Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

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view post Posted: 12/1/2013, 19:11     +4MASSAGGIO ANALE - Pratiche, Tecniche, Attrezzature - BDSM & Fetish
Dal web - dal blog di Lady Helga in myblog.it, autrice Lady Helga
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Il massaggio anale è una tappa molto importante da affrontare e raggiungere, anche più e più volte, in vista e prima di praticare un soddisfacente rapporto sodomitico.
In fondo, una puttanella deve imparare ad usare l'ano come una figa, ed è compito della Padrona sensibilizzare questa zona erogena sino al punto da far bagnare la troietta solo sfiorandole un capezzolo o il buchino.
L'ano è un organo molto innervato, molto sensibile, che anche soltanto con un leggero massaggio esterno dà un notevole piacere.
Il massaggio può interessare la zona esterna all'ano e/o le pareti interne. Per effetto del massaggio, lo sfintere può dilatarsi per molti centimetri di diametro (si può arrivare a dilatazioni di 7-10 cm). E' solo con un buon rilassamento che si ottiene la possibilità di un piacevole rapporto anale: forzare l'ingresso crea solo ansia (nel migliore dei casi) se non addirittura dolore o lesioni più o meno temporanee.

Certo, il fai da te in questi casi può risolvere il 90% delle titubanze prodotte dall'imbarazzo, dalla vergogna e dal disagio. Ma sarebbe meglio se cerchi un partner esperto che sappia quello che fa, perché la probabilità di provare piacere la prima volta è direttamente proporzionale alla esperienza e dolcezza del partner ed inversamente proporzionale alla tua voglia!
Chi pratica il massaggio anale dovrebbe essere una persona che abbia l'intelligenza e la capacità di rispettare il tuo corpo. Non e' il tuo grado di sottomissione quello che determinerà il successo dell'evento.

Bisogna procedere con calma: la fretta non porta da nessuna parte, prenditi (o prendetevi) tutto il tempo necessario, magari dentro un ambiene familiare non stressante che dispone anche di una vasca da bagno. Se il massaggio oggi non dovesse risultare soddisfacente, non demoralizzarti: la prossima volta sarà sicuramente più agevole godersi gli effetti, in quanto l'imbarazzo del primo impatto te lo sarai gettato alle spalle. Non aver paura a parlare con il partner di tutto quello che senti e che provi, perché questo permetterà di decidere se è il momento di insistere o di fermarsi.

Cominciamo a creare latmosfera di intimità che ti aiuterà a gestire eventuali difficoltà e imbarazzi.
Spogliati, sdraiati e tira su le ginocchia verso il petto: ho in mente di farti in massaggio esterno e interno e quindi devo prima fare una pulizia dell'ampolla rettale con un piccolo clistere. Riscaldo la cannula della peretta con le mani e poi te la infilo dentro l'ano, spremendo la glicerina dentro le tue budella; fra qualche minuto ti libererai, ti ripulirai e sarai pronto per il massaggio.
Quando ti senti pronto mettiti nella posizione che preferisci; sono tutte valide, quindi in via eccezionale ti lascio scegliere la posizione che ti dà maggiore sicurezza.
Ho preferito usare un lubrificante normale, non quello anestetico: voglio che sperimenti tutta la gamma di sensazioni possibili, senza perdertene una. Mi bagno il polpastrello del dito indice con il lubrificante e lo appoggio sul buchino. Istintiva, una stretta del muscolo ti fa restringere l'area.

Ti aiuto a rilassarti e a tenere le natiche separate, con due bastoncini che lasciano libera e accessibile la zona da massaggiare. Appoggio di nuovo il polpastrello sull'anello rosa di carne e inizio a disegnare cerchi concentrici sulla circonferenza esterna, sfiorando appena la pelle rugosa.
Faccio scivolare il dito in cerchi sempre più piccoli, fino a toccare il buchino che ora vedo pulsare sotto l'effetto della stimolazione manuale. Continuo a massaggiare l'anello esterno, con piccoli tocchi leggeri ... picchiettando, accarezzando la pelle e registrando tutti i tuoi fremiti e mugolii da gatta in calore.
Il massaggio esterno ti sta facendo rilassare, è piacevole e gradevole... inizi anche a muovere il bacino in maniera sensuale e il tuo piacere aumenta man mano che io vario la pressione del dito. Ancora un po' di gel lubrificante e il secondo dito è pronto ad entrare in gioco. Ora sono due le dita che ti stuzzicano e ti massaggiano il buchino, disegnando raggi immaginari sulla circonferenza in tutta la sua estensione.
Sei sdraiato a pancia in su, quindi vedo bene che ti stai anche eccitando... mmmm ... bene, basta con i preliminari, è ora di passare alla seconda fase, quella del massaggio interno. Con le dita dei guanti bagnate di lubrificante, faccio dei piccoli tentativi di penetrazione e la tua reazione è prevedibile: trattieni il respiro, il tuo corpo è scosso da brividi di piacere, il tuo ano si sta ammorbidendo e si sta preparando a ricevermi. Ti stai comportando da vera cagna in calore, nonostante la tua verginità. Dunque, è tutta una questione di testa, prima ancora che di sensi.....

Stai provando piacere nel mettere a disposizione il tuo corpo e nell'abbandonarti al godimento. Non sottovaluto questo momento e cerco di prolungarlo appoggiando un solo dito sul buchino e spingendo berso l'interno. Il dito entra facilmente, come una lama nel burro ... sento una specie di risucchio e il dito varca la soglia dell'anello anale.
Muovo il dito all'interno con cautela: ho le unghie cortissime e in più c'è la protezione del guanto di lattice, ma voglio che questo massaggio sia davvero piacevole, quindi muovo il dito con movimento rettilineo di andata e ritorno, senza scossoni, estraendolo fino alla prima falange e non oltre per mantenere la posizione dentro lo sfintere.

Provo a raggiungere la prostata, anche se so che questa non ha terminazioni nervose di rilievo e la sua stimolazione non produce grossi effetti. Ricordo una raffigurazione che ho visto su un libro di medicina, e piego il dito in modo da raggiungere l'organo. Non so se ci sono riuscita, in fondo è la prima volta che ti massaggio le pareti interne e non conosco bene la tua fisiologia e le tue reazioni.
Ma vedo che inarchi la schiena e la tua eccitazione si fa sempre più prepotente .... sono certa che continuando a penetrarti il buchetto con due dita, riusciresti a godere come un maiale.
Ripenso a tutti i timori che mi avevi esternato: non perderò la virilità? non sentirò dolore? non avrò problemi nelle mie funzioni fisiologiche? userai davvero solo le mani per il massaggio? potrò avere un'erezione?
E mi viene da sorridere ... sembra che ti siano passati tutti i dubbi in un colpo solo.
Estraggo le dita lentamente e, con qualche piccola carezzina sull'anello rosa, concludo il massaggio. Mi sembri abbastanza dilatato da poter ricevere anche lo strapon, ma non sarà questa la volta in cui perderai la verginità.
Devo ancora massaggiarti ed esplorarti per capire i tuoi punti di forza e le tue debolezze, per essere sicura delle tue reazioni e per potermi godere il tuo bel culetto.

Tutto bagnato cerchi di rilassarti, girato a pancia in giù; ad un tratto sento che mormori "grazie Padrona ... hai devastato il mio immaginario erotico, non credevo di potermi eccitare mentre mi massaggiavi in un posto tanto intimo".
Ma io penso che forse ha giocato anche l'eccitazione di donarsi in maniera totale per il godimento della Domina, e ti rispondo: "Era un massaggio preparatorio lulù ... se ti piace prenderlo, rimani maschio a tutti gli effetti, ma hai anche scoperto la tua femminilità".
view post Posted: 9/1/2013, 11:33     Chantal e il suo cuckold - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito di milu', autore Quidam56
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PRIMO CAPITOLO

