Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

Posts written by -triskell-

view post Posted: 27/2/2024, 11:20     I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Finalmente le due Aguzzine ritennero di concedere agli schiavi un minimo di riposo e di sussistenza.
Fu Miss Sammy che si occupò di loro, mentre Lady Lycia seguiva l’altra squadra al mulino.
F e gli altri due, furono fatti inginocchiare davanti ad un incavo nel pavimento, una specie di scolo, nel quale Miss Sammy versò un liquido brodoso, miscelato ad una poltiglia di colore scuro.
- E’ la solita sbobba - commentò sogghignando, che serve solo a farvi recuperare qualche energia. Un po' di brodo vegetale, sali minerali, ricostituenti sintetici, pane vecchio, erbe ed avanzi. Il vostro stomaco non merita altro e, come già sapete, il cibo che vi viene somministrato serve solo a tenervi in piedi, non a sfamarvi, e tantomeno a darvi piacere.
La spiegazione dell’Aguzzina era assolutamente inutile. Bastava vedere il cibo nello scolo, per rendersi conto di quanto poco invitante fosse. Del resto non c’erano alternative, e le viscere dei poveretti reclamavano qualcosa.
Così, non appena Miss Sammy diede il segnale, i tre si chinarono per lambire ciò che potevano.
F, a testa bassa e senza potersi aiutare con le mani, ingoiò qualche pezzo solido che sembrava pane. Il sapore era amaro e salato, e la consistenza era gommosa.
Trangugiò senza troppo masticare e sorbì il liquido, con lo stesso fastidioso sapore. Bevendo, sentì in bocca polvere, terra e altre porcherie, che non sapeva se venssero dal pavimento o facessero parte della bizzarra ricetta delle Torturatrici.
Ingoiò anche qualche grumo d'erba, dei mozziconi di sigaretta e delle altre poltiglie semi solide, che vagavano nella sbobba.
Come lui facevano gli altri due schiavi, e così, in poco tempo, insieme finirono il pasto, leccando, su imperioso ordine di Miss Sammy, anche il grezzo pavimento, su cui la brodaglia era stata versata.
Dopo il momento dell’alimentazione fu concessa agli schiavi la possibilità di avere un certo riposo, grazie ad un sistema di incatenamento meno severo di quello sperimentato in precedenza.
f fu fatto sedere nella fossa, sempre con le gambe aperte, ma stavolta gli fu messo alle spalle un sostegno, sul quale poteva appoggiarsi.
Non gli fu incatenato il collare, e le braccia furono ammanettate dietro al sostegno, ma potendo toccare il pavimento. In questo modo, seppure scomodamente, avrebbe potuto dormire un poco.
- Per evitare un riposo eccessivo - precisò Miss Sammy, mentre armeggiava con cavi collegati agli otturatori anali, riceverete saltuarie scosse elettriche nel culo. Non saranno scosse particolarmente gravose, e saranno sufficientemente distanziate, in modo da risvegliarvi di tanto in tanto. Comunque il timer consente periodi adeguati, per permettervi qualche decina di minuti consecutivi di sonno.
Dicendo ciò come se fosse una grande fortuna per le vittime, la Dominatrice finì di sistemare l’apparecchio, quindi si allontanò.
Tutto sommato, F ebbe modo di dormire un po’.
Le prime scosse nel culo, non troppo forti, lo colpirono dopo una mezz’ora. quindi si susseguirono ad intervalli compresi fra venti o trenta minuti.
Sempre con lo spettacolo del mulino davanti e con le viscere ingolfate dal sapore dell’ignobile poltiglia mangiata, riuscì a trovare un minimo di riposo, necessario per affrontare il successivo turno di lavoro.

Applicati al mulino, per F e gli altri due schiavi, iniziò di nuovo e per la terza volta il supplizio di quella estrema e penosa fatica, pesante sia per il fisico che per la mente ottenebrata dalle infinite sofferenza ed umiliazioni.
Scopo del lavoro sotto tortura era far perdere agli schiavi ogni cognizione di sé e del tempo.
Ciò era facilmente intuibile da F, che a quel punto, non si sentiva minimamente in grado di opporsi al disegno delle Dominatrici.
Portò a termine, fra atroci patimenti, il turno ed ebbe poi la possibilità di riposarsi un po’, per ritrovarsi, subito dopo, ancora incatenato al mulino, fino alla fine di quella giornata, di cui non aveva più una chiara comprensione.

(continua)
view post Posted: 26/2/2024, 12:00     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Il successivo turno di riposo, fu per F tutt’altro che distensivo.
Mis Sammy, dopo averlo staccato per ultimo dal mulino, lo consegnò a un’altra Dominatrice, Lady Lycia, che nel frattempo era sopraggiunta.
La nuova Signora era alta, alquanto magra, ed aveva una fluente chioma nera arricciata. Anche lei, come Miss Sammy, indossava un costume da bagno nero, molto sgambato, con stivali alti e guanti lunghi, oltre al solito cinturone con manette, catene, lucchetti e fruste.
Lady Lycia Mise un guinzaglio al collare di F, e lo fece mettere in ginocchio per poi trascinarlo in un angolo dell'androne. Nel mentre Miss Sammy curava la preparazione dei tre schiavi al lavoro e poi riportava gli altri due nelle loro fosse.
Lady Lycia, dunque, mise in piedi F e gli fece alzare le braccia, per attaccarle ad una catena sopra la sua testa.
Azionando un argano, l’Aguzzina lo tirò su fino a sospenderlo, in modo che i suoi piedi non toccassero terra.
Quindi usò altre catene attaccate alle cavigliere, per tenergli le gambe divaricate, ed a quel punto, F era già collocato in maniera che, inequivocabilmente, lo esponeva ad imminenti supplizi.
La Dominatrice, con flemma esagerata, gli prese in mano il sesso, stringendogli intorno alla base una specie di piccola cinghia in cuoio, che si chiudeva con dei piccoli ganci. Quindi gli sollevò la pelle del prepuzio, e gli applicò una piccola molletta in metallo, molto stretta, tanto da provocare subito un forte dolore.
Malgrado quella sofferenza, e nonostante la cinghia che rallentava la circolazione del sangue, F si rese conto che il suo pene si stava inturgidendo per il contatto con la mano guantata dalla Signora. Costei sembrò soddisfatta della reazione dello schiavo, tanto che gli strinse un po’ di più l’uccello, muovendolo come per accennare un inizio di masturbazione.
- Non credere che ti sia concesso qualcosa di più - disse ad un tratto, levando la mano. Ora ti somministrerò alcune scosse elettriche molto violente … così sentirò le tue urla!

Già l’annuncio era sufficientemente inquietante, ed F, senza poter in alcun modo sottrarsi alla tortura, vide l’Aguzzina che attaccava alla molletta un cavo ed un altro cavo ad uno dei contatti dell’otturatore anale. Senza esitazioni, Lady Lycia collegò i due cavi ad una batteria, e subito azionò l’interruttore, per infliggere una prima, forte e lunga scarica.
La folgorazione colpì F, provocandogli un atroce dolore.
La scossa fu molto più violenta di quelle già notevoli che aveva subito al mulino.
Sentì il glande e le viscere bruciare, come se fossero colpite dal fuoco, il pene gli vibrò, scuotendosi da solo, come se fosse staccato dal suo corpo, dalla bocca gli uscì un grido lancinante e tutti i suoi muscoli, già sforzati dalla fatica causata dalla posizione, si contorsero.
Davanti a lui Lady Lycia sogghignava, divertita dal suo patimento.
Staccò per qualche secondo la corrente, e poi somministrò una nuova scossa. Altre pause e altre scosse si susseguirono, per un tempo che ad F sembrò infinito.
La conclusione del supplizio, fu sancita quando l’Aguzzina staccò la batteria, interrompendo la serie di scariche elettriche.

Il divertimento di Lady Lycia, però, non era ancora finito.
Con la vista annebbiata dalle lacrime, che non poteva trattenere, ansimante e fremente, F vide la Signora allontanarsi di qualche passo per poi tornare verso di lui impugnando un bastone, che gli agitò davanti al viso.
Tirando il cavo ancora attaccato, tramite la molletta metallica, al prepuzio, l’Aguzzina alzò il pene della vittima, tenendolo sollevato.
In quel modo lo scroto, gonfiato dalla stretta della cinghia, era ben esposto ed F intuì subito, con terrore, come Lady Lycia intendeva usare il bastone.
La Dominatrice agì con fredda determinazione.
Si appostò, tenendo il randello con entrambe le mani, lo mosse avanti e indietro un paio di volte, per prendere la mira in corrispondenza del suo scroto, quindi, si risolse a sferrargli una poderosa bastonata sui coglioni.
La botta fu atroce.
Nuovamente F gridò, restò senza fiato, si contorse, per quel poco che poteva, appeso com’era, quindi rimase inerte, quasi svenuto, finché Lady Lycia lo sganciò dalla catena, mandandolo a rotolare per terra.
Implacabile, lo prese a calci nel culo, ordinandogli di strisciare fino alla fossa.
F, gemente e senza fiato, riuscì in qualche modo ad avanzare un po', poi non capì più nulla. Non fu in grado di rendersi conto se era arrivato nella fossa con le sue forze, o se vi era stato trascinato dalla Signora. In ogni modo si rese conto, mentre ancora singhiozzava faticando a respirare, che era messo nella posizione mezzo seduto, con le gambe divaricate, e le caviglie incatenate, il collare agganciato ad un palo infisso nel pavimento, i polsi attaccati ad una sbarra trasversale, all’altezza della testa.
Sopra di lui, a gambe aperte, Lady Lycia lo guardava, e rideva del suo patimento.
- Credevo avresti resistito un po’ di più - gli disse ghignando. Comunque, avremo modo di verificare per bene le tue capacità, e sono convinta che mi farai divertire ancora!

Dicendo ciò, sfilò dalla cintura un altro bastone, che però, stavolta aveva in punta un nuovo tipo di apparecchio, per somministrare la scossa.
F, ebbe appena il tempo di intuire che si trattava di una specie di apparecchio da elettroshock, prima che l’Aguzzina, crudelmente, glielo appoggiasse proprio sulle palle, per colpirlo con una nuova e sempre più forte scarica.
Nuovamente F gridò e pianse.
Il suo sesso guizzò, il bruciore fu intensissimo, e quindi fu seguito da un senso di dolore simile a quello della bastonata. Subito dopo perse la sensibilità della parte colpita, e dell’intero ventre.
Comprese che l’Aguzzina gli rimuoveva la cinghietta e si rese conto che si stava pisciando addosso, perché sentì l’urina che gli bagnava le gambe.
Mentre Lady Lycia ancora rideva di lui, gli cedette anche l’intestino e sentì la diarrea colargli fuori, malgrado l’otturatore anale.

La Dominatrice restò per un attimo a guardarlo, canzonandolo perfidamente, poi si allontanò, per andare a prendere un’altra vittima da torturare.
Incatenato e singhiozzante, F rimase lì bloccato, ad inzaccherarsi del suo piscio e della sua diarrea.

Davanti a lui c’era il mulino, con gli schiavi che lo spingevano, istigati dalla frusta di Miss Sammy. Di lato, aveva un'altra fossa, in cui, incatenato nel suo stesso modo, era imprigionato lo schiavo che avevano trovato lì al loro arrivo.
Il terzo, quello che era giunto insieme a lui, era ora alle prese con la tortura di Lady Lycia e se potevano sentire i primi gemiti.
Tutto il corpo di F dolorava. Era stanco, affamato e assetato. Sudava, ed era sozzo dei suoi escrementi, che ristagnavano nella fossa in cui era bloccato.
Aveva l’ano che gli bruciava per le troppe scosse e il sesso dolorante per le folgorazioni e le percosse.
Soprattutto, aveva dinanzi a sè, la prospettiva allucinante di una settimana ininterrotta di quel trattamento.

Fu a quel punto, che nella mente di F, si fissò un solo e semplice pensiero.
Una manciata di parole gli ronzarono nella testa, continue ed insistenti. “Non ce la faccio più”.
Era una piena consapevolezza, anche se lui stesso non sapeva valutare se con questo voleva dirsi che non poteva più sostenere il dolore, la fatica, il maltrattamento o l’umiliazione. Di certo, era sicuro che non poteva farcela più a sostenere le Aguzzine. Era ormai pienamente in loro balia, ne aveva un cieco terrore, non aveva alcuna possibilità di resistere loro come essere umano. Loro lo consideravano un oggetto, e tale si sentiva nelle loro mani. Avrebbe in qualche modo sopportato altre sofferenze e privazioni, ma certamente non avrebbe mai più neanche potuto immaginare di potersi sottrarre al Dominio delle Signore.
Entrò in uno stato di assoluta incoscienza, pur senza poter dormire o riposarsi, mentre lentamente gli tornava un po' di sensibilità alle parti colpite da Lady Lycia.
Avrebbe avuto bisogno di bere, mangiare, riposare, ma ebbe solo un breve periodo di tregua, senza alcun tipo di conforto.
Non si rese conto del tempo che passava, fin quando le Signore lo tirarono fuori dalla fossa, per rimetterlo al mulino.
Cominciava dunque, un nuovo massacrante turno di sei ore, che fu assai peggiore del primo, giacché, sia F che gli altri due, erano stati lungamente torturati da Lady Lycia.
Il turno fu un vero incubo.
I tre spingevano, ma perdevano forza di frequente, e quindi subivano le scosse punitive.
F si sentiva ormai assente, quasi estraniato dal suo corpo dolorante, convincendosi sempre di più che non poteva resistere oltre.
In qualche modo arrivarono alla fine del turno e quindi, all’inizio del secondo giorno di applicazione a quel penoso impiego.

(continua)
view post Posted: 25/2/2024, 11:57     I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
26

Si avvicinò ad F, e lo staccò dalla catena per tirarlo fino ad un tavolo poco lontano.
Lo fece chinare in avanti a novanta gradi, aprendogli le gambe e mettendolo con la pancia sul tavolo.
F, sentì che la Signora gli metteva intorno ai fianchi la cintura, ebbe un brivido al contatto col freddo del metallo e trattenne il respiro quando gli fu stretta addosso.
La fibbia posteriore gli fu messa fra le natiche, spinta in fondo, in modo da conficcarsi con i bordi nella carne dei glutei, per tenerli scostati.
Con rapide mosse, Miss Sammy tirò forte le catenelle anteriori e le assicurò ai piccoli moschettoni sul davanti della cintura. Poi diede un’ultima stretta alla cinta e controllò con le dita guantate che il foro della fibbia fosse in corrispondenza dell’ano della vittima.
quel punto, le mutande erano pronte per l’innesto del tubo cavo.
Miss Sammy, armeggiò un po', facendo scorrere il tubo nell’invito sulla fibbia, in corrispondenza dell’ano, quindi, con una spinta più decisa lo conficcò, facendolo entrare nel corpo di F. Non lo infilò a fondo, ma quei pochi centimetri, molti meno della lunghezza dei penetratori che già aveva dovuto subire, bastarono per provocare alla vittima una strana sensazione: sentiva, infatti, che l’attrezzo lo teneva aperto, in posizione pronta a ricevere dentro le bizzarre invenzioni delle sue Aguzzine.
In sostanza, era come se il suo corpo ormai potesse essere modificato, plasmato alla tortura, secondo gli osceni e crudeli capricci delle Padrone.
Miss Sammy, curò di bloccare il tubo che si avvitava sulla guida, intorno al foro della fibbia, e subito dopo fu il momento di infilarci dentro l’otturatore.
Come annunciato, si trattava di un attrezzo assai più corto dei penetratori, e in effetti, solo un po’ più lungo del tubo. Aveva però una punta leggermente ogivale, per cui, l’introduzione fu alquanto dolorosa.
Mentre l’Aguzzina ne bloccava l’estremità esterna, mediante un sistema che l’agganciava al tubo, F constatò immediatamente che era proprio come avere un tappo, grosso, pesante ed inamovibile, ficcato nel culo.
Non c’erano altri preparativi da svolgere, e Miss Sammy trascinò F un po’ più oltre, fino a farlo entrare con i piedi in una fossa scavata nel pavimento, nella quale lo fece sedere, agganciandogli subito le cavigliere a dei ceppi sul fondo ed attaccandogli i polsi ad una catena che calava dall’alto.
In sostanza, F era seduto in una specie di nicchia orizzontale, profonda una trentina di centimetri. Inevitabilmente appoggiava col culo e quindi l’otturatore batteva sul pavimento, senza comunque muoversi dalla sua sede interna. Sul fondo della vasca, era evidente la presenza di putridume assortito: sicuramente feci e urina, oltre a chissà cos’altro.
Era in una posizione tutt’altro che comoda, e non poteva certamente dormire così, appeso con le braccia tese sopra alla testa.
Del resto, la scena che aveva davanti agli occhi, non lo metteva certamente nella condizione di riposarsi.
Illuminati dal riflettore, i tre schiavi di turno, spingevano le pale del mulino con evidente fatica. Grondavano sudore, scivolavano sui gradini irregolari, penavano per tenersi in equilibrio e gemevano, sicuramente per lo sforzo e probabilmente per qualche scossa che ricevevano nel culo.
F notò che non avevano bavagli nè cinture costrittive della respirazione, e neanche pesi alle caviglie. Ciò era perlomeno meglio che nella prova in palestra, ma del resto, la durata del lavoro era talmente lunga e massacrante che ulteriori complicazioni sarebbero state eccessive, perfino per la fantasia perversa delle Aguzzine.
Al suo fianco c’era, in un’altra fossa, un altro schiavo, sistemato come lui, che pure teneva lo sguardo fisso sulla scena di tortura che aveva davanti.
Poco dopo, all’altro lato fu messo lo schiavo giunto con lui, preparato da Miss Sammy con identica attrezzatura.
Poi, la Signora non si curò più di loro e tornò a seguire la squadra al lavoro, agitando la frusta e dispensando rade ma sonore nerbate.
Senza bavaglio, gli schiavi colpiti non trattenevano gemiti e grida di dolore, alle quali Miss Sammy, rispondeva con ghigni sarcastici e risatine malefiche.
Passò un po’ di tempo, e fu quindi il momento del cambio di turno.
Miss Sammy, staccò dai loro posti F e gli altri due schiavi, conducendoli fino al mulino. Qui azionò il freno, in modo simile a come aveva fatto Miss Phoria in palestra e i tre che stavano azionando la macchina non riuscirono più a muoverla, subendo le scosse elettriche fin quando la Signora fece loro la grazia di spegnere il contatto.
Quindi, con mosse rapide, Miss Sammy provvide a staccare i tre del turno in uscita, dalle pale, mettendo al loro posto F e gli altri due.
F, dunque, si trovò con i bracciali attaccati ad una delle pal che aveva delle maniglie a cui poteva appoggiare le mani.
L’Aguzzina collegò i contatti che uscivano dall’otturatore anale ai cavi connessi al mulino e, quando ebbe sistemato anche gli altri due schiavi, azionò l’interruttore, che immediatamente provocò una dolorosa serie di scosse
Folgorati dalla sofferenza, F e gli altri, senza bavaglio, gemettero e gridarono, contorcendosi sotto l’effetto della tortura elettrica.
Solo dopo averli fatti patire un po' la Signora mollò il freno, consentendo agli schiavi di portare in velocità il mulino, fino a sottrarsi alla tortura.
Da quel momento cominciavano e decorrere le sei ore di lavoro, scandite da un quadrante digitale posto vicino al mulino. F, incontrò subito il primo gradino in salita, per superare il quale, era necessario alzare bene le gambe.
I successivi due erano più dolci, ma erano a quote diverse, per cui occorreva misurare bene il passo per non inciampare.
Alla quota più alta della pedana, ci si trovava con la pala a livello del bacino. La discesa seguente, senza gradini, ma su cui era facile scivolare, essendo scalzi, sulla superficie liscia della pedana, lo portava più in basso, con la pala all’altezza del torace. I successivi gradini, sempre di quota irregolare, finivano con il fargli avere le braccia stese, ad un livello più alto della testa. Risalendo, si trovava, infine, con la pala all’altezza delle spalle.
In sostanza, quella serie di dislivelli lo costringeva a muovere le braccia di continuo, e ciò rendeva più faticoso il lavoro di spinta.
L’assenza di pesi alle caviglie e di cinture costrittive, peraltro, rappresentava un elemento migliorativo rispetto all’esercizio fatto in palestra.
Essendo in tre a spingere, poi, era un po’ più facile mantenere l’andatura.
F, vedeva davanti a sé la schiena dello schiavo che lo precedeva. Faceva una certa impressione notare le mutande costrittive da cui sporgeva l’otturatore anale attaccato ai cavi elettrici.
Camminando all'intorno, F, sentiva il peso dell’attrezzo che recava conficcato nel culo, e ciò serviva a rammentargli sempre l’incombenza della punizione elettrica, pronta a scoccare non appena la velocità del mulino fosse diminuita sotto il limite voluto dalle Padrone.
Ad ogni giro, vedeva l’orologio luminoso che, lentamente, scandiva il passare del tempo. Ad osservarlo procedere tanto lentamente, metteva angoscia, poiché sembrava impossibile sopportare così a lungo quella fatica e quel patimento.
Del resto non c’era altro da fare che spingere la pala, e camminare intorno, sperando di non scontentare l’Aguzzina, che, ogni tanto, si piazzava di lato agitando la frusta.
Varie nerbate, somministrate senza un particolare motivo, si abbatterono sulle natiche e sulla schiena di F, che guaì e gridò di dolore, facendo divertire molto Miss Sammy, che di rimando, rideva crudelmente delle sue vittime.
Il caldo umido era opprimente, e gli schiavi sudavano in abbondanza, luccicando sotto la luce del riflettore.
F, si sentiva già lurido, sopportava il fastidio e la fatica a malapena, ma tirava avanti con la consapevolezza di non avere alternative.
Fu durante l’ultima ora del turno, che la squadra di schiavi incappò in una serie di inconvenienti che li rallentarono, e fecero scattare una nutrita serie di scariche punitive.
Per primo scivolò lo schiavo che aveva fatto l’esercizio con F.
Mentre saliva i gradini al livello più alto, rovinò per terra, restando attaccato con i bracciali alla pale. Prima che quello riuscisse ad alzarsi, gli altri due persero velocità, e ciò fece scattare il meccanismo elettrico, che somministrò ripetute scosse attraverso gli otturatori anali. I tre gridarono di dolore e si contorsero, perdendo ancora più velocità, e subendo altre scosse, fintanto che in qualche modo riuscirono a riprendere la spinta. Erano, però, già stati compromessi, ed infatti, poco dopo l’altro schiavo cedette a sua volta, e ciò comportò una nuova, atroce e più lunga serie di scosse.
F, con il culo bruciante, riuscì a riprendersi e resistere finché accadde che lo schiavo davanti a lui, forse proprio per effetto delle scariche elettriche, si bagnò d’urina, lasciando una scia sulla pedana proprio dove c’era la discesa più scivolosa. F, dunque, non poté evitare una caduta in quel punto. Le gambe gli scivolarono all'indietro e perse la presa alle maniglie. L’inevitabile nuovo rallentamento, provocò altre scosse ed il fatto che ormai gli altri due fossero esausti, non consentì una rapida ripresa della velocità.
Fu quella la serie di scariche più lunga e violenta del turno, ma tutti sapevano che era impossibile evitarne altre.
Scoccarono infine le sei ore, e, puntuale, Miss Sammy azionò il freno, lasciando che le sue vittime patissero ancora un po’ di scariche prima di liberarli.

