposta?“. Mi scrutò stupita, sapendo che io da tempo evitavo di vedere tutti e preferivo stare sempre da solo. La sua voce, il suo sguardo, la vista della sua pelle mi inebriavano. “E’ che… ahhh… volevo un po’ di compagnia… uhhh…“ - guardai a terra - “ e poi non ce la faccio a pagare l’affitto da solo…ahhh “ “Ah ecco il vero motivo, furbetto!“ disse lei. Io stavo per svenire. “Fratellino, ti senti bene?“ si alzò dal divano e corse scalza verso di me. “S-sì, sto bene“. Tremavo. “Forse ho un po’ di febbre“ inventai. Lei mi abbracciò. “Ti voglio bene“ mi disse. Io mi sentivo morire. Ero a contatto con la sua pelle, la mia meravigliosa sorellina abbronzata a piedi nudi mi stava abbracciando. Ero rossissimo, il pisellino ormai una fontana di presperma. “Dai, ci vengo con te in vacanza, tanto nessuno ha organizzato nulla“ e mi baciò sulla guancia. Poi mise una mano sulla mia fronte. “Sì, forse hai un po’ di febbre, vieni, ti accompagno a letto“. Era adorabile, ma speravo ardentemente mi lasciasse solo. Ormai quel maledetto dispositivo di castità mi aveva annebbiato la mente, per il mio pisellino persino la mia dolce sorellina era diventata una ragazza seducente su cui fantasticare in continuazione. Stavo diventando tremendamente voglioso di lei. Mi vergognai profondamente di me stesso e della situazione in cui mi ero cacciato. Feci finta di dormire, sperando mia sorella mi lasciasse stare, e nei giorni seguenti cercai di evitarla in ogni modo. Arrivò il giorno della partenza, io ero al culmine dell’eccitazione. La settimana precedente insieme alla mia foto nudo in castità avevo aggiunto un messaggio alla mia Dea per avvisarla che sarei venuto a breve in vacanza con mia sorella. Da allora Francesca non mi aveva mandato più nulla, ma sapevo che era lì in villeggiatura, visto che nella sua villetta ci trascorre l’intera estate. Misi in valigia le manette comprate l’anno precedente, mi imbottii di tranquillanti, mi misi il pantalone che meno mostrava la mia protuberanza e andai a prendere il treno con mia sorella. Alessia purtroppo era già in tenuta vacanziera, con la maglietta che lasciava intravedere le sue splendide tettine e gli shorts. Ai piedi per fortuna portava le Converse, risparmiandomi almeno la visione delle sue incantevoli estremità. Salimmo in treno di prima mattina e lei decise di sedersi di fronte a me, con le sue gambe e le tette esposte alla mia vista. Ero nel panico, così per evitare quella visione celestiale che mi straziava decisi di chiudere gli occhi, facendo finta di dormire per tutto il viaggio. Era una giornata afosissima, mancava l’aria condizionata in treno, così le ultime due ore di viaggio furono tremende. Era quasi mezzogiorno quando finalmente arrivammo alla stazione, zuppi di sudore. Mi fiondai davanti a lei per evitare di vedere le forme del suo culetto, il suo seno, la sua pelle luccicanti per le gocce di sudore. Arrivammo in appartamento e cominciai a disfare i bagagli mentre lei davanti a me si toglieva shorts e maglietta per andare a farsi la doccia. Un altro strazio. Sentivo il pisellino piangere mentre ansimavo. Rimasta in intimo, finalmente entrò in bagno. Credevo che il tormento fosse finito, invece dopo la doccia uscì in costume, si avvicinò e mi chiese: “Scendi con me in spiaggia fratellino? Sei bianco come una mozzarella …“ “N-no“ ansimai con lo sguardo a terra per evitare di guardarla, ma non potevo evitare che i miei occhi cadessero sui suoi piedini. “D-devo finire di sistemare le valigie…uhh… e poi sono stanco“. Lei mi osservò da capo a piedi pensosa, poi scosse la testa e disse “Come vuoi“. Scese. Tirai un sospiro di sollievo. Avrei fatto finta di dormire anche il pomeriggio e poi finalmente la sera avrei potuto raggiungere ad un anno di distanza la mia