Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

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view post Posted: 6/2/2024, 12:26     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
17

Non disse altro, e suonò un campanello, facendo entrare dalla porta un’altra Dominatrice.
Le due, rapidamente prepararono gli schiavi, lasciando loro solo le catene alle caviglie e ai polsi, uniti dietro alla schiena. Poi, li spinsero in fila fuori dall’aula, per condurli lungo un corridoio, fino ad un nuovo stanzone. Qui altri schiavi erano già radunati ed altri ancora stavano arrivando. Si ritrovarono, quindi, in una dozzina, tutti incatenati allo stesso modo, allineati in due file contrapposte, contro le pareti.
Due paia di Signore, si occuparono di loro, uno alla volta e con esagerata calma. Fra loro c’erano Miss Manuela e Lady Mara, oltre alla Guardiana bionda che aveva incontrato all’accettazione. F, non conosceva la quarta, una mora alta e formosa, che si limitava a guardarsi attorno brandendo una lunga verga, apparentemente forgiata in metallo flessibile.
Le Signore iniziarono dal primo schiavo della fila, davanti ad F, cosicchè tutti potevano vedere la preparazione che era stata escogitata per quell’occasione.
Alla vittima furono fatte aprire le gambe, in modo da collegare le cavigliere a dei ganci infissi nel pavimento. Poi gli fu comandato di inginocchiarsi, rivolto verso il centro della stanza. Per bloccargli le gambe, le Dominatrici usarono mezzi anelli metallici che collocarono all’interno delle ginocchia e fissarono al pavimento con altri agganci. In quel modo, lo schiavo non poteva assolutamente alzarsi. Attaccarono i polsi, uniti fra loro dietro la schiena, ad una catena che passava attraverso un gancio al soffitto e che tirarono, per fargli alzare le braccia, fino a quando furono tese e perpendicolari al suolo. In quel modo, lo schiavo era forzato a sbilanciarsi in avanti, ed era sollecitato in una posizione decisamente scomoda.
La preparazione, però, non era ancora finita, poiché le Signore gli infilarono nel culo un penetratore gommoso, grosso e lungo, che all’esterno era unito ad un bastone che conficcarono in un foro nel pavimento. L’attrezzo era snodato, in modo da consentire il movimento della vittima, senza però, risparmiargli la sofferenza del suo ingombro esagerato.
Uno dopo l’altro, tutti gli schiavi, e così anche F, furono preparati nello stesso modo. Solo quando fu conclusa quella fase, le Dominatrici si occuparono del motivo per cui erano stati radunati lì, e cioè di somministrare loro una razione di cibo.
La Guardiana bionda prese un contenitore ed un mestolo, mentre Miss Manuela e Lady Mara, misero una ciotola davanti ad ogni schiavo.
Le stoviglie, appoggiate per terra, erano proprio sotto alla testa degli schiavi, ma nessuno di loro, tirato per i polsi dalle catene, poteva chinarsi per raggiungerle.
In ogni ciotola, la Guardiana versò una mestolata del terribile intruglio, che doveva servire come alimentazione. Si trattava di una specie di brodaglia dal colore verdastro, in cui galleggiavano tozzi di pane ammuffito, foglie di verdura e anche qualche mozzicone di sigaretta, il tutto con un aspetto, ovviamente, tutt’altro che invitante.
Fu la Dominatrice mora, che F vedeva per la prima volta, colei che si incaricò di dare qualche spiegazione sul cibo e sulle modalità di alimentazione.