SABATO SERA

gabbia bdsm
Giorgio li scruta nel buio della sala cinematografica, approfittando dei cambi di luce delle scene che si susseguono sullo schermo. Osserva i loro gesti, i loro movimenti, per cogliere l’attimo in cui la mano di Diego si poserà sul ginocchio di Chantal, la sua ragazza. Dentro di sé sente una voce che gli sussurra: «Dai, toccala. Forza, non aver timore. Voglio vederla la tua mano che risale lungo le sue cosce morbide. Non hai idea di quanto la sua pelle sia serica. Toccala, dai, toccala». Secondo Giorgio, il ginocchio è il punto più indifeso e ogni possibile assalto alla fedeltà della sua Chantal comincerà da lì. Ma non sembra accadere nulla. La ragazza segue attentamente le immagini sullo schermo. Diego, l’amico che dovrebbe insidiare la fedeltà di Chantal e cornificare Giorgio, sembra una statua di gesso. Nulla che preannunci toccamenti e carezze. Eppure a Giorgio sembra che le premesse siano state chiare e che tutto debba congiurare per spingere Chantal tra le braccia di Diego e viceversa. Il cinema è parso l’ambiente più propizio. Vi proiettano un film raffinatamente erotico, softcore, di cui tutti consigliano la visione e che lui ha scelto apposta per accendere i sensi di lei. Ma non sta succedendo nulla. Lui, Chantal seduta tra loro, e Diego sull’altro lato, sembrano paralizzati. E sì che ciascuno ha un ruolo da svolgere: la femmina disponibile, il toro da monta e il potenziale cornuto. La loro paralisi non è sicuramente merito della trama del film. Quel poco di erotismo che scorre sullo schermo è annegato in una melassa psicanalitica. Il loro è solo imbarazzo. Nessuno sa cosa fare. Giorgio vorrebbe favorire l’evolversi degli eventi sollevando leggermente la gonna di Chantal e accarezzandole vistosamente le cosce, in modo che Diego se ne accorga e comprenda cosa fare. Però non vuole. Per sé desidera un ruolo completamente passivo, quasi una vittima degli eventi, il primo passo verso la propria cornificazione. Chantal può essere disponibile ad ogni toccamento, ma non può certo cominciare. Chi la vuole possedere, deve in qualche modo conquistarla. Che figura farebbe se si offrisse e fosse respinta? Nonostante abbia solo ventidue anni è smaliziata e sa che una dama si concede, non si propone. Questa regola una donna la conosce, indipendentemente dall’età: una donna sta ferma immobile e attende che i maschi giungano a lei, anche quando, di fronte alla loro titubanza, muore dalla voglia di andarli a prendere a schiaffi e a dire loro “baciami, stupido”. Quindi Chantal attende. Diego ha i polpastrelli in fibrillazione, ma può osare? La sua non è timidezza. Sa bene cosa fare. Se fosse una coppia di sconosciuti tutto sarebbe più semplice. Ma questi due li conosce. Giorgio è il suo capufficio, e Chantal, la ragazza del capo, l’ha incontrata più volte, rimanendo affascinato dalla sua bellezza. Un’ora prima, minuto più minuto meno, durante la cena nel ristorantino tipico vi erano state allusioni sessuali spinte, ma – Diego riflette – come interpretarle correttamente? Erano segnali inviatigli, o si era trattato solo di un gioco di allusioni verbali, favorite dal vino? E se fosse solo uno scherzo nei suoi confronti? Non rischia di equivocare? È così facile sbagliare. I segni sono ambigui per natura. E poiché lei, per quanto desiderabile, è la fidanzata del suo diretto superiore, come deve comportarsi? Cosa accadrebbe in caso di interpretazione errata dei segnali? Nel dubbio, è meglio attendere. Il film è cominciato da poco. C’è tempo per rimediare.
Finalmente, il colpo di scena: nel film si chiava. Non si vede purtroppo il cazzo del protagonista, né la fica aperta dell’attrice, ma la simulazione del coito è realistica, anzi, osservando i movimenti di bacino del maschio, si è portati a credere che non sia una simulazione. L’unica discriminante dipende dall’erezione dell’attore. Se il suo cazzo è duro, allora la sta chiavando, altrimenti simula, dando però colpi veri contro l’inguine proteso di lei. Giorgio è così attratto da quella scena che lo costringe nel ruolo di guardone virtuale – laddove vorrebbe esserlo nella realtà – che per poco si perde l’approccio. La mano di Diego sta finalmente accarezzando il ginocchio di Chantal. È il tocco timido di chi teme un rifiuto o una reazione imbarazzante. Il palmo della mano rotea lentamente sul ginocchio, quasi un tocco casuale. Dopo qualche minuto, i polpastrelli aumentano la presa. Lo sguardo di Giorgio è costretto allo strabismo: vuole osservare i movimenti sempre più sicuri della mano maschile e, contemporaneamente, le espressioni del viso di Chantal. Vedere quella mano all’opera lo eccita da morire. Finalmente, il desiderio prende corpo. L’emozione è fortissima, inesprimibile. La mano di un maschio sta accarezzando le cosce della sua ragazza. Risale sempre più sicura verso l’inguine. La gonna risale sospinta dalle dita. Le cosce di Chantal sono ormai completamente scoperte. Le belle cosce di Chantal. È un punto di non ritorno. Un suo collaboratore sta approfittando delle grazie della sua donna. Non riesce più a contenersi. Se non gli sembrasse sconveniente, si tirerebbe fuori il cazzo e comincerebbe a spararsi una sega. Ma non è un cinema a luci rosse, dove questo sarebbe lecito. La sala in cui siedono, e in cui le sue corna cominciano a materializzarsi, è un’elegante sala cinematografica del centro. Fortunatamente è semivuota e loro siedono nelle ultime file. Osserva il viso di Chantal: le pare impassibile, concentrata sul film, come se nulla fosse, come se nessuna mano sconosciuta armeggiasse nelle vicinanze del suo slip, per scostarlo e frugarle la fica. Giorgio non è più in grado di intendere e volere. L’eccitazione è talmente forte che volentieri proporrebbe di abbandonare la sala per correre a casa, ma in omaggio al suo ruolo assolutamente passivo, deve lasciare che le cose seguano il loro corso. La mano di Diego è ormai parzialmente nascosta dalla gonna, perciò non può vedere fin dove si stia spingendo, e solo un gemito di Chantal gli fa intuire che le dita del maschio stanno penetrandola. Chantal chiude gli occhi, si lascia scivolare un po’ sul sedile, divarica le gambe per favorire la penetrazione e rovescia la testa all’indietro. È bellissima. In quella posizione, il suo seno prorompente, da vera maggiorata, svetta ancor di più. Anche Diego lo nota, e non resiste al desiderio di toccarlo. Con la mano libera comincia ad accarezzarlo al di sopra della camicetta. Chantal ha gli occhi chiusi. Qualunque cosa accada sullo schermo non le interessa più. In quel momento vuole solo che il contatto di quella mano nodosa e maschia continui all’infinito. Prova sensazioni indicibili, quasi un viaggio nel tempo oltre che nel piacere. È in un cinema, come durante l’adolescenza, e si lascia toccare da un ragazzo – proprio come allora. La ricorda bene la prima volta che una mano maschile le ha frugato la fica.
Era una domenica pomeriggio, ed era in compagnia di due ragazzi e della sua migliore amica. I ragazzi, più grandi di loro di cinque o sei anni, le avevano convinte ad andare al cinema, con la promessa che non avrebbero fatto alcuna avance, ma poi, il buio in sala, il film che raccontava una torbida adolescenza, il respiro regolare del maschio al fianco, la voglia di fare cose da adulti, avevano fatto il resto. In realtà, Chantal non voleva cedere, ma quando vide la sua amica limonare con l’altro ragazzo, provò disappunto per molteplici motivi: innanzitutto, l’amica l’aveva tanto pregata di non lasciarsi andare, di non farsi limonare, e poi al primo tentativo aveva ceduto. E con gusto, pure. In più si stava portando avanti. Stava diventando più adulta, più esperta di lei. Avrebbe avuto più cose di cui vantarsi con le amiche, e quando si comportava come se la sapesse lunga diventava insopportabile. Bisognava rimediare. Così, quando il “suo” accompagnatore provò a metterle un braccio sulle spalle non glielo tolse. Incoraggiato, il ragazzo osò di più ancora, finché trovò il coraggio di baciarla. Superate le resistenze di lei, constatata la disponibilità al petting, i due ragazzi avevano agito con la sicurezza di chi ha più esperienza. Nell’assedio alla fortezza del loro pudore erano riusciti, approfittando del buio in sala, a limonarle, ad accarezzare loro i seni, ma soprattutto in maniera del tutto imprevista, e andando ben al di là delle intenzioni delle ragazze e delle loro stesse aspettative, erano riusciti a intrufolare le dita nelle loro fichette impuberi. Le ragazze, dopo qualche resistenza di facciata, lusingate dall’attenzione di due “grandi”, si erano lasciate fare. Chantal, ormai lanciata, stava surclassando la sua amica, non solo nella disponibilità, ma anche nell’intraprendenza. Si spinse sino a toccare l’uccello del suo accompagnatore. A constatarne la ferrea durezza attraverso il tessuto dei jeans. Non ebbe il coraggio di spingersi oltre, ma le pareva di essere già donna.
Le dita di Diego, infierendo con decisione dentro di lei, la riportano alla realtà. Rispetto a quella prima volta, c’è una grande differenza. Il maschio che le fruga la fica è un collaboratore del suo uomo, e di fianco a lei, alla sua sinistra, il suo uomo la sta osservando. Le guarda le cosce ormai allargate oscenamente, e vede una mano intrufolarsi dentro di lei, spingerle dentro le dita. Quel porco del suo uomo la sta offrendo ad un altro. C’è riuscito, infine. Sono mesi che la lavora ai fianchi, che le instilla il desiderio di provare ad essere posseduta da un altro davanti a lui, sotto il suo sguardo eccitato. Infine è finita in un cinema, con le cosce nude e larghe e un uomo che le caccia dentro vigorosamente le dita. Diego, ormai travolto dal desiderio, dimentica l’esistenza di possibili limiti. Fin dove può osare? Non lo sa più e neppure vuole saperlo. Se si dovesse spingere oltre, ci penserà Giorgio a fermarlo, ma sa che non ci saranno conseguenze professionali negative. Dopo avergli offerto la donna, quale potere può più esercitare Giorgio? Non si sta consegnando a lui, legato mani e piedi? Quel cornuto e forse anche finocchio del suo capufficio ora è ricattabile. Non potrà più vessarlo con quel suo tono tra il paternalistico e l’ironico. Ora che gli sta scosciando la donna in un cinema, sa che lo ha in pugno e Giorgio si è scavato la fossa da solo. Senza pensarci oltre, Diego comincia a limonare Chantal, a cacciarle dentro tutta la sua ruvida ed eccitata lingua. E Chantal scosta le labbra per lasciarlo entrare, sotto lo sguardo stupefatto e smarrito di Giorgio. Il ragazzo ha spirito di iniziativa. Gli limona la donna con sicurezza, quasi fosse la sua donna e non quella che gli sta “prestando” il capufficio. Giorgio ha un attimo di paura. Diego conosce le regole del gioco? Sa quando dovrà fermarsi? Conosce i delicati equilibri che regolano il rapporto tra bull e cuckold nel possesso della donna? È consapevole che il bull ha un potere assoluto sul corpo della donna, ma delegatogli dal cuckold, e che se il cuckold interrompe il gioco, il bull deve ritirarsi in buon ordine? Teme anche per la vicinanza professionale di Diego. È un gran bel maschio, intelligente e prestante; questo ha spinto lui e Chantal a sceglierlo per inaugurare i loro giochi trasgressivi, ma è un suo ambizioso subalterno. Questo è fonte di pericolo e di eccitazione al tempo stesso. A Giorgio piace giocare con il fuoco, e pur ripetendosi continuamente che ne è consapevole, si rende conto – mentre quel ragazzo infila tutta la lingua in bocca alla sua donna – di aver paura. Alla fine, però, constatando che il maschio ci sa fare, l’eccitazione prevale. Il suo cazzo, nelle mutande, scalpita, chiede di uscire dai pantaloni, di prendere aria e di essere accarezzato, ma sa bene che se in un cinema una coppia limona non rischia l’accusa di atti osceni, che invece scatta automaticamente appena si snuda un cazzo. A volte gli sembra che questa sia un’ingiustizia, una vera e propria “discriminazione del cazzo”. Dello spettacolo sullo schermo non gli interessa più alcunché: il vero spettacolo accade di fianco a lui. La sua donna è di fianco, con le cosce aperte, la fica fottuta vigorosamente da quattro dita (tante sono diventate, grazie all’intraprendenza di Diego), mezzo metro di lingua in bocca e il capezzolo sinistro portato fuori dal reggiseno e dalla camicetta, e martoriato da due dita. Quel maschio è tentacolare, non c’è più via di scampo per Chantal, che invero non sembra neppure cercarne, di vie di scampo. Diego stantuffa la fica, Chantal geme e gode, Giorgio non ha parole.
Lo sguardo fisso su quanto accade non gli ha permesso di rendersi conto che un altro uomo, nella fila precedente, si è voltato e – completamente dimentico del film – si sta godendo lo spettacolo della sua donna posseduta. Se ne è accorto solo quando il voyeur, per vedere meglio, si è avvicinato furtivamente. Nel primo momento d’ira vorrebbe cacciarlo, ma poi sente dentro di sé un altro piacere, diverso ma altrettanto intenso. Un altro uomo sta osservando le sue corna nascenti. Perché sicuramente quel guardone deve essersi reso conto di chi sia lo stallone da monta e chi il cornuto. Senza farsi notare, Giorgio gli fa cenno d’avvicinarsi. Ha voglia di complicità con lo sconosciuto. Diego e Chantal, completamente travolti dal loro desiderio, non si accorgono di nulla:
«Le piace la mia ragazza?»
«È bellissima.»
«Lui è un mio collaboratore.»
«Bel maschio, direi. E pericoloso.»
«A giudicare dal rigonfiamento che ha nei pantaloni, direi di sì.»
«Si fidi di me, che sono un guardone esperto. Quello è un superdotato. Se le monta la donna, gliela sventra.»
«È quello che desidero. Questa è la prima volta. Sono solo gli inizi.»
«Direi che promettono bene. La sua fidanzata oltre che delle belle cosce ha anche delle belle tette».
«Lo può ben dire, ha la quinta di reggiseno. Quando la vedo nuda impazzisco».
«Peccato non potergliele accarezzare».
«Se fosse per me, gliele farei toccare, ma non vorrei interrompere lo spettacolo in corso.»
«Ha ragione, sarebbe un peccato. Uhu uhu, stia attento, c’è un altro passo avanti verso la crescita delle sue corna».
Giorgio si volta e vede ciò che gli segnala il guardone: Chantal sta accarezzando la patta di Diego. Il movimento della sua mano è delicato e deciso al tempo stesso. Miracoli che solo il sesso sa fare. I due amanti – perché questo sembrano – sono talmente avvinghiati che forse non ricordano di essere in un cinema. Sotto lo sguardo voglioso e penetrante del cornuto e del guardone, Chantal comincia a far scivolare verso il basso la cerniera dei pantaloni di Diego. Poi infila la mano e riprende a massaggiare l’uccello. Nonostante siano abituati all’oscurità della sala, i due osservatori gradirebbero volentieri una luminosità maggiore per vedere meglio, per vedere tutto. Poi, la ragazza estrae il cazzo di Diego. Un grosso e nodoso cazzo. Il voyeur ha avuto ragione, Diego è un superdotato. Giorgio è affascinato da quella visione. Non ha mai visto nulla del genere. E neppure Chantal, che sente il bisogno di esclamare:
«Hai un cazzo enorme. Come può stare nelle mutande?»
Diego gongola dentro di sé, ma non risponde. Per esperienza sa che quella è la sua arma segreta. Non c’è donna che, avendo visto il suo cazzo in erezione, non si sia stupita. Ha un bel cazzo. Grosso e lungo, quasi minaccioso. Chantal glielo scappella e senza più parlare si abbassa fino a prenderglielo in bocca. Cosa sta succedendo? La ragazza sembra perdere attimo dopo attimo qualsiasi freno inibitore. Giorgio è sconvolto dalla piega che stanno prendendo gli eventi. Chantal, la sua Chantal, sta succhiando il grosso cazzo di un suo subalterno in un cinema. Per un attimo gli pare un’ingiustizia che un suo collaboratore abbia un cazzo più grosso del suo. Molto più grosso del suo. Chi gli ha dato l’autorizzazione di essere uno stallone così ben dotato?
«Ha visto che è un superdotato? Glielo avevo detto» intervenne il voyeur.
«Ha un cazzo meraviglioso, stupefacente».
«Pensi a quando lo pianterà dentro la sua donna. Come minimo, gliela sventrerà. E immagini che voglia incularsela».
«Non è possibile, è troppo grosso. La sfonderebbe.»
«E cosa crede che voglia farle? Restituirgliela vergine? Lei gli ha offerto la sua donna e lui vorrà approfittarne fino in fondo. Se la vorrà godere tutta, alla faccia delle sue lunghe corna.»
«Lei si opporrà.»
«Non lo farà. Per mille motivi: per la curiosità di provarlo, per il naturale piacere di soddisfare ogni desiderio del bull, cui si concede anche ciò che si nega al proprio partner, per cornificare il suo cornuto fino in fondo, e cosa c’è di più forte emotivamente, di una poderosa inculata davanti al partner umiliato? E poi non dimentichi che se lui vorrà romperglielo, sarà così deciso che nessuno potrà opporsi. Non la sua ragazza, che sarà lì alla pecorina bloccata per i fianchi pronta ad un amplesso così animalesco, e non lei che sarà nudo in poltrona a spararsi una sega confrontando la notevole diversità di dimensioni tra lei e l’inculatore della sua donna.»
Il loro confabulare viene interrotto. Improvviso come un lampo, giunge l’orgasmo di Chantal. Lei trema tutta, il suo bacino si scuote convulsamente, mentre la mano di Diego accelera la velocità e accresce la penetrazione, spingendo le dita ancor più in fondo, se possibile. Lei morde la spalla di Diego per non gridare. Lui le sussurra qualcosa all’orecchio. Cosa? Giorgio pagherebbe per saperlo. Il voyeur, che ha gli occhi lucidi di eccitazione, quasi quanto Giorgio, ad un certo punto sbotta:
«Beato lei che è cornuto. Io vorrei che mia moglie mi facesse le corna, ma si ostina a voler essere fedele. Appena accenno qualcosa, mi dà del debosciato e se ne va. Se gliene parlo mentre siamo a letto e stiamo facendo l’amore, si ferma mi fa sfilare e va a chiudersi in bagno, tutta imbronciata. Non so come fare. Lei invece, a giudicare da questa prima volta, avrà un bel da fare per tenere a bada la sua ragazza. La sposi e le cresceranno due corna meravigliose, vedrà.»
«Mi spiace per lei.»
«Ah, non si preoccupi per me, ci sono abituato. Solo ogni tanto – di fronte a spettacoli come quello che ho appena visto – mi immalinconisco.»

continua...

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 13:31
view post Posted: 8/1/2013, 00:09     +1Abbreviazioni Comuni nel BDSM - Pratiche, Tecniche, Attrezzature - BDSM & Fetish
Grazie Giuseppe Tubi, grazie Cicoria. Ho aggiunto.
Non cancellate i vostri post, così si vede che li avete segnalati voi e è uno stimolo all'aiuto di tutti.
Collaborazione apprezzata.

Edited by -triskell- - 8/1/2013, 00:10
view post Posted: 7/1/2013, 23:46     +21Abbreviazioni Comuni nel BDSM - Pratiche, Tecniche, Attrezzature - BDSM & Fetish
Nel BDSM si fa spesso ricorso a sigle per esprimere dei concetti. Si tratta di acronimi che, nella maggior parte dei casi, provengono dal mondo anglosassone, dove si fa frequente uso di queste abbreviazioni. Si trovano, e possono servire, nei forum, nelle chat, nelle mail.
Propongo un elenco di quelli di uso più comune, che sicuramente è incompleto e da aggiornare. Invito tutti gli utenti a scrivere le sigle che mancano, con la spiegazione, in questa discussione e se saranno di rilievo le inserirò nell’elenco e per rispettare l'ordine alfabetico modificherò questo post.