(continua)
view post Posted: 24/2/2024, 10:37     I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Non era previsto alcun riposo dopo l’atroce esercizio. Ancora grondante di sudore, ed inzaccherato della sua urina, F si trovò trasportato sull’appendi-schiavo fino all’ambulatorio medico, dove lo attendeva Lady Alexya, la Dominatrice che già lo aveva visitato al suo arrivo al Castello.
La Signora, coadiuvata da Miss Phoria e dai due schiavi di scorta, fu alquanto sbrigativa. Lo fece togliere dall’appendischiavo e sedere su un traballante sgabello metallico per provargli la pressione e fargli subito un prelievo del sangue. Poi gli mise gli elettrodi per un veloce elettrocardiogramma. Quindi, dopo un rapido controllo, lo fece alzare e mettere di traverso su un cavalletto, per ispezionargli il culo, martoriato a lungo dal penetratore e dalle scosse.
Dopo la fastidiosa ispezione, gli mise dentro il culo un po’ di crema e passò un altro unguento sui lividi più grossi lasciati dalla frusta di Miss Phoria. Gli controllò le piante dei piedi, piagate dalle lunghe ore di cammino intorno al mulino, ma non usò alcun medicamento.
L’ultimo controllo riguardò il peso. Non dissero ad F ciò che era risultato, ma lo annotarono sulla sua scheda.
- Ora può andare - disse quindi a Miss Phoria - Raccomando solo che per i primi due giorni non si usino penetratori ed otturatori anali superiori alla taglia “S”.
Fu rimesso sull’appendischiavo e portato fuori dall’ambulatorio ad attendere che nel frattempo venisse visitato anche l’altro schiavo con cui aveva condiviso il supplizio.
Poco dopo anche quello uscì, già collocato all’attrezzo mobile, e Miss Phoria si fece seguire dagli schiavi che spingevano i carrelli lungo i corridoi che portavano alla nuova destinazione.
Arrivarono in un ampio salone, disadorno e piuttosto tetro, situato subito sotto al livello del piano terra e illuminato da una serie di lampade fioche alle pareti, ma con un riflettore che puntava nel mezzo, mettendo bene in mostra il mulino a cui erano applicati i tre schiavi che lo tenevano in movimento.
L’aria era calda ed umida, ancor più della palestra, e c’era una pesante puzza di sudore ristagnante.
Mentre l’attenzione di F era calamitata dall’atroce spettacolo, Miss Phoria nella penombra trattò con la Dominatrice che sorvegliava l’impianto, passando le consegne relative ai due schiavi che era andata a portare.
Esaurite le loro pratiche, Miss Phoria comandò agli schiavi di scorta di staccare F e l’altro dagli attrezzi, per farli portare verso una parete. Lei stessa li mise con le spalle al muro, unì i bracciali con un gancio, e fece loro alzare le braccia sopra alla testa, per attaccarle ad un anello conficcato nella parete.
- Vi è concesso di appoggiarvi al muro - disse poi - Aspettate qui, finché Miss Sammy, la Signora che vi ha presi in consegna, si degnerà di considerarvi.
Detto ciò, l’Istruttrice se ne andò, portandosi dietro i due schiavi che spingevano i carrelli.
Passò molto tempo, prima che la nuova Dominatrice si prendesse cura dei nuovi arrivati. Dalla loro posizione, potevano vederla aggirarsi intorno al mulino, ai lati del cono di luce del riflettore, brandendo la frusta con la quale rifilava sporadiche nerbate alle vittime, impegnate al lavoro. Non la si vedeva bene nella penombra, salvo notare che aveva una figura alta, e che indossava un costume da bagno nero, con il cinturone, alti stivali e guanti lunghi, pure neri.
Quando, infine, la Signora andò davanti a loro, F vide bene che si trattava di una ragazza mora e ben tornita, con un seno pieno. Era una giovane molto attraente, ed aveva un volto delicato, ma bastava sbirciare un po’ il suo sguardo e le sue labbra per notare l’espressione maligna dell’Aguzzina che già pregustava le sofferenza delle sue vittime.
Intimorito, F chinò lo sguardo, per manifestare il suo deferente rispetto. La Dominatrice gli si avvicinò, e senza esitazioni, gli afferrò lo scroto, stringendolo forte nella mano guantata, fino a farlo gemere.

- Dunque - disse dopo avere mollato la presa, voi siete le due nuove bestie che mi hanno mandato. Vedremo se riuscirete a resistere al trattamento che vi è riservato e che vi assicuro essere uno dei più severi fra gli impieghi al Castello. Il lavoro è semplice, e lo avete già imparato nell’esercizio dimostrativo in palestra: anche qui dovete spingere il mulino, sarete spronati a frustate, e riceverete scosse elettriche se rallenterete l’andatura. Una differenza rispetto alla prova in palestra è che qui non ci sono gradini posti come ostacolo, ma la pedana è a quattro livelli. Girando intorno, troverete prima un gradino alto, poi altri due di media altezza, che vi condurranno alla quota più alta, poi una discesa, ed infine altri tre gradini in giù, fino alla quota più bassa. Oltre alle scosse nel culo, talvolta possono essere usati altri elettrodi, ad esempio collegati ai testicoli, al glande o ai capezzoli.
- La particolarità del trattamento in questo impianto - continuò, è la quasi totale privazione del riposo. Farete sei ore di turno al mulino, e per altre sei sarete disponibili per gli usi che io e la mia collega Lady Lycia vorremo disporre.
Sicuramente verrete torturati in vari modi e vi assicuro che saranno sevizie lunghe e dolorose. Il cibo è ridotto all’essenziale: solo un po’ di pane secco, una pillola energetica, e una ciotola d’acqua al giorno. Vi sarà concesso di dormire qualche ora, ad intervalli irregolari, così sarete tenuti in una condizione di stanchezza, che piegherà considerevolmente il vostro animo. Non vi potrete mai lavare, così la sporcizia vi si incrosterà addosso, rendendo più evidente la vostra condizione animalesca. Non avrete nemmeno pause per pisciare e cagare, così se vi occorrerà, vi farete tutto addosso.
- Oltre alle solite catene e manette - aggiunse dopo una breve pausa, studiata per consentire agli schiavi di apprezzare meglio le sue minacce - porterete sempre addosso speciali mutande costrittive, al posto della bardatura che in palestra è stata usata per tenervi dentro il penetratore con gli elettrodi. Si tratta di una cintura in alluminio che ha sul retro una fibbia verticale, sempre metallica, da far passare fra le natiche. Sul davanti, la fibbia termina con due catenelle che passano ai lati del pene e si attaccano nuovamente alla cinta. L’attrezzo, viene regolato in modo che la cintura sia molto stretta e che la fibbia comprima bene le carni. Quest’ultima, ha un foro in corrispondeva dell’ano, con un bordo rialzato all’esterno. Attraverso questo pertugio, si introduce un tubo cavo che viene spinto dentro l’ano per qualche centimetro e resta aperto all’esterno, bloccato alla fibbia della mutanda, perché non possa uscire. Questo tubo, serve da guida per infilare un penetratore o un otturatore. Il penetratore, come quello che avete usato in palestra, è un fallo destinato ad entrare in profondità. L’otturatore è un attrezzo più corto e largo, poichè serve non tanto a insinuarsi nelle viscere, ma a tenerle ben tappate. Questo secondo attrezzo, è utile per gli impieghi più lunghi, e qui lo dovrete tenere dentro per quasi tutta la settimana. Naturalmente, anche l’otturatore ha gli elettrodi, per poter essere usato durante l’applicazione al mulino. Ciò che conta è che, con il culo otturato, riuscirete a cagare solo diarrea, oppure dovrete aspettare i rari momenti in cui verrà rimosso. Per quanto riguarda le dimensioni degli attrezzi, vedrete che ve ne sono di vari tipi, e così pure del tubo che serve da guida. Per i primi due giorni, porterete la taglia più piccola, così come è stato richiesto dalle Signore della Sanità, ma poi, avrete occasione di sperimentare l’efficacia di quelli di dimensioni maggiori.
Nelle poche ore in cui non sarete al lavoro o alla tortura, resterete incatenati in apposite nicchie, scavate nel pavimento, che sono sozze, luride e maleodoranti, perché vengono pulite molto raramente. Starete in una posizione mezza seduta, così avrete davanti agli occhi la scena delle torture e del lavoro delle altre bestie. Saranno usati vari metodi, per limitare o impedire il sonno, e in definitiva, non avrete altro da fare che subire tutto ciò che vi verrà imposto.

Interruppe a quel punto la sua spiegazione, aggiungendo solo, che era venuto il momento di mettersi all’opera.

(continua)
view post Posted: 21/2/2024, 12:41     IO e C. (la nostra giornata) - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
(segue)

Mi diede ordine di seguirla fino in cucina. Frugò un po’ nella busta della spesa e tirò fuori l’amaro. Ne bevemmo un sorso: sapeva che adoravo il suo alito alcolico, in più il liquore la disinibiva.
Continuò a rovistare nella busta e ad un certo punto si fermò di colpò. Mi guardò complice e rise maliziosa.
“M’è venuta un’idea!” fece “guarda qua!”
Incominciò a riempirsi la bocca voracemente di acini d’uva: erano rossi, grandi e succulenti tanto che una goccia di succo rosso rubino le rigò il mento.
Masticava sgraziatamente, a bocca aperta, facendo tanto rumore. Si fermò e si sputò il bolo sul palmo della mano.
Mi guardò sorridendo e mi spinse la testa contro di esso: voleva che di quegli acini semimasticati io mi nutrissi.
Le leccai avidamente il palmo senza lasciare neppure un pezzettino d’uva masticata.
Lei nel frattempo si sedette, allargò le gambe e s’ingozzò nuovamente d’uva.
Io mi inginocchiai e portai il mio viso verso le sue mutandine. Ero così eccitato che gliele avrei strappate a morsi.
C. si sputò nuovamente il cibo masticato sulla mano ma stavolta si rialzò. se lo infilò nelle mutandine dalla parte del sedere e si sedette.
Gemette e chiuse gli occhi mentre il succo si spargeva sul piano della sedia.
“Ora puliscimi il culo” mi ordinò guardandomi con aria autoritaria.
Si rivolse di spalle rispetto a me, s’inarcò e s’abbassò le mutandine.
Davanti a me si presentava uno spettacolo godurioso: il suo fondoschiena rotondo.
C’erano acini spappolati un po’ dappertutto e decisi di cominciare ripulendolo per primo da quelli.
Premetti la faccia contro quella meraviglia della natura. Era morbido e caldo, un’opera d’arte.
Pian piano la mia lingua si fece strada verso il suo ano; tentai di spingere ancora di più il mio volto bagnato tra le sue natiche, volevo nascondermi tra quelle due semisfere così sensuali. Le leccai libidinosamente l’ano e c’infilai dentro la lingua.
I suoi gemiti mi spronavano ad andare più forte. Mi alzai, l’afferrai per i fianchi e le abbassai le mutandine fino alle ginocchia. La spinsi poi contro il tavolo: avevo voglia del suo frutto proibito. Da dietro, cominciai a palparla e mi accorsi subito che, succo d’uva a parte, era parecchio bagnata.
Mi sfilai i pantaloni in tutta fretta e la feci mia tenendola ben salda, quasi come se stesse tentando di scappare e io volessi immobilizzarla.
Ansimavamo e sudavamo. Il ritmo aumentava, le palpai i seni. Mentre la tenevo per le tette, davo colpi di bacino, sempre più veloci, sempre più profondi. Le infilai un dito in bocca e la baciai ripetutamente sulla guancia. Mi incitava a non fermarmi e sentirla parlare noncurante del mio dito nella sua cavità orale era parecchio stimolante.
Ad un certo punto mi fermò, all’improvviso, e disse:
“Non è ancora finita qui” per poi ridacchiare sorniona.
“Cosa?” le chiesi io incuriosito ed eccitato.
“Vedrai…” si allontanò da me e mi fece segno di seguirla in soggiorno.
Si fermò al centro del tappeto e si sfilò le mutandine intrise di succo, lanciandole al largo.
Dopodiché avvicino a sè il vasino che avevamo comprato per questi momenti e ci si sedette sopra.
“Oggi torno bambina, amore. Vieni qui, avanti…” mi disse eccitatissima.
Io ovviamente obbedii senza pensarci.
Un fiotto di urina calda sgorgò dalla sua vagina.
Sentivo il liquido infrangersi contro il fondo basso del vasino.
C. pisciava e mi guardava sorridente, pregustando già cos’avrebbe seguito quel momento.
Quand’ebbe finito, si alzò dal vaso e ci si sedette a fianco. C’infilò le mani dentro e se le riempì di pipì: se la sparse dapprima sulla pancia, poi sul seno, in faccia e infine sui capelli.
“Non mi aiuti?” disse in tono di sfida mentre continuava a detergersi con la sua urina.
Misi le mani a coppa e la aiutai a bagnarsi i capelli. Non potei fare a mano di leccarle le guance, sapide e inviscidite.
“Oh, ti piace, eh?”.
Mugolai un sì e la strinsi a me. La sua urina mi aveva praticamente inzuppato.
“Non finisce qui, sai? Mi sono solo lavata” riuscì a dire lei mentre io non le davo tregua con la lingua “ma ora voglio uno shampoo. Uno shampoo speciale.”
Era così che avevamo soprannominato la pratica dell’eiacularle sui capelli.
Mi fece segno d’alzarmi, si voltò verso di me e avvolse il mio pene tra i suoi lunghi capelli biondo scuri, fradici di piscio.
Portò il mio pene alla sua bocca e cominciò a passarselo sulle labbra.
Si fermò un attimo a guardarmi, poi mi sputò sul cazzo e prese a ciucciarlo devotamente. Nel giro di pochi minuti, una colata di sperma biancastro le ricoprì la chioma.
Mi sorrise come una ragazzina che aveva ricevuto ciò che desiderava per Natale e poi si insaponò rimestandosi il mio sperma con le mani.
“Devo andare in bagno, accompagnami” disse serenamente dopo un po’.
Amavo la naturalezza con la quale faceva i suoi bisogni davanti a me. Quando conversavamo, non c’era neanche bisogno d’interromperci se le scappava: ci spostavamo semplicemente nel bagno continuando a chiacchierare, lei seduta sulla tazza, io sul bordo della vasca da bagno.
Quel giorno però era diverso: sarebbe dovuta essere la nostra scopata più pazza e tale fu.
Percorse tutto il corridoio gattonando e si sedette sulla tazza del WC. Divaricò le gambe e spinse la mia testa contro la sua vagina madida: esigeva che la facessi venire leccandogliela.
Ci diedi dentro di lingua e lei mi ricompensava sputandosi sulla mano e lavandomi la faccia, già bagnata dai suoi umori.
Dopo qualche minuto si alzo in preda all’orgasmo e, costringendomi a tenere la faccia attaccata alla sua fica, pisciò in piedi infradiciandosi tutta.
Ci gettammo a terra a rotolare nella pozzanghera gialla sotto di noi tenendoci stretti in un forte abbraccio. Poi ci guardammo negli occhi e finimmo a sorridere entrambi. Ci baciammo, ci rialzammo, ci prendemmo per mano e facemmo una lunga doccia calda, pomiciando sotto l’acqua.
Riportandola a letto, lasciai che si sdraiò nuda e profumato per aprirle le gambe e accarezzarle ancora un po’ la vagina.
Chiuse gli occhi mentre lo facevo, dandomi implicitamente il consenso a continuare e a infilare un dito.
Aumentai il ritmo e fu inevitabile penetrarla di nuovo. Le tenevo le gambe alzate e le baciavo le gambe, mordicchiando qua e là.
Si portò un piede alla bocca e cominciò a leccarsi la pianta mentre io ne gustavo il dorso. Le afferrai l’altro piede e ci venni sopra copiosamente.
Era la nostra buonanotte. Ci addormentammo l’uno con la testa rivolta verso i genitali dell’altra.
Amavo quella ragazza.

FINE
view post Posted: 20/2/2024, 12:34     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
24

Il risveglio fu brusco ed in gran fretta F si ritrovò al lavaggio, svolto con le solite brutte maniere, nella stanza dove tutti gli schiavi potevano pisciare e defecare.
Poi, con un altro compagno di incarico, fu affidato a Miss Phoria che li condusse nella palestra dove F già aveva sperimentato l’addestramento fisico misto alla tortura.
L’ambiente era, come l’altra volta, caldo e umido. L’illuminazione era fioca, e per questo gli occhi di F impiegarono qualche secondo per adattarsi.
Notò che gli attrezzi usati la volta precedente erano stati spostati e che, in mezzo alla sala, c’era una specie di mulino a ruota, con le pale orizzontali per il movimento, ed una pedana intorno. Il macchinario era corredato da catene, bracciali, ed altri aggeggi non facilmente distinguibili.
Fu Miss Phoria, a quel punto, che diede ai due schiavi la spiegazione, circa l’addestramento a cui stavano per essere sottoposti.

- Sapete già - disse, che siete stati destinati a svolgere mansioni di lavoro pesante per la prossima settimana.
L’esercizio che state per iniziare, serve a prepararvi al lavoro, che sarà molto duro e penoso. Vi è già stato accennato, che uno degli impieghi possibili per gli schiavi, è quello di servire da forza motrice per gli impianti del Castello. Nel vostro caso, si tratterà di far funzionare il sistema che porta l’acqua, dal livello più basso, ad una cisterna collocata su una delle torri. Il macchinario è molto antico, ma funzionale, e consente di sfruttare al massimo gli sforzi fisici delle nostre vittime. Si basa su una serie di secchi, che scorrono lungo una guida verticale, pescando l’acqua nella cisterna bassa, per svuotarla in quella alta. Il movimento della catena, lungo la quale scorrono i secchi, è dato da un mulino, simile a quello che vedete in questa palestra. Gli schiavi spingono le pale orizzontali e gli ingranaggi trasformano il moto in verticale. Il flusso dei secchi non deve mai essere interrotto, anche se la cisterna superiore è piena. In questo caso, l’acqua in eccedenza esce e torna nella cisterna inferiore attraverso un secondo condotto. Muovere il mulino è un lavoro continuo e faticoso, per il quale sono necessari mediamente tre schiavi. Voi due, infatti, darete il cambio ad altrettanti, che hanno terminato il loro periodo di applicazione al macchinario. Complessivamente il servizio impiega due turni di tre schiavi ciascuno, così, per sei ore continuative sarete adibiti all’impianto ed avrete altre sei ore per riposare e per ricevere la modestissima quantità di cibo e acqua che vi è concessa. Nel periodo di riposo, potrete essere puniti per le irregolarità commesse e, in ogni caso, avrete comunque un trattamento particolarmente severo, che prevede anche l’impiego di torture, a scopo istruttivo e preventivo, oltre all’applicazione di attrezzi costrittivi molto penosi.
Poiché avrete modo di capire praticamente l’andamento del lavoro, non mi dilungo oltre al riguardo. Piuttosto, preferisco anticiparvi le modalità di svolgimento di questo addestramento, che durerà ventiquattro ore! Il mulino che vedete qui, simula quello del macchinario reale, naturalmente non è collegato ad alcun impianto, per cui la resistenza ed il peso, sono simulati in modo da essere analoghi a quelli effettivi. Vi metterò alle caviglie dei pesi metallici, per rendere più faticoso il passo, e vi infilerò un grosso penetratore anale in metallo, con due elettrodi interni, che terremo bloccato con uno stretto giro di catene. Il fallo elettrico, sarà collegato ad un rilevatore di velocità del mulino, per cui in caso di rallentamento della macchina, sarete entrambi puniti da una forte scossa nel culo. Vi metterò due cinture, strette intorno alla pancia ed al torace, per ostacolare la respirazione, ed avrete un bavaglio metallico in bocca.
Quindi sarete incatenati alle pale, e dovrete solo spingerle e girare intorno, senza sosta.
Sulla pedana, sotto i vostri piedi, troverete qualche altra sorpresa: in un punto ci sono tre gradini in salita ed uno solo in discesa, più avanti altri tre in discesa e due in salita, infine, due bastoni, posti di traverso a una trentina di centimetri da terra, per costringevi a scavalcarli alzando le gambe. Tutto ciò, serve a rendere più pesante l’esercizio, e per assicurare la miglior resa dell’addestramento. Non sono previste soste di alcun tipo. Dato che siete pressoché a digiuno, e avete l’ano otturato, non vi dovrebbe venire il bisogno di evacuare, comunque, se ciò dovesse succedere o vi scappasse da pisciare, dovrete farlo senza fermarvi: sembra difficile, ma vi assicuro che ho già visto altri schiavi che hanno imparato come fare.
Anche se io non sarò sempre qui, vi avverto che sarete filmati per tutta la durata dell’esercizio e. naturalmente, ogni irregolarità commessa sarà segnata per la successiva punizione. Durante il lavoro vero sarete spesso direttamente controllati da una Sorvegliante che vi inciterà a suon di frustate. In questo esercizio, ciò potrà capitare quando avrò voglia di dedicarvi un po’ della mia attenzione.

Detto ciò, Miss Phoria si mise all’opera per attuare i preparativi che aveva annunciato.
Rapidamente, la Signora attaccò alle cavigliere metalliche i pesi, che consistevano in dischi simili a quelli per i bilancieri da atletica, posizionati all’interno e all’esterno di ciascun piede. Si trattava di un peso non indifferente e per di più le stesse dimensioni dei dischi ostacolavano il passo, obbligando i poveretti a tenere le gambe scostate l’una dall’altra.
Anche l’inserimento dei penetratori fu un’operazione condotta sbrigativamente da Miss Phoria.
La Dominatrice fece per primo mettere F a novanta gradi, intimandogli di aprire le gambe, per spingergli dentro l’attrezzo, freddo, grosso e lungo.
Il fallo, aveva una base allargata, per evitare che entrasse del tutto, ed un anello in cui far passare la catena che stringendo la vittima ne avrebbe impedito la fuoriuscita.
Inoltre aveva i cavi per il collegamento all’apparato elettrico che sarebbe stato usato per infliggere la tortura.
Dopo aver infilato l’arnese ad entrambi gli schiavi, la Signora curò la sistemazione della catena, con cui prima cinse strettamente i fianchi, facendo più giri. Quindi passò i capi sul retro, per farli passare fra le natiche, attraverso l’anello di sicurezza del penetratore, e poi ai lati del sesso, fino a tirarli sul davanti, chiudendo con un lucchetto, per unirli alla parte che faceva da cintura.
La morsa della catena era dolorosa, ed altrettanto lo furono quelle delle cinghie, passate, una sotto lo sterno e l’altra al torace, all’altezza dei capezzoli. Per stringerle, Miss Phoria fece espirare completamente le sue vittime, in modo che, poi, ad ogni respiro le cinghie infliggessero una penosa sofferenza.
La bardatura, era completata da un bavaglio, costituito da una palla metallica infilata in bocca, e tenuta bloccata con una cinghia stretta dietro la nuca.

Toccò all’altro schiavo essere attaccato per primo al mulino.
Miss Phoria lo tirò per il guinzaglio, che poi attaccò alla pala. Gli fece mettere le braccia avanti, fino a fargli stringere la stessa pala, e poi usò una catena per attaccare i bracciali alla stessa, in modo che un’eventuale caduta non facesse perdere la presa.
Guardandolo mentre veniva preparato, F constatò che il suo compagno di tortura aveva un’aria più patita della sua e che il suo corpo era in gran parte coperto da lividi di frustate, non solo recenti. Sembrava notevolmente più vecchio di lui e certamente era assai più magro, pur mostrandosi abbastanza muscoloso. Si trattava di uno di quelli che, secondo F, non erano alla prima esperienza e ciò si notava per l’atteggiamento particolarmente sottomesso che mostrava.
Quando Miss Phoria ebbe finito con l’altro, toccò ad F essere portato al mulino, e qui incatenato all’attrezzo.
Dopo aver sistemato anche lui, la Dominatrice curò l’allacciamento dei cavi elettrici di entrambi i penetratori ai morsetti, corrispondenti alle posizioni dei due.
A quel punto, tutto era pronto per l’inizio dell’esercizio.
I due schiavi, erano collocati alle estremità opposte del mulino, che per le sue dimensioni, avrebbe potuto ospitare altre due vittime, ai corrispondenti pali, che però, erano rimasti liberi.
Miss Phoria diede il segnale della partenza, azionando il comando elettrico, che inflisse una dolorosissima scossa agli schiavi.
Folgorato dalla scarica nel culo, F si mise in moto, rendendosi subito conto della fatica notevole che costava spingere il macchinario.
Le scosse, terminarono solo quando il mulino raggiunse la velocità che le Dominatrici ritenevano opportuna, e prima di quel momento la sofferenza fu notevole.
La tortura, consisteva in una serie di scariche, di qualche secondo ciascuna, più forti se il mulino era fermo e un po’ meno se era solo lento, tutte comunque dolorose, al punto da costituire un efficace deterrente anche per una vittima resistente.
Cominciò così l’atroce e lunghissimo supplizio e bastava il solo pensiero della sua esagerata durata a renderlo insopportabile.
Durante la prima ora F dovette affrontare la difficoltà di assestarsi, nella spinta e nel passo, sincronizzandosi con il "collega" all’altro capo del mulino.
Dopo alcuni iniziali rallentamenti, sanzionati dalle scosse elettriche, riuscirono a tenere la macchina alla velocità prevista.
Pur non vedendosi, i due trovarono un equilibrio nelle spinte, cercando di non impiegare più energie di quelle necessarie, a tenere una velocità adeguata. Arrancando sulla pedana intorno al mulino, incontrarono i gradini. Il fatto che fossero diseguali, sia in salita che in discesa, era una notevole complicazione per l’andatura, che doveva essere modificata in corrispondenza degli ostacoli. Il bastone messo di traverso, che doveva essere superato alzando le gambe, poi, era ancor più ostico da superare, anche a causa dei pesi alle caviglie, che rendevano più faticosa l’operazione.
Nel paio d’ore successive, gli schiavi consolidarono l’andatura, e riuscirono a trovare un buon equilibrio nella spinta.
Nel frattempo, Miss Phoria si era allontanata, e tutto sommato, F, cominciò a confidare di poter superare l’esercizio senza ulteriori patimenti, esclusa naturalmente la disumana fatica.
Il ritorno della Dominatrice, armata di frusta, segnò la quarta ora della prova.
Miss Phoria, senza dire nulla, si mise a lato del mulino, in corrispondenza del bastone da superare alzando le gambe. Qui faceva schioccare la sua lunga frusta nell’aria, e al passaggio delle due vittime, rifilava nerbate da levare la pelle, proprio quando si trovavano con una gamba in aria. Non colpiva sempre, ma quando lo faceva erano frustate secche e dolorose, che si abbattevano sulle natiche, sulle gambe, e sulla schiena, senza pietà.
Dopo che la Signora ebbe lasciata nuovamente la palestra, per un altro paio d’ore gli schiavi riuscirono a condurre l’esercizio adeguatamente. Avevano trovato il passo utile per superare gli ostacoli, senza modificare troppo l’andatura e tennero il mulino alla velocità giusta per non incorrere in ulteriori nuove scariche.
Cominciavano però a risentire della lunga fatica. F, inoltre, si sentiva oppresso dal caldo soffocante della palestra.
Le due ore successive, dunque, furono contrassegnate per lui dal sudore che iniziava ad appiccicarglisi addosso.
Dopo otto ore del supplizio, F cominciò a perdere le speranze di poterlo superare senza grossi danni. Aveva già perso la cognizione del tempo trascorso, che gli sembrava un’eternità. Era madido di sudore. Le cinghie lo stringevano, impedendogli un respiro profondo. Il penetratore, e le catene, lo tormentavano con il loro peso e la loro morsa. Riusciva, comunque, a camminare ed a spingere, anche se la fatica era sempre maggiore.
Alla fine della decima ora, iniziò il periodo forse peggiore del supplizio. Prima F, e poi l’altro schiavo, sopraffatti dalla fatica, cominciarono a perdere energia nella spinta, ed il rallentamento del mulino fece scattare le scosse punitive.
Ad ogni scarica, F sentiva le viscere torcersi e rivoltarsi. Dopo ogni sferzata interna, il culo bruciava atrocemente, ed era sempre più difficile riprendere l’andatura, per cui, altre scosse arrivavano a punire l’ulteriore rallentamento.
Fino alla dodicesima ora, fu un patimento estremo, implacabilmente registrato dalle telecamere che filmavano il supplizio.
Fu il ritorno di Miss Phoria, a sancire che era stata superata la metà della durata prevista. In realtà, la Dominatrice non diede l’informazione, ma si limitò a girare intorno alle vittime, talvolta usando la frusta per sollecitarli a tenere il passo.
In qualche modo, la sua presenza e le nerbate servirono a rimettere gli schiavi alla giusta andatura. Sfuggendo alle scosse, entrambi trovarono modo di reprimere la stanchezza, e continuare a spingere.
Miss Phoria si fermò in palestra per circa un’ora, poi li lasciò ancora da soli, constatando che avevano superato il momento di crisi.
Trascorsero così altre tre ore, durante le quali i due diedero fondo ad ogni energia, tenendo il mulino in funzione alla velocità prevista.
F continuava a grondare di sudore, ad avere il fiato corto e a sentire il tormento delle catene, del penetratore e dei pesi. Ma pure continuava a spingere, quasi stupendosi di ciò.
Nel paio d’ore seguente F cercò di fare uno sforzo mentale, poiché alla fatica, si sommava l’angoscia di trovarsi in una situazione senza scampo. Si mise d'impegno per contare i passi, cercando così di riacquistare un certo senso di controllo del tempo. Perdeva, però, spesso il conto, e si confondeva agli scalini e al bastone. In definitiva, il suo tentativo fallì miseramente.
Entrando nelle ultime sei ore della durata dell’esercizio, i due schiavi erano allo stremo di ogni possibile resistenza fisica e mentale.
F aveva il cervello completamente annebbiato, non vedeva altro che la pala davanti a sé, da spingere senza tregua. Era terrorizzato dalle scosse, e solo questo lo faceva tirare avanti, anche se non potè evitarne ancora qualcuna, non potendo nemmeno capire se il rallentamento era dipeso da lui, dall’altro o da entrambi.
Nelle ultime tre ore, la situazione fu sempre sul punto di precipitare. F spingeva, aggrappandosi con tutto il peso alla pala, Spesso, le mani sudate perdevano la presa, e continuava a stare attaccato solo per la catena che univa i bracciali.
Trascinava i piedi, ormai piagati, sulla piattaforma, inciampando sui gradini e contro il bastone. Le scosse, iniziarono ad essere molto frequenti ed in qualche modo i due schiavi riuscivano a ridare velocità al mulino per un po’, fino al successivo momento di crisi.
L’unico motivo di miglioramento della situazione per F, era rappresentato dal fatto che le cinghie lo stringevano un po’ meno, forse perchè si erano allentate con il sudore, o forse perché il consumo di energie causava un dimagrimento repentino.
Fu in quel periodo che F, perduta ogni capacità di controllarsi, si pisciò addosso, e come aveva previsto Miss Phoria, lo fece quasi senza rendersene conto, e senza fermarsi.
Solo nell’ultima ora Miss Phoria tornò da loro, per somministrare ancora qualche frustata e seguire la fine del supplizio.
Con lei c’erano due schiavi che le facevano da valletti, portando due “appendi schiavi” che sarebbero serviti per trasportare via F e l’altro, ormai troppo malconci per potere camminare sulle loro gambe.
Proprio poco prima dello scoccare delle ventiquattro ore, nella palestra arrivò anche Lady Mara, che volle controllare personalmente le penose condizioni delle vittime, che trascinandosi ed inciampando, continuavano a spingere le pale, senza poter evitare le scariche che li punivano per la scarsa velocità.
Fu Lady Mara a chiudere il supplizio, agendo sul comando che aumentava la resistenza delle pale. Diventando sempre più pesanti, i due non riuscirono più a muoverle, e subirono così, un’ultima, atroce e lunghissima scossa, finché le Aguzzine tolsero la corrente.
F e l’altro, scivolarono sulle gambe, incapaci di muoversi.
Uno alla volta furono staccati e subito appesi ai carrelli, prima di avere rimosse le bardature, i bavagli, i pesi ed i penetratori.
Sudato, esausto e dolorante, F si sentì trasportare fuori dalla palestra, spinto sul carrello da uno degli schiavi, di scorta a Miss Phoria.

(continua)
view post Posted: 19/2/2024, 12:20     +2IO e C. (la nostra giornata) - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto trocvato sul web dal sito iraccontierotici, autore Rosa Bulgari
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Io e C. stavamo insieme da un po’. Abitavamo in un appartamento piccolo ma molto accogliente in periferia. Quel giorno tutto era tranquillo e per la strada si sentiva qualche ragazzino giocare a calcio nel cortile. Raramente passava qualche auto.
Mi piaceva allontanarmi da casa e fare lunghe passeggiate al tramonto, lì nella periferia, per assaporarne la quiete. Il sole tiepido scaldava l’aria e colorava di giallo le facciate scrostate dei palazzi che si ergevano, tutti in fila, come anziani seduti davanti al bar della piazza. Dietro di me un campo abbandonato e dell’erba incolta; proseguendo verso di esso incrociavo qualche TIR con lo sguardo.
“Dove sei?” mi aveva appena scritto C. tramite un SMS.
Le avevo detto di trovarmi in giro vicino casa e che probabilmente sarei andato a comprare qualcosa al supermercato del quartiere.
Mi rispose qualche minuto dopo:
“Non fare tardi. Ho una sorpresa per te! ;)”.
Oh, quanto adoravo quella ragazza! La mia vita era diventata perfetta da quando l’avevo conosciuta.
C. era solo un anno più giovane di me, lavorava da qualche mese come segretaria in un’azienda locale. Dal primo momento in cui c’eravamo conosciuti avevo sentito qualcosa per lei. Nell’istante stesso in cui il suo sguardo aveva incrociato il mio, qualcosa di magico doveva essere accaduto perché né io né lei eravamo esattamente due persone socievoli. Il caso però volle che lei mi facesse una domanda poco prima di salire sull’autobus; io le risposi e da lì iniziammo a parlare.
C’era qualcosa di magnetico in lei: la sua voce dolce, i suoi occhi grigi, i capelli biondi, l’abbigliamento da viaggiatrice incallita con lo zaino perennemente in spalla e le scarpe che pendevano da esso, appese coi lacci. Era come se vedessi me stesso riflesso nel corpo di un’altra persona.

L’odore di cartone che si sente fuori dai supermercati mi aveva riportato alla realtà. Mi era arrivato al naso sospinto dalla ventola che ronzava nel compressore a fianco alla saracinesca. Mi ero messo a leggere le offerte prima di entrare: non compravo mai i prodotti scontati, ma mi piaceva ugualmente sapere cosa costava meno.
Perlustrai le corsie come di consueto prima di decidermi ad acquistare qualcosa. Alla fine la mia scelta ricadde su una scatola di biscotti che io e C. amavano entrambi, della frutta, un cartone di latte di mandorle e una bottiglia di amaro.
“Sono quasi a casa, amore. :)” le scrissi.

