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L’Isola aveva una forma grosso modo ad U. La parte lunga orientale, rivolta verso la terraferma, era molto scogliosa ed attraccare da quella parte era pressoché impossibile. Nella parte meridionale, la costa si abbassava e gli scogli non rappresentavano un pericolo. Lì era stato costruito un pontile, ma c’era un secondo attracco, all’interno di una specie di antro scavato dal mare, dove, fra l’altro, erano state ricavate alcune celle per l’imprigionamento degli schiavi in transito. Le Dominatrici, infatti, avevano previsto che le loro vittime passassero lì altro tempo, in condizioni molto gravose, prima di essere ammesse in superficie. Nuovamente la costa si rialzava nel tratto occidentale, verso il mare, mentre all’interno della c’era una specie di laguna, con le rive degradanti nell’acqua. L’Isola non aveva grandi dimensioni, ma non era nemmeno minuscola. Soprattutto, aveva il pregio di essere completamente disabitata, cosicché le Signore avevano potuto acquistarla per intero e popolarla a modo loro, e di avere un territorio che consentiva di escludere ospiti e sguardi indiscreti. Dal mare si vedevano solo gli scogli e le coste, senza appigli. Le rupi esterne, coperte di vegetazione dalla sommità, impedivano di intuire cosa ci fosse nell’altro versante. La baia interna aveva un accesso molto stretto, e non transitabile da natanti. Solo dall’alto, si potevano vedere gli edifici e le opere che erano in corso di costruzione, ma si trattava di strutture molto semplici, del tutto normali per un piccolo villaggio turistico privato. In sostanza, era solo sbarcando sull’Isola, che si aveva modo di capire quale genere di mondo avessero organizzato lì le Dominatrici. Lady Susan si godeva il sole e l’aria frizzante seduta sul veloce motoscafo che solcava il breve tratto di mare dalla costa all’Isola. Alla guida del natante c’era Lady Prinz, con i capelli mori al vento ed i seni pieni e sodi sotto la maglietta. Le altre passeggere erano Lady Lycia, alta e magra, che portava un corpetto attillato e pantaloncini di pelle neri, e Lady Dana, che, come al solito, preferiva indossare uno spolverino grigio scuro col quale copriva le sue forme, tutt’altro che longilinee. La bionda Lady Susan, da parte sua, aveva messo un pullover per ripararsi dall’aria, dato che, forse anticipando la stagione, era salita sulla barca in bikini. Sembravano un gruppo di amiche in gita e difficilmente si sarebbe potuto immaginare che, sotto coperta, trasportavano cinque schiavi, tra cui F, nudi ed incatenati, destinati a rinfoltire le schiere delle vittime che già erano state incarcerate all’Isola, la terra privata dove regnavano le Dominatrici. I cinque erano stati stipati nello spazio ristretto sotto la tolda, stesi quasi l’uno sull’altro. Lady Susan li aveva visti scendere dal furgone ed essere spinti dentro il motoscafo, stupendosi di come potessero stare in quell’angusto ed improprio bagagliaio. Erano visibilmente stremati, sporchi e sudati, dopo aver atteso nel camioncino per oltre mezza giornata, sotto il sole. Certamente erano affamati ed assetati, dato che il loro viaggio era iniziato molto prima, e lo avevano dovuto affrontare in piedi, immobilizzati dalle catene, appesi per i polsi e imbavagliati, schiacciati l’uno contro l’altro, proprio come si addiceva a degli schiavi di infimo livello. Lady Prinz, gli aveva subito spiegato che all’Isola avrebbero trovato un trattamento estremamente duro, a base di pesante lavoro forzato, torture ed umiliazioni. Non aveva detto molto di più, ma quello che aveva illustrato, era più che sufficiente per eccitare le tre ospiti, da poco entrate nel giro delle Signore ed ansiose di sperimentare il regime di dominio assoluto che vigeva nell’Isola.
Pregustando il piacere di quella lunga vacanza, Lady Susan vide la costa avvicinarsi. Lady Prinz, descrivendo la geografia del luogo, disse che sarebbero entrate dalla parte interna; infatti, ignorò il pontile in cemento, la cui parte verso la riva era bloccata da un grande cancello con inferriate ed alte punte acuminate, per puntare alla caverna naturale lì a fianco. Si tratta - spiegò brevemente - di un attracco realizzato centinaia di anni fa dai pirati locali. Abbiamo cominciato i lavori sull’Isola con questo restauro. Col primo gruppo di schiavi, abbiamo ripristinato l’accesso e la scala interna, che porta in superficie. Inoltre, abbiamo ricavato qui sotto quelle celle di cui vi parlavo: vedrete che sono molto funzionali.