24/7: ventiquattro sette. Rapporto Dom/sub a tempo pieno, 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana
AC/DC: il nome significa alternate current / direct current e in inglese vuol dire bisessuale
AP: Age Play – Giochi di età, di cui il più diffuso è l’infantilsmo.
APE: Absolute Power Exchange – Scambio completo di potere. (vedi anche TPE, che è un sinonimo)
AT: Animal Training – Addestramento a comportarsi ed atteggiarsi (nei movimenti, nei suoni, ecc) come un animale scelto dal Dom
B&D/BD: Bondage and Discipline
B/B: Boy/Boy – Rapporto omosessuale (ragazzo/ragazzo)
B/G: Boy/Girl – Rapporto etero (ragazzo/ragazza)
BBW: Big Beautiful Woman – Bella donna, ma dalle forme molto abbondanti
BDSM: Bondage & Discipline, Dominance & Submission, Sado-Masochism
BJ: Blow Job - Rapporto orale
BT: Ball Torture – Tortura alle palle
CB: Chastity Belt – Cintura di castità
CBT: Cock and Ball Torture – Tortura del pene e delle palle
CD: Cross Dresser – Una persona che si traveste
CFNMS: Clothed Female, Naked Men Submissive – Donne vestite e uomini nudi sottomessi
CP: Corporal Punishment – Punizioni corporali
CT: Cock Torture – Tortura al pene
D&S - D/s: Dominance and Submission
EC: Enforced Chastity – Castità forzata
EPE: Erotic Power exchange – Scambio di potere erotico
FF: Fist Fucking – Penetrazione anale o vaginale con mano
FJ: Foot Job - masturbazione con il piede
FTM: Female To Male – Donna passata al genere maschile
GJ: Glove Job, masturbazione con guanto
GS: Golden Shower – Pioggia dorata, cioè pissing
HJ: Hand Job - masturbazione con la mano
KH: Key Holder – La persona che tiene la chiave di una cintura di castità
Kv: abbreviazione, in tedesco, di kaviar (caviale) per intendere però lo scat
LGBT: Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender – Comunità/scena del mondo lesbico, gay, bisessuale, trasgender
M/s: Master (o Mistress)/slave – Rapporto Master o Mistress e sub
OTK: Over The Knee – Sopra le ginocchia (riferito a posizione per lo spanking)
PA: Prince Albert – Prince Albert è un tipo di piercing
PE: Power Exchange – Scambio di potere
PHD: Pretty Huge Dick – Possiedo (oppure “è richiesto”) un grazioso enorme pene
RACK: Risk Aware Consensual Kink - Rischio consapevole e consensuale nelle attività di sesso alternativo
POA: Price on Application - tradotto "prezzo a richiesta", termine usato nelle inserzioni per non pubblicare esplicitamente le tariffe delle prestazioni
SD: Sensory Deprivation – Deprivazione sensoriale
SM: Sado-Masochism – sadomaso.
SSC: Safe, Sane, Consensual – Sicuro, sano e consensuale
TENS: Transcutaneous Electrical Nerve Stimulator – Apparecchio a batterie il cui uso nel bdsm è quello di essere applicato sulle parti genitali
T&D: Teasing and Denial, eccitazione e negazione dell'orgasmo
TG: Transgender (p.es. trans operati)
TPE: Total Power Exchange – Scambio totale di potere (vedi anche APE)
TS: TransSexual – Transessuale
TT: Tit Torture – Tortura del seno, oppure Toilet Training, svolgere da parte dello slave il ruolo di bidet e toilette umana per la Mistress
TV: Transvestite – Travestito
WS: Water Sports – Giochi d’acqua ossia clistere

Edited by -triskell- - 11/1/2013, 18:18
view post Posted: 29/12/2012, 00:09     BASTINADO - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito eroticiracconti, autore anonimo
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soles bastinado falaka
Monica fissava Gianluca approfittando del fatto che doveva spiegargli un teorema di matematica.
Gianluca, ventenne,al primo anno di università, aveva in effetti bisogno delle lezioni di quell'amica conosciuta quasi per caso nell'atrio della facoltà e ormai prossima alla laurea. La ragazza aveva 25 anni, era alta, capelli mori e lunghi, un viso da favola e due gambe assai attraenti. Lei stessa era stupefatta di essere attratta da quel ragazzino, alto quasi un metro e novanta e magrissimo, con delle belle labbra ma col naso abbastanza pronunciato, insomma anche se non brutto, non certo un capolavoro di figliolo! Oltretutto piuttosto timido e assai impacciato, non certo il tipo brillante che si sa rendere interessante e desiderabile.
Lei, da sempre un'aspirante padrona, non solo non era mai uscita allo scoperto con nessuno degli uomini con cui era stata, ma non aveva mai neppure osato "tastare il terreno" con qualcuno, convinta che le sue fantasie dovessero rimanere tali. Aveva dunque sempre represso le sue tentazioni, principalmente indirizzate verso le piante dei piedi dei ragazzi, meglio se più giovani di lei, che nei suoi desideri sarebbero state degne di attenzioni, cure e tormenti di vario tipo. Ecco dunque che si era invaghita di Gianluca e dei suoi piedoni, due belle fette giovani e interessanti che nei sogni proibiti di Monica erano oggetto del suo sadico piacere.
Era per questo che si era fatta avanti, e complice la sua bellezza e il suo fascino era riuscita ad ottenere la fiducia del giovanotto, galvanizzato da queste insperate attenzioni. Dopo un'ora che parlavano di teoremi e dimostrazioni, lei si fece coraggio e lo invitò a prendere un caffè a casa sua quella sera.
Monica era convinta che Gianluca fosse un potenziale schiavo e aveva deciso che quella sera avrebbe tentato un approccio. Se la cosa si fosse messa male, ci sarebbe andata a letto, e figurarsi se quel pivello sarebbe scappato via, lasciandosi scappare l'occasione di farsi una figa simile!
Lui venne alle nove in punto. Dopo aver bevuto un liquore ed essersi fumati una sigaretta, Monica notò che la sua preda era leggermente alterata per l'alcool bevuto, e capì che era quello il momento di "rischiare": lo fece sdraiare sul divano e gli tolse le scarpe, con la scusa che altrimenti sporcava la stoffa. Era eccitatissima, forse più di lui che in quel momento non si rendeva bene conto della situazione, anche perchè aveva un piacevole giramento di testa.
"Sono curiosa di vedere se soffri il solletico sotto questi piedoni!", e iniziò a toccarglieli, a strofinare le sue unghie sulle piante, sempre più velocemente, fino alle dita: Gianluca rideva come un matto e appariva divertito, oltre che eccitato.
"Non è ancora nulla, Giangi: adesso togliamo anche i calzini e vedrai che sarà ancora più divertente!".
Glieli tirò giù lentamente fino alle caviglie, poi glieli abbassò fino a che si poterono vedere i talloni nudi, i quali vennero sollecitati dalle unghie della giovane, la quale successivamente sfilò del tutto i calzini con decisione e si avventò sulle piante del ragazzo, lecandole, mordicchiandole e tastandole avidamente. Poi andò vicino al viso di Gianluca e gli disse:
"Come studente sei una frana. Lasci molto a desiderare, e per questo io ora ti dovrei punire".
Gianluca, stupefatto ma allettato dalla situazione, le rispose:
"Forse hai ragione. Credo che una piccola punizione la meriterei!".
"Io credo invece chela punizione che meriti non sia molto piccola, sài? Stasera penso proprio che imparerai che occorre applicarsi nello studio dell'analisi. Te lo dice la tua maestrina!".
"Se lo dici tu, Monica. Mi rimetto alla tua volontà!".
"Bravo piccolo Giangi! Ma ricorda che io non sono Monica, ora sono la tua Padrona!".
"Sì,mia padrona!".
Le pareva di sognare! C'era riuscita, era come pensava! A quel punto la strada per lei era in discesa, poteva fargli tutto ciò che desiderava. Lo portò in camera e gli ordinò di sdraiarsi sul letto a pancia in giù. La tanto sospirata tortura del giovanotto poteva iniziare.
"Dunque, Giangi! Tu senz'altro sottovaluti il dolore che può essere inflitto sotto le piante dei piedi, quindi io dovrò farti ricredere per questa mancanza!"
Prese uno stuzzicadenti e iniziò a pungolarlo a dovere, mentre alle lunghe dita di Gianluca venivano applicate delle mollette di alluminio, che gli provocavano un lento ma progressivo dolore. Il giovane urlava abbastanza, mentre premeva il pene durissimo sul materasso.
"Che fai già ti lamenti?".
Legò le caviglie di Gianluca molto strette e, sempre pancia in giù, gli faceva appoggiare le piante sul vicino termosifone caldo, mentre lo dileggiava in vario modo. Poi, lo rimise nella posizione iniziale, e dopo avergli immobilizzato i piedi, corse in cucina, e tornò con un mestolo da cucina.
"Padrona,che vuoi farmi?"
"Adesso Giangi i tuoi piedoni faranno conoscenza con un validissimo strumento di tortura. Si tratta di una tecnica di tortura, denominata bastinado, che ho trovato su internet. Andrebbe attuata con una canna di bambù, ma anche questo mestolo darà risultati soddisfacenti!".
E iniziò a infliggergli sulle piante colpi duri, precisi e veloci.
Dopo poco Gianluca urlava avvertendo un bruciore insopportabile, persino peggiore di quello avvertito col termosifone!
"Eh sì....E' davvero esaltante sbizzarrirsi sui piedoni di un ventenne! Adesso se ci tieni alle tue "piantine", ti consiglio di contare a voce alta i colpi che ti somministrerò. Ogni volta che accenni a gridare, ripartirai da zero. Arriveremo a quaranta. Su ogni pianta, ovviamente".
Fu una vera e propria tortura, Gianluca ce la metteva tutta per non urlare, ma Monica tendeva allora a colpire con più forza e ad aumentare l'intensità dei colpi per fargli perdere il conto e meritarsi quindi un supplizio aggiuntivo.
Alla fine, dopo molte decine di colpi, i piedoni dello studente erano messi molto male, e Monica decise che era giunto il momento di godere e di premiare quel ragazzino che si rivelò assai inesperto e incapace anche nel fare all'amore, nonostante quella sera lui, così come Monica, avesse finalmente realizzato il suo sogno.

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 12:52
view post Posted: 26/12/2012, 15:14     MEMORIE DI UNA CAGNA - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Un altro racconto scritto da Frusta Gentile, trovato nel web sul suo blog.
Una storia hard, lunga, che metterò a puntate che però in questo caso sono episodi più che puntate di una trama e sono a se stanti.
Parla delle sensazioni psicologiche della schiava in un rapporto di dominazione sadomaso contrastato e il nocciolo della storia è la sua psicologia e la descrizione dei suoi stati d'animo.

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maledom



Memorie di una Cagna - 1

Nella stanza ogni cosa pareva avere assunto i riflessi caldi e dorati dell’alba. Mi guardai nello specchio ovale che avevo di fronte e vidi riflessa una giovane donna, dal corpo lungo e morbido, con fianchi stretti e seni tondi e appuntiti. Una lunga criniera di riccioli scuri mi ricadeva sulle spalle scompostamente. Nuda, in un letto disfatto, un polso ammanettato alla testiera e una sigaretta in bocca.
Esalai una lunga boccata di fumo dimenandomi nervosamente: Lui era entrato nella stanza.
Lo sbirciai con la coda dell’occhio mentre girava attorno al materasso e mi raggiungeva per porgermi un bicchiere di whisky scozzese. Indossava solo un paio di boxer neri sotto cui si intuiva facilmente il profilo irrequieto del suo sesso, e per un attimo fui tentata di gettarmi con un balzo felino verso quel sottile indumento e strapparlo con le unghie, appena fosse stato a tiro.
Ma non sarebbe stata una buona mossa, perché raramente mi permetteva di prendere qualunque genere d’iniziativa. Allungai invece la mano verso il bicchiere che mi tendeva, ma Lui abilmente si scostò.
“Vieni a berlo dal mio ciucciotto”, disse con una luce famelica che gli danzava in fondo agli occhi, poi senza il minimo imbarazzo intinse l’asta turgida e gonfia del sesso nel bicchiere di liquore e lo ritrasse un attimo dopo, stillante liquido ambrato che gli colò fin sulle cosce.
Salì sul materasso e, scavalcandomi con una gamba, mi si sistemò cavalcioni sullo stomaco, proprio di fronte al viso. Non feci neppure in tempo a muovermi verso di lui che già mi aveva afferrata per la nuca e mi spingeva tutto il cazzo in gola, fino a toccarmi le tonsille. Me lo sentii tra le labbra così all’improvviso da non avere quasi il tempo di respirare, ma era buono, aspro e odoroso e i suoi riccioli bruni avevano sentore di schiuma da bagno e di alcool. Lasciai che mi vibrasse il cazzo dentro e fuori, stringendo delicatamente i denti e poppando quasi fosse stato un grosso ciuccio di carne e io una cucciolona affamata e impaziente. Quando si accorse che in quella scomoda posizione non avrei resistito a lungo, mi lasciò ricadere la testa sul cuscino e, sorreggendosi sulle ginocchia e sui polsi, si fece avanti e mi riempì di nuovo.
Ecco! Ora potevo stare immobile e limitarmi a succhiare voracemente mentre lui andava e veniva tra le mie labbra come fossero state quelle della calda nicchia che mi fremeva tra le cosce. Accelerò il ritmo e il mio respiro si fece frettoloso mentre borbottava oscenità, del tipo che gli piaceva far l’amore con la mia bocca, che adorava scoparmi in gola. Lo lasciai fare, non potendo fare altro immobilizzata dal suo corpo com’ero, seppure il suo cazzo fosse ormai così grosso da farmi venire le lacrime agli occhi. E allora Lui,
inaspettatamente, ebbe pietà del mio tentativo di non rifiutarlo, nonostante mi stesse ormai soffocando, e si ritrasse. Mi fissò sogghignando con quello sguardo da predatore, che ha sempre in certi momenti particolari, poi mi spalancò le gambe con un sol gesto e mi sparse l’intero contenuto del bicchiere sulla fica.
Urlai di eccitazione e dolore poiché il liquido bruciava parecchio sulle mie tenere carni già arrossate e provate a lungo dalla notte precedente, e Lui sembrò gioirne di più. Con le lacrime agli occhi lo pregai di leccarmi e di
alleviare con la lingua quell’insopportabile bruciore, ma Lui pareva indeciso.
Sicuramente si stava godendo le mie suppliche e i miei mugolii di protesta, ma comunque non si fece ripetere l’invito. Si tuffò tra le mie cosce dove l’alcool era andato a mescolarsi con i miei umori e mi leccò golosamente finché non una sola goccia rimase ad imbrattarmi le pieghe dell’inguine e il vello bruno del ciuffetto poco più sopra. Poi con un movimento veloce e facendo perno con la bocca sulla mia fighetta vogliosa, ruotò su se stesso finché il suo cazzo ardente venne a trovarsi all’altezza delle mie labbra. Lo dardeggiai con la lingua appuntita, stuzzicandogli il glande umido e già lucente di sborra saporosa. E Lui intanto insinuava sempre più la testa nel mio grembo gocciolante, e sentendo che non avrei resistito oltre, mi scappellò per bene il clitoride e lo addentò sadicamente strappandomi un urlo inferocito. Non resistemmo a lungo. Strinsi le cosce convulsamente attorno alla sua testa, sussultando e rabbrividendo all’arrivo dell’orgasmo, temendo non me ne desse il permesso.
Ma mi disse “Godi!”, nel momento stesso in cui mi ritrovai ad ingoiare i fiotti del caldo sperma che m’inondò la bocca…..

continua..............................