- Innanzi tutto - disse, parlando in un inglese forzatamente scandito, voglio che sappiate che il mio nome è Lady Cotton, che sono una Guardiana, e che collaboro alla gestione delle cucine. In particolare, mi vanto di essere l’ideatrice di questa minestra, che costituisce l’alimentazione primaria, e quasi unica, degli schiavi, nei primi giorni di vita qui al Castello. Si tratta di un cibo praticamente privo di calorie e proteine, che non dà alcun apporto di energia, ma serve unicamente a "tamponare" un po' la sofferenza dello stomaco vuoto. La minestra è realizzata facendo bollire un po’ di erbe del nostro orto, con una minima quantità di dado da brodo vegetale, è molto salata, in essa ci si mette qualche tozzo di pane raffermo, e qualche avanzo. In genere, gli avanzi provengono dalla mensa di noi Signore, ma vi possono capitare anche quelli dei cani o gli scarti degli schiavi di rango superiore al vostro, e, come avete potuto constatare, all'interno vi vengono, occasionalmente, anche svuotati i posacenere. Soprattutto, è importante il fatto che vi viene sciolto un cocktail di vitamine, necessarie per fronteggiare gli stenti della vostra vita da schiavi. Il sapore, naturalmente, è disgustoso, anche grazie ad alcuni "additivi", di norma provenienti dalle toilette di noi Dominatrici, che vengono appositamente utilizzati. In tal modo, ci garantiamo che anche questo momento non sia per voi schiavi un istante di piacere, ma, piuttosto, una particolare forma di patimento.
- A questo proposito - intervenne la bionda Guardiana, dall’aspetto più crudele di tutte le altre Dominatrici, per queste prime volte, avete la possibilità di mangiare sperimentando contemporaneamente l’efficacia del sistema di incatenamento che ho ideato proprio per questo tipo di occasioni. Nella posizione in cui siete ora, non potete lambire la ciotola, ma lentamente, le catene che vi tengono imprigionati i polsi saranno calate, e piano piano, riuscirete a mettere la bocca sul cibo. La discesa sarà molto lenta e seguirà una risalita più rapida, e così per le varie volte che vi permetteremo di alimentarvi. Per rendere più interessante la cosa sappiate che a chi finirà per primo, sarà concesso un premio, mentre gli ultimi tre, verranno destinati ad una severa punizione, oltre che a ricevere un’annotazione negativa sul loro ruolino.
Conclusa quella rapida illustrazione, le Aguzzine si posero in mezzo alle due file di schiavi, e finalmente, Lady Mara azionò l’apparecchio che regolava lo scorrimento delle catene.
Non appena F avvertì allentarsi la tensione alle braccia, si sforzò di chinarsi quanto più poteva, per cercare di lambire la ciotola.
Tendendosi al massimo, man mano che scendeva la catena che gli tirava le braccia, avvicinò le labbra alla brodaglia ancora calda e, finalmente, arrivò alla portata utile per sorbire qualcosa. Affamato com’era, scelse di ingoiare per primo uno dei tozzi di pane, che galleggiavano nella strana minestra. Si rese così conto, che la Dominatrice non aveva scherzato, definendo il sapore come “disgustoso”. Il tozzo di pane era salatissimo, ed aveva un gusto, fra l’acido e lo stantio. Se non fosse stato per la fame, e la paura di essere punito, lo avrebbe istintivamente risputato, invece lo trangugiò velocemente, sforzandosi di sorbire anche un po’ di liquido, mentre la catena nuovamente si tendeva, obbligandolo a rialzare la schiena.
Era difficile stabilire, se fosse più fastidiosa la fame, la sofferenza per il metodo di incatenamento o il fetido gusto della brodaglia. Certo era che, a quel punto, F era soprattutto preoccupato di non incappare in una causa di punizione, così si convinse che avrebbe dovuto ingoiare, quanto più velocemente poteva, tutto l’alimento.
Fu mentre la catena si allentava per la seconda volta, che davanti a lui si piazzò la Guardiana bionda. Chinandosi per lambire la ciotola, si vide davanti gli stivali della Signora, che lo stava guardando attentamente. Arrivò a portata utile per deglutire qualcosa, trattenendo a stento il disgusto e quando la catena si tese nuovamente assistette impotente al fatto che la Dominatrice, con un movimento dei piedi, spostava la ciotola. Non fu uno spostamento rilevante, ma sufficiente a fare in modo, che al successivo allentarsi della catena, F non fu più in grado di raggiungerla. Si sforzò, si tese esageratamente, malgrado il dolore alle braccia, ma riuscì appena a lambire la brodaglia con la lingua.
La Guardiana continuò il suo giochetto, avvicinando la ciotola quando F era tirato in alto dalle catene, e allontanandola quando poteva chinarsi. In quel modo, lo fece rimanere indietro rispetto agli altri schiavi, che nel frattempo, sorbivano la brodaglia. Come temeva, F constatò che si trattava di un sistema per fregarlo.