Entrando nell’androne un odore di focaccia fatta in casa mi aveva avvolto. Ero estasiato e cominciavo ad avere anche una certa fame. Avevo fatto le scale di casa di corsa, infilato la chiave nella toppa e spinto quest’ultima quando mi accorsi di un bigliettino ben in vista sul tavolo. Era un post-it giallo accanto al quale si trovavano gli abiti di C.
Il biglietto diceva: “Vieni in bagno”.
Sentii il cuore aumentare il ritmo. Ero emozionato e divertito come un bambino a Natale.
Posai la busta della spesa per terra, mi sfilai le scarpe e mi diressi in bagno.
Appena aprii la porta, il mio angelo mi saltò addosso. Era completamente nuda, indossava solo un paio di mutandine di pizzo nero e i seni, piccoli e tondi, le saltellavano a destra e sinistra. Aveva sciolto i capelli, era sudata, sapeva di buono.
“Amore!” mi disse e mi cinse la braccia attorno.
Dopodiché, afferrò la mia testa fra le mani e mi baciò con decisione. Fu un bacio lungo e appassionato che ci scambiammo a occhi chiusi. Le nostre lingue si salutarono in quel momento.
“Oggi è un giorno speciale” disse allontanandosi dalle mie labbra ma continuando a sostenere lo sguardo “perché ho avuto la promozione al lavoro!”.
“Oh, amore, ma è fantastico!” risposi raggiante. Feci per abbracciarla a mia volta ma mi bloccò le braccia.
“E sai questo cosa comporta?” domandò sorridendo.
“Be’, prenderai uno stipendio più alto e…” non terminai la frase perché lei rise e si coprì la bocca con la mano subito dopo.
“Non ricordi la nostra promessa? Il giorno in cui mi avrebbero promossa sarebbe stata la nostra giornata!”

Di colpò mi torno in mente ciò che eravamo promessi appena eravamo venuti ad abitare qui.
C. era piuttosto scoraggiata a quei tempi e riteneva la sua promozione una meta irraggiungibile. L’avevo consolata come meglio sapevo fare, baciata sulla fronte e stretta forte al petto per rasserenarla. Amavo accarezzarle i capelli quando appoggiava la testa vicino al mio cuore.
Risi poiché mi sembrava che mi stesse per capitare una cosa troppo bella per essere vera.
Il sesso con C. andava alla grande, su questo non c’era dubbio.
Sapeva anche che mi piacevano i giochi di ruolo in cui lei mi ordinava di servirla e riverirla con un pizzico di severità e d’autorità, benché a un animo così tenero tale parte venisse difficile e si concludeva spesso con risate gioiose e sorrisi complici da ambo le parti.
La “nostra giornata” era un accordo che facemmo un giorno mentre ci stuzzicavamo per alimentare l’uno il desiderio dell’altra. Sarebbe dovuta essere una giornata interamente dedicata al sesso come più piaceva a noi: sudato, sporco, bagnato, animalesco, forte, provocatorio. Senza nessun pudore.

“E quindi questo vuol dire che…” ancora una volta non riuscii a finire la frase perché mi portò il dito indice davanti alle labbra facendomi segno di tacere.
Mi guardò voluttuosamente e poi mi ordinò bisbigliando, tutt’a un tratto seria in viso, di inginocchiarmi.
Ovviamente obbedii senza pensarci. Il cuore mi pulsava forte ed ero ormai visibilmente in erezione.
“Bravo” sussurrò sospirando.
Poi si mise le mani sulle ginocchia e portò il busto in avanti verso di me. Dal mio punto di vista, i suoi seni tondi apparivano ancora più incantevoli. Pendevano liberi e parevano volermi raggiungere.
Si leccò lentamente le labbra e mi accarezzò. I suoi capelli mi sfioravano il volto. Quando la vidi raccoglierli e portarseli dietro l’orecchio, mi fu ben chiaro cosa intendesse fare.
Arrotondò le labbra e ne fece colare un filo di bava denso e odoroso che mi si appoggiò sulla fronte.
Continuò ad accarezzarmi e guardare la sua opera con una certa soddisfazione.
Il rigolo di bava che mi colava giù dalla la fronte era ormai quasi giunto al naso. Ne gustavo l’odore, ne percepivo la consistenza densa. La sua saliva era un nettare sublime, dolce e dissetante.
Avvicinò la sua faccia alla mia tenendomi la testa con le mani. Lentamente cominciò a leccare via la sua saliva dal mio viso.
Sembrava una gattina che puliva a linguate il suo pasto prelibato in previsione di una lauta mangiata. Quand’ebbe raccolto tutto, se lo rimpastò in bocca e, continuando ad accarezzarmi, se lo fece colare giù dalla lingua. Due gocce mi arrivarono sulle labbra. M’inclinò il viso a destra e fece scendere giù il resto della bava sulla mia guancia, leccando dopo diligentemente il tutto.
“Stasera non hai scampo” disse estasiata e assorta nel suo gioco.
“Fammi tuo, amore” le risposi, in preda al piacere intenso.
“Oh, ci puoi giurare. Questo è soltanto l’inizio, amore mio. Stasera mamma gatta ha tanta fame ed è in vena di sperimentare” replicò lei, intervallando la frase a baci e sospiri.

(continua)
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23

Inginocchiati davanti alle Dominatrici, gli schiavi attesero l’arrivo della terza squadra, che fece il suo ingresso nella sala dopo una decina di minuti, scortata da una quarta Signora, che F non aveva mai visto prima di allora.
Nudi, ammanettati dietro la schiena, tutti cercavano di mantenersi rigidi nella posizione formale prescritta.
Si avvertiva, che quell’adunata aveva un significato importante: infatti Lady Mara aveva con sé un raccoglitore a schede e parlava a voce bassa alle altre Signore, che sembravano tutte molto prese e attente, tanto da non badare particolarmente agli schiavi.
Sbirciando intorno, F notò che il gruppo radunato era costituito, per quanto gli era riuscito di capire, prevalentemente da allievi alle prime esperienze al Castello e solo un paio degli atri schiavi, forse, aveva ricevuto addestramenti precedenti.
Erano però, più che altro, impressioni basate sul ricordo di qualche particolare, giacché, in pratica, non aveva avuto modo di sapere niente di preciso sui suoi colleghi di schiavitù.
Quando ebbero finito di parlare fra loro, le Signore si girarono verso la platea di uomini nudi ed incatenati.
Fu Lady Mara, a quel punto, a prendere la parola.

- Siete arrivati - disse, alla fine del quinto giorno di permanenza, e vi posso informare del fatto che il Dipartimento Sanitario ha concluso i primi accertamenti sul vostro stato di salute. Siete stati tutti trovati in condizioni idonee a procedere nelle operazioni, e in relazione alle vostre specifiche condizioni, è stato possibile individuare per ciascuno di voi un primo incarico. Non si tratta di mansioni affidate in via definitiva, ma di una prima prova, per verificare la qualità dei servizi che potete rendere all’Organizzazione.
Verrete, dunque, avviati in via sperimentale ai vostri incarichi. Ciò avverrà fra due giorni, poiché domani riceverete un’istruzione specifica per lo svolgimento del lavoro. Stanotte vi sarà concesso un po’ di riposo. Coloro che supereranno bene l’addestramento, potranno averne anche domani notte. Invece chi non dimostrerà massima efficienza, avrà da sopportare pesanti punizioni anche di notte.
Sarete sottoposti, poi, ad una seconda visita medica di controllo, e quindi sarete affidati alle Signore che seguono i vari servizi, ma resterete comunque, sotto la Direzione del Dipartimento Educativo, cioè mia e delle mie illustri colleghe.
Per una settimana svolgerete le mansioni affidate, e subirete un trattamento particolarmente severo, con pochissimo riposo e cibo e acqua ridotti al minimo indispensabile.
Al lavoro, si sommeranno sevizie gratuite e saranno adottati metodi per tenervi nelle condizioni più pesanti di sofferenza ed umiliazione.
Alla fine della settimana, sarete valutati, sia per la vostra resa e resistenza, sia con una nuova visita medica approfondita, quindi si deciderà sull’esito complessivo dell’educazione impartitavi.

Detto questo, Lady Mara sfogliò le schede che aveva in mano, decretando per ciascuno schiavo la sua destinazione.
F non badò agli altri, concentrandosi esclusivamente nell’attesa del suo numero.
Così, quando Lady Mara lo nominò, apprese di essere stato destinato al lavoro di massima fatica. Al riguardo, sapeva solo le poche cose a cui avevano accennato le Signore fino a quel momento, ma era chiaro, che da una assegnazione di quel tipo, non aveva nulla di buono da aspettarsi.
L’adunata fu sciolta dopo pochi minuti.
Le Dominatrici raccolsero le squadre, ed F si ritrovò in breve tempo incatenato per terra, sul pavimento che costituiva il suo giaciglio, nella camera dove era stato lasciato il suo sacco.
- Rimpiangerai questo duro pavimento - gli disse Miss Manuela mentre chiudeva i lucchetti - perchè nella settimana di lavoro che ti aspetta sarai tenuto in condizioni assai più penose di queste ... e ti posso assicurare che sarà mia cura sollecitare un trattamento particolarmente severo per te!

Nel buio della camera, immobilizzato, F restò un po' a rimuginare su quella minaccia, ma ben presto la stanchezza prese il sopravvento, e crollò nel sonno più profondo.

(continua)
view post Posted: 17/2/2024, 12:21     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
22

F, angosciato da quei pensieri e provato dalla stanchezza, non riuscì a mantenere vigile l’attenzione mentre Miss Manuela riprendeva a parlare con tono sempre più basso ed annoiato. Capì soltanto che l’Istruttrice era tornata a spiegare qualcosa circa l’organizzazione del Regno. Parlava delle funzioni del Corpo Sanitario, e diceva che le Dominatrici che ne facevano parte, si occupavano di controllare gli schiavi al momento dell’arruolamento, davano il nulla osta al loro uso quando completavano tutti gli accertamenti e le analisi, seguivano le torture e le attività per intervenire in caso di pericolo. Oltre a ciò, partecipavano all’ideazione ed all’applicazione dei maltrattamenti, in modo che fossero efficaci al massimo.
Con un po’ più di entusiasmo, Miss Manuela spese qualche parola sul Corpo delle Educatrici, di cui faceva parte e del quale spiegò che, oltre all’istruzione delle reclute, si occupava di periodici aggiornamenti rivolti alle generalità degli schiavi. Si trattava, anche in questo caso, di lezioni di addestramento formale, sulle posizioni e sui movimenti, ma anche sui Regolamenti dell’Organizzazione, e di corsi di preparazione atletica e di resistenza alla tortura.

- E’ importante - disse a quest’ultimo proposito, chiarire che, alle Dominatrici non piacciono particolarmente schiavi deboli, flaccidi, incapaci di svolgere i loro lavori e di sopportare le sofferenze e la fatiche. Infatti sono molto più interessanti le vittime che resistono al dolore, sulle quali si possono sperimentare torture più efficaci, oppure che possono essere adibiti a mansioni sempre più gravose. Per questo, le Educatrici si occupano di addestramenti fisici, ed escogitano metodi di inflizione del dolore sempre più sofisticati. Ne proverete molti di quelli già collaudati, e servirete da cavie per gli esperimenti.

Aveva appena finito di dire ciò, quando la porta dell’aula fu aperta da una Guardiana, che annunciò l’ora del rancio.
Sbrigativamente, Miss Manuela e la nuova arrivata fecero alzare gli allievi e li condussero in catene verso la sala, dove ricevettero il loro cibo.
Furono nuovamente sistemati nel complesso incatenamento già sperimentato il giorno precedente e si trovarono davanti alle ciotole, che, stavolta, sembravano riempite solo con pane e acqua.
F temette di trovarsi nuovamente alle prese con Lady Cotton, ma stavolta la crudele Aguzzina, fortunatamente pensò, non c’era. A controllare gli schiavi, rimasero infatti Miss Phoria, la nuova Guardiana ed una delle due Sanitarie che lo avevano visitato.

Fu Miss Phoria a spiegare, con poche parole, che le ciotole contenevano in effetti solo pane ed acqua, addizionata con un cocktail di vitamine ed una certa quantità di sale. Si trattava, dunque, di una ricetta diversa da quella escogitata da Lady Cotton che, per quanto tutt’altro che appetitosa, era certamente più facilmente ingoiabile.

Il rancio si svolse senza trappole per F, che, fra il calare ed il tendersi delle catene, riuscì a finire il misero contenuto della ciotola.
Non ci furono altre sorprese, e, più rapidamente del giorno prima, i quattro allievi furono riportati nell’aula di Miss Manuela.

Qui l’Istruttrice, che li attendeva con la sua solita aria annoiata, riprese la lezione, facendo innanzi tutto un riepilogo di ciò che aveva spiegato nella mattinata.
Tutte quelle nozioni, rimbombavano nella mente di F in modo ossessivo, amplificando il suo stato di spossatezza cerebrale, oltre che fisica.
Comprendeva che uno degli scopi delle lezioni, era proprio quello di fiaccare le resistenze mentali degli schiavi, come una specie di lavaggio del cervello, oltre a quelli più banali di intimorirli e renderli consapevoli delle Regole dell’Organizzazione.
Non poteva escludere che l’Educatrice avesse anche una sua qualche soddisfazione nel parlare di torture, punizioni e crudeltà varie. Anzi, gli sembrava proprio, che malgrado il tono costantemente annoiato di Miss Manuela, le scattasse un certo compiacimento nel pronunciare certe parole e nel vedere gli allievi rabbrividire davanti alla prospettiva di subire le atrocità che descriveva.
La stanchezza, mentale e fisica, travolse F, mentre Miss Manuela continuava a parlare di procedimenti disciplinari, dei compiti delle varie Dominatrici e delle lezioni di aggiornamento che le Educatrici tenevano.
Intuendo che venivano aggiunti nuovi particolari e che la spiegazione si orientava verso l’illustrazione di alcuni lavori a cui venivano adibiti gli schiavi, F cercò di fare appello alle residue forze per seguire le parole di Miss Manuela, ma tenere desta l’attenzione era una fatica insormontabile.
Fu così che, come una sferzata, venne colpito dall’improvvisa invettiva dell’Istruttrice, che gli si rivolse direttamente, contestandogli la palese disattenzione.
- Non credere di passarla liscia! - gli urlò. Anche per questo, riceverai un’altra nota di biasimo e curerò personalmente che questa offesa sia considerata con particolare gravità quando sarà il momento di mettere in moto la punizione disciplinare!
Sembrava proprio che non potesse passare più di qualche ora senza che F si meritasse una qualche censura ed era sempre più evidente che il suo stato di servizio lo avrebbe presto condannato a subire le peggiori atrocità del procedimento disciplinare.
Non gli restava, dunque, che resistere più che poteva e seguire le spiegazioni di Miss Manuela che, forse, si stavano avviando alla fine. L’Istruttrice, infatti, riprese a trattare dei lavori per gli schiavi, con un tono che sembrava conclusivo.

- Tra i compiti assegnati gli schiavi – diceva - il più semplice è quello dell’operaio. Ci sono molti lavori pesanti da fare al Castello, dalle costruzioni edili, al giardinaggio, al facchinaggio, e questi vengono svolti da squadre di schiavi dirette dalle Dominatrici. Non si tratta di compiti difficili, e non sono previsti particolari metodi di costrizione, a parte collari, cavigliere e bracciali, per consentire rapidi incatenamenti al bisogno. Se uno schiavo deve portare attrezzature costrittive particolari, o se le Signore ritengono opportuno rendere più gravoso o umiliante il suo lavoro, è comunque possibile che vengano applicati metodi adeguati. Per i lavori all’esterno, solo in condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli, è previsto che gli schiavi utilizzino gli indumenti, altrimenti, di norma, essi lavorano nudi, anche per rendere più efficace l’inflizione di frustate o di bastonate, che capitano spesso, per sanzionare le imperfezioni nello svolgimento del lavoro.
Altra incombenza lavorativa è quella degli sguatteri, cioè degli schiavi addetti alle pulizie interne, sia dei locali, che degli arredi e delle stoviglie. In questo caso è previsto normalmente l’impiego di catene, attrezzi per far lavorare le vittime in ginocchio e di varie altre opportune costrizioni. Ad esempio, se uno schiavo pulisce la cucina, è doveroso che gli sia applicato un bavaglio per escludere la possibilità che possa appropriarsi di cibo senza autorizzazione. Qualora, sempre ad esempio, lo schiavo sia invece utilizzato per lavare i pavimenti, gli si daranno stracci e attrezzi, da usare solo in ginocchio o strisciando.
Inoltre, alcuni schiavi vengono usati come camerieri, per riordinare e rifare i letti nelle camere delle Signore, per servire a tavola e via dicendo. In questi casi, vengono usati accorgimenti umilianti, come il travestimento da servetta, o apparecchi costrittivi, come bavagli e catene, oppure più particolari, come i vassoi attaccati con mollette ai capezzoli o al pene. Avrete modo di vederli e subirli, comprendendone senza dubbio, l’efficacia.
Alcuni impieghi, come quello dell’uso di trainare le carrozze, o reggere le lettighe, necessitano di preparazioni più complesse, sia per l’educazione, che per gli attrezzi che si utilizzano. Gli schiavi usati come cavalli da traino, ad esempio, seguono un corso speciale di addestramento, portano una bardatura articolata e vivono nelle loro stalle.
Un altro esempio, è quello degli schiavi usati come forza motrice per i macchinari. In questo caso, non è necessaria una preparazione molto approfondita, ma il lavoro impone l’applicazione di misure costrittive e restrittive, molto strette e pesanti.
Un’ultima annotazione, riguarda la possibilità di utilizzare degli schiavi con compiti di sorveglianza e guida per altre vittime. Di norma, al Castello, questi impieghi sono molto rari, poiché qui le Dominatrici hanno possibilità e piacere di seguire personalmente queste funzioni. Più comunemente, invece, questa necessità si presenta alle Signore all’esterno che talvolta si vedono costrette ad affidare a schiavi fidati un ruolo, stabile o temporaneo, di controllo sulle vittime sottoposte. Qualora, comunque, ve ne sia il bisogno anche al Castello, possono essere dati incarichi temporanei di questo tipo. Se si tratta di controllare un lavoro, il sorvegliante risponde direttamente di tutte le mancanze dei suoi sottoposti. Se si tratta di aiutare le Dominatrici nell’infliggere torture, deve eseguire il suo compito in modo funzionale, rischiando punizioni a sua volta, se non ottiene i risultati voluti.
Non si deve confondere questo ruolo, con i casi in cui gli schiavi vengano messi in lotta fra di loro, poiché questa ipotesi rientra fra i divertimenti delle Signore e non ha a che fare col lavoro.

Fu con quell’ultima, ed abbastanza confusa spiegazione, che Miss Manuela concluse la lezione.
Controllò l’ora. Si alzò dalla cattedra, e senza altre parole, curò personalmente l’incatenamento, fra di loro, degli allievi.
A colpetti di frusta, li indirizzò all’uscita, conducendoli attraverso i corridoi, fino ad una sala, in cui un’altra squadra era già presente, al cospetto di Lady Mara e Miss Phoria.

(continua)
view post Posted: 14/2/2024, 12:30     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
21

F, agghiacciato, prese atto di avere sommato altre nuove, ingiuste e incomprensibili cause di punizione. Non c’era spazio per reclamare la loro ingiustizia, sia perché una simile facoltà non era concessa, sia perché, in ogni caso, sarebbe stato inutile. Infatti, ormai, aveva assimilato il principio, in base al quale, le Dominatrici erano sempre nel giusto, e potevano fare quel che volevano di lui, che, quindi, poteva solo subire ciò che veniva disposto.

- Per capire il procedimento disciplinare - continuava intanto Miss Manuela, va precisato che è regolamentato da una normativa dettagliata, che tutela sia l’ordinamento schiavista, che le singole Dominatrici, offese dalle mancanze. Esso, dunque, si articola in varie fasi, in cui sono definiti i ruoli di tutte la parti, siano soggetti od oggetti del procedimento stesso. Il primo e fondamentale soggetto, è l’Ufficio della Corte di Giustizia, un organo del Regno composto da Padrone: alcune ne fanno parte di diritto, per la loro origine nobiliare, altre sono nominate dalle elezioni, che vengono tenute periodicamente, fra tutte le Signore associate all’Organizzazione. Non è interesse di voi schiavi, sapere il significato della distinzione fra “Nobili” e “Associate”: vi basti sapere, che la nobiltà deriva dall’essere state fra le fondatrici del Regno o dall’avere svolto opere molto importanti, mentre le associate sono le signore che hanno aderito successivamente all’Organizzazione. Un altro soggetto, è l’Ufficio della Persecuzione, che svolge le funzioni dell’Accusa, anche questo composto in modo analogo. Nella fase iniziale del procedimento disciplinare, il ruolo principale è quello dell’Accusa, infatti l’Ufficio effettua controlli periodici degli stati di servizio, rilevando i casi di schiavi che, per la quantità o la qualità delle annotazioni negative, meritano di subire la procedura. L’Ufficio della Persecuzione, ogni anno, stabilisce alcuni indirizzi di massima per determinare la quantità e la qualità delle annotazioni, che suggeriscono l’adozione delle sanzioni disciplinari; inoltre, suggerisce alle Signore criteri di massima, per la valutazione delle mancanze e delle circostanze attenuanti ed aggravanti.
Quando l’Ufficio dell’Accusa riscontra l’utilità di procedere nei confronti di uno schiavo, provvede ad emettere nei suoi confronti un ordine di comparizione, che viene eseguito a cura del Corpo delle Guardiane. Si tratta, in questo caso, di un gruppo di Signore che si sono specializzate nella sorveglianza, custodia e repressione degli schiavi: ne avete già incontrate, e spesso ne incontrerete nelle varie attività. L’ordine di comparizione, comporta l’immediato utilizzo sullo schiavo di mezzi di costrizione severi, tali da consentire la sua facile individuazione, la cattura, e il trasporto. E' da escludere, la possibilità che in qualche modo possa sottrarsi all’obbligo di essere a disposizione dell’Ufficio della Persecuzione. L’ordine, può stabilire la comparizione immediata davanti all’Accusa, oppure può fissare data ed ora opportune, in relazione alla gravità della situazione e delle incombenze a cui lo schiavo è adibito. Qualora la comparizione sia differita, lo schiavo viene comunque tenuto, nel frattempo, sotto maggior controllo e viene inasprito il regime di privazioni a cui è sottoposto. Eventuali mancanze, commesse in questo periodo sono considerate per definizione molto gravi.
Un caso particolare rispetto a quanto ho detto, è quello di una diretta denuncia presentata da una Signora all’Ufficio della Persecuzione, con la richiesta di arresto immediato. Se l’Ufficio concorda con la denuncia, circa la gravità della situazione, cosa che avviene di regola, salvo casi estremi, l’ordine di comparizione con arresto comporta l’immediata imposizione allo schiavo del regime di carcere duro, con la sospensione di ogni altra attività. Nel caso normale, invece, lo schiavo viene portato a disposizione dell’Ufficio, che procede, senza particolari formalità, ad acquisire dalle Signore che hanno effettuato le annotazioni, la conferma delle stesse, e dell’intenzione di dare luogo al procedimento disciplinare. Le Signore interpellate, possono in questa fase, rinunciare all’annotazione, confermarla mantenendola però “sospesa”, oppure confermarla chiedendo che si proceda. Le rinunce, piuttosto rare, comportano la cancellazione dell’annotazione. Le sospensioni lasciano indenni le note, ma non vengono al momento considerate per l’avvio della procedura. Le conferme con richiesta disciplinare vengono contate e valutate nuovamente, per verificare se sussistono i soliti requisiti, di numero e quantità che giustificano l’azione. Se queste sono insufficienti, la procedura viene archiviata, con la possibilità che lo schiavo venga comunque sottoposto ad una punizione corporale, qualora l’Ufficio della Persecuzione la ritenga utile per la sua educazione. Ciò è considerato molto opportuno, visto che in questo modo, lo schiavo ottiene la cancellazione delle note negative, a cui le Signore hanno rinunciato. Nel caso di archiviazione, indipendentemente dall’inflizione di una punizione, non sono toccate le note “sospese” poiché esse rimangono nella disponibilità personale delle Signore che le hanno formulate.
Qualora le note rimaste, confermino la necessità di agire, l’Ufficio della Persecuzione emette l’ordine di arresto, e lo schiavo viene recluso in regime duro. Nella decisione di arresto, sia nel caso ordinario, che in quello particolare della denuncia diretta, si indica la Signora che svolgerà personalmente il compito dell’Istruttoria e si stabilisce la data della successiva udienza, durante la quale saranno formalizzate le accuse. Fino a tale udienza, lo schiavo viene sottoposto a gravi misure restrittive e costrittive, in modo che possa cominciare a riflettere sulle sue colpe e soprattutto che giunga adeguatamente indebolito all’inizio dell’istruttoria vera e propria. Di ciò si occupano le Guardiane, che agiscono seguendo gli indirizzi generali, o speciali, forniti dall’Ufficio della Persecuzione. Ovviamente, se l’udienza è vicina si applicherà allo schiavo un regime molto più pesante che nel caso contrario, e così pure se le colpe sono rilevanti, in modo che la vittima sia opportunamente preparata a subire le conseguenze delle sue mancanze. Mentre lo schiavo è recluso, l’Accusa, informa del provvedimento la Corte di Giustizia, e tutte le Signore che hanno fatto annotazioni.
La Corte si limita, per ora, ad una presa d’atto, mentre le Signore, anche quelle che avevano rinunciato alle note, possono confermare o modificare le loro posizioni, entro un termine fissato prima dell’udienza. L’accusa, quindi, fa il punto della situazione delle rinunce, delle sospensioni e delle conferme, per valutare una volta per tutte la sussistenza dei requisiti per procedere ulteriormente. Le sospensioni, anche in questo momento, non sono considerate fra i capi d’imputazione in modo autonomo, ma possono essere oggetto d’indagine, per essere valutate come circostanze aggravanti.
All’udienza, in presenza dello schiavo, l’Accusa redige l’atto che contiene le imputazioni, l’esito degli accertamenti svolti e le considerazioni conclusive. Nulla di ciò viene illustrato allo schiavo, che pertanto, resta all’oscuro dell’effettivo oggetto dell’indagine. Gli vengono invece comunicati i provvedimenti a suo carico, che si intendono adottare per lo svolgimento dell’istruttoria. La procedura, prevede una prima fase di torture, privazioni e restrizioni, in attesa di ricevere dalla Corte di Giustizia, le designazioni delle altre figure del processo. Tutto ciò, continua ad avere lo scopo di debilitare ulteriormente l’imputato, e renderlo così più utile alle indagini. Dopo le nomine della Corte, inizieranno gli accertamenti, e le prove, per valutare il pentimento dello schiavo, e rendere più efficace la funzione riabilitativa delle punizioni disciplinari. Sulla base di tali specifiche indicazioni, dunque, il Corpo delle Guardiane e la Rappresentate dell’Accusa, si occupano di preparare l’imputato al proseguimento del giudizio. Va detto che, per quanto improbabile, è possibile che alla prima udienza, un certo numero di cambiamenti d’opinione delle Signore, possa comportare il venir meno dei presupposti per l’azione disciplinare. Come nella fase precedente, in tale eventualità, l’Accusa archivia gli atti, modifica di conseguenza lo stato di servizio, ed infligge una punizione conclusiva d’immediata esecuzione.
Mentre lo schiavo resta a disposizione dell’Accusa, la Corte provvede a nominare la Signora che giudicherà il caso, ed inoltre, un’esperta sanitaria ed una Signora a tutela della difesa dell’imputato. La Giudice ha il compito di seguire le indagini dell’Accusa, di valutare le sue conclusioni, di sentire la Difesa e, quindi, di decidere sulla colpevolezza e sulle pene. L’esperta sanitaria, scelta fra le Signore del Corpo Sanitario, che è un’altra specializzazione di incarico, ha la funzione di controllare che le indagini, non comportino lesioni troppo gravi dell’imputato. La Signora incaricata della Difesa, infine, ha un ruolo assai particolare, poiché, seguendo le indagini, cercherà di vedere se esistono circostanze favorevoli all’imputato, dall’applicazione di attenuanti, ai casi di esagerazione delle imputazioni.
Non si tratta assolutamente di un avvocato difensore dello schiavo, ma piuttosto, di un soggetto utile per bilanciare le posizioni dell’Accusa. Viene normalmente scelta fra una lista di Signore che non rivestono altre funzioni in Organi principali del Regno. In caso di procedimenti che si presumono sbrigativi, la Corte può anche soprassedere a tale nomina. La Signora della Difesa, se designata, ha la particolare facoltà di nominare l’avvocato dell’imputato. Si tratta di uno schiavo, di sua proprietà o comunque a disposizione del Regno, che la Signora può affiancare all’imputato, durante le indagini. In pratica, la Difesa potrà consentire all’avvocato di esprimere le possibili scuse dell’imputato.
In tal caso, se sarà ammesso a parlare, anche l’avvocato sarà soggetto a torture e restrizioni. Inoltre può capitare, che nel caso di impossibilità fisica dell’imputato a sopportare le torture dell’indagine, tocchi all’avvocato di subirle in sua sostituzione.
Prima di procedere con l’analisi delle successive udienze istruttorie, bisogna precisare, che oggetto dell’indagine non sono tanto le circostanze di fatto, ma l’accertamento della consapevolezza della colpa da parte dell’imputato, ed il suo profondo pentimento. Infatti, l’azione disciplinare, non ha una funzione puramente punitiva, ma serve a rafforzare nell’imputato i principi della schiavitù, ad ottenere il suo ravvedimento, e ad estirpare ogni possibile tentazione ribelle.
E’ per questo che l’istruttoria si svolge con metodi inquisitori: l’imputato viene torturato, finché lo si ritiene pronto a manifestare il proprio pentimento, quindi lo si interroga, per verificare se ha capito le sue colpe e se intende ravvedersi.
Se l’esito non è soddisfacente, perché non sembra pentito o perché si ostina a non ammettere le colpe, si riprende con la tortura e con gli interrogatori. Se l’esito è soddisfacente, si ripete egualmente la tortura, per accertarsi che non si tratti di un pentimento di comodo, poi si sospende la sessione di indagine per un tempo adeguato. Alla successiva ripresa, l’imputato viene nuovamente torturato ed interrogato, fin quando si ha la conferma degli esiti della sessione precedente.
Solo allora, si può dichiarare conclusa l’istruttoria, a meno che la Giudice, non intenda ripetere le prove, fino a quando riterrà opportuno, per ottenere il suo convincimento.
Non fa parte della lezione la descrizione delle torture e degli interrogatori. In questa occasione, è sufficiente ribadire che l’istruttoria si svolge alla presenza della Giudice, della Sanitaria, dell’Accusa, nonché della Difesa e dell’avvocato, se ci sono. L’Accusa propone il suo metodo di indagine, la Giudice l’approva o lo corregge, e quindi si procede all'esecuzione. Gli interrogatori, sono svolti dall’Accusa, e la Giudice può fare domande dirette, ovvero autorizzare le domande della Difesa. Dopo l’interrogatorio, l’Accusa e la Difesa esprimono le loro valutazioni, e la Giudice decide sul valore da assegnare all’esito, con le conseguenze del caso circa la ripresa delle torture. Qualora la Giudice ammetta a parlare l’avvocato, su richiesta della Difesa, dispone contestualmente le torture a cui sottoporlo prima, dopo, e durante il suo intervento. Così pure compete alla Giudice, ordinare la sostituzione dell’imputato con l’avvocato, qualora la Sanitaria abbia verificato l’impossibilità fisica del primo a sostenere altre torture. Naturalmente, per motivi sanitari, è possibile interrompere o sospendere l’istruttoria, ed è in genere la Difesa, ad occuparsi di questo tipo di istanze.
L’istruttoria, si conclude con il convincimento della Giudice circa la colpevolezza dell’imputato, ed il suo grado di pentimento. La Giudice quindi, stabilisce la data della pubblica udienza per il dibattimento, a cui sono invitate tutte le Signore che hanno fatto le annotazioni per le quali si è proceduto. L’udienza, è solitamente vicina alla fine dell’istruttoria, per cui, l’imputato vi giunge in condizioni molto gravi, provato dalle torture, e privo di resistenza, come si conviene ad un vero penitente. Al dibattimento, l’Accusa ripete i capi di imputazione, spiega l’andamento dell’istruttoria, descrivendo le torture applicate e gli esiti degli interrogatori, e infine formula le imputazioni conclusive. La Difesa, o l’avvocato sotto tortura, espongono le ragioni a discarico dell’imputato. Infine quest’ultimo, manifesta pubblicamente le sue colpe ed il suo pentimento. La Giudice, a questo punto, chiede alle Signore che sono intervenute, di esprimere un sintetico parere sullo schiavo, e sugli atti esposti. Ottenuto ciò, può pronunciare la Sentenza, con la quale si definiscono le colpe attribuite, si stabiliscono le punizioni conseguenti, vengono disposte eventuali ulteriori misure cautelari e si dispone la cancellazione delle note, emendate dalla pena e dal pentimento. Tutte le altre restano: sia quelle “sospese” che quelle che la Giudice abbia deciso di lasciare, per riservare la possibilità di un ulteriore giudizio. E’ questo un particolare molto importante, poiché ha la conseguenza di rendere possibile un nuovo procedimento, sulle stesse colpe già imputate allo schiavo, ma non definite col giudizio. Teoricamente, è perfino possibile che la Giudice, dopo aver disposto la pena, non
cancelli alcuna nota, il ché, comporterebbe l’immediato avvio di un nuovo procedimento disciplinare alla fine della punizione.
Circa l’esecuzione della punizione, va detto che la competenza a provvedervi è del Corpo delle Guardiane, che si avvalgono della collaborazione delle Sanitarie, per valutare le condizioni fisiche della vittima, con la supervisione dell’Ufficio della Persecuzione. Le pene possono essere istantanee, cioè destinate ad esaurirsi in una sessione di tortura, o durature, cioè protratte nel tempo.
Le pene istantanee, come la fustigazione, vengono eseguite pubblicamente, alla presenza delle Signore e degli schiavi. Possono essere di varia durata e gravità, ed hanno in comune, il fatto che la vittima viene esibita durante l’esecuzione, in modo che tutti ne possano apprezzare l’efficacia.
Le pene durature, come la reclusione in carcere duro, o l’applicazione di gravi regimi di costrizione, o privazione, si svolgono in un arco di tempo più lungo, per cui non si tratta di una pubblica esibizione, fermo restando, che qualunque Signora può verificarne lo svolgimento, ed assistere o partecipare alle sessioni di tortura, che sono previste nel loro ambito.
Mentre le pene istantanee, consentono l’immediata ripresa delle attività di servizio per la vittima, quelle durature, comportano l’esclusione dalle stesse, per il tempo necessario all’esecuzione.
Va detto, che solo per le colpe più lievi, è prevista soltanto la pena immediata, e che, in genere, una pena duratura segue all’esecuzione della prima. Così, ad esempio, può capitare che per una colpa di media gravità, la Sentenza condanni l’imputato a subire una fustigazione di cinquanta colpi, con esibizione alla gogna per due giornate, oltre al carcere duro per quindici giorni, con sessioni di tortura previste ogni due giorni, e della durata di sei ore nette ciascuna. Questo, è un classico esempio del contenuto di una Sentenza, ed è importante tenere presente che le decisioni sulle pene, riguardano solo la Giudice, che si basa sull’esperienza, sulla sua valutazione dell’istruttoria, sui pareri delle Dominatrici sentite in dibattimento e su alcuni indirizzi periodicamente formulati dalla Corte di Giustizia, circa la convenienza di utilizzare certe torture piuttosto che altre.
Oltre alle punizioni in senso stretto, la Sentenza può disporre l’applicazione di cosiddette “precauzioni”, quali metodi di privazione o costrizione da imporre allo schiavo durante l’attività, per disincentivare la sua tendenza a commettere mancanze. Ve ne sono di vari tipi, ed anche in questo caso, compete solo alla Giudice deciderne la natura e la durata.
Si tratta, comunque, di misure che consentono allo schiavo di espletare le mansioni di lavoro a cui deve essere adibito, e che hanno la caratteristica di rendere più gravosa o umiliante la sua condizione.
Va fatto un ultimo chiarimento, nel caso che scada il periodo di permanenza dello schiavo al Castello, prima del completamento della punizione, o del periodo previsto per la misura precauzionale. In primo luogo, si cerca ogni modo possibile di prolungare la permanenza e consentire la totale somministrazione della pena. Se proprio non è possibile, lo schiavo dovrà finire di scontarla al suo rientro. Naturalmente, se nel frattempo ha recuperato una certa dose di energie, si provvede ad una sessione aggiuntiva di tortura, adeguata a riportarlo nelle condizioni fisiche e mentali, in cui era quando se n’è andato.
Per concludere, sottolineo che tutte le operazioni del procedimento disciplinare, dall’inizio alla punizione, vengono filmate. I filmati, vengono utilizzati, sia durante il processo per documentarne lo svolgimento, che a scopo ricreativo, per le Padrone, ed educativo per gli schiavi. Avrete modo di assistere ad un estratto di questi filmati, per rendervi conto dell’efficacia di questi metodi, anche se, personalmente, ritengo che nessuna immagine possa descrivere adeguatamente, l’atmosfera che si respira durante le sessioni di tortura dell’inquisizione.

Con quelle parole, Miss Manuela concluse la sua lunga ed approfondita dissertazione. Rimase quindi in silenzio, per consentire ai suoi allievi di assimilare quanto aveva spiegato.
F e gli altri, da parte loro, erano attoniti per la crudezza della lezione. Il meccanismo disciplinare appariva diabolicamente crudele, ed era difficile scegliere quale aspetto poteva essere più atroce. Era angoscioso il fatto che esistesse una procedura tanto perversa, e che le Signore avessero organizzato, uffici e regolamenti, finalizzati a somministrare tanto patimento alle vittime. Era allucinante, il fatto che non fosse previsto che l’imputato fosse a conoscenza degli addebiti, e che l’inquisizione pretendesse un suo pentimento, senza alcuna possibilità di discolpa. Era sicuramente atroce, il metodo con cui venivano disposte le torture durante l’istruttoria, e ci si poteva facilmente immaginare quanto crudeli fossero le possibili punizioni, di qualunque tipo e durata fossero. Era, ancora, una beffa perversa il ruolo della Difesa, e soprattutto, quello dello schiavo “avvocato”.
In sostanza, appariva diabolico, il fatto che la complessa procedura, finisse col giustificare ogni tipo di arbitrio e di tortura, senza lasciare scampo alcuno, addirittura, consentendo il fatto che si potesse essere nuovamente processati per le stesse colpe.
F, si sentiva sull’orlo del baratro, tenuto conto che nel giro di poche ore, gli era stato più volte minacciato l’avvio a suo carico di un procedimento di quel tipo. Sapeva di non avere scampo, e poteva solo sperare, di sfuggire alla persecuzione delle Dominatrici che avevano scelto di prenderlo di mira.

(continua)
view post Posted: 12/2/2024, 13:12     +1Prostituta - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito laravlush, autore anonimo
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La Padrona da tempo controlla il mio orgasmo e da tempo non mi permette di accoppiarmi con le donne.
I miei orgasmi consistono solo in masturbazioni sempre in situazioni umilianti e degradanti, oppure mi obbliga a subire un pompino da qualche suo amico gay ricordandomi che prima o poi dovrò anche io essere pronto a fare qualche pompino.
Il giorno del mio compleanno la Padrona mi dice.
“Sei stato bravo e quindi ti permetto di accoppiarti con una donna. Stasera ti porterò a donne”.
Non posso credere alle mie orecchie!
Non sto nella pelle, anche se devo dire che mi spiace far sesso senza la Padrona. Il sogno dello schiavo è che un giorno la Padrona voglia usare il suo corpo al punto di scoparmi solo per dimostrare che sono un semplice oggetto di cui lei dispone come meglio crede.
Arriva sera dopo che per tutto il giorno la Padrona mi ricordava l’evento con frasi del tipo: “Allora sei pronto? Allora sei contento che stasera forse scopi? Secondo me non ti tira più ... non farmi fare brutte figure” e io che continuo a pensare a cosa avrà in mente. Inizio a scartare l’ipotesi che mi porti in qualche locale a lasciarmi provare a rimorchiare perche’ la vedo troppo sicura che concluderò. Penso ad un locale di scambisti. ma so che lei non accetterebbe di andare con chi capita e quindi resto sempre più inquietato e del resto ho scartato l’ipotesi che mi mandi a prostitute perchè ha detto che lei sarà con me. Così alla fine penso che forse ha un’amica brutta che non trova un maschio. Chissà, le vie della Padrona sono imperscutabili.

Dopo cena saliamo in macchina e Lei mi indica la strada: gira di qua, gira di la’ ….
Poi mi fa accostare e mi aggancia il guinzaglio. “Oddio ma cosa ha in mente ?”
Gia’ mi ha fatto tenere la cintura di castità e non capivo, ma ora sono ancora piu’ confuso.
Mi fa accostare mentre attendiamo un suo amico. Arriva, sale con noi un suo amico Master che gia’ conosco ed il mistero si infittisce ancora di più.
Vengo fatto mettere sul sedile posteriore, guida il Master. Mentre parlano capisco che stiamo andando a prostitute. Non ci posso credere: mi porta a prostitute con il guinzaglio, la cintura di castità, con lei presente e un altro maschio!?! Ma chi trovermo? E poi io non sono avvezzo ad andare con le prostitute, io ormai godo solo con i piedimi della Padrona, con masturbazioni e sono sottoposto ad astinenze lunghe, non sono mai andato con una prostituta.
il Master si dimostra esperto conoscitore della zona e delle prostitute. Ne conosce diverse che non si fanno problemi ad accostare una macchina con ben tre persone a bordo. Finalmente ne scelgono una. Il mio imbarazzo è impressionante, quasi mi vergogno a guardarla perche’ il Master, senza tanti giri di parole, le ha detto qualcosa del tipo:
“Dobbiamo farlo scopare“.
La ragazza mi guarda, prima vuole i soldi, poi vede il guinzaglio e ride.
Il Master dice “Non ti preoccupare, sai e’ il nostro schiavo e lo facciamo divertire”
(Nostro? Da quando? Io sono lo schiavo della Padrona….).
ovviamente non dico nulla. Mi sganciano il guinzaglio e mi ordinano di abbassare i pantaloni e io eseguo.
La ragazza vede la cintura di castità , si scosta un attimo e chiede:
“Ma come faccio con sto coso?”
Interviene la Padrona: “Ora lo togliamo, sai lui non puo’ avere il controllo del suo cazzettino”. Quindi mi passa la chiave, mi libero e la ragazza inizia a toccarmi e sento la Padrona che dice:
“Sai, non è necessario che lo scopi, devi solo farlo venire, scegli tu come“
La ragazza allora entra un po’ di piu’ nella parte: capisce che potrebbe guadagnarsi i soldi senza nemmeno scopare e quindi inizia con una sega e poi un accenno di pompino.
La Padrona ride e mi mostra i piedini perchè sa che io posso godere solo con quelli. Cosi’ mentre la ragazza pompa io guardo i piedi padronali, la Padrona mi fa un cenno facendomi capire che ho il permesso e così mi libero.
Ancora non ho finito di godere che la Padrona mi dice: “Non hai ringraziato !“
Io ringrazio mentre sto per levarmi il preservativo e la Padrona mi dice.
"Su, hai goduto, ora bevi tutto”
Io la supplico con lo sguardo e la prostituta stessa ha un’esclamazione del tipo “ma no poverino” e la Padrona aggiunge: “Come no … lui è abituato così, se gode deve bersela”.
Svuoto il preservativo nella mia bocca.
La ragazza scende dalla macchina e noi ripartiamo.
Credo di non essermi mai sentito cosi’ umiliato in vita mia.

Dopo la prima volta con una prostituta la Padrona una sera mi dice che saremmo andati con il suo amico Master e che mi sarei divertito.
Questa volta intuisco già come finirà. Fortunatamente mi aveva fatto togliere la cintura di castità e non mi aveva ordinato di rimetterla. Credo ad una dimenticanza. Di solito la porto sempre, io non ho l’ordine di decidere: se la Padrona non mi ordina di metterla io non devo metterla anche se poi magari mi sgrida. Ma una volta che ho osato rammentarlo o peggio metterla senza l’ordine fui punito.
In quelle circostanze capii che la Padrona era contenta del mio comportamento, o comunque non era contrariata, ma per natura mi punisce se faccio qualcosa di mia spontanea volontà senza che mi venga ordinato. Questa è una tecnica della Padrona che alla fine mi dimostra che qualsiasi cosa io faccia è sempre sbagliata. Se chiedo o avviso sbaglio, se non lo faccio sbaglio. Così lei mi punisce come e quando vuole, tanto un motivo lo trova sempre e io imparo che sono inadeguato alla sua presenza. Lei è superiore e quindi il solo fatto di essere ammesso al Suo cospetto è un onore.
Ero senza cintura di castità, dicevo, ma il collare lo avevo. Mi aggancia il guinzaglio e andiamo.
Il Master come sempre dimostra di conoscere l’ambiente e le ragazze. Ne scelgono una che sale in macchina. Pago e la Padrona le dice:
“Non mi interessa come, basta che lo fai venire, anzi meno gli fai e meglio è, tanto lui deve godere lo stesso”.
La ragazza sembra un po’ perplessa ma evidentemente conosce bene il Master e non dice nulla. Inizia a spogliarsi, le vedo il seno … e la Padrona mi dice:
“Ringraziala, guarda che brava, ti fa vedere anche le tette”
Io ringrazio, poi la ragazza si sta toglie gli slip e il Master aggiunge:
“Uh dai che oggi vedi una fica, ti va bene!”
La ragazza si ferma, forse infastidita o forse per capire, guarda il Master, evidentemente lo conosce, e la Padrona aggiunge:
“Ma a lui non serve la fica o il culo, a lui bastano i piedi. Mettigli un piede in faccia e che si faccia una sega che per lui è gia’ troppo”.
La ragazza mi guarda, io abbasso lo sguardo e lei capisce, si toglie una scarpa e mi piazza un piede sul naso e così facendo allarga un po’ le gambe, per un attimo le vedo la fica: quella cosa che ormai da tempo non vedo più, se non quando la Padrona fa i suoi bisogni su di me e per caso per cercare di guardare tutto spalanco gli occhi.
La ragazza mi dice: "Dai vieni così, ti piacciono i piedi ?"
Le rispondo di sì, controllo la Padrona che per il momento non mi ha ancora fatto capire se posso o se non posso godere.
La Padrona inizia a dire che sono un impotente, che non mi si rizza più con la fica, che il massimo che posso avere sono i piedi … che non scoperò mai più.
La ragazza mi tiene i piedi in faccia e sento la Padrona dire:
“Dai su allora quanto ti ci vuole a venire? O vuoi farti una sega dopo a casa, nella cuccia, tutto solo?"
Capisco che posso godere così mi sego mentre il piede della ragazza è sulla mia faccia.
La Padrona mi dice: “Baciale il piede mentre vieni e ringrazia”.
Cosi’ faccio, vengo baciando i piedi di una prostituta mai vista prima, ho pagato solo per farmi una sega, ma la Padrona è contenta di dimostrare il suo potere e quindi io sono FELICE. Felice di essere sempre piu’ degradato e sempre meno maschio, tanto che, anche questa volta, ho dovuto svuotare il preservativo nella mia bocca.

Sono anni ormai che sono al servizio di Padrona Lara.
Il mio percorso di crescita nella sottomissione e nell’appartenenza e dipendenza è stato lungo, ma sempre pieno di soddisfazioni. Lara mi ha portato a superare, piano piano, parecchi limiti e ad impormi sempre più restrizioni e dipendenze oltre a piccoli rituali che sono ormai diventati dei piacevoli meccanismi automatici.
Nel percorso Lara mi ha iniziato a imporre restrizioni sessuali, prima impedendomi di andare con donne, poi impedendomi di toccarmi se non con suo ordine, poi impedendomi di toccarmi se non in sua presenza e su sua concessione. Peraltro, quando ricevo il permesso di toccarmi, non sempre mi è consentito di venire: a volte vuole che arrivi al punto e poi mi ferma e mi lascia a contorcermi. Quando mi permette di venire è sempre in modo umiliante e spesso doloroso. Di fatto, quindi, sono anni che non faccio sesso, a parte la masturbazione.
In verità ciò non è del tutto vero, infatti mi è concesso quando c’e’ qualche suo amico gay o qualche sottomesso che vuole essere umiliato da un maschio allora vengo chiamato. Poi c’e’ un altro momento in cui mi permette di approcciarmi al sesso, e in questo caso con donne, e cioè in occasione del mio compleanno, del Natale (ma solo se sono stato bravo) e quando, a suo insindacabile giudizio, mi sono distinto particolarmente e l’ho resa felice o per lo meno sono stato quasi all’altezza delle aspettative padronali.
Per queste occasioni una volta c’era Master, un carissimo amico della Padrona, grande persona, gentile e buono nella vita “quotidiana” e Master nella sfera privata-sessuale. Master conosceva tutte le prostitute della zona e così io venivo portato in macchina a prostitute. Queste conoscendo Master non si facevano problemi ad accettare la presenza di Master e di Lara oltre alla mia. Io ero sempre portato o con il collare o con la cintura di castità.
Le cose peggioravano sempre più come atto sessuale, infatti Lara spiegava sempre loro che:
“E ‘ il mio schiavo e ovviamente non può far sesso. Gli concedo una volta ogni tanto di potersi svuotare. Fallo godere come ne hai voglia” più o meno questo era il concetto.
Così la prima volta potei venire con un pompino. Piano pogressivamente, sia da quel che diceva la Padrona, sia penso dal conoscere Master e dal vedermi cosi’ conciato, il sesso diventava sempre meno. Infatti la seconda volta potei venire guardando la fica ed il culo della prostituta, ma facendomi una sega. un’altra volta dovetti leccare la fica e così chi godette fu la prostituta e io venni poi obbligato a segarmi mentre ridevano tutti e tre. Ricordo una volta che fui fatto scendere dalla macchina e mi dovetti inginocchiare per terra mentre leccavo i piedi ad una prostituta e mi segavo. Insomma negli ultimi 4 anni il sesso per me era solo o pompini da maschi oppure umiliato anche da prostitute (che almeno potevo toccare un po’) oppure toccandomi ma solo in sottomissione alla Padrona.
Oggi, purtroppo, Master non c’e’ più e quindi è diventato tutto più difficile. Lara pero’ ha voluto comunque concedermi il mio sfogo sessuale meritato (era un anno che non vedevo donna e sono 4 anni che non scopo una donna).
E’ iniziata una ricerca perche’ non è facile approcciare una sconosciuta e chiedere che anche una donna possa assistere. Alla fine ne troviamo tre e Lara ne sceglie una, avrebbe voluto anche la foto ma non c'era.
Ci presentiamo ma Lara inizialmente non svela la natura del nostro rapporto. Credo che la prostituta pensi che siamo una coppia un po’ strana, dove o il maschio vuole che la donna veda per imparare qualcosa, o dove la donna vuol vedere il maschio scoparsi un’altra o magari pensa che alla fine vogliamo farlo in 3. Non so, sono cose che mi passano per la testa senza un vero riscontro. Ricordo solo che la prostituta è giovane e carina, con due belle tette, ma nulla di che, non certo una che ti giri se la incontri per strada, ma nemmeno un’anziana carampana come avrebbe potuto succedere.
Lara mi dice: “Ti è andata bene, guarda come e’ bella”.
Insomma iniziamo. Lara guarda e interagisce, da “suggerimenti”, ma inizialmente è anche imbarazzata. La prostituta inizia con una spagnola e inizia a leccare un po’.
Finalmente giunge il momento di penetrarla, finalmente dopo oltre 4 anni mi faccio una scopata.
Sto per penetrarla la cappella entra e Lara indicando un guinzaglio esclama: "MA COSA E’ QUELLO?"
Ci fermiamo. La prostituta dice che, a volte vengono feticisti o uomini che vogliono fare i cagnolini.
“Bene” esclama Lara “può indossarlo?“ e così mi mettono il guinzaglio (è pure un guinzaglio a strozzo).
“Io lo tengo al guinzaglio mentre ti scopa” dice Lara.
Ricominciamo, ma ogni volta che sto per penetrarla Lara tira il guinzaglio soffocandomi e impedendomi di proseguire.
La cosa va avanti per tre/quattro volte. La prostituta inizia un po’ a irritarsi ha paura che la cosa vada per le lunghe. Lara capisce e dice:
“Tranquilla ti paga una doppia sessione e poi puoi farlo venire anche senza scopare se vuoi”.
Penso di aver maledetto tutti gli dei dell’olimpo.
La ragazza si rilassa. Io ormai quasi non respiro più. La ragazza inizia con una sega io capisco che sto per venire.
Supplico: “No la prego non così” … dico cose strampalate alle orecchie della ragazza del tipo “... sono quattro anni ...”, “...non lo merito...”, “pietà”.
Ma ormai la ragazza non mi considera più e guarda Lara in tono interrogatorio … ha capito chi comanda.
E Lara le dice: “Vuoi farlo venire in fretta? Dagli un piede e permettigli di venire sui piedi” .
E così dopo 4 anni senza scopare finisco venendo sui piedi di una prostituta mentre Lara tira ancora il guinzaglio dicendomi:
“Brava la ragazza vero? Ringraziala!“.
Ecco questa è Lara, questo è il mio stato, questo è come posso fare sesso.
Eppure sono felice di appartenere a Lara, padrona del mio pensiero, della mia anima, del mio sesso e delle mie venute.
view post Posted: 11/2/2024, 13:17     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Solo quando fu nel corridoio F comprese che era già mattino e così si rese conto di aver trascorso la notte intera alle prese con l’atroce esercizio.
Anche se non si vedeva nessuno, poteva udire i rumori tipici dell’attività: lontane urla delle Signore, suoni di passi e sommessi gemiti di qualche schiavo, che echeggiavano fra corridoi e stanze.
Il gruppo di F, fu portato in un locale disadorno dove le Padrone, senza commenti, consegnarono loro una ciotola, con un po’ d’acqua torbida ed un pezzo di pane raffermo e ammuffito. Inginocchiati a terra, e sempre ammanettati, i tre poterono placare almeno in minima parte, l’arsura, e gli spasmi dello stomaco.
Subito dopo furono portati nella stanza che serviva da gabinetto per gli schiavi, dove ebbero il tempo per pisciare e sciacquarsi il viso. Dopo essere stati tanto a lungo nel caldo umido della palestra, rabbrividirono per il freddo del locale e soprattutto per l’acqua gelida. Del resto, non furono lavati col getto, né poterono radersi, visto che le due Signore avevano molta fretta.
Rapidamente li accompagnarono all’aula di Miss Manuela, che, con la sua solita espressione annoiata, li stava aspettando.
Con lei, c’erano la Guardiana, Lady Cotton, e lo schiavo che aveva sostituito F nelle torture di quest’ultima.
- Eccoli arrivati- commentò la Guardiana sogghignando, però mi pare che la lezione comincerà in ritardo!
Lady Mara squadrò F di traverso, poi scosse le spalle.
- Miss Manuela - disse - è la responsabile dell’istruzione, e può assumere i provvedimenti che ritiene più opportuni.
L’Istruttrice chiamata in causa non si scompose minimamente.
- Al momento non ho intenzione di somministrare punizioni - sentenziò - pertanto farò annotare una nota di biasimo a tutti e tre i ritardatari … e mi pare che qualcuno di loro ne stia collezionando in quantità!
F non sottovalutò il fatto che quel commento era sicuramente rivolto a lui, ma ormai si era rassegnato a subire note negative e conseguenti punizioni per cose di cui non era responsabile. Del resto era chiaro che non avrebbe mai potuto difendersi eccependo che il ritardo, di cui nulla sapeva, era stato causato solo dalle Dominatrici.
- Avessi saputo che se la cavavano con così poco - commentò Lady Cotton - avrei tenuto la mia vittima ancora per un po' alla tortura: avrebbe giovato alla sua educazione, ma soprattutto al mio umore!
- Avrai presto modo di sfogarti ancora, sia su di lui, che sul vero responsabile dell’oltraggio - replicò la Guardiana - soprattutto quello lì, che ormai ha una serie di annotazioni tanto lunga da giustificare quanto prima un procedimento disciplinare.
- Sui provvedimenti disciplinari si pronuncerà la Corte Penale, quando sarà il momento - intervenne Lady Mara un poco stizzita - per ora, mi pare che possiamo lasciare Miss Manuela alle sue attività.
La Guardiana non aggiunse altro, e con aria di sufficienza, fece per incamminarsi verso la porta.
- Ti seguo - disse Lady Cotton alla Guardiana - ma vorrei solo fare un’ultima cosa ...
Ciò detto afferrò per il collare lo schiavo che aveva sostituito F e lo fece alzare, portandoglielo davanti.
Bastava dargli una sola occhiata, per immaginare com’era stata la notte passata con l’Aguzzina. Aveva le natiche, il fondo schiena e le cosce, interamente ricoperte di lividi violacei, con molte vistose striature più scure, segno delle nerbate più violente. Il resto della schiena, fino alle spalle, era marcato da strisce profonde, tipiche delle fruste più lunghe, mentre il torace ed i polpacci, recavano le impronte di bastonate e di duri colpi di verga. La carne, un po’ dappertutto, aveva ancora impressi i segni delle catene, che lo avevano imprigionato strettamente, e le ammaccature, lasciate da percosse e strumenti costrittivi.
Anche sul viso, c’era qualche tumefazione, ma soprattutto, colpiva l’espressione annebbiata dello schiavo, evidentemente molto provato, dalla tortura e dall’insostenibile stanchezza. Malgrado le sue penose condizioni, F, non potè non notare un velo di rabbia calare sullo sguardo, quando gli si posò addosso, anche se solo per un istante.
Evidentemente, Lady Cotton era perfettamente riuscita ad instillargli l’odio verso di lui.
- Guardalo bene - ribadì la Dominatrice allo schiavo, indicandogli F - questo animale è la causa delle tue sofferenze ... sono certa che avrai modo di ricambiarlo!
- Ehi! - intervenne ancora Miss Manuela - si fa sempre più tardi, e la lezione di oggi è lunga!
- Il ritardo dipende tutto dal solito colpevole - reagì Lady Cotton, sbottando infastidita - non so cosa aspetti a punirlo adeguatamente.
- Ho già detto che non ho tempo - replicò Miss Manuela, tornando d’improvviso alla sua solita aria, fra lo svagato e l’annoiato - Comunque, questo ulteriore ritardo, comporta certamente una nuova annotazione negativa: segnerò che il comportamento dello schiavo, rallenta gravemente l’istruzione, e che considero questa una mancanza rilevante. Ora vorrei riprendere il mio corso senza altre interruzioni ...
Con un cenno di saluto, tutte le Signore uscirono dall’aula, lasciando finalmente campo libero a Miss Manuela, che fece mettere gli schiavi in ginocchio, un po’ distanziati l’uno dall’altro.

Mentre l’Istruttrice cominciava la lezione, F rifletté per un'istante su quanto era avvenuto.
La prima considerazione, era che in pochi minuti aveva ricevuto due note negative, una delle quali solo per lui, e dichiaratamente “rilevante”
Cosa significasse quell’aggettivo non era chiaro, ma era evidente che si trattava di una nota più grave della precedente.
In secondo luogo, non poteva far altro che constatare che Lady Cotton era pienamente riuscita a scatenargli contro l’altro schiavo e, cosa ancor più angosciosa, le macchinazioni oscure della Guardiana arrivavano a segno, mettendolo in una luce sempre peggiore con un gran numero di Dominatrici.
Infine, non gli sfuggì l’impressione che, fra gruppi di Signore, vi fosse una qualche rivalità. Non poteva capire se essa dipendesse dalla diversità di ruoli fra Guardiane e Istruttrici, da motivi di affinità personale o dall’esistenza di vari schieramenti.
Certo era, che la Guardiana aveva tenuto un atteggiamento sprezzante verso Miss Manuela, aveva ignorato Miss Phoria, e sembrava sfidare Lady Mara, malgrado questa apparisse più autorevole delle altre. Lady Cotton, era evidentemente dalla parte della Guardiana, ma non era facile capire se fra le due l’intesa fosse stabile od occasionale.
Quel che era, invece, drammaticamente certo, era che anche quel tipo di rivalità strisciante fra le Signore, si trasformava nel motivo per infliggere ulteriori pene alle vittime, e in definitiva F non poteva non vedersi come sacrificato nello scontro tra fazioni che non lo riguardavano.

La lezione di Miss Manuela, consisteva in una lunga spiegazione su regole, procedure interne al Castello, e norme di comportamento per gli schiavi.
L’Istruttrice prese a parlare a voce bassa e monotona, quasi volesse sfidare l’attenzione dei suoi allievi, già inebetiti dal sonno e dalla stanchezza fisica.
In parte, la lezione ripeteva argomenti già più volte affrontati, come il ribadire che gli schiavi erano sottomessi al Dominio delle Signore, che non avevano alcun diritto, che si pretendeva la loro assoluta obbedienza, che non potevano sottrarsi al capriccio ed all’arbitrio, che l’uso che si faceva di loro, era finalizzato al divertimento ed alla comodità delle loro Aguzzine. D’altra parte, l’Istruttrice entrò nel dettaglio, con un’analisi più approfondita, di tutta una complessa serie di leggi che regolavano, come lei stessa disse, l’istituto della schiavitù, così come applicata al Castello.

- Anche se la regola a cui siete sottoposti è l’asservimento all’arbitrio delle Dominatrici - disse - ciò non esclude che vi siano delle norme che regolano la nostra organizzazione. Vi è già stato spiegato, che a queste leggi siete assoggettati per il solo fatto di essere qui, e che delle infrazioni ad esse siete pienamente responsabili, anche se non vi sono state ancora spiegate.
Ciò posto, il programma educativo prevede la loro spiegazione, in modo che ne possiate apprezzare alla perfezione i contenuti. In primo luogo, è bene che teniate presente alcuni principi fondamentali, che riguardano la condizione di schiavo e la supremazia delle Signore.
La prima norma è che nella nostra organizzazione, che chiamiamo Regno, i maschi sono esseri inferiori, e per questo schiavi. Non ci sono eccezioni.
Le Femmine, invece, sono tutte Dominatrici, Signore e Padrone
Voi schiavi siete oggetti, la vostra funzione è solo di obbedire.
Noi Padrone, possiamo fare ciò che vogliamo, comandiamo ed imponiamo la nostra volontà.
Conseguenza logica e diretta di tutto ciò, è che per gli schiavi è obbligatorio obbedire e non potete fare altro.
Quindi, ciò che non è obbligatorio, cioè comandato, è da considerarsi vietato.
Soprattutto, è vietato a voi schiavi pensare ed agire per propria scelta.
Non essendovi riconosciuti diritti o facoltà autonome, non potete far altro che eseguire strettamente ciò che vi è comandato.
Naturalmente dovete organizzarvi, per rispettare nel miglior modo, sia gli ordini che il buon funzionamento del Regno. Quindi, si pretende che vi diate da fare per raggiungere questi scopi, e che il vostro comportamento sia sempre perfetto.
Non vi è concesso alcun potere di valutazione sulla qualità degli ordini, ma dovete solo obbedire, in modo da realizzare i risultati che sono necessari. In pratica, qualora vi sia impartito un ordine in modo sbrigativo, dovrete darvi da fare per capirlo alla perfezione, ed eseguirlo al meglio, per soddisfare, sia la volontà di chi vi ha comandato, che gli obiettivi generali del Regno. Se non ci riuscite, se non capite, se eseguite maldestramente, risponderete della vostra colpa, anche se l’ordine era incompleto o sommario.
In sostanza, si parte dal presupposto che gli ordini sono tutti giusti, e che eseguirli nel modo migliore e corretto è un problema solo vostro.
Può capitare che uno di voi riceva due diversi comandi: anche in tal caso, l’obbedienza ad entrambi è un obbligo e la disobbedienza ad uno di essi è una grave colpa.
Non ci sono scusanti e non ci sono deroghe.

Miss Manuela fece una breve pausa, affinché i suoi allievi riflettessero su quanto aveva detto.
Si trattava di principi semplici, che evidentemente, potevano avere conseguenze aberranti, ma era del tutto chiaro, che per le Dominatrici, le quali avevano sempre e comunque ragione per definizione, non era un problema: il problema si riversava tutto sulle loro vittime.

- Faremo più tardi qualche esempio, affinché possiate rendervi bene conto di come si applicano queste norme - riprese Miss Manuela.
- Adesso invece, voglio proseguire ribadendo, che l’uso degli schiavi come oggetti, ed il fatto che agli schiavi non siano riconosciuti diritti e facoltà, comporta come conseguenza un’altra semplice regola: tutti i vantaggi conseguiti da uno schiavo, nello svolgimento delle attività che gli sono comandate, appartengono alla sua Padrona, o alle Dominatrici che lo usano, mentre tutti gli aspetti negativi sono colpe dello schiavo. Quindi, ad esempio, i frutti del vostro lavoro, sono proprietà di chi vi comanda, e se non ottenete gli obiettivi che vi sono assegnati, rispondete di ciò.
Ovviamente, eventuali danni o perdite, a maggior ragione, sono solo a vostro carico, per non parlare del fatto che si tratta di grave disobbedienza, da punire pesantemente.

Dette così, quelle regole mettevano una certa confusione nella testa degli allievi, che comunque, più o meno ne avevano già conosciuto una qualche applicazione, essendo a tutti capitato di essere puniti dalle loro Padrone, per non averle soddisfatte nelle incombenze, spesso irrealizzabili, a cui erano stati assegnati.
La particolarità di ciò che diceva Miss Manuela, era, che sembrava si stessero delineando le Leggi di un ordinamento giuridico ed economico basato sulla schiavitù, con tutti i vantaggi per le Signore e tutti i pesi sulle spalle delle vittime.

- Chiaramente - continuò l’Istruttrice alzandosi dalla cattedra e mettendosi a passeggiare fra gli schiavi - l’applicazione di queste Regole, ha modalità diverse all’interno del Castello, rispetto ciò che accade all’esterno. Però i principi basilari, sono gli stessi in ogni circostanza e non è ammesso che gli schiavi osino mettere in discussione quanto deciso dalle Padrone, della cui volontà faranno comunque le spese.

Mentre diceva ciò, Miss Manuela, con la sua solita aria di sufficienza, giocava col suo scudiscio, sfiorando la pelle degli allievi inginocchiati.
Giunta davanti ad F, si fermò, e sfilò dalla cintura un guinzaglio a catena, che agganciò al collare dello schiavo.
Con uno strattone lo fece alzare, e lo accostò con le spalle al muro, attaccando il guinzaglio ad uno dei tanti ganci collocati lungo le pareti dell’aula.
- Lecca la punta dello scudiscio!! - Comandò a quel punto, tenendogli l’attrezzo davanti alla bocca.
F si affrettò ad obbedire, tirando fuori la lingua per passarla sul cuoio.
La Signora lo lasciò fare per un po’, poi cominciò ad arretrare, allontanando lo scudiscio che tenne sempre davanti alla sua bocca.
F si sporse così più in avanti, fece qualche piccolo passo, cercando di seguire l’Istruttrice, e continuò a leccare finché l’attrezzo fu fuori della sua portata, limitata dal guinzaglio che lo agganciava alla parete.
Restando lontana da lui, Miss Manuela abbassò lo scudiscio verso il suo sesso, e cominciò ad accarezzaglielo con quello.
Muovendolo con abilità, toccava il pene e lo scroto, mettendo in movimento le reazioni istintive dello schiavo, malgrado la situazione in cui esso si trovava fosse tutt’altro che rilassante.

- Vi è stato ripetutamente spiegato - riprese l’Istruttrice, continuando nella sua operazione, che la schiavitù a cui siete sottoposti va oltre il desiderio erotico, sia vostro che delle vostre Signore. La schiavitù è una condizione della vostra esistenza e comporta il totale ed incondizionato annullamento di ogni aspetto della personalità. E’ per questo che molte sevizie e molti usi a cui venite sottoposti mirano ad umiliare la vostra ignobile virilità. D’altra parte, anche se la vostra squallida condizione vi rende inutili come oggetti erotici, le Dominatrici possono fare usi sessuali del vostro corpo divertendosi come meglio credono. Anche in questi casi, l’obbligo di obbedienza vi impone di assecondare la volontà delle Signore per il loro diletto, e mai, assolutamente mai, per un vostro qualunque piacere!

Mentre parlava, continuava a stimolare con la frusta, il sesso di F, che cominciò ad inturgidirsi. Poi, così come aveva iniziato, Miss Manuela smise bruscamente di accarezzarlo, e con lo scudiscio indicò i suoi stivali.
- Ora lecca qui! - comandò con tono acido.
L’ordine era chiaramente ineseguibile per F che legato dal guinzaglio non era alla portata degli stivali. Si chinò e si inginocchiò, tirando il collo, si stese e strisciò avanti più che poteva, ma non riuscì a raggiungere i piedi della Dominatrice.
- Ora basta! - sentenziò Miss Manuela, dopo aver assistito agli inutili tentativi di F.
Staccato il guinzaglio, lo fece nuovamente inginocchiare al suo posto, quindi tornò a sedersi alla cattedra.

- Vi auguro di avere compreso bene gli esempi che vi ho portato - riprese a quel punto.
- In primo luogo, lo schiavo ha smesso di leccare la punta dello scudiscio senza che fosse stato revocato il comando. Inoltre, ha avuto una reazione erotica, senza che fosse stato a ciò autorizzato. Infine, non è riuscito ad obbedire all’ordine di leccarmi gli stivali. Non essendogli concesso di difendersi in alcun modo, quindi, non può addurre a propria discolpa il fatto che ho allontanato il frustino, che gli ho sollecitato il sesso mentre parlavo di possibile uso sessuale degli schiavi, e nemmeno che ero troppo lontana da lui perché potesse leccarmi gli stivali. Non può difendersi perché gli spetta solo di obbedire, e non ha alcun diritto. Solo io posso decidere se valutare queste circostanze come valide sttenuanti, oppure no. Queste sono decisioni che spettano unicamente alle Dominatrici e che non possono essere in alcun modo messe in discussione.
Ora, ad esempio, io posso decidere che non voglio scusare l’inettitudine dello schiavo e quindi, ritenerlo colpevole di avere interrotto l’esecuzione di un ordine, di avere avuto una reazione sessuale vietata, e di avere disobbedito ad un comando diretto.
In più, posso ritenere che tali colpe siano gravi, perché commesse in presenza di altri schiavi, per i quali rappresentano un esempio negativo, ed ancor più gravi perché avvenute durante una lezione ed hanno quindi comportato ostacolo allo svolgimento ordinato dell’attività schiavista. Si tratta di due aggravanti tipiche, a cui si aggiunge quella della “continuazione”, dato che lo schiavo ha commesso le tre colpe di seguito, dimostrando in tal modo, spregio dell’Autorità.
Come già sapete, posso decidere, di conseguenza, di punire direttamente lo schiavo, di annotare le mancanze sul suo stato di servizio, oppure entrambe le cose. Le annotazioni, poi, saranno prese in considerazione quando sarà opportuno, nell’ambito di un procedimento disciplinare, che ha regole ben precise e di cui tratterò fra poco.
Prima, però, voglio utilizzare l’esempio per un’ultima spiegazione ...
Si interruppe per un attimo, per prendere la penna ed il suo blocco di appunti, su cui annotò qualcosa.
- ... Volevo chiarire - riprese subito dopo, che non intendo acconsentire a nessuna scusante nei confronti dello schiavo colpevole per il fatto che si trattava di un esempio durante una lezione. A nessuno schiavo, infatti, è mai consentito di commettere mancanze ed ogni colpa va punita, anche se sfruttata dalle Dominatrici per i loro obiettivi. Non ho voglia di punirlo direttamente, quindi ho provveduto ad annotare le responsabilità del colpevole e le riporterò sul suo stato di servizio che, a quanto pare, è già molto negativo.
Ciò gli costerà un sicuro aggravamento della sua condizione e sarà oggetto di valutazione in sede di procedimento disciplinare.
Ancora riguardo le annotazioni, voglio che sia chiaro, non esiste alcun onere per le Dominatrici di giustificarle, né di informarvi di averle fatte. In genere, ciò viene fatto, perché è divertente che la vittima si renda conto di essere stato punito, ma è possibile che lo schiavo resti del tutto all’oscuro della nota negativa, per lo meno finché non gli capita di incappare nel rigore del procedimento disciplinare.

(continua)
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19

La palestra era un locale poco lontano dall’aula, al quale si accedeva passando per un paio di corridoi.
Entrando, Lady Mara accese la luce che illuminò una stanza abbastanza grande in cui erano collocati svariati attrezzi.
In un angolo c’era uno schiavo appeso per i polsi, uniti sopra la testa, e con le gambe divaricate che gli consentivano solo di sfiorare il pavimento con le punte dei piedi. Aveva intorno al busto un corpetto, chiaramente strettissimo, e in testa una strana gabbia metallica, attaccata al collare con delle grosse viti che con dei tappi gli teneva premute le orecchie e gli occhi, mentre in bocca aveva un divaricatore orale che gli impediva di chiudere le mascelle.
In quella condizione, la vittima sembrava privata di ogni percezione esterna, ed il suo aspetto era decisamente sofferente, il che faceva supporre che fosse lì da molto tempo.
La stanza era esageratamente calda e umida e, malgrado il freddo che spesso gli schiavi dovevano patire, non fu una sensazione piacevole.
In mezzo c’erano tre macchinari che sembravano dei tapis-roulant, con la particolarità di essere collocati fra catene e argani, la cui presenza lasciava intuire la trasformazione in attrezzi di tortura.

- Mi spiegherò rapidamente - esordì Lady Mara rivolta agli allievi - poiché questo caldo umido mi infastidisce; d’altra parte, la climatizzazione di questa palestra è stata appositamente studiata per rendere disagevole l’esercizio fisico ed avrete modo di sperimentarne l’efficacia. Per questa notte dovrete sopportare, senza interruzione, un’attività che sarà molto stancante e che aggraverà le vostre condizioni fisiche, ma che vi fortificherà nella sopportazione delle tante, continue angherie, della vostra vita da schiavi. Innanzi tutto, vi saranno legate insieme le braccia dietro la schiena. Una corda a cappio, vi sarà messa alla base del sesso, e sarà unita ai polsi, passando in mezzo alle natiche.
Ciascuno di voi, salirà su uno di quei tappeti a rulli rotanti, e qui i vostri polsi saranno agganciati alle catene che scendono dagli argani. La catena sarà tesa verso l’alto, dal meccanismo che esercita la forza per arrotolarla. A voi non resterà che esercitare una forza superiore in senso contrario, per contrastare la tensione, che tirandovi in alto le braccia, strattonerà il pene in modo doloroso. Dovrete faticare parecchio, poiché l’argano tirerà energicamente ed in modo continuo. La tensione subirà variazioni, tanto che in alcuni momenti sarà praticamente impossibile contrastarla, cosicché, sarete inevitabilmente trainati all'indietro e forse letteralmente appesi, con le conseguenze che potete immaginare. Quando la tensione sarà meno forte, riuscirete invece ad abbassare le braccia ed a procedere in avanti sui rulli che ruotano. I rulli non hanno dimensioni uguali e la loro superficie è ruvida e bitorzoluta poiché con questo accorgimento troverete più difficile procedere in avanti e non riuscirete a tenere un’andatura regolare. Dovrete cercare di stare il più avanti possibile sul tappeto rollante, poiché verso il fondo sono collocati dei sensori che aumentano la trazione della catena, che però varierà anche in modo del tutto casuale, in modo da non consentire alcuna stabile certezza.
Per completare il trattamento, vi verranno messe due cinture molto strette, una sul ventre e l’altra all'altezza del petto, che vi ostacoleranno la respirazione. Inoltre, vi piazzeremo in testa una struttura metallica, simile a quella che vedete indossare dallo schiavo incatenato: è un apparecchio pesante, che dispone di viti, per stringervi paraocchi e paraorecchie. Il divaricatore per la bocca, è un’ulteriore scomodità. Per finire avrete blocchi pesanti alle caviglie, che vi faranno faticare ancora di più per alzare le gambe e muovervi.

Le parole di Lady Mara, fecero venire i brividi di paura agli schiavi, malgrado il caldo umido, esagerato ed innaturale, della palestra.
Non vi fu altra attesa poiché le Dominatrici si occuparono subito delle loro vittime, sistemandole così come era stato annunciato.
Toccò proprio ad F di essere preparato per primo. Lady Mara e Miss Manuela, lo presero da parte, e gli attaccarono, innanzi tutto, due pesi di metallo alle cavigliere, ognuno dei quali era di almeno cinque chili. I pesi erano a forma circolare, assomigliavano a quelli per i bilancieri, predisposti per essere avvitati all’esterno delle cavigliere, pure metalliche. Subito dopo, Lady Mara si occupò di mettergli attorno alla vita una cintura di cuoio, alta circa quattro dita, che gli strinse esageratamente, dopo avergli fatto espirare tutta l’aria. Non gli lasciò tregua, poiché subito, gli mise una seconda cinghia al torace, in modo che passasse sui capezzoli, anche questa, stretta in modo da rendere difficile e dolorosa la respirazione. Fu Miss Manuela, ad occuparsi di mettergli la corda alla base del sesso. Presa una corda, fece un cappio e lo infilò, in modo che stringesse l’attaccatura del pene e dello scroto. Strinse il cappio non esageratamente, e misurò il residuo della corda, affinché passasse in mezzo alle natiche, ed arrivasse fino al fondo schiena. Intanto Lady Mara, sbuffando infastidita dal caldo, gli prese le braccia e le unì dietro le spalle, usando una cinghia per stringere fra loro i gomiti, ed un’altra un po’ più sopra, i polsi, che per finire unì, usando un moschettone per attaccare insieme i bracciali.
Quella parte della preparazione, fu completata legando la corda ai bracciali, in modo che fosse consentito un po’ di gioco prima che il cappio si stringesse intorno al sesso.
Prima di condurre F al tappeto rullante, gli fu posta in testa la bizzarra gabbia metallica che sembrava l’intelaiatura di uno scafandro. Lo strumento era composto da due metà, che furono unite fra di loro ed attaccate al collare dello schiavo con una serie di apposite viti. Proprio davanti agli occhi F aveva le sbarre con gli anelli, in cui andavano inserite le viti per i paraocchi. Analoghe sbarre erano in corrispondenza delle orecchie. Facendo qualche prova le due Aguzzine sistemarono le viti nei loro alloggiamenti e misero i tappi alle estremità che andavano a contatto con la vittima. Quindi, cominciarono ad avvitare, per far fare la loro funzione agli attrezzi. Un primo tappo, simile ad una ventosa, fu spinto nell'occhio destro di F. Poi, il secondo, gli chiuse la vista del sinistro. I paraocchi non spingevano troppo sui bulbi, ma espletavano perfettamente alla funzione di chiudere completamente la vista. Altrettanto efficaci, furono i paraorecchie, spinti abbastanza a fondo, che se pure non impedivano del tutto il passaggio del suono, lo rendevano comunque inintelligibile.
Le Signore, quindi, lo forzarono ad aprire la bocca, per infilargli dentro l’apparecchio che divaricava le mandibole. Una volta che lo fecero scattare, F si ritrovò con la bocca spalancata ai limiti della resistenza possibile.
Dopo quei preparativi fu il momento per F di essere accompagnato all'attrezzo.
Salendo sui rulli, ne constatò subito la ruvidità e l’irregolarità, tanto che ebbe qualche iniziale difficoltà a starci in equilibro già da fermi. Gli alzarono le braccia fin quasi a metà schiena, per attaccarle alla catena ed in quel modo si consumò gran parte del gioco della corda che gli stringeva il sesso, tanto che il cappio cominciò inesorabilmente a stringersi. Immediatamente, capì che per alleviare quel dolore, doveva tirare le braccia contro la schiena, ma ciò gli costava non poca fatica, poiché la tensione contraria della catena e dall'argano, erano difficili da bilanciare.
Messo in moto il tappeto di rulli, F si ritrovò costretto a camminare in avanti, e dovette immediatamente sperimentare che, come aveva spiegato Lady Mara, indietreggiando faceva aumentare la forza dell’argano che tirava la catena.
Il movimento iniziale, fu comunque, relativamente modesto. Mentre le Dominatrici preparavano le altre due vittime, infatti, la tensione della catena era relativa, e la velocità dei rulli sostenibile anche per il passo di F, reso difficile, oltre che dalla loro ruvida irregolarità, anche dai pesi, a cui non era certamente abituato.
Quando anche gli altri due schiavi, però, furono collocati ai loro posti, le due Aguzzine scatenarono lo loro crudeltà, aumentando sia la velocità dei rulli, che la forza degli argani. Senza particolari preavvisi, F avvertì l’aumento di potenza, e cominciò a rendersi pienamente conto dell’efficacia di quella tortura, ancorché chiamata esercizio fisico.
Già dopo pochi minuti, F cominciò ad avvertire la fatica, per lo sforzo di tirare in basso le braccia, cosa che doveva necessariamente fare, sia per evitare lo stringimento del cappio intorno al pene, sia per mantenere una respirazione sopportabile e non gravare le sulle spalle. Inclinandosi in avanti, poteva resistere meglio alla trazione dell’argano, ma ciò, gli rendeva più difficile camminare sui rulli. Fra l’altro, le rugosità e le irregolarità di questi ultimi, gli davano fastidio ai piedi nudi, e non lo aiutavano a tenere un passo sopportabile, per non parlare dell’effetto dei pesi alle caviglie, che affaticavano ulteriormente l’andatura. Anche la struttura metallica che gli cingeva la testa, era fonte di complicazione, sia per il peso, che per il fastidio dei paraocchi e paraorecchie.
In poco tempo, iniziò a sudare abbondantemente, e a sentirsi tutto appiccicaticcio, anche per il caldo umido del locale.
Un suo primo cedimento temporaneo, fece scattare i meccanismi che aggravavano il funzionamento della catena.
Perso l’equilibrio sui rulli anteriori, non riuscì a ristabilirsi su quelli intermedi, di dimensioni diverse fra di loro, e venne trascinato indietro dall'argano. La trazione aumentò di scatto, facendogli alzare le braccia, e così facendo tirò la corda che gli strinse dolorosamente il sesso. Lo strappo alle braccia si ripercosse sulle spalle e gli mozzò il respiro, già complicato dalle cinghie, tanto che finì del tutto indietro sui rulli posteriori, provocando un ulteriore strappo dell’argano, che lo sollevò fin quasi a tenerlo sospeso.
Incapace di riprendere il passo sui rulli, e di trovare la forza per abbassare le braccia rimase qualche minuto, alle prese con un forte e complicato dolore, finché l’argano allentò la presa e lentamente gli concesse, a costo di enorme fatica, di tornare alla posizione iniziale. Ci volle del tempo, perché potesse riguadagnare i rulli anteriori, abbassare le braccia e lasciare allentare il cappio. Quando finalmente trovò un nuovo equilibrio, non poté fare altro che riflettere sulla necessità di concentrarsi nei suoi sforzi, per evitare il ripetersi della situazione.
In realtà, fu praticamente impossibile scampare ad altre cadute di quel tipo. Una seconda, fu determinata dall'improvviso aumento della forza di traino dell’argano, impossibile da contrastare. Un’altra, dipese dal brusco incremento della velocità dei rulli. Una terza caduta, fu provocata, invece, dal fatto che inciampò da solo.
Sudava, aveva lo stomaco vuoto che si torceva e la gola essiccata, sia per la sete, sia perché era costretto a tenere la bocca spalancata. Non riusciva a rendersi conto dello scorrere del tempo ed ogni istante era atrocemente interminabile.
I muscoli erano indolenziti, ogni parte del corpo era sollecitata in modo doloroso e non poteva trovare tregua.
Nel buio e nel silenzio, indotti dall'attrezzo che portava in testa, angosciosamente preoccupato di resistere alla fatica ed al dolore, F, ripercorreva con la mente alcune scene degli ultimi giorni, e riconsiderava brandelli di discorsi, sentiti dalle Dominatrici. Ripensò al suo arrivo al Castello, alla presentazione delle Guardiane, all'incatenamento prima della visita medica, ed alla visita stessa, con le umiliazioni e le sofferenze a cui lo avevano sottoposto. Si vide nudo ed incatenato nella cella, oscenamente stretto agli altri schiavi, e poi straziato dalle torture a cui l’avevano sottoposto Lady Mara e Miss Phoria. Gli tornavano, nelle orecchie tappate, le spiegazioni di Miss Manuela, circa il fatto che, in quanto schiavo, era assoggettato senza scampo ai capricci delle Dominatrici, che potevano disporre di lui a piacimento, ed in ogni modo.
Proprio quel ricordo, fece tornare l’inquietante pensiero della Guardiana, che tanto sembrava essersela presa con lui. Fin dal suo primo incontro, gli aveva dimostrato astio, rilevando incomprensibili mancanze che gli comportavano già una lunga lista di note negative. Aveva cominciato subito a mettergli contro tutte le altre Signore, prima parlando, e poi escogitando un ignobile tranello, per attirare su di lui l’ira di Lady Cotton. Anche il pensiero di costei, era tutt'altro che rassicurante, dato che sicuramente la Dominatrice non si sarebbe accontentata della punizione inflitta al suo sostituto e lo avrebbe atteso al varco alla prossima occasione.
Sia la Guardiana che Lady Cotton sembravano essere particolarmente pericolose e crudeli. Già a prima vista, il loro portamento le faceva immaginare terribili e ciò era assai inquietante se si pensava alle dolorose sevizie di cui era capace una Dominatrice come Miss Manuela che, dall'aspetto e dal tono di voce, non sembrava realmente un’Aguzzina.
Era dunque chiaro, che la Guardiana si era messa d’impegno per incastrarlo, sia con le Signore, che con gli altri schiavi.
Pur non potendo immaginare a quali sevizie era stato sottoposto il suo sostituto, non aveva difficoltà a prevedere che se ne sarebbe vendicato, non appena ne avesse avuta la possibilità. E del resto F aveva già sperimentato l’abilità delle Signore nell'escogitare gare per mettere in competizione le vittime e la totale assenza, di una minima solidarietà fra schiavi, che anzi, erano pronti a tutto pur di soddisfare le Aguzzine, anche a spese dei loro compagni.
Lui stesso, ne era certo, non si sarebbe risparmiato, se gli fosse stato ordinato di torturare personalmente uno degli altri schiavi, di cui avrebbe provocato con piacere la sofferenza, per il diletto delle Signore. Nulla, dunque, lasciava pensare che l’energumeno messogli contro da Lady Cotton, avrebbe avuto pietà di lui. Non osava immaginare di cosa sarebbe stato capace, vista la sua prestanza fisica e i motivi di odio che gli avevano dato.

Passava lentamente il tempo, e quei pensieri si ripetevano ossessivamente nella testa di F, da cui era bandita ogni altra riflessione, estranea alla situazione che stava vivendo.
Capiva che quello era uno degli obiettivi delle Dominatrici: tenerlo sotto il loro potere, facendogli pensare solo a questo. Non aveva, del resto, niente altro a cui pensare. Perfino le motivazioni che lo avevano condotto alla mercé di quelle Signore erano ormai lontanissime.
Tanto meno gli veniva di pensare, che potesse esserci una qualche forma di compiacimento erotico, per quanto subiva.
Oramai era sopra a tutto la convinzione che il suo destino era essere schiavo e che per questo doveva patire, obbedire, essere umiliato in ogni modo
Sapeva che non poteva far altro che temere e riverire le sue Dominatrici, assecondando il loro volere e i loro innumerevoli capricci.
Si ripeteva queste cose, continuando nell'estenuante prova a cui era sottoposto, ansimando e patendo in tutto il corpo.
Le gambe, appesantite dai ferri alle caviglie, non lo reggevano, ma dovevano continuare a trotterellare sui rulli, che sembravano cambiare di continuo velocità
Cadde più volte, ed ogni volta si ritrovò tirato all'indietro fino ad essere appeso, per poi poter lentamente e faticosamente riguadagnare la parte anteriore del tappeto. Nessuna posizione nessun trucco, poteva permettergli di trovare una sorta di equilibrio, era questa una caratteristica comune alle sevizie destinate a durare nel tempo. Gli sforzi necessari per sottrarsi ad un dolore ne provocavano altri, senza scampo.
Capiva che, in un certo qual modo, quell'esercizio, oltre che sfibrarlo fisicamente, lo doveva abbattere nell'animo, e si rendeva conto che entrami gli obiettivi erano ampiamente raggiunti.
Dal patimento, acquisiva sempre maggiore consapevolezza della sua condizione, la fatica abbatteva le sue più intime resistenze, la costrizione e le privazioni, lo debilitavano sempre più.
Sudava, penava per il sonno, la fame e la sete, respirava a fatica, aveva i muscoli legati, e non poteva sperare in una minima tregua.

Era assolutamente incapace, di valutare quanto tempo poteva essere passato ... quando il tappeto cominciò a diminuire, lentamente ma costantemente l’andatura.
Ci volle parecchio, prima che fosse del tutto fermo, e solo allora, potendo tenere le gambe puntate, riuscì a recuperare un po’ di equilibrio, malgrado la trazione dell’argano fosse ancora intensa.
La fine della tortura, fu preceduta da un brusco aumento della potenza dell’argano che, incontrastabile, lo tirò indietro, e quindi per le braccia, fino a fargliele alzare ed a tenerlo sospeso.
Ansimante e gemente, sentì le mani di una Dominatrice che lo presero per le palle, straziate dalla corda, stringendole.
Poi la Signora cominciò a rimuovergli i paraocchi, e i paraorecchie, prima di allentare i supporti della struttura metallica per la testa.
La rimozione di quel peso, fu la prima liberazione per F che ebbe modo di vedere che di lui si stava occupando Miss Phoria.
La Dominatrice, lentamente, smontò il divaricatore orale, consentendogli di chiudere la bocca e deglutire. Durante tutte quelle ore a bocca spalancata, aveva grondato quel poco di saliva che gli era rimasta, tenuto conto della misera quantità di acqua che aveva potuto ingerire. Malgrado la sete fosse ancora terribile, il fatto di potere chiudere la bocca, gli sembrò una conquista enorme.
Miss Phoria, con grande flemma, recise la corda che gli stringeva il sesso e dopo un po’ sciolse le cinghie che stringevano torace e ventre.
Ma per poter respirare liberamente, F aveva bisogno di avere liberate le braccia e per questo dovette attendere ancora un po’, dato che la Dominatrice, passò ad occuparsi di uno degli altri schiavi. Infine, tornata da lui, sciolse lentamente le cinghie che univano i gomiti, ed infine azionò l’argano, consentendogli di poggiare al suolo
Liberato dal gancio di traino, F restò solo con i bracciali che gli univano i polsi dietro la schiena e con i pesi alle cavigliere.
Miss Phoria lo spinse giù dal tappeto, e lo fece inginocchiare a fianco di uno degli altri due schiavi che avevano subito il suo stesso trattamento. Il terzo fu affiancato poco dopo, e solo allora F si rese conto che nella palestra c’era anche Lady Mara, che si occupò di controllare lo stato delle vittime con evidente distacco.
Senza altre parole, i tre furono fatti alzare.
Le Aguzzine rimossero i pesi alle gambe, e quindi li indirizzarono fuori dalla palestra.

(continua)
view post Posted: 8/2/2024, 11:47     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
18

Liberati dall'incatenamento, gli schiavi furono suddivisi in gruppi e riportati nell'aula per la ripresa della lezione, tenuta da Miss Manuela.
Oggetto del corso, erano ancora le posizioni formali ed i movimenti, per passare da una posa all’altra.
Miss Manuela, brandendo il suo scudiscio, fece mettere gli allievi prima in ginocchio e poi in piedi, insegnando loro come dovevano muoversi al comando.
Ogni minima imperfezione nell’esecuzione, valutata secondo il suo capriccio, era occasione per rifilare qualche nerbata, che somministrava prevalentemente sulle natiche e sulle cosce. F non poté evitarne svariate, malgrado cercasse in ogni modo di obbedire scrupolosamente.
La Dominatrice spiegò, aiutata da alcune diapositive, le posizioni per le ispezioni, durante le quali le vittime dovevano chinarsi fino a toccare con le mani il pavimento, per offrire le terga ai controlli. Insegnò anche come dovevano stendersi a terra, carponi o supini, offrendosi a fare da tappeto per poter essere calpestati dalle Signore. A dimostrazione di ciò, Miss Manuela salì di peso su ognuno di loro. Al suo turno F, steso a pancia in su, si ritrovò i piedi della Dominatrice sul petto e, per quanto lei fosse abbastanza minuta, il suo peso gli mozzava il fiato. L’Istruttrice, come aveva fatto con gli altri due schiavi prima di lui, spinse a fondo nelle carni di F i tacchi alti dei suoi stivaletti. Lo calpestò in quel modo sulla pancia, e poi si piazzò sulle cosce per dedicarsi quindi a tormentargli il sesso. Spinse la punta di un tacco contro lo scroto, appoggiandovi gran parte del suo peso e quindi gli schiacciò il pene, montandogli letteralmente sopra. Il turno di F, si concluse dopo che la Signora si fece leccare a lungo le suole delle calzature e succhiare un tacco, che gli spinse in gola fin quasi a provocargli la nausea.
Mentre Miss Manuela passava a dilettarsi con l’ultimo schiavo, F riuscì a tirare un po’ il fiato, ma si trattò di una breve tregua poiché ben presto riprese l’insegnamento, particolarmente accurato, dei movimenti per passare dalla posizione di “in piedi” a quella distesa a pancia in giù, attraverso quella inginocchiata. Quel continuo stendersi e alzarsi, era decisamente faticoso, ma agli schiavi non fu concesso alcun riposo, cosicché, proseguendo a lungo l’esercizio, gli errori si fecero sempre più frequenti, e le conseguenti punizioni con lo scudiscio, sempre più violente.
Miss Manuela, sottolineò, poi, la grande importanza della posizione a quattro zampe che, come era già stato spiegato fin dal momento dell’arrivo, consentiva l’utilizzo dello schiavo sia come tavolino, che come sedia o poggiapiedi. Dopo una spiegazione teorica ed una serie di prove l’Istruttrice diede dimostrazione dell’utilità della posa, sedendosi a cavalcioni di ognuno di loro e calcando bene il suo peso per gravare sulle ginocchia delle vittime. Ancora una volta, ad F toccò per terzo di sperimentare il peso dell’Istruttrice, che gli si sedette di traverso sulla schiena, sollevando i piedi per appoggiare interamente su di lui. Malgrado la sofferenza, F si sentì gratificato dal contatto con quel corpo caldo, tanto che ebbe un principio di inturgidimento del pene che, fortunatamente, Miss Manuela non notò; oppure tollerò, sta di fatto senza infliggergli ulteriori punizioni per l’eccitazione non espressamente autorizzata.
La lezione proseguì per ore, senza soste, finchè l’Istruttrice dichiarò di essere annoiata.
Così, per svagarsi in attesa dello scoccare dell’orario previsto, decise di appendere uno dei suoi allievi alle catene, e di cimentarsi a sue spese con l’uso di una frusta, lunga e grossa, con la quale gli somministrò numerosi colpi sulla schiena.
F e gli altri due, in ginocchio, assistettero alla fustigazione della vittima e Miss Manuela, si lasciò ammirare mentre infliggeva i violenti colpi, ai quali lo schiavo reagiva gemendo e dimenandosi.
La lezione fu bruscamente conclusa dall’arrivo di Lady Mara e Lady Cotton.
- La palestra è pronta - disse la prima. E Lady Cotton è qui per prelevare la sua vittima.
- Benissimo - commentò Miss Manuela, lasciando la frusta sulla cattedra. La lezione cominciava ad affaticarmi. Qual è lo schiavo prescelto?
- Prendo quello - replicò la Dominatrice chiamata in causa, indicando l’allievo più grande e muscoloso fra quelli in ginocchio. L’Aguzzina mise il guinzaglio alla vittima e lo fece alzare, tirandolo davanti ad F.
- Guardalo bene e ricordati di lui - comandò poi al prescelto, indicando F. Questo è l’animale che mi ha mancato di rispetto, disprezzando il cibo! Toccherebbe a lui essere punito, ma poiché ha già un impegno di addestramento per questa notte, ho scelto te come sostituto. Il fatto che tu non abbia colpe particolari, non mi interessa minimamente e ti sottoporrò alle torture che avrebbero dovuto spettare al colpevole solo per placare la mia rabbia. Mi aspetto, comunque, che tu tenga ben presente, che la responsabilità del tuo patimento è tutta di questo animale, così quando avrete occasione di scontrarvi in qualche modo, avrai modo di compensarlo di quanto ti ha fatto penare!
F avvertì su di sé lo sguardo irato del suo sostituto. Lady Cotton gli fece alzare il viso, ponendo il suo scudiscio sotto il mento, così, mentre quello lo squadrava, lui stesso potè guardarlo. Aveva un fisico imponente e molto muscoloso, ed anche il suo pene aveva dimensioni ragguardevoli, malgrado la condizione in cui si trovavano. Si trattava chiaramente, di un personaggio che non era consigliabile avere come nemico, ed ora, a conclusione di quella perfida serie di inganni, Lady Cotton glielo stava mettendo contro.
- Ora andiamo! - ordinò infine la Dominatrice. Ti voglio preparare a ricevere le sevizie al più presto!
Con quelle parole, Lady Cotton uscì dalla stanza, tirandosi dietro la malcapitata vittima.
Lady Mara e Miss Manuela si occuparono di F e degli altri due, facendoli alzare e mettendo loro una catena ai collari.

(continua)
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