La grotta non era particolarmente grande, giusto quanto bastava per tenere al suo interno il motoscafo in arrivo, ed un fuoribordo più piccolo attraccato lì. Il molo era un marciapiede di cemento, evidentemente appena costruito, che seguiva il perimetro dell’antro per quasi due terzi. Alla fine, dalla parte opposta a quella in cui era arrivato il motoscafo, degradava con alcuni gradini fin sotto il livello dell’acqua. E proprio lì, scavate nella roccia, c’erano due specie di piccole grotte, chiuse da grosse inferriate. Ad attendere l’arrivo di Lady Prinz e delle sue tre ospiti, c’erano due Signore, che indossavano bustini di pelle, mutandine e sabot. Entrambe portavano i cinturoni, con appesi manganelli e fruste di varia foggia. Costoro accolsero con grande entusiasmo le nuove arrivate e, ancor di più, sembravano smaniose di prendere in consegna la “merce” trasportata. Sollevato il portellone della tolda, fecero uscire i cinque schiavi incatenati che immediatamente rabbrividirono, sia per lo sbalzo di temperatura, dato che nella caverna c’era molto più fresco che sul mare, sia sicuramente per il panico. Infatti, per quanto potessero essere arrivati fin lì consenzienti e consapevoli, era inevitabile per chiunque, provare paura davanti alla prospettiva di trovarsi alla completa mercè di Aguzzine tanto crudeli. Ogni schiavo portava un bavaglio, formato da una sfera metallica infilata in bocca, tenuta ben stretta da un anello di ferro, stretto dietro alla nuca. Avevano i polsi ammanettati sul davanti, attaccati ad una bardatura di ferro, che stringeva i fianchi e, come una bizzarra cintura di castità, imprigionava pene e scroto come una morsa, per poi passare fra i glutei, spingendo negli ani delle vittime ingombranti penetratori. Alle caviglie, avevano altri anelli metallici, uniti da una corta catena, che obbligava a camminare a piccoli passi. Le due Aguzzine li fecero schierare con le spalle alla parete rocciosa, per esaminarli rapidamente. Tre di loro erano discretamente alti ed apparentemente atletici, uno era abbastanza sovrappeso, mentre F aveva un aspetto più malconcio. Tutti erano stati rasati e depilati, in modo quasi totale, e anche i capelli erano rasati a zero, segno sicuro dell’essere stati per tempo preparati alla loro sorte. Le loro parti sessuali, infine, erano striminzite e costipate, a causa dei morsi metallici che avevano dovuto portare fin dall’inizio del viaggio.
- Come vi ho già spiegato - disse Lady Prinz rivolta alle sue ospiti, questi animali adesso passeranno alcune ore in quelle celle che vedete laggiù. Ne metteremo tre in una, e due nell’altra, bene stretti fra di loro, come dei frocetti. Vedete che le celle sono per una buona metà sott’acqua, in modo che il freddo li geli per bene. Si frolleranno quanto basta, per iniziare degnamente il loro soggiorno sull’Isola. Sogghignando per la spiegazione, le due Aguzzine, agitando i manganelli, fecero camminare i cinque schiavi fino alla fine del marciapiede. Per metterli nelle celle, anche loro dovettero scendere i gradini, e mettere i piedi a bagno nell’acqua fredda. Le celle, però, avevano il pavimento molto più profondo, tanto che gli schiavi si trovarono con l’acqua a metà pancia. I primi tre furono stipati nella loro nicchia, che li conteneva a stento, con i polsi attaccati ad un gancio nella parete. F e l'altro, trovarono identica collocazione nella seconda cella. - Più tardi - aggiunse Lady Prinz, salirà la marea, cosicché saranno in ammollo fino alle spalle. Abbiamo calcolato la profondità del pavimento, proprio perché il livello di immersione fosse sempre adeguato. Ovviamente, se ci fosse una mareggiata, l’imprigionamento qui sarebbe molto pericoloso, ed in tali casi ci tocca escogitare qualche altro sistema, per preparare gli schiavi alla loro sorte. Per quanto riguarda la sicurezza, comunque, non c’è nessun problema, perché anche dopo che saremo uscite da qui, resterà una telecamera a controllare la situazione e registrare ogni cosa.
Chiuse le celle, le due Aguzzine si asciugarono i piedi, e tornarono dalle amiche. Tutte insieme, le cinque Signore imboccarono un pertugio, chiuso da una porta sprangata, che dava su una scalinata scavata nella roccia, tetra e buia. Percorsero in silenzio il passaggio, finché uscirono all’aperto, da una specie di pozzo in mezzo ad un boschetto. Da lì erano già protette alla vista dal mare, e dinnanzi a loro, come disse Lady Prinz, si aprivano le meraviglie dell’Isola. Lady Prinz guidò le tre ospiti verso una carrozza trainata da sei robusti schiavi, nudi tranne che per le bardature e le catene che li tenevano attaccati al veicolo. Le quattro Dominatrici si accomodarono a bordo e Lady Prinz con una lunga frusta fece partire la bizzarra pariglia. Gli schiavi portavano minuscoli sandali allacciati con fibbie, che permettevano loro di percorrere a passo veloce il vialetto sassoso ed irregolare, in leggera salita. Il peso della carrozza e delle passeggere non consentiva una corsa veloce ma Lady Prinz, a suon di nerbate, indusse gli schiavi ad accelerare più che potevano. Terminata la salita la strada si trovava in mezzo alla striscia di terra che costituiva la parte sud dell’Isola: si vedeva il mare sia da una parte che dall’altra ed era decisamente uno spettacolo naturale gradevole. Le Signore, comunque, non si interessarono molto al panorama poiché dopo poco incontrarono lungo la via un gruppo di schiavi, nudi ed in catene, che attirò la loro attenzione. Con attrezzi rudimentali, diretti a frustate da una Signora, stavano sistemando il viale mettendo giù pietre e terra.
Lady Prinz fece rallentare la carrozza e, rivolta alle ospiti, spiegò. - Queste bestie – disse – ci servono per svolgere i molti lavori necessari all’Isola, per renderla funzionale ed accogliente. Vi farò vedere come trattiamo gli schiavi qui: devono sopportare un regime di vita molto severo, segnato da lavoro pesante, torture, patimenti e privazioni. Cibo ed acqua sono razionati, il riposo è scarsissimo, e dopo ore di fatica, le nostre vittime devono servirci come trastullo per i nostri capricci. Lady Susan, a vedere quegli uomini nudi, costretti al lavoro forzato, si sentì furiosamente eccitata. Lady Prinz se ne accorse e sogghignò. - Mi piace la tua reazione - commentò. Già da stasera avrete la possibilità di usare qualche vittima e confido che saprai dimostrare adeguata crudeltà nell’infliggere patimenti. Corroborata da quell’incitazione, Lady Susan, assicurò la Signora che sarebbe stata all’altezza della situazione. Lady Dana e Lady Lycia, per non essere da meno, si unirono a lei nel garantire che sapevano cosa fare degli schiavi loro affidati. Con un nuovo sonoro colpo di frusta, Lady Prinz fece riprendere velocità agli schiavi e la carrozza riprese la corsa verso quello che era il piccolo centro dell’Isola. Arrivarono, infine, a destinazione. Lady Prinz fece fermare il veicolo in uno spiazzo su cui si affacciavano un paio di edifici in pietra, qualche baracca ed altri fabbricati in costruzione. Il tutto era nei pressi di una piccola spiaggia che dava sul golfo interno dell’Isola. In giro c’erano un paio di squadre di schiavi che stavano costruendo le nuove strutture. Lady Prinz lasciò che le ospiti si facessero un’idea del lavoro delle vittime, poi le invitò ad entrare nell’edificio principale, che aveva l’aspetto di una villa padronale. All’interno c’era una gradevole aria fresca, frutto delle spesse mura in pietra con cui la villa era stata costruita.
- Questa - spiegò Lady Prinz, era una struttura che già esisteva ma abbiamo dovuto lavorarci molto per ampliarla e renderla funzionale… fortunatamente non abbiamo problemi di manodopera, perché abbiamo addestrato gli schiavi a diventare bravi muratori, naturalmente a suon di frustate e pesanti punizioni! Le condusse in un’ampia sala, e qui le quattro Signore poterono accomodarsi su poltrone e divani. Subito comparvero due schiavi nudi, entrambi con il membro intrappolato in un cilicio, che portarono bevande e bicchieri. - La struttura è ancora un po’ rustica - commentò Lady Prinz mentre sorseggiava il suo calice di prosecco, ma cerchiamo di non farci mancare qualche comfort. In effetti anche noi Signore siamo qui per lavorare, perché bisogna dirigere e sovrintendere le opere per la realizzazione dell’Isola secondo i progetti, ma c’è anche modo di svagarsi. Con l’abbondanza di vittime a disposizione abbiamo materiale adeguato per trastullarci e sono sicura che anche voi vi troverete a vostro agio. Proseguì, poi, descrivendo l’andamento dei lavori e l’entità dei progetti. Spiegò come erano organizzati i massacranti turni di fatica e tortura degli schiavi e l’impegno delle Dominatrici nel sorvegliarli. Le tre ospiti erano sempre più eccitate dalla spiegazione di Lady Prinz. Pendevano dalle sue labbra e insieme smaniavano per potersi divertire ai danni delle vittime che sarebbero state loro affidate
(continua)
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