- Guarda qui, Lady Cotton - disse ad un certo punto la Guardiana, c’è uno schiavo schizzinoso!
La Dominatrice chiamata, si avvicinò ad F, mentre questi cercava disperatamente di colmare il distacco dagli altri.
- Uno come questo, merita di patire la fame! - sentenziò Lady Cotton, che usò la punta del suo scudiscio rigido in metallo per rovesciare il contenuto della ciotola.
- Anzi, merita di essere pesantemente torturato! Questa notte lo prenderò, e conoscerà la mia furia e l’efficacia della mia nuova verga!
Solo a guardare l’attrezzo, F aveva motivo di essere terrorizzato. L’arma brandita sotto il suo naso da Lady Cotton, era a sezione grosso modo triangolare, ed aveva uno spigolo vivo, che certamente doveva provocare effetti devastanti sul corpo della vittima. Si domandò per un solo istante, cosa sarebbe successo se a quel punto fosse sbottato, per lamentarsi del trucco escogitato dalla Guardiana. Ma represse immediatamente quel pensiero, sapendo che ciò gli sarebbe costato solo una più grave punizione poiché agli schiavi era vietato parlare senza autorizzazione, ed ancor di più osare avanzare critiche alle Dominatrici.
- Non stasera - intervenne a quel punto Lady Mara. La mancanza di questo schiavo è certamente grave, e deve essere crudelmente punita. Però, sai bene che deve completare l’istruzione e che stanotte, questo animale, deve sostenere una prova in palestra, senza contare che ancora non è completa la certificazione medica ... Quindi, dovrai trattenere la tua rabbia e rinviare la tortura.
- Segnerò la colpa sul suo ruolino - replicò a malincuore Lady Cotton - ma questo rinvio mi secca molto.
- Allora - intervenne la Guardiana, quando lo avrai a tua disposizione, sarai ancora più furiosa ... Vedremo come potrà resisterti! Fra l’altro, questo schiavo ha già sommato varie annotazioni negative, non merita alcuna pietà.
- Sono sicura che Lady Cotton saprà trattarlo come merita, conosco la sua crudeltà! - aggiunse Lady Mara, rivolgendosi alla Guardiana. Se poi hai urgenza di sfogarti su qualcuno, vista l’offesa alla tua cucina, puoi prendere uno di quelli che hanno già ottenuto il nulla osta medico, e che stanotte non sono impegnati.
Così dicendo, indicò un paio di schiavi sull’altra fila. Lady Cotton non se lo fece ripetere, e scelse la sua vittima, incurante del fatto che lo schiavo aveva ingurgitato tutto il contenuto della ciotola.
A quel punto, F cadde in preda al panico, tanto che non badò più a quanto gli accadeva vicino.
Le Dominatrici erano passate a dare il premio allo schiavo che per primo aveva consumato il cibo, premio che consisteva in un’annotazione positiva sul suo ruolino, che, in caso di punizione successiva, gli sarebbe valsa da circostanza attenuante.
F, invece, era tormentato, sia dall’annuncio della futura punizione, che dalla notizia di avere già ottenuto una serie di note negative. Non capiva perché quella Guardiana lo avesse preso di mira in quel modo e non sapeva come fare per evitare che la sua posizione si aggravasse. Certo era che da quella Dominatrice non poteva aspettarsi niente di buono.
Inoltre era allibito per il fatto che non essendo lui disponibile, Lady Cotton avrebbe sfogato la sua rabbia su un altro, del tutto incolpevole. Ciò gli confermava, che le Dominatrici agivano in modo capriccioso, oltre che crudele, e che per gli schiavi, non c’era modo di sfuggire a quell’arbitrio. Infine, si domandava con ansia, cosa gli sarebbe capitato quella notte, durante la quale, avrebbe dovuto sostenere la misteriosa prova in “palestra”. In ogni caso, era sicuro che non sarebbe stato nulla di piacevole.

(continua)
view post Posted: 5/2/2024, 09:43     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
16

Accese il videoregistratore e sul monitor comparve l’immagine di uno schiavo immobile in ginocchio, nella rigida posizione che già era stata sommariamente illustrata da altre Dominatrici.