tanto attesa, sospirata, desiderata, amata e dolce Padrona. Non vedevo davvero l’ora. Però non sapevo cosa avrei dovuto fare. Avrei dovuto presentarmi sotto casa sua in attesa che scendesse? O forse dovevo aspettare che fosse lei a contattarmi? E se decidesse di farlo giorni dopo? Non osavo immaginare come sarebbe stato sopportare ulteriori giorni in quelle condizioni con la mia sorellina che mi girava intorno in costume. La mattinata passò, il pomeriggio pure, mentre io sul letto facevo finta di dormire e in realtà contavo i minuti e sbirciavo il cellulare. Mia sorella rientrò. “Fratellino, che ti sei perso! Ho conosciuto un sacco di ragazzi e ragazze, abbiamo fatto tornei, ci siamo divertiti un mondo!“ “Mmmmhh“ mormorai senza guardarla. “Che fratellino patetico! Hai dormito tutto il giorno, ma che cavolo sei venuto a fare?“ Non risposi. “Solo ed esclusivamente a venerare la mia unica meravigliosa Dea Padrona. Vivo solo per lei” pensai tra me e me. Erano ormai le sei e trenta del pomeriggio. Ero preoccupatissimo, pregai intensamente che la mia Padrona si facesse sentire. Contavo ogni minuto, ogni secondo. Alle sette, finalmente, il mio cellulare vibrò. Trasalii, il mio cuore palpitava dalla gioia e l’eccitazione. La mia amata Dea mi aveva mandato un messaggio. Lo aprii. Quello che lessi era assurdo, inverosimile, elettrizzante. Andai immediatamente nel panico. Erano istruzioni chiare e precise su quello che avrei dovuto attuare quella notte, cose che in vita mia non avrei mai sognato di fare. Ma era il volere della mia Padrona e andava eseguito alla perfezione se volevo compiacere la ragazza che amavo con tutto il cuore e sperare che il mio pisellino fosse liberato. Per compiere quanto ordinatomi dovevo innanzitutto attendere che la mia sorellina si preparasse e scendesse quella sera. Per evitare che mi facesse domande scomode, attesi che si vestisse e si truccasse, bellissima come sempre, e le dissi che sarei sceso più tardi. Ma fu una pessima mossa. “Dai allora ti aspetto, così mi fai compagnia“ mi disse. Cercai di non guardarla. “Preferisco… uhh… andare da solo“ dissi a bassa voce. Lei mi abbracciò, facendomi andare nel panico più totale, e mi accarezzò. “Ma perché fai così fratellino? Che ti è successo?“ Non finì nemmeno di dirlo che io la spinsi via, facendola inciampare e cadere a terra. Lei rimase sconvolta, mi guardò sprezzante e disse: “Ma sei impazzito?“. Le scese qualche lacrima. “Io davvero non ti riconosco più … tu non sei il mio fratellino … ma che cazzo ti prende ultimamente?“. Si rialzò e fuggì sbattendo la porta. Mi pianse il cuore, mi sentii una vera merda, un essere spregevole. Ma il cazzettino in gabbia era troppo eccitato, mi torturava, e non avrei potuto sopportare il contatto con la sua morbida pelle un secondo di più. Come se non bastasse quanto avevo appena fatto, entrai nella sua camera cercando il nascondiglio in cui aveva i suoi soldi. Dovevo rubarne una parte, perché a me era rimasto troppo poco e per eseguire gli ordini della mia Padrona era necessario andare ad acquistare un altro oggetto al sexy shop. Trovai i soldi finalmente, li presi. Mi vestii rapidamente e mi fiondai giù. Corsi a tutta velocità, per non incontrare nessuno evitai le strade principali, arrivai allo shop, acquistai l’oggetto richiesto e tornai a casa. Ora avevo tutto il necessario, dovevo solo attendere l’ora stabilità per procedere. Mi salì l’ansia. Per la mia Dea stavo per fare qualcosa che poteva mettermi veramente nei guai, ma che era tremendamente eccitante. Dopo un paio d’ore mia sorella tornò e io feci finta di cambiarmi per dimostrare che ero uscito. Lei non proferì parola, andò nella sua stanza e chiuse la porta. Ero pronto a tutto, il momento tanto atteso era quasi giunto. (continua) |