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 12:53
view post Posted: 15/12/2012, 15:11     +1Sissyfication - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Un racconto molto bello, con finale a sorpresa, di Serena e tratto dal suo weblog.
Nel corso dell'addestramento a sissy si svolgono molte pratiche bdsm finalizzate al risultato e si vede che i dialoghi sono stati studiati.
Interessante e ben scritto.
Buona lettura
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CAPITOLO 1

Rivedere una persona dopo molti anni, talvolta provoca un certo disagio, ed era quello che mi era accaduto quando incontrai dopo più di dieci anni Emilio. Tanti ne erano passati dalla sua festa di laurea in scienze politiche, poi per tutto questo tempo non ci si era più sentiti, né tanto meno visti.
Non l’avrei neanche riconosciuto se non mi avesse fermato lui con la stessa faccia di chi vede un fantasma.
“Mi scusi ma lei si chiama Clara ?”
Guardai con una certa apprensione quell’uomo trasandato che mi aveva toccato il braccio. Non era sporco ma di certo trasandato.
“Sì ma lei chi è ?” risposi ormai incuriosita.
“Sono Emilio ci siamo conosciuti all’università a Roma.”
Non fu facile associare quella persona all’amico brillante dell’università.
“Emilio ! Quello che mi faceva la corte mandandomi a quel paese ?”
Il suo sorriso mi fece tornare indietro con gli anni a quando faceva di tutto nel corteggiarmi.
Mi venne spontaneo abbracciarlo stringendolo forte, abbraccio che fu virilmente ricambiato.
“Emilio ma quanti anni ! Dimmi cosa ci fai qui ?”
“Sono venuto a fare un colloquio ma non è che ci creda molto, però tentar non nuoce.”
Ebbi un attimo di smarrimento, come Emilio, l’uomo sicuro di se tanto da sfiorare l’arroganza andava a un colloquio e per giunta vestito così ? Di certo qualcosa in lui era cambiato.
“Sì però ora mi racconti tutto, che ne dici di andare in un bel ristorante per fare un salto nel passato, ma anche nel presente ?”
La sua faccia fu di nuovo una risposta. Di certo si sentiva a disagio vicino a me nel mio classico vestito elegante da brava professionista.
“Anzi ho un’idea migliore.” dissi per toglierlo da ogni imbarazzo “Prendiamo qualcosa al volo e andiamo da me, così non avremmo scocciatori in giro.”
Davanti alla mia seconda proposta non poté che accettare, così andammo nella mia rosticceria di fiducia a far incetta di buon cibo.
Giunti a casa Emilio divorò rapidamente tutto ciò che avevo comprato, anche se era sempre stato una buona forchetta, era chiaro che non mangiasse così bene, ma soprattutto in quantità abbondante, da qualche tempo. Mentre preparavo il caffè, non potei fare a meno di chiedergli come mai si fosse ridotto in quello stato, e la sua risposta andò oltre ogni mia tetra previsione.
“Vedi Clara ho fatto la più grande cazzata che un uomo possa fare, ho sposato la figlia del capo. Ammetto che all’inizio andava tutto bene, anche troppo, insomma rapida carriera, soldi a iosa, una vita agiata. Poi però è arrivato un punto in cui non ci vedevamo più, io sempre più preso dal lavoro e lei dai suoi amanti, fino a quando non mi ha letteralmente mandato a quel paese. La causa di divorzio è stata un olocausto, lei con i migliori avvocati ed io con uno cretino e puoi immaginare com’è finita. Senza più casa, lavoro, possibilità di trovarne un altro poiché la puttana ha fatto terra bruciata intorno a me. Avevo qualche risparmio nascosto dalla sua ingordigia, ma si sa i soldi alla fine finiscono, così oggi vivo alla giornata, senza più nessuna illusione, ma almeno libero da lei.”
“Avete avuto figli ?” gli chiesi sperando che mi dicesse di no.
“Una che sta percorrendo la stessa strada della madre. L’ultima volta che l’ho vista mi ha detto che non vuole avere niente a che fare con un fallito come me, quindi ho preferito lasciar stare anche lei.”
“Emilio mi spiace, dimmi posso fare qualcosa, non so.” gli chiesi sedendomi vicino a lui.
“Mi fai dormire qui, detto chiaro non so dove andare.”
“Certo, però adesso parliamo di qualcosa d’allegro, dai ti ricordi di quando mi facesti un gavettone e ti presi a calci.”
Ricordare i tempi migliori gli fece ritornare un minimo di sorriso, così andammo avanti tutta la sera a raccontarci le cazzate giovanili. Alla fine gli preparai la stanza degli ospiti e lui mi diede un casto bacio della buonanotte sulla guancia prima di chiudersi nuovamente nella sua solitudine.
La mattina mi svegliai sentendo bussare alla porta della mia camera, così mi tirai su e stupidamente chiesi chi era.
Lui entrò con un vassoietto sul quale c’erano una fumante tazzina di caffè e la zuccheriera.
“Non mi ricordo come lo prendi, però so che la mattina non ne puoi fare a meno.”
“Amaro, più semplice di così !”
Si era di certo lavato mentre dormivo e ora aveva un aspetto migliore.
“Solo non ho capito al volo come funziona la tua caffettiera e penso d’aver fatto un mezzo casino.” mi disse stringendosi le spalle.
“Però il caffè è uscito bene !” gli risposi con un sorriso.
Di certo quella mattina il suo volto era molto più rilassato, ma quello che mi colpì fu che a tratti rividi il ‘vecchio’ Emilio, e ne fui molto contenta.
Dopo qualche chiacchiera futile era però giunto il momento d’alzarsi.
“Ora esci che mi devo alzare, non te l’ho data quando la volevi e non vedo perché farlo adesso.”
Ci mettemmo a ridere tutte e due, poi Emilio uscì dalla mia camera e mi vestii pensando a come potessi esser utile al mio vecchio spasimante. Quando arrivai in cucina lui stava pulendo intorno alla macchinetta del caffè, si vedeva che era pratico di pulizia domestica, ma non feci troppo caso a quel particolare.
Quando mi vide lasciò la spugnetta e mi guardò serioso.
“Clara posso farti una domanda diciamo molto personale.”
“Vuoi sapere se sono lesbica ? La risposta è si così facciamo prima.”
“No, non è quello, solo mi chiedevo ai tempi dell’università tu facevi coppia fissa con Luigi, so che poi vi siete lasciati, però non so perché non ho mai capito perché stavate insieme.”
“Non ti capisco, puoi essere più preciso.”
“Senti Luigi è sempre stato gay, e questo ormai lo sanno tutti, tu sei lesbica, insomma eravate una coppia di facciata ?”
“In effetti sì anche se ci volevamo un gran bene.” dissi pensando che il discorso finisse li.
“Forse anche perché ti faceva da schiavetto.”
Quella frase che non era stata certa detta a caso mi mise addosso una grande inquietudine, com’era possibile che Emilio sapesse dei miei esordi come Mistress.
“Emilio ma che cazzo dici.”
“Senti Serena se c’è una cosa che ho imparato è bere senza sbronzarmi, cosa che non ha mai saputo fare il tuo caro ex ragazzo, quindi non cercare di raccontarmi delle palle perché non ci credo.”
Mi resi conto che negare sarebbe stato inutile, così gli raccontai tutta la mia storia con Marco. Mentre parlavo la sua faccia assunse le espressioni più diverse, ora curiosa, ora divertita, ora incredula, ma non m’interruppe quasi mai se non per delle piccole precisazioni. Quando finii Emilio era quasi estasiato dal mio racconto per quanto questo fosse stato il più coinciso possibile.
“Clara allora forse tu mi puoi aiutare.” disse rompendo un silenzio che durava da qualche minuto.
“Dimmi se posso farti un piacere perché negartelo.”
“Voglio diventare una sissy.”


male sissy
Lo disse come se si trattasse della cosa più semplice e naturale del mondo, nella stessa maniera in cui si ordina una bistecca al ristorante chiedendo di non farla cuocere troppo.
“Cos’hai detto !”
“Hai capito benissimo e sai di cosa si tratta, quindi dimmi sì o no, in ogni caso non ne farò una questione personale, magari hai già uno codazzo di slave che ti vengono dietro.”
“No non è così. Solo mi devi spiegare il perché altrimenti non se ne fa nulla.”
Emilio fece un lungo respiro come se dovesse trovare la forza di dirmi qualcosa che non aveva mai confidato a nessuno.
“Vedi poco prima del mio divorzio avevo conosciuto una come te, una Mistress davvero brava, con la quale stavo iniziando il mio cammino da slave. Solo poi sono finiti i soldi e con loro è sparita anche lei, in fondo la capisco, le lo faceva per mestiere ed io ora riesco a malapena a sopravvivere. Però non ho abbandonato quel sogno, credimi so tutto sulle sissy, solo mi manca la pratica.”
Rimasi in silenzio a pensare a quella strana proposta, certo essere la sua insegnante mi allettava e non poco, ma capivo anche che forse era qualcosa che andava oltre i miei limiti.
“Dimmi il resto, tanto lo so che non è finita qui.”
“Ogni anno a Londra c’è una riunione di sissy che sperano di trovare una padrona che le prenda con sé. La prossima c’è fra nove mesi ed io voglio andarci, anzi ci andrò solo se tu mi aiuti. Vedi come uomo qui sono bruciato, quella stronza della mia ex moglie m’impedirà di trovare qualunque lavoro, anche il più indegno di un uomo. Ma come sissy potrei avere la possibilità di riniziare una vita, e di ritrovare un po’ di felicità che ormai non vedo da molto tempo.”
“Ho capito.” dissi prendendomi una sigaretta “Perlomeno sei stato chiaro e questo è qualcosa che apprezzo sempre, dimmi quello che hai fatto con quella donna almeno mi rendo conto a che livello sei.”
Emilio non parlò a lungo, in fondo avevano avuto pochi incontri e quella Mistress si era dimostrata della mia stessa pasta, piccoli passi e senza fretta. Alla fine ero ancor più convinta che quello che mi chiedeva era per me quasi impossibile, però capii anche che ero la sua ultima possibilità.
“Senti potrei anche accettare, ma a ben precise condizioni.”
“Accetto tutto.”
“Stai zitto e non m’interrompere. Iniziamo con una premessa: sei un fallito senza speranza, non troverai mai una sistemazione e questa è l’unica possibilità che hai per realizzare qualcosa che vuoi realmente, e sappi fin d’ora che approfitterò della tua debolezza con tutta la crudeltà di cui sono capace.”
Ben sapevo che potevo imporre ogni condizione e non mi feci sfuggire l’occasione, quindi continuai con voce ferma scandendo bene ogni singola parola.
“Primo, sarai al mio esclusivo servizio ventiquattrore al giorno, sette giorni alla settimana feste comprese.
Secondo non ti darò nulla per tutto ciò e mi limiterò al tuo mantenimento.
Terzo in ogni momento potrò mandarti via senza nessuna spiegazione.
Quarto a mio piacimento potrò invitare slave, Master o Mistress di mia conoscenza senza che tu possa dire nulla.
Quinto mi obbedirai ciecamente senza mai protestare.
Sesto non dovrai mai svelare a nessuno quello che stiamo facendo o sei fuori prima che lo capisca.
Settimo con me niente sesso vanilla, quindi scordati la fica, e ti segherai solo su mio ordine.
Ottavo e ultimo punto, ma non per questo meno importante, TI FARO' PROVARE OGNI TIPO DI DOLORE, sia fisico sia mentale in ogni sua forma e sfaccettatura, e ovviamente tu non potrai che subire ogni punizione che t’infliggerò.”
“Accetto tutto.” disse di nuovo.
“Essendo un rapporto a tempo non ci sarà nessun contratto o carta scritta, a me basta una stretta di mano.”
Allungai la mano ma lui mi strinse a se e mi diede un gran bacio in fronte.
“E’ stato il mio ultimo momento da uomo, ora sono pronto Padrona.”
“Per prima cosa T'IMPORRO' UN NOME DA SISSY, la tua ex Mistress ti chiamava in qualche maniera particolare ?”
“Non che io ricordi.”
“Bene allora lo inventerò io, da oggi sarai … JESSICA, SA ABBASTANZA DI PORCELLA IN CALORE.”
“Quindi mi chiamerai Jessica ?”
“Sì e t’impartisco il primo ordine, nel cassetto centrale di quella credenza ci sono dei frustini, scegli quello che ti piace di più e portamelo.”
Jessica andò alla credenza e tirò fuori alcuni frustini in stile equitazione, poi ne prese uno con una paletta piuttosto piccola e me lo portò. Come l’ebbi in mano lo colpì sulla pancia facendogli male.
“Ahi ma perché ?” mi chiese piegandosi in due.
“Perché mi hai mancato di rispetto due volte. Non mi hai dato del lei e non mi hai chiamato col mio titolo. Sappi quindi che ogni volta che commetti questo errore sarai punito con una frustata sul corpo.”
“Ho capito Signora.” disse stringendo un po’ i denti.
“Allora INIZIAMO A FARTI SEMBRARE VAGAMENTE UNA DONNA, per prima cosa spogliati, ti voglio vedere nudo per capire dove bisogna lavorare.”
Lei si spogliò mettendo ordinatamente su di una sedia gli abiti che man mano si toglieva fino a rimanere in versione adamitica.
“Certo che qui ci vuole la falce !” dissi vedendo che era molto peloso “Mio Dio sembri un orso ! Su andiamo in bagno e iniziamo a renderti presentabile !”
Fu un lavoro molto lungo e neanche troppo facile, all’inizio usai un tagliacapelli regolato al minimo pulendolo ogni tanto dai peli che cadevano numerosissimi sul pavimento. Passai poi all’epilatore fermandomi ogni volta che questo si scaldava troppo. I ritocchi finali li feci con la lametta, e dopo qualche ora ottenni un uomo completamente glabro.
“C’è voluto del tempo ma il risultato non è niente male.” dissi guardandolo da capo a piedi “ora però sono stanca, quindi pulisci e prepara il pranzo.”
“Si Padrona.”
“Ah dimenticavo prima mettiti un po’ di crema su tutto il corpo o fra un po’ non riuscirai a stare fermo per il prurito.”
“Grazie Padrona, lo farò immediatamente.”
Le sue risposte erano però troppo meccaniche per essere di mio gradimento.
“Almeno ti piaci e non dirmi si padrona o no padrona o m’incazzo sul serio.” dissi alzando la voce.
“Mi sento strano Padrona, ma non è una sensazione sgradevole, ecco un po’ meno maschio, però non mi spiace essere così.”
“Bene e ricordati che hai il dono della parola, l’importante è non eccedere.” dissi andandomene in salotto.

continua............

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 13:34
view post Posted: 7/12/2012, 21:50     +2LA TUTRICE - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, autore RoV
Pubblicazione autorizzata dall’autore purché priva di modifiche e non sfruttata a fini commerciali.
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Non avevo pensato di scrivere qualcosa di così lungo ma il racconto mi ha preso la mano. Forse noterete qualche differenza tra i primi capitoli e i quelli successivi. Ad un certo punto la storia ha preso una strada diversa da quella pensata in origine (anche se poi ho rimaneggiato il tutto). Visto che ci ho lavorato parecchio spero comunque che non lo cestinerete dopo le prime righe (anche perchè, almeno credo, migliora mano a mano che si procede). Dato che non troverete amplessi in ogni momento vi anticipo il genere del racconto: F/f, D/s, spanking, enema, anal, sex, rom (però non saltate subito ai punti ‘caldi’, l’evoluzione dei personaggi è il nocciolo della storia).
Il sesso sicuro non è quello che si fa con il lattice ma quello che si fa con la conoscenza e il rispetto: non cercate di imitare le protagoniste della mia storia senza sapere come evitare ogni danno alla vostra o al vostro partner.
RoV


LA TUTRICE


lezdom



CAPITOLO I – MADAME FOISSON

Marie Foisson sollevò per qualche istante lo sguardo dalle carte che ormai conosceva a memoria per gettare un’occhiata alla vecchia pendola, l’oggetto più prezioso dell’elegante arredamento vittoriano del suo ufficio.

Erano le quattro e mezza del pomeriggio. Tra meno di mezz’ora Jennifer Larson sarebbe entrata in quella stanza e lei avrebbe dato via a un piano sul quale aveva fantasticato per anni. Era troppo tardi per dei ripensamenti.

A soli 37 anni Marie era la figura più influente nella prestigiosa scuola femminile di Harper’s Hill. Il doppio ruolo di insegnante di francese e di vicedirettrice era già notevole per una donna della sua età però il suo vero potere derivava dal fatto di essere figlia e unica erede dei due fondatori dell’istituto. Sua madre si era trasferita dalla nativa Francia negli Stati Uniti molti anni prima in qualità di insegnante madrelingua. Aveva poi sposato un franco-canadese e la coppia aveva insieme fondato la scuola. I primi anni erano stati difficili. Le idee non proprio progressiste dei due coniugi mal si conciliavano con il clima politico degli anni sessanta. Fu necessario attendere gli anni ’80 e la riscossa del neo-puritanesimo perché la scuola iniziasse realmente a prosperare. Sembrava che l’intera aristocrazia dello Stato non desiderasse altro che di poter spedire le proprie figlie in un collegio che desse loro una bella ‘raddrizzata’.
Marie Foisson non era però una semplice raccomandata di ferro. Era completamente dedita al suo lavoro e era stata la sua abile regia che aveva dato alla scuola la filosofia grazie alla quale era ormai tra le più rinomate di tutti gli States. La Harper’s Hill si era sempre distinta per una disciplina particolarmente severa e un po’ ottusa, frutto delle inclinazioni dei suoi fondatori più che di un’idea didattica o commerciale.
Marie aveva cambiato tutto questo. La disciplina era divenuta ancor più maniacale ma a ciò corrispondeva a una precisa strategia. La scuola si era specializzata nella educazione delle più scapestrate tra le ricche e viziate figlie dell’alta borghesia del paese. Il punto di forza dell’istituto era che le ragazze turbolente anziché essere espulse, come nelle altre scuole, venivano invece ‘rieducate’ fino a farne delle perfette debuttanti. Le iscrizioni e le rette conobbero un’impennata impressionante, trasformando la Harper’s Hill in una vera miniera d’oro. Alla luce dei suoi successi Marie avrebbe potuto pretendere di assumere la direzione dell’istituto ora che suo padre era morto e sua madre si era trasferita in Francia.
Se non lo aveva fatto non era però per modestia ma perché il suo ruolo di vicedirettrice che la rendeva responsabile per le questioni disciplinari era per lei fonte di insospettate soddisfazioni. Non voleva certo rinunciarvi proprio ora che per una sentenza della Corte Suprema aveva ufficialmente permesso la reintroduzione delle punizioni corporali che peraltro non erano mai andate in disuso nella scuola.
Sino da bambina Marie era stata molto disciplinata e giudiziosa. Non aveva mai dovuto assaggiare i trattamenti che sua madre dispensava così largamente alle sue allieve. Fu solo molti anni dopo, quando dopo essersi laureata, accettò a malincuore di fare alcune supplenze nella scuola dei suoi genitori, che scoprì la sua particolare vocazione. La prima volta che le capitò di assistere ad una sessione disciplinare, solo cinque nerbate sul posteriore ben tornito di una sedicenne, non ne fu folgorata ma la cosa comunque suscitò il suo interesse. Quando qualche tempo dopo sua madre le chiese di sostituirla in una di queste sessioni a causa un attacco di artrite, ne fu lieta. La madre la istruì adeguatamente e le fece fare pratica su un cuscino. Il gran giorno venne. La ragazza aveva 15 anni, una espressione impertinente e lunghi capelli biondi. Venne fatta entrare nella stanza in cui si trovavano solo Marie e sua madre. Le fu spiegato che sarebbe stata Marie ad amministrare la punizione e fu fatta mettere in posizione. La ragazza si chinò sulla pesante scrivania in legno di quercia e sollevò la gonna sulla schiena lasciando esposte le terga, ricoperte da vezzose mutandine rosa. Furono necessari tre colpi di verga prima che Marie, vincendo il proprio timore da neofita, riuscisse a imprimere allo strumento una forza adeguata. Il quarto colpo fu perfetto e Marie poté così concentrarsi sull’effetto dei suoi colpi. Dopo aver sopportato in silenzio l’inizio della propria punizione la ragazza iniziò a perdere la sua baldanza ed ad emettere sordi gemiti ogni volta che il crudele attrezzo la sfiorava. Marie osservava estasiata i fianchi della sua vittima che oscillavano sotto i suoi colpi, gli sforzi della ragazza per mantenere la corretta posizione, le mani che stringevano con forza il lato distante della scrivania. I lamenti soffocati a stento le parevano dolci come i sospiri degli amanti durante l’amplesso. Solo all’ultimo momento la donna si rese conto del suo stato di eccitazione e che in preda allo stesso aveva eccessivamente aumentato il ritmo e la potenza della battuta. Ci volle un grande sforzo di volontà per riuscire a riacquistare il controllo di sé e a non assestare colpi extra alla malcapitata allieva. Marie getto uno sguardo di sfuggita alla madre e con sollievo la vide intenta a massaggiarsi il polso dolorante. Non si era accorta di nulla.
Marie non diede troppo peso al fatto di essersi sessualmente eccitata durante la sessione disciplinare. Era successo e basta. Non avrebbe certo cambiato la sua vita! Si sbagliava.

Il momento della verità venne qualche tempo dopo, quasi al termine del suo periodo di supplenza.
La madre le chiese ancora una volta di sostituirla nell’amministrare una punizione ma questa volta non si fermò ad assistere alla somministrazione.
La ragazza da punire aveva 16 anni, copiosi riccioli rossi, seni molto sviluppati e qualche chilo di troppo. Non era comunque sgradevole. Non appena le due si trovarono sole nella stanza, chiusa a chiave come da prassi, Marie sentì un forte brivido di eccitazione al solo pensiero di avere l’altra alla propria mercé. Marie lesse alla studentessa i motivi della punizione e impugnò lo strumento designato.
“Sembra proprio che tu non sappia tenere la lingua a freno. Vedremo se 30 colpi con questa canna ti insegneranno un po’ di disciplina!” aggiunse con un ghigno crudele.
La ragazza deglutì. La punizione era piuttosto severa per una infrazione di poco conto come la sua ma sapeva che essere recidiva comportava un aumento della pena. Senza dire una parola si mise in posizione e si sollevò la gonna dell’uniforme.
Marie si spostò a sinistra della sua vittima e iniziò a colpire. I colpi erano netti e decisi. Ormai non era più presente alcuna cautela reverenziale. Quasi subito la ragazza prese a gemere e a contorcersi dopo ogni sferzata. Anche se la punizione non era eccezionalmente dura, per gli standard della Harper’s Hill, la sua capacità di sopportare il dolore non era mai stata molta. Dopo il decimo colpo non poté fare a meno di sollevarsi e di portare una mano verso il suo tormentato fondoschiena.
“La prego non ce la faccio più!” piagnucolò.
“Silenzio!” replicò Marie. “Sai benissimo di non potere né muoverti né parlare durante la punizione. Per ogni infrazione sono previsti 5 colpi aggiuntivi. Quindi ancora 30 colpi!”
Resasi conto del guaio in cui si era cacciata la ragazza divenne quasi isterica.
“La prego” disse “so che devo essere punita. Non voglio sconti, solo … solo vorrei che mi concedesse qualche minuto di tregua tra una serie di colpi e un’altra.”
“Ah sì? E quanto di grazia?” replicò ironica la donna.
“Credo … credo che … 5 minuti ogni 5 colpi … riuscirei a sopportarli … i colpi voglio dire …” sussurrò con un filo di voce la ragazza impaurita.
“Non posso mica perdere tutto il pomeriggio con te!” rispose seccamente Marie. Stava per riprendere la battuta quando improvvisamente ebbe un’ispirazione. Si voltò ostentatamente verso la grande finestra fingendo di meditare sul da farsi ma in realtà per nascondere l’espressione luciferina che sentiva essersi dipinta sul suo volto. Attese qualche istante, poi con tono calmo prese a parlare.
“So che in fondo sei una brava ragazza quindi ti farò una concessione. Potrai scegliere tra due alternative. La prima è di avere 30 colpi, come quelli che di ho già dato, con 3 minuti di intervallo ogni 10 colpi. La seconda è di ricevere 15 colpi. 10 con questa sottile striscia di cuoio e dopo 5 minuti di intervallo, 5 colpi con questa canna che è più leggera di quella che ho usato fino ad ora.”
Mentre faceva la sua offerta, Marie indicò gli attrezzi designati, appesi insieme a molti altri in una rastrelliera in fondo alla stanza. La ragazza aveva una espressione stupita. La seconda offerta sembrava fin troppo favorevole. La metà dei colpi, un intervallo più lungo e strumenti più leggeri, sicuramente meno dolorosi.
“Naturalmente” aggiunse la donna con voluta nonchalance “nel secondo caso non ti sarà concessa la protezione delle mutandine. Hai 5 minuti per decidere.”
Il viso della ragazza divenne rosso dall’imbarazzo. Sapeva che punizioni del genere venivano occasionalmente comminate ma lei non ne aveva mai subito una. Che fare? Sapeva che non avrebbe potuto sopportare i 30 colpi in modo disciplinato e che pertanto la punizione sarebbe stata di nuovo aumentata. I 15 colpi sulla pelle nuda sarebbero stati sicuramente più imbarazzanti ma probabilmente non più dolorosi. Almeno così sperava.
“Scelgo i 15 colpi, signorina” disse quasi balbettando. “Cosa … cosa debbo fare?”
“Mettiti davanti alla scrivania, abbassati le mutandine e assumi la solita posizione” rispose Marie. La ragazza, con le mani tremanti, abbassò le mutandine quanto bastava per lasciare interamente scoperti i candidi glutei e iniziò a chinarsi in avanti. Marie, in piedi dietro di lei, la fermò immediatamente.
“Così non va bene! Le mutandine devono essere abbassate fino alle ginocchia” disse. “E vedi di non farle cadere sul pavimento durante la punizione altrimenti sarà peggio per te!”
Lentamente la giovane abbassò le mutandine fino alle ginocchia e si sdraiò sulla scrivania. Per evitare che le scivolassero più giù dovette divaricare leggermente le gambe regalando a Marie la fugace visione del suo sesso e della sua fitta peluria rossastra. La donna era intenzionata a sfruttare al massimo la situazione. Sferrò cinque colpi violenti in rapida successione per mettere la sua vittima nel giusto stato d’animo. Prese poi qualche secondo di pausa per permettere alla ragazza di assaporare il crescente dolore e tornò a colpire. Questa volta i colpi erano ben distanziati l’uno dall’altro e Marie poteva gustarne pienamente l’effetto. Ogni volta che la lingua di cuoio colpiva si avvolgeva sinuosamente alle bianche rotondità dei glutei e dei fianchi della malcapitata che riusciva a stento a conservare la posizione richiesta. Al termine dei primi 10 colpi le natiche della studentessa erano solcate da numerose linee color rosso fuoco che risaltavano fiere sulla carnagione pallida delle altre aree. La ragazza piangeva e singhiozzava. Marie, ansimante di piacere, osservava la scena compiaciuta. Ordinò alla ragazza di attendere in un angolo, faccia al muro, che trascorressero i 5 minuti di intervallo, sempre con le mutandine abbassate e la gonna sollevata. Lei nel frattempo, sorpresa dal suo stesso grado di eccitazione, si era seduta dietro la scrivania, si era cautamente sfilata le mutandine e aveva iniziato ad accarezzarsi fra le cosce.
Maledizione … non c’era abbastanza tempo per questo! Bisognava riprendere la punizione. Rimessa in posizione la sua vittima, Marie riprese a colpire con tutta la sua forza per fare in modo che la leggera canna utilizzata potesse comunque farsi temibile. Bastarono un paio di sferzate a riempire nuovamente di lacrime in viso della ragazza. Marie, ogni volta che contraeva le cosce per accompagnare il colpo, sentiva un’onda di piacere divamparle dentro. Decise di indirizzare il quarto colpo non sui glutei ma sulla parte posteriore delle cosce. Il colpo colse completamente di sorpresa la vittima che lanciò un alto guaito. Le ginocchia le si piegarono e se non si fosse aggrappata con tutte le sue forze alla scrivania sarebbe sicuramente caduta carponi. Senza attendere che la poveretta riprendesse posizione Marie le assestò il quinto colpo che le strappò un altro urlo. Resasi conto dopo qualche istante che la punizione era finita la giovane si lasciò andare accasciandosi sul pavimento, ai piedi di Marie, piangendo a dirotto e coprendosi il viso con le mani.
“Rivestiti e vattene se non vuoi una razione supplementare” disse Marie con voce tremante.
La ragazza faticosamente si rialzò, ricompose i suoi vestiti e uscì con andatura traballante. Era troppo presa dai suoi guai per accorgersi della espressione assente della sua persecutrice e che questa, per reggersi in piedi, aveva dovuto appoggiarsi con entrambe le mani alla scrivania. L’orgasmo aveva colto Marie di sorpresa. Il fatto di essere eccitata dal corpo di un’altra femmina non era una novità per lei. Gli uomini non le erano mai piaciuti e durante il college aveva avuto modo di sperimentare l’amore fra donne. Aveva però sempre avuto difficoltà a giungere all’apice del piacere ed aveva finito per pensare che il sesso non faceva per lei.
Tutto ciò che si concedeva consisteva in qualche carezza durante la doccia dopo un’oretta di jogging. Ora invece il piacere l’aveva vinta mentre non si stava neppure sfiorando!

Da quel giorno la vita di Marie cambiò. Rinunciò al suo sogno di fare l’interprete e di girare il mondo e accettò invece un posto stabile alla Harper’s Hill. Divenne ben presto la più temuta tra le insegnanti. Per rafforzare il terrore delle alunne nei suoi confronti iniziò a coprire il suo splendido corpo d’atleta con lugubri abiti neri che le fruttarono il soprannome di ‘Morticia’, ben presto sostituito da altri più adeguati come ‘La frusta’ o ‘La puttana nera’.
Prese anche a raccogliere dietro la nuca i lunghi e bellissimi capelli corvini e a portare frivoli occhialini anni ’50. Il tutto contribuiva a darle l’aspetto di una vecchia megera, acida e cattiva. Esattamente il ruolo che voleva recitare.
La signorina Marie ormai non esisteva più. Al suo posto c’era adesso la terribile Madame Foisson.

continua..................

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 13:33
view post Posted: 25/11/2012, 01:23     SERENA - LA MISTRESS - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Un bel racconto, scritto da Serena Miss e tratto dal suo blog. Lo riporto a puntate
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1 L’incontro e primi compiti

slave collar
A trentotto anni mi ero quasi arresa.
Nonostante avessi avuto molti servi di entrambi i sessi nessuno mi aveva realmente soddisfatta a lungo. Per quanto provassi a cambiare le umiliazioni e le torture c’era sempre qualcosa che mancava, come se il mio essere mistress fosse incompleto.
Ero arrivata a pagare una sottomessa e a farmi dare dei soldi per fare la padrona, io ricca di famiglia e affermata professionista, ma anche questi tentativi mi avevano lasciato l’amaro in bocca.
Tutto mi stava portando a credere che l’essere una dominatrice era in realtà una mia fantasia irreale quando avvenne il fatto che cambiò la mia vita.
Vivo in una villetta in una delle zone residenziali più esclusive della mia città munita di un sofisticato sistema dall’allarme. Inoltre ho una pistola in casa e ho fatto diversi corsi di autodifesa come se le arti marziali che pratico fin da piccola non fossero sufficienti.
Di solito mi porto il lavoro a casa per avere qualcosa da fare dopo cena visto che non amo la televisione.
Stasera poi ho più del solito da fare, quindi me ne sto nel mio studio a studiare cartelle cliniche.
Fino a quando non suona l’avviso di una mail in arrivo.
L’apro subito, anche per togliermi dalle scartoffie.
E’ di un uomo che ha visto il mio blog e chiede se può contattarmi.
In realtà il blog è stato un fallimento, poche visite e ancor meno contatti se non qualche depravato in cerca di persone a cui rompere l’anima.
Gli rispondo subito chiedendogli maggior informazioni.
Dopo pochi minuti l’avviso suona di nuovo, è di nuovo lui.
Si chiama Alessandro, ha ventisei anni ed è della mia stessa città. Si è sposato da poco con una ragazza, Luisa, che credeva una dominatrice e che invece è come lui. La loro vita sessuale è già un fallimento e mi chiede un consiglio.
L’invito subito in chat e li trovo entrambi.
Sono abbastanza carini, ma più che altro mi sembrano due disperati che non sanno cosa fare.
L’invito per la sera di domani per conoscerci meglio.
Il giorno dopo non riesco a combinare molto, non faccio che pensare a loro due.
Ogni visita che faccio è una tortura, vedo le intimità delle mie pazienti e penso a come dev’essere quella di Luisa, così ancora giovane, ma già desiderosa di qualcosa di più di un semplice rapporto.
Le sei di sera arrivano come una liberazione, corro a casa per farmi una doccia e mangiare una veloce cena comprata già pronta, poi ammazzo l’attesa ascoltando Mozart.
Alle otto puntualissimi suonano alla mia porta.
Visti dal vivo sono ancora meglio, lei poi è proprio un bocconcino.
I capelli sono ossigenati, ma le stanno bene perchè è molto chiara di pelle, è alta più o meno come me sull’uno e sessantacinque, però non mi somiglia certo per seno avendolo lei molto grande.
Lui invece è carino quanto basta con un fisico più che normale e lo sguardo da bambino.
“La Signora Serena immagino.”
“Si sono io e voi Alessandro e Luisa.”
“Si però mi chiami pure Ale, lo fanno tutti.”
Li faccio accomodare in salotto, sembra quasi che non abbiano mai visto una casa come la mia.
Osservano tutto con attenzione parlottando fra loro.
“Allora Ale e Luisa, voi cercate una Mistress o sbaglio.”
“Si ecco noi volevamo imparare.”
“Spiegatevi meglio.”
E’ Luisa a parlare, lo fa per la prima volta da quando l’ho vista in chat, e non si perde in preamboli.
Quando erano fidanzati si eccitavano molto con piccoli giochi, ma in realtà nessuno dei due voleva condurre, preferendo entrambi essere passivi. Si sono sposati più per ripicca verso i genitori di lui che per reale convinzione e ora stanno entrando in crisi come coppia anche perchè lei è cassa integrata e lui ha solo lavori precari. Hanno difficoltà a pagare affitto e bollette, in poche parole sono quasi disperati.
“Bene ragazzi la situazione mi sembra piuttosto chiara.”
“Lei ha qualche consiglio da darci Signora Serena” mi chiede Luisa con voce speranzosa.
“Più che un consiglio posso farvi una proposta, poi decide voi, ovviamente con calma.”
“Ci dica, l’ascoltiamo.”
“Posso prendervi come mie servitori, vi trasferirete qui da me dove vivrete. Quando parlo di servitori intendo che farete tutto ciò che vi chiedo senza nessuna obbiezione, siano i lavori di casa o soddisfare me o i miei amici. Ogni mancanza sarà punita come meglio credo, ma state tranquilli non ho mai lasciato su nessuno segni indelebili e poi amo metodi più raffinati della frusta. Potrete inoltre andarvene quando lo vorrete, ma una volta usciti non rientrerete più. Sono stata abbastanza chiara o ci sono domande.”
E’ di nuovo Luisa a prendere la parola, ma adesso è molto più calma.
“Vede Signora noi prima di venire da lei dovremmo diciamo sistemare alcune questioni economiche, non sono grandi cifre, ma detta in tutta franchezza non abbiamo un euro.”
“Non c’è problema, vi pagherò i debiti, per me potete trasferirvi anche domani, anto non vi serve molto, anzi in realtà non vi serve niente, ma penso che ne vogliate prima parlare fra voi.”
I due ragazzi si guardano fra di loro, poi lui mi dice che accettano.
“Bene, sono contenta allora vi aspetto per domani.”
“Certo le va bene dopo pranzo ?”
“Sì, solo vi do le mie prime disposizioni, così almeno capite subito cosa vi attende. In casa porterete solo un collare di cuoio, segno della vostra sottomissione, e polsiere e cavigliere sempre in cuoio. Mi chiamerete sempre Signora o Padrona, parlerete solo se ve lo chiedo e non potrete avere rapporti fra di voi. Provvederò al vostro guardaroba se dovrete uscire o se avrò delle visite, non potrete invitare nessuno ne chiamare amici o parenti, da domani in pratica rinascete a una nuova vita dimenticando la precedente.”
“Si Signora io e mio marito accettiamo quanto ci ha detto.”
“Bene Luisa adesso spogliati, voglio vedere come sei fatta, anche se già l’immagino.”
Lei si spoglia, in realtà ha solo un vestitino leggero e dell’intimo da mercato rionale, ma finalmente posso gustarmi la sua bellezza. Mi alzo e comincio a girarle lentamente intorno sfiorandola con le dita.
“Ora spogliati anche tu, vediamo quanto vali come uomo.”
Anche lui si spoglia in fretta e mi mostra il suo cazzo già in tiro per l’eccitazione.
“Non è poi così male, solo che qui non avrai modo di usarlo, ora inginocchiatevi entrambi.”
I mie nuovi servi ubbidiscono subito, quindi vado a sedermi in poltrona.
“Ora venite qui muovendomi come dei cani, cosa che farete sempre davanti a me e leccatemi i piedi.”
Luisa mi mette alla mia destra e il marito a sinistra e dopo avermi tolto i sandali cominciano a leccarmi i piedi.
“Tu servo tira fuori bene le lingua, la devo sentire dalle caviglie alla punta dei piedi sotto e sopra e tu schiava succhiami le dita.”
Anche se inesperti si danno parecchio da fare, anzi sembra che vogliano quasi gareggiare a chi è il più servile.
Quando sento che mi sto eccitando troppo li faccio smettere e li rimando a casa.
“Ci vediamo domani, se volete scopate stasera perchè poi non potrete più.”
“Grazie Signora, grazie di tutto, vedrà che non la deluderemo.”
“Lo spero per voi, ora andate, sono stanca.”
Dalla finestra li vedo andare alla fermata dell’autobus.
Da domani potrò finalmente sentirmi una vera padrona e già non vedo l’ora che il sole sorga di nuovo.

continua......

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 11:56
view post Posted: 5/11/2012, 00:21     Il viaggio più lungo - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Un racconto lungo, scritto bene e molto bello, piuttosto forte, scritto da Mara Mora e che pubblico a puntate
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dungeon



CAPITOLO 1

Giocata

Sbatteva i pugni contro il doppio vetro, ma nessuno poteva sentirla. Lei invece poteva sentire tutto, attraverso gli altoparlanti installati agli angoli della stanza in cui era rinchiusa. Tornò a battere sulla pesante porta blindata, poi di nuovo sui vetri della finestrella. Diamine, non poteva fare nulla.
Quello scellerato di suo marito stava giocando un'altra volta d'azzardo. E, ovviamente, stava perdendo.
Prima l'auto, poi la villa, ora stava rilanciando impegnando l'appartamento in centro.
"Hei! Eeeeeii!!"
Non sentiva. Quel cretino! Senza rimedio.
Di sicuro baravano, forse vedevano le carte da un'altra sala uguale a quella in cui si trovava lei. In ogni modo si stava facendo spennare come un pollo da quei furfanti... Ah, ma l'avrebbero pagata cara! Non avrebbero visto un centesimo, a costo di muovere tutti gli avvocati del foro, li avrebbe mandati a marcire in galera. E suo marito avrebbe avuto subito subito l'interdizione.
Maledì la sua curiosità. Era ovvio che l'avevano lasciata andare in giro a spiare per allontanarla mentre spennavano il marito.
Troppo gentili, troppo amichevoli, troppo diversi dai soliti amici del marito, volgari giocatori dei professione. Invece era stata una serata diversa, una residenza signorile, uomini cortesi ed eleganti, discussioni di viaggi, bizzarri giochi di società, magari un po' stupidi, ma originali. E puliti. Eppure qualcosa le diceva di non fidarsi troppo. Si era insospettita, li aveva lasciati fare, ma a un certo punto si era allontanata per di andare alla toilette, mentre gli uomini parlavano di calcio, e si era messa a curiosare. Voleva vederci chiaro. Fino a quando non aveva trovato quella stanza spoglia, con la finestra tipo candid camera, certamente nascosta dal finto specchio che stava nel salone. E mentre guardava dall'altro lato la pesante porta si era chiusa dietro di lei.
Ora assisteva impotente al marito che si giocava tutto il patrimonio di famiglia.
"L'appartamento è andato" disse l'uomo, posando le sue carte sul tavolo.
Aveva perso di nuovo. Insieme all'appartamento era andata anche l'ultima possibilità di riscattare tutto.
"Come sai ti resta un'ultima possibilità. Sta a te decidere".
Silenzio.
"Ci devi un bel po' di soldi, non so come farai ad appianare il tuo debito. Sai che con certe banche non
si scherza"
"Va bene -rispose - carta"
"Tua moglie contro tutto quello che hai perso?"
"Carta!" ripetè, accennando col capo.
Terrorizzata riprese a battere i pugni sul vetro con tutta la forza che aveva. Suo marito se la stava giocando a carte! Come fosse un appartamento, l'automobile. Se la stava giocando! E lei era chiusa la dentro e non poteva far nulla.
Inutile domandarsi come sarebbe andata a finire. Quel cretino! Quel fottuto bastardo!
"Mi dispiace" diceva l'uomo mentre raccoglieva le carte. Dall'altra parte del vetro lei si sentì mancare.
"Sappiamo che non ti è andata troppo bene, stavolta. Ma sapremo essere comprensivi. Del resto quando sarai titolare dei beni di tua moglie, non avrai più troppi problemi" aggiunse, mentre accompagnava il marito verso la porta.
"Titolare dei beni di tua moglie". Quel bastardo, l'avrebbe pagata cara pure lui. O forse no: un sorriso sinistro apparve sul suo viso, prima di uscire dalla stanza. Poi la luce si spense, e lei rimase completamente da sola, al buio. Continuò a sbattere i pugni contro la porta, fino a quando, esausta, non si accasciò al suolo, e si addormentò.
La guardava attraverso il vetro della finestrella. Oramai era sua.
Era una bella donna di 28 anni, slanciata, gambe lunghe, capelli biondi, fisico atletico, scolpito in regolari sedute di fitness. E ricca. Da sette anni era amministratore delegato unico della ditta di famiglia. Era abituata a gestire il denaro e le persone, in modo sicuro, determinato, spregiudicato. Il marito era uno dei pochi lussi fatui che si era permessa. Era stata una sciocchezza. Debole sul lavoro, e ossessionato da una morbosa passione per il gioco d'azzardo. Non perdeva l'occasione per mostrargli in pubblico il suo disprezzo. Del resto lo faceva anche coi suoi dipendenti, pensò lui. Per anni era stato suo segretario, per anni era stato trattato con sprezzante indifferenza. Si era perfino innamorato, e lei doveva averlo capito, perché aveva iniziato a prendersi gioco di lui, a lasciagli credere di avere delle possibilità, per poi umiliarlo davanti a tutti. Ma ora aveva vinto lui. Ora avrebbe avuto i suoi soldi, ora avrebbe avuto lei. E non avrebbe provato alcuna pietà.
La svegliò di soprassalto la porta blindata che si apriva alle sue spalle. Era notte. La luce improvvisamente accesa la accecava, ma l'ombra che si avvicinava le parve subito familiare: il suo segretario.
"Grazie al cielo, sei tu. Via, andiamo subito via di qui..."
Squashhh! Un potente schiaffo la rigettò per terra, dopo averla fatta rimbalzare sul muro.
"Stai zitta, stronza! Non sei più in condizioni di dare ordini".
Altri due uomini erano apparsi dietro di lui. Le afferrarono i polsi torcendoli fino a farla gridare, ma smise presto: appena accennava un fiato, torcevano ancora più forte. Dovette alzarsi e lasciarsi condurre in silenzio per il lungo corridoio fino ad una stanza. Le chiusero entrambi i posi a delle catene che pendevano dal soffitto lungo la parete, le infilarono in bocca una grossa palla di gomma tenuta a stringhe di cuoio che si chiudevano dietro la nuca, lasciandola imbavagliata.
E lui, il suo dipendente, le si avvicino con un sorriso che non prometteva niente di buono. Le poggiò la mano sul viso. Poi scese per il collo, si poggiò sul seno. Colta dal terrore cominciò ad agitarsi e a scalciare.
"Le caviglie!" disse agli altri due uomini, che le afferrarono rudemente le gambe e le tirarono con forza al lato, facendole così aumentare il peso sui posi, quindi le legarono con brevi catene a due anelli di metallo fissati nel muro.
Ora non poteva davvero muoversi. Si avvicinò di nuovo e rimise la mano sul seno. Non poteva far nulla. Era rossa in viso, e non ci vedeva più per la rabbia, ma non poteva più fare niente.
"Ti dona il bavaglio" fece lui.
La mano affondava sul suo seno.
"E' finito il tempo in cui eri la Signora. E' ora che cominci ad ascoltare. E ad ubbidire agli ordini" iniziò a strizzarle il seno, poi le afferrò il capezzolo, mentre lei lo guardava con odio.
"Perché la tua vecchia vita è finita. Definitivamente. Tra poco sarai morta per il mondo. E se vuoi vivere ancora devi imparare una vita nuova"
E le strinse il capezzolo, tirandolo a se e torcendolo con furia. Ma il suo viso era calmo, freddo, spietato.
"E' venuto il momento in cui i ruoli si invertono" disse sorridendo mentre le sbottonava la camicia, senza fretta, un bottone dopo l'altro.
"Il tuo maritino ti ha giocata alle carte. E ti ha perso. Nessuno ti riscatterà più. Preparati alla tua nuova esistenza".
Aveva estratto un coltellino dalla tasca, e ora le stava tagliando via la camicia, poi il reggiseno, con metodica calma. Aveva un seno non grande, ma sodo e proteso, che si ergeva con impudenza sul ventre liscio e muscoloso.
"Ti sei domandata il perché di quel simpatico gioco di società stasera? Il viaggio dei tuoi sogni, scrivi una cartolina per ogni tappa? Domani partirai. Hai un posto prenotato per le Maldive. Poi comincerai a girare un po', vediamo... quali cartoline hai scritto? ...Mi sembra Messico, poi di nuovo a sud, Guatemala, Costa Rica. Solo che non ci sarai tu su quell'aereo. Ma qualcuno che avrà un gran piacere a fare un viaggio col tuo passaporto. Qualcuno che trova utile viaggiare in incognito, a nome di altri. Qualcuno che spedirà le tue cartoline. Poi temo che qualcosa accadrà in uno di quei paesi, perché non tornerai più. Com'era quella cartolina a tuo marito? 'Ciao bello, non torno più, ho trovato il mio uomo...' Ti sembrava molto spiritoso, vero? Del resto si sa, quando un bella donna arrogante e piena di soldi viaggia da sola, è facile che succeda qualcosa..."
Le stava tagliando via la gonna e gli slip. Ora era completamente nuda di fronte a lui e agli altri due uomini. Contorcersi non faceva che aumentare il suo senso di impotenza, non faceva che esporre ancor più il suo bel corpo. Continuò ad agitarsi finché non si sentì spossata, mentre le mani dell'uomo si impossessavano di lei, un pezzo dopo l'altro.
"Ma vedrai che la tua nuova vita ti piacerà. Ti abbiamo preparato un esordio da stella del cinema. Certo, è un cinema un po' particolare, ma sono certo che sarai molto apprezzata.
Scostò una tenda: dietro c'era un vero e proprio studio cinematografico. Un riflettore si accese abbagliandola e scaldandole improvvisamente la pelle, mentre lui le toglieva, uno dopo l'altro, orologio, braccialetti, collana, orecchini.
"La prima scena potremmo chiamarla L'INTERROGATORIO. Infatti quando ti toglieremo il bavaglio ci darai tutti i codici bancari più le password di accesso ai dati riservati della ditta. Nel frattempo raccoglieremo un bel po' di materiale per un capolavoro da Oscar".
La mano di lui era scesa poco a poco verso il basso, e si era posata sul pube. Non poteva impedirglielo, con le gambe tenute larghe dalle catene. Le afferrò i peli e la tirò in avanti, mentre abbassava il capo a succhiargli un capezzolo. Poi si scostò e fece qualche passo indietro. Si chinò ad aprire una grossa valigia nera, da cui estrasse un rigido e sottile frustino che agitò davanti ai suoi occhi facendo fischiare l'aria, prima di consegnarlo ad uno dei suoi uomini.
"Chack, si gira!" disse allegramente prima di scomparire nell'ombra.

continua ...

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 11:55
view post Posted: 27/10/2012, 09:42     Lo stalliere - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Un altro racconto di Frusta Gentile, dal suo blog (racconto tratto dal Web - Autore Frusta Gentile)
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padrone schiava
L’istruttore ha sollevato la frusta facendola sibilare sul mio culo…
Era da molto tempo che desideravo praticare l’equitazione. Ho atteso la primavera perché con il bel tempo le passeggiate nei campi sono più piacevoli.
E lo stalliere che faceva da insegnante era virile e seducente, nonostante fosse una carogna di prima qualità. Passava tutto il tempo a sgridarmi e a dirmi che non sapevo fare nulla.
E io, ragazzina borghese di 23 anni, ci rimanevo malissimo. Pensavo mi avesse presa di mira. A volte correggeva un cavallo recalcitrante a colpi di frusta e avevo l’impressione, quando nel mentre mi guardava, che avrebbe desiderato fare altrettanto con me. Può darsi che credesse che io praticavo l’equitazione per snobismo, ma si sbagliava
perché io adoro realmente i cavalli. Il loro odore, i corpi possenti, le schiene larghe e i loro musi dolci e lunghi. Per non parlare degli uccelloni degli stalloni, così lunghi e venati che sono per me oggetto di ammirazione, di curiosità, quasi un’ossessione.
Durante la lezione a terra, ogni allievo doveva imparare a nutrire e a curare il cavallo destinatogli. Quando è venuto il mio turno di accudire uno stallone,
ne ho approfittato per ammirare a lungo la sua protuberanza e, essendo sicura di essere sola e non vista, sono arrivata a masturbarmi pensando alla potenza dell’animale e a quel sadico dello stalliere.
Ero talmente assorta guardando quello stupendo esemplare e con la mente a fantasticare, che l’istruttore mi ha sorpresa con le mutandine calate fino alle ginocchia. E’ entrato nel box, la frusta in mano, furioso anche perché non avevo ancora dato la biada al cavallo. Di colpo mi ha segnato le natiche esposte e nude con la frusta. E che male. Ho gridato, ma i miei lamenti sono serviti solo ad eccitarlo maggiormente. Ha continuato con più foga. Poi mi ha afferrata per i capelli premendomi la faccia contro la schiena dello stallone.
“E’ solo il loro grosso cazzo che ti interessa nei cavali, razza di troia! Io l’avevo capito!”, ha urlato. “Se è solo questo che ti serve, ti accontento subito”.
Ero morta di umiliazione e completamente paralizzata dalla paura, al punto da restare prigioniera nelle sue mani senza reagire. Mi squadrava con una smorfia di disgusto, il suo fiato sul collo, il suo corpo aderente il mio. Poi ha ammirato il mio culo arrossato, mi ha obbligata a chinarmi sempre tenendomi per i capelli, proprio all’altezza della verga a riposo dell’animale.
“Allargati il culo con le mani”, mi ha ordinato, e io ho eseguito come in trance.
Allora ho sentito il pomello del manico della sua frusta premermi contro l’ ano. Era di metallo, arrotondato come un proiettile. Il suo contatto era freddo contro la mia rosetta stretta e asciutta. L’uomo l’ha fatto scivolare improvvisamente nella mia vagina già umida, rigirandolo dentro. Siccome continuavo a tacere e non reagire, lo ha tirato fuori e senza tanti riguardi me lo ha infilato nel culo. Mi sono sentita umiliata, sull’orlo del pianto, ma con una sensazione di turbamento. Non sapevo se attribuirla alla mia masturbazione precedente o alla mia posizione attuale. Lo stallone cominciava ad innervosirsi dentro il suo box. Era girato verso di me e all’improvviso sbandierava un’ erezione formidabile. Il muso vicinissimo al mio viso mi soffiava il suo alito caldo negli occhi. Per un attimo ho temuto che mi volesse mordere. Lo stalliere si è calato i pantaloni mostrandomi il suo cazzo, che per essere quello di un uomo, era enorme.
“Prendilo in bocca, troia! Questo sarà il tuo morso!”.
Mi ha preso la testa con le mani spingendomela fino a sprofondare il suo randello quasi in gola e tirandolo indietro ogni volta fino al glande. Dentro al culo sentivo pendere la frusta e il sentimento di umiliazione, di essere tratta così e magari vista dagli altri, lasciava pian piano il posto a una sensazione struggente che si allargava in tutto il ventre. Quel porco si masturbava con la mia bocca, e mi piaceva. Si serviva totalmente di me per il suo piacere e nonostante tutto io cominciavo a prenderci gusto. Quando pensavo
fosse sul punto di godere, si è ritirato dalla mia bocca, mi ha girata prendendo il posto della frusta nel mio culo, infilandomi brutalmente.
Fortunatamente mi aveva già ben dilatata. Mi ha inculata a lungo, mentre chinata avevo a pochi passi, davanti agli occhi e ballonzolante, il membro dello stallone che mi esibiva tutta la sua erezione di una cinquantina di centimetri. Quando lo stalliere mi ha sborrato nel retto, ho quasi temuto, o forse sperato, che lo stallone facesse altrettanto inondandomi la faccia. Ma ho sentito solo il liquido caldo inondarmi le interiora, per poi debordare scivolando lungo le cosce. Senza aspettare mi ha rimesso il cazzo in bocca
perché succhiassi le ultime gocce di succo e lo ripulissi per bene con la lingua. Dopodiché mi ha chiesto di tenere la bocca spalancata. Non ho afferrato subito le sue intenzioni che erano quelle di pisciarmi in bocca e sul viso. Ha svuotato la sua vescica sui miei capelli e nel collo della camicetta. Ho visto il liquido giallastro cadere sulla paglia e mescolarsi all’urina del cavallo.
Dopo tutto questo mi ha ordinato di occuparmi del cavallo e di ripulire. E se ne è andato.
Da allora, ogni giorno di lezione, due volte a settimana, prima di andarmene ha preteso da me che facessi una passeggiata a cavallo con lui nel bosco. Ogni volta ci fermiamo in un angolo che piace a lui. Dopo aver legato i cavalli mi scopa come la prima volta, con la frusta, gode nel mio culo e mi orina addosso.
Però mi ha autorizzata a masturbarmi se lo voglio. Non mi ha mai degnata di una carezza né mi ha mai mostrato un po’ di affetto. Ma la nostra relazione mi ha
fatto scoprire il piacere della sottomissione, coi cavalli e gli alberi come soli testimoni. Mi tratta come una bestia e io lo considero il mio Padrone

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 13:29
view post Posted: 29/9/2012, 02:14     SADO GDR - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Questo racconto è stato scritto da Anita Rebelle e si trova pubblicato a puntate anche sul suo blog.
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PARTE 1

maledom
Specchiandomi sul vetro di un antico quadro accanto all’entrata, stavo ammirando i miei codini, quando Marcus mi prese un braccio e mi fece girare verso di sé. Mi sistemò la divisa spingendo su il corpetto ben sotto le tette con tanto vigore da farmi quasi perdere il contatto col terreno. Sembrava avessi due bocce da bowling al posto del seno.
«Basta così!» mi lamentai.
«Fai la brava, vedi di non farmi fare brutta figura signorina, o te le suono. E tieni la posizione.»
Misi le mani dietro la schiena afferrandomi i polsi e aprendo un poco le gambe.
Lui allungò una mano davanti al mio viso. «Sputa.»
Chinai leggermente il capo e lasciai cadere la cicca nel suo palmo.
Dall’altra parte della stanza l’uomo che stava parlando al telefono depose la cornetta. «Mi scusi per l’attesa Marcus, venga pure avanti.»
Non mi mossi, il preside North era un uomo capace di incutermi timore con uno sguardo.
Marcus mi prese per mano e dovetti seguirlo fin davanti alla grande scrivania.
I due uomini si scambiarono una stretta studiandosi, Marcus era più alto e imponente, ma il Signor North dimostrava qualche anno di anzianità e quindi di esperienza in più, oltre ad avere una faccia dai lineamenti duri che non prometteva niente di buono. Entrambi erano vestiti in abiti coordinati ed entrambi emanavano un fascino autoritario.
Ci accomodammo sulle due poltroncine, non appena feci per afflosciarmi sullo schienale lo sguardo di Marcus mi riprese con un’occhiataccia facendomi scattare subito sull’attenti, schiena dritta, gambe scostate e mani sulle ginocchia.
«A cosa devo la sua visita, Marcus?» North non si diede nemmeno la pena di salutarmi.
«Vorrei sapere come procede l’addestramento. Spero che Jasmine sia in grado di soddisfare i miei ospiti in toto alla prossima festa che terrò.»
Solo allora il preside si degnò di rivolgermi lo sguardo, istintivamente abbassai il mio sulla biro d’oro con la quale stava giocherellando, facendola battere ritmicamente sul piano di legno lucido.
«Mi piacerebbe poterle dire che tutto procede in modo ottimo e tranquillizzarla. Per la verità Jasmine è una buona alunna, si applica al meglio delle sue possibilità nell’esposizione orale, nelle lezioni di portamento e disciplina e negli altri corsi da lei richiesti.»
«Ma?»
«Ma temo di doverle dire che c’è un problema di diversa natura.»
Problema? Non mi era dato di parlare in presenza di North, mi limitai a subire il suo furbo sorriso.
«Problema?» Marcus fece eco ai miei pensieri. «Di cosa si tratta?»
«Glielo mostro e capirà subito.»
North si alzò e ordinò anche a me lo stesso. «Assumi la posizione di ispezione, Jasmine.»
Ci siamo. Pensai. Non perde tempo.
Appoggiai le mani alla sua scrivania, e mi piegai in avanti divaricando le gambe di quasi un metro.
«Di più» fece, picchiettando con le dita sulle mie cosce.
Mi portai più indietro con i piedi.
«Di più» insistette.
Santo cielo, Marcus mi avrebbe fulminato per non aver saputo mettermi subito come mi era stato richiesto.
Divaricai le gambe, premetti il seno sulla scrivania e alzai il culo ben bene, inarcando la schiena. Non potevo espormi più di così.
North approfittò dell’apertura sul retro della mia minigonna e me la portò ai fianchi, premette il palmo sul mio monte di venere spingendo il mio bacino ancora un poco più su, facendomi sollevare sulle punte.
A quel punto strappò le mutandine di carta che indossavo, tipo quelle usate nei centri di bellezza. Il preside trovava pratico che le allieve ne facessero uso, in modo da potersene disfare in qualsiasi posizione con estrema facilità.
Nuda sotto i loro sguardi mi sentivo fremere di voglia.
«Per il suo sesso passi pure, da quella parte tutti i santi aiutano. Il problema che l’istruttore di Janet ha riscontrato portandolo alla mia attenzione è qui. Lo vede anche lei?»
Allungai la testa per capire di che diavolo stessero parlando. Il mio Padrone si avvicinò al mio posteriore mettendosi le mani ai fianchi. «Lei dice?»
Oh no… era contrariato.
«Apriti.» Mi ordinò il Signor North.
Nella maniera più umiliante posai le mani sulle natiche e mi resi ancora più vulnerabile.
North non ci era mai andato giù così pesante fin da subito.
Prese qualcosa da un cassetto della scrivania, il mio cuore cominciò a cambiare ritmo. Sapevo che era soltanto uno stupido gioco di ruolo, che avrei potuto interrompere per qualunque motivo, ma io, come i miei amici, mi ero calata in profondità nella parte e non mi passava nemmeno per la testa di poter agire in modo diverso. Ogni componente del nostro gruppetto si immedesimava appieno, per questo funzionava tanto bene.
Proprio perché mi ero scelta la parte dell’alunna di una scuola di addestramento per schiave di cui North ne era l’ipotetico proprietario, ero stata lasciata all’oscuro dei dettagli e della durata del gioco. Dicevano che così sarebbe stato più divertente per loro e più realistico per me e avevano ragione.
Sentì il gel freddo sul mio sfintere, la biro con cui North giocava incontrò una piccola resistenza iniziale e poi scivolò dentro, estranea, fredda, rigida e del tutto impersonale, fatta solo per umiliarmi. La ritirò e mi profanò con un dito scivolando fino alla prima nocca. «Provi lei stesso.»
Marcus spinse l’indice nel mio sedere. «È stretta.» Sembrò un’accusa. «Apriti di più, Jasmine.»
E come?
«Non è del tutto colpa sua, come le ho detto la ragazza studia e si applica.»
«Allora è colpa vostra.»
«Non tragga conclusioni affrettate, Marcus. Lei ci ha affidato Janet soltanto da poco, il nostro programma è tra i migliori per la formazione che lei ha richiesto. È solo che non possiamo prestarle attenzioni particolari, ma sono sicuro che con qualche premura in più si possano ottenere risultati strabilianti.»
Ma cosa si sono inventati? Stanno delirando…
Marcus fece ruotare l’indice viscido in tondo contro la circonferenza del mio buchetto e io mi sentii sciogliere come una gatta in calore.
È lo stesso, delirate quanto volete, ma prendetemi.
Ero prostrata e tesa, pronta a essere fottuta in qualunque modo volessero, i loro sguardi e le loro illazioni su quanto fosse stretto il mio ano non facevano che mandarmi su di giri.
«Ora le mostrerò una cosa.» North prese il telefono e compose due numeri. «Togli Pamela dalla macchina, ricomponila e portamela qui.»
La macchina, non era altro che un aggeggio di loro malefica invenzione con un fallo artificiale in continuo movimento.
Marcus scese con il dito lungo il perineo fino al principio della spaccatura della mia passera. «Con il sesso ha detto che non c’è problema vero?»
«Beh certo, per le prestazioni convenzionali non c’è problema.» North prese un petalo del mio fiore tra due dita e cominciò a tirare. «Non le piacerebbe adornarla?»
«In che senso?»
«Con anelli, o semplicemente pinze gioiello. O magari possiamo effettuare iniezioni di una soluzione salina per darle più spessore e offrire ai suoi ospiti una vista insolita.»
Oddio, che cosa?!
«Ti abbiamo forse detto che puoi cambiare posizione? Rimettiti le mani sulle natiche e tienile ben aperte!» Marcus mi sgridò e mi colpì con una pacca rendendomi subito ubbidiente. Tastò l’orlo delle grandi labbra. «Quale effetto avrebbe l’iniezione sulla schiava?»
Distrattamente le loro dita analizzavano la mia passera palpeggiandola e strattonandola. Mi mossi pianissimo perché non riuscivo a stare ferma, sperando ardentemente che non se ne accorgessero.
«È una procedura il cui effetto dura soltanto per qualche ora. Per l’uomo è piacevole alla vista, al tatto e aggiunge un simpatico sfregamento durante la penetrazione. Mentre alla schiava dona un’ipersensibilità e la rende estremamente cosciente del suo sesso concentrando le sue sensazioni in quel punto.»
«Penso che per il momento mi manterrò sulle pinze gioiello. Può mostrarmene alcune?»
«Ce ne sono delle più svariate tipologie. Ma per caso ne ho giusto un paio nella mia scrivania.»
Ma guarda il caso…
North fece il giro del tavolo. «Jasmine, assumi la posizione di ispezione profonda.»
Scesi dalle punte e mi drizzai in piedi troppo velocemente, mi girò un poco la testa. Marcus mi prese per un braccio e mi guardò preoccupato. “Tutto bene?” sembrò dirmi con gli occhi, “Sicura di voler continuare?”
Annuii rassicurandolo, volevo andare avanti.
«Dove mi vuole, Signore?» Se non altro chiedere spiegazioni agli ordini impartiti era permesso.
North fece spazio sulla sua scrivania e io mi ci stesi tenendo sollevata la gonna, usai l’apertura sul davanti per scoprirmi totalmente. Piegai le gambe avvicinandole al busto e poi le spalancai più che potevo. Le mie mani afferrarono il lato opposto del ripiano e i miei occhi si chiusero. Non mi sentivo pronta a vedere i loro volti famelici che scrutavano la mia intimità.
«Le confido che questa è la posizione che preferisco.» North sbatté il cassetto della scrivania facendomi sussultare. «Mi affascina sempre essere testimone del modo in cui le schiave ci offrono ciò che hanno di più prezioso.»
«È il loro dovere» osservò schietto Marcus, accarezzandomi il ventre appena sotto all’orlo del corsetto.
«Certo che lo è, però non tutte sono tanto accondiscendenti… non all’inizio almeno.» North si mise precisamente davanti a me. «Ecco qui ciò che mi ha chiesto. Queste pinze, ad esempio, hanno degli eleganti zirconi rosati.»
Mi fece richiudere un poco le gambe e fissò due elastici ornati di brillantini a mo’ di giarrettiera, il più vicino all’anca possibile.
«Ahi!» All’improvviso sentii un’ape pungermi e chiusi le ginocchia.
«Jasmine è ancora inesperta per questo. Quando avrà finito il corso, conosciuto e sperimentato i nostri giocattoli, le prometto che non le darà questo tipo di fastidi. Ma per adesso la tenga, per favore.»
Marcus mi prese le ginocchia e le scostò un poco, tenendole saldamente durante la seconda puntura che non era altro che il morso della pinzetta.
«Fatto. Riprendi la posizione ora, Jasmine.»
Aprii le gambe e sentii le pinzette tirare indegnamente a causa degli elastici con cui erano agganciate alle cosce.
North era soddisfatto. «In questo modo, ogni volta che le ordinerà di allargare le gambe la troverà aperta. Non lo trova pratico?»
«Davvero interessante. Penso che potrebbero servirne di simili per i capezzoli per via di mantenerli turgidi.» Marcus forzò più giù le ginocchia per tendere di più le mollette e io mi aggrappai più forte al tavolo.
North invece intrufolò le dita nel mio corsetto e prese un capezzolo saggiandone la consistenza. «Lei è un intenditore, Marcus.» Tirò in modo che il mio seno sbordasse dal pizzo rosa. «Ti piacciono queste pinze, Jasmine?»
Aprii gli occhi e vidi il viso di North con la sua barba incolta, i capelli e gli occhi più neri di un pozzo senza fondo, aspettare soltanto che io dicessi no. Sapeva che non mi piacevano, ormai mi conosceva troppo bene e sapeva che le trovavo volgari e fastidiose, ma non gli avrei dato quella soddisfazione.
«Se piacciono al mio Signore…»
«Mettiti seduta e guardati tra le gambe» disse Marcus, «e mi dirai se non sono deliziose.»
Mi misi a sedere sulla scrivania e vidi le piccole mollette fermate agli elastici con due minuscoli nastrini di raso rosa; erano davvero più piccole di quanto mi fossi immaginata per essere così odiose.
Marcus ne prese una tra le dita e tirò dolcemente. Il mio mugolio sommesso di piacere e dolore venne interrotto da un deciso bussare di tre colpi.

(continua)

Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 13:25
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