Miss Manuela, descrisse con dovizia di particolari come andavano messe le ginocchia, in modo che lì gravasse praticamente tutto il peso del corpo, e le gambe tenute scostate fra di loro e con solo le punte dei piedi a sfiorare il terreno. Sottolineò che gambe e busto, dovevano stare perfettamente allineati e perpendicolari al suolo, che il collo doveva stare solo leggermente inclinato in avanti e che la testa doveva essere tenuta sempre china, con lo sguardo basso.
Le braccia, fossero o no usate manette, dovevano essere ripiegate all’indietro, con le mani incrociate dietro la schiena, sopra l’altezza del culo, senza sfiorare la pelle.
L’Istruttrice, ordinò agli allievi di mettersi in quella posizione e, uno ad uno, curò che lo fossero in modo regolare, usando una verga di metallo per punire e correggere le imperfezioni.
- Ora - concluse, quando tutti furono a posto, imparerete a restare immobili così a lungo, questa è la posizione principale, e va tenuta per molto tempo e in molte occasioni. Nel frattempo, il videoregistratore vi mostrerà un filmato relativo all’addestramento dei “ponyboys”, cioè degli schiavi usati come cavalli, da traino e da corsa. Osservatelo attentamente, poiché sarà molto istruttivo.
Il video partì, e sullo schermo subito apparve la scena di una corsa fra carretti, ognuno trainato da uno schiavo.
Su ogni sulky, c’era una Dominatrice, che, a suon di frustate, incitava la propria vittima a correre.
Gli schiavi avevano una bardatura simile a quella di un cavallo: paraocchi, morso alla bocca, cinghie, che li legavano alle sbarre per il traino. Per il resto erano nudi, ed i loro sessi, rimpiccioliti sotto lo sforzo, ballonzolavano durante la corsa. Li si vedeva soffrire ed ansimare, sia per la fatica, che per le frustate, che li raggiungevano alla schiena.
Malgrado ciò, correvano ai limiti della loro resistenza, in quella specie di gara. Un’altra scena, mostrava un gruppo di schiavi, con analoghe bardature, incatenati in quella che era una specie di stalla, dove stavano in attesa di essere usati.
Il filmato, proseguiva con le immagini dell’addestramento di uno di quelli. Lo schiavo veniva fatto girare all'intorno, tenuto per le briglie e governato da una lunga frusta, abituandolo a muovere le gambe a scatti, come un cavallo al passo. Un’altra parte dell’addestramento, riguardava il superamento di ostacoli, e faticosi esercizi fisici, consistenti nel traino di pesi sempre più gravosi.
Le scene si susseguivano, mostrando diversi tipi di attrezzi applicati ai cavalli umani, i vari modelli di carri e carrozze, e soprattutto le continue sevizie e fatiche, a cui quelle vittime erano sottoposte. In alcuni casi c’era una sola Istruttrice, in altri, varie Dominatrici, si dilettavano nel farsi trainare, pretendendo velocità sempre maggiori.
Particolarmente inquietanti, erano le immagini di una carrozza trainata da sei schiavi, ad ognuno dei quali era stato inserito un bastone nel culo, bloccato in qualche modo, collegato alle briglie della cocchiera, che così, poteva farli muovere tutti insieme, mentre i sei la tiravano di corsa.
Nella scena successiva, quattro schiavi "portatori" reggevano, con evidente fatica, sulle spalle nude e spellate, una lettiga di legno massiccio che da solaq doveva pesare svariati quintali. All'interno, una Dominatrice armata di una lunga sferza, incitava le quattro povere vittime, le quali, palesemente distrutte dall'immane fatica, facevano del loro meglio per reggerne il peso, e per mantenere un'andatura, al limite evidente delle loro possibilità.
Il filmato, procedendo a pezzi, e ripetendosi talvolta, sembrò durare un’enormità di tempo, certamente almeno un paio d’ore, durante le quali Miss Manuela girava intorno ai poveretti, dispensando colpi di verga, se aveva l’impressione che qualcuno accennasse anche un minimo movimento.
F, quasi ipnotizzato, resistette faticosamente, malgrado il dolore alle ginocchia ed al sesso, ancora stritolato dalla morsa, applicata dall'Istruttrice.
Solo alla fine dell’interminabile video Miss Manuela comandò agli schiavi di rialzarsi, e concesse qualche minuto di rilassamento, autorizzandoli a sgranchirsi un po’. La sua generosità, si spinse fino a rimuovere catene e morsetti, alleviando così la sofferenza delle sue vittime. Tanta grazia, però, cessò improvvisamente un istante dopo, con l’immotivata decisione di infliggere una nuova tortura al quarto schiavo, quello che in precedenza non era stato oggetto delle sue crudeli attenzioni. Tirandolo per il collare, lo portò sotto l’argano e gli incatenò i polsi, sopra alla testa, ai bracciali che pendevano dall’attrezzo. Con altre catene, bloccò le caviglie a dei ganci infissi sul pavimento, i modo da forzarlo a tenere le gambe bene aperte, e quindi azionò la carrucola, per tirarlo verso l’alto con forza, fino a portarlo ad una estrema e dolorosa tensione. A quel punto prese un penetratore metallico, che gli infilò bruscamente nell’ano e che bloccò dentro, utilizzando un sistema di cinghie di cuoio che lasciavano esposto il sesso.
- Lo strumento che ho messo a questo schiavo - spiegò poi a beneficio degli altri tre, è composto da due diverse parti metalliche, tenute separate da una striscia isolante. In pratica si tratta di due elettrodi, che consentono di infliggere scariche elettriche nelle viscere della vittima, con un risultato ancor più efficace e doloroso, rispetto all’uso di contatti in diverse parti del corpo. Detto ciò, collegò un piccolo apparecchio a batteria ai cavetti che uscivano dal penetratore, e subito cominciò a somministrare scosse di varia durata e intensità, allo schiavo, che, per quanto immobilizzato, reagiva con sussulti scomposti, oltre che con gemiti strazianti. Ridendo della sua sofferenza, la Signora proseguì implacabile per tutto il tempo che ritenne di farlo, davanti agli altri tre, che rabbrividivano solo al vedere quella scena.
Così come era stata improvvisa e capricciosa, la decisione di seviziare lo schiavo altrettanto brusco, fu il modo che Miss Manuela usò per terminare quel suo svago. Staccò i fili della macchinetta elettrica, e abbassò di scatto l’argano, mandando la vittima, semisvenuta, a cadere sul pavimento. Lasciandogli addosso le cinghie ed il fallo dentro, gli liberò le caviglie, facendolo rialzare a forza di nerbate sulle terga, per comandargli, infine, di tornare al suo posto, pronto per la ripresa della "lezione".
Senza aggiungere altro la Signora lanciò un nuovo video, in cui si vedeva uno schiavo nella posizione inginocchiata, più rilassata. Miss Manuela, spiegò che si trattava della posizione da tenere, qualora fossero previste lunghe attese, con la possibilità, però, che le Dominatrici venissero d’improvviso ad occuparsi dei loro schiavi.
Seguendo le immagini del filmato, l’Istruttrice descrisse accuratamente la posizione e quindi comandò agli "allievi" di eseguirla. Come per la posizione precedente, si armò del suo scudiscio, per correggere le imperfezioni, ed impartire sonore punizioni, finché tutti furono perfettamente a posto. Dovevano stare, con le gambe sempre scostate, ma era concesso appoggiarsi al suolo, e tenere le cosce appoggiate sui polpacci. Il busto doveva stare dritto sul culo e le braccia andavano tenute stese sulle gambe, con le mani appoggiate sulle ginocchia a palme in su. La posizione delle braccia, spiegò Miss Manuela, poteva variare, qualora fossero state ammanettate dietro la schiena, nel qual caso, potevano essere tenute a penzoloni ma non potevano mai toccare il pavimento o i piedi, per evitare la possibilità di un eccessivo rilassamento. Anche in questa posizione, poi, il capo doveva essere tenuto leggermente chinato e lo sguardo non poteva essere indirizzato direttamente alle Signore.
Sistemati così gli allievi, la Dominatrice lanciò un nuovo filmato nel quale, spiegò, sarebbero state illustrate alcune torture molto severe a cui gli schiavi venivano sottoposti per il divertimento delle Aguzzine o per opportuna punizione.
Già dalla prima scena gli schiavi restarono agghiacciati per l’estrema crudeltà di quelle sevizie. La vittima era stata ammanettata con le braccia dietro la schiena ed appesa per i polsi ad una carrucola, per alzarla fino a farla stare in bilico sulle punte dei piedi. Poi aveva dovuto spalancare le gambe, tirate lateralmente con altre catene, attaccate alle caviglie, ed in quel modo aveva dovuto sopportare la penetrazione anale, con un grosso fallo metallico, utilizzabile per le scosse elettriche, simile a quello che Miss Manuela aveva poco prima usato sull’allievo.
Iniziava così una lunga serie di scariche, di varia durata e potenza, somministrate a volontà da una Guardiana, che rideva delle grida di dolore dello schiavo. La tortura elettrica, era esageratamente più lunga di quella che si era svolta dal vivo dinanzi ad F, e le urla strazianti della vittima, facevano intuire quanto atroce fosse.
Lo spettacolo deliziava molto Miss Manuela, che, per farlo capire, si sedette sulla poltroncina, davanti agli schiavi, ed aprì le gambe, cominciando a massaggiarsi il sesso. Il suo compiacimento, crebbe visibilmente, quando nel filmato si vide comparire lei stessa, che sostituiva l’altra Guardiana nel comandare le scariche. Dopo decine di minuti di tortura, la vittima era ridotta allo stremo, e fu necessaria una pausa, durante la quale gli gettarono addosso un paio di secchi d’acqua gelata, per ridestarlo.
Il supplizio proseguì, con Miss Manuela che si armò di due grossi cavi elettrici, simili a quelli per ricaricare le batterie delle auto, con i quali tormentò i capezzoli ed il sesso dello schiavo. Le scosse. facevano scattare i muscoli della vittima, che si dibatteva per quel poco che gli era consentito dalle catene. Dopo un’altra infinita serie di scariche, vi fu una breve pausa ed infine la tortura riprese, per opera di Miss Manuela e dell’altra Dominatrice, che tormentarono lo schiavo, sia con i cavi che con l’attrezzo infilato nell’ano. La doppia tortura, fu tanto grave da straziarlo in poco tempo. Loro malgrado, le Aguzzine dovettero concedergli pause più frequenti, ma ad ogni ripresa, erano ancora più crudeli.
Il video si interruppe bruscamente, e Miss Manuela, tirato un sospiro, si alzò, mettendosi davanti ai suoi sottoposti, con le mani sui fianchi.
- E’ sempre un piacere – disse - rivedere la tortura di uno schiavo resistente. Non avete idea di quanti cedono subito e svengono alle prime scariche. Animali di quel tipo non meritano nulla! Dai prossimi giorni, cominceremo a testare la vostra resistenza e si vedrà anche da questo la migliore destinazione possibile per il vostro lavoro.
- Ora - aggiunse, dopo aver tirato il fiato, vi consentirò una piccola pausa, durante la quale riceverete un po’ di alimentazione. Vi è già stato spiegato che il cibo vi viene concesso solo per assicurarvi il minimo di energie necessarie per tirare avanti. Non è un piacere, non è gustoso e nemmeno sazia; è solo il carburante che vi diamo per tenervi in piedi e si approfitta anche di questo momento per umiliarvi.

(continua)
view post Posted: 3/2/2024, 11:30     I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
15

Il sole non era ancora sorto, quando alcune Guardiane si occuparono di radunare gli schiavi in uno dei saloni del pianterreno del Castello.
Si trattava del gruppo di quelli che, come F, erano alla loro prima visita, e che dovevano, quindi, affrontare il ciclo più lungo di istruzione.
Erano infreddoliti, stanchi per la penosa privazione del sonno a cui erano stati sottoposti nelle giornate precedenti, affamati ed assetati.
Tutti portavano i lividi delle frustate, e delle altre sevizie subite in abbondanza.
Completamente nudi, con i collari, avevano i polsi ammanettati dietro la schiena, ed una catena alle caviglie di circa una trentina di centimetri che ostacolava i loro passi.
Prima di essere radunati era stato loro concesso di pisciare e defecare, a gruppi, in una di quelle stanze che le Signore chiamavano “gabinetti per gli schiavi” e che in realtà erano androni senza finestre, sporchi e maleodoranti perché i bisogni fisiologici venivano espletati sul pavimento grezzo. In effetti, pochi avevano avuto la reale necessità di quel servizio, dato che sino ad allora erano stati tenuti tutti a digiuno.
Poi erano stati lavati con un getto d’acqua fredda, mista a detergente, ed asciugati sommariamente con teloni ruvidi.
Il gruppo fu schierato e passato in rassegna dalle Guardiane, che, come al solito, controllavano le loro condizioni e annotavano ogni cosa sulle loro schede. Vennero quindi formate delle squadre di quattro o cinque schiavi ciascuna e F si ritrovò, insieme a tre apparentemente più giovani di lui, affidato ad una Istruttrice che li prese da parte, e li condusse in una delle “aule”.
Si trattava di una stanza arredata con una cattedra, sulla quale poggiava un televisore con videoregistratore, una poltroncina per la Dominatrice, ed un vario assortimento di attrezzi di tortura. Alle pareti erano appese, come aveva notato in molti luoghi dell’edificio in cui era passato, fruste e bastoni, di vari tipi e dimensioni. Su uno scaffale, erano disposte catene, manette, morse, lucchetti, ed inquietanti falli in gomma, legno e metallo. In mezzo al soffitto c’era un argano con carrucole, ed altri agganci per catene, erano dislocati lungo le pareti. Inoltre erano collocati in un angolo, un paio di cavalletti e di “appendischiavi”, pronti per essere utilizzati.
I quattro sventurati, vennero fatti inginocchiare nel mezzo dell’aula, sotto la luce di un paio di riflettori posti alle spalle della cattedra sulla quale si sedette l’Istruttrice che si presentò col nome di Miss Manuela.
La Dominatrice, che parlava un inglese perfettamente comprensibile, era vestita con un top aderente, una minigonna nera, calze scure e scarpe col tacco alto. Aveva capelli ricci e biondi, portati abbastanza lunghi, ed era di carnagione molto chiara. Azzardando un’occhiata più attenta, F notò i suoi lineamenti graziosi ed il suo seno, di taglia media e sodo. Poteva avere poco più di vent’anni, e complessivamente era d’aspetto delicato, il ché, stonava con quanto diceva circa la sottomissione e l’istruzione degli schiavi.
Una prima parte della sua introduzione, concernette spiegazioni analoghe a quanto F aveva già sentito ormai più volte, circa l’uso della lingua, il modo di rispondere, l’obbligo assoluto di obbedienza, ecc... ecc... Ribadì poi, che l’obiettivo di quell’istruzione, era di mettere in qualche giorno gli schiavi, in condizione di comportarsi adeguatamente, e di conoscere il Castello, con le sue regole e la sua struttura materiale. In quel modo, gli schiavi non avrebbero avuto più alcuna scusante per le loro mancanze, sarebbero stati pienamente soggetti alla disciplina prevista, e sarebbero stati messi nelle condizioni di svolgere bene i lavori loro affidati.
Ciò posto, Miss Manuela fece alzare uno degli allievi, e, senza particolari spiegazioni, si mise all’opera con catene, morsetti ed altri attrezzi.
Uno dopo l’altro, i quattro schiavi furono liberati dalle manette e dalla catena alle caviglie, per venire subito bardati con un morsetto sotto il glande, un altro alla base di scroto e pene, una catena, stretta in modo esagerato intorno alla vita e fra le gambe. In quel modo, F e gli altri, erano costretti a subire una lunga e fastidiosa sofferenza.
- Come potete vedere - commentò allora l’Istruttrice, con qualche lucchetto e poco più, vi tengo tutti alla mia mercé. Prima di passare alle esercitazioni pratiche, voglio che vi rendiate bene conto che, con le chiavi in mio possesso, posso disporre del vostro corpo, alleviare o aumentare la vostra sofferenza, stringere le morse o allentarle. Voglio che cogliate l’essenza di questa banale osservazione, e cioè che noi Dominatrici abbiamo il possesso assoluto delle vostre esistenze, come delle Divinità. Useremo il nostro Potere, per tormentarvi ed umiliarvi, e capirete che, anche in quei pochi momenti in cui sarete un po' risparmiati, dipenderete totalmente dalla nostra volontà. Imparerete, non solo ad obbedirci e rispettarci, ma soprattutto a temerci. Vivrete nell’angoscia e nel terrore, avrete paura dei nostri capricci, della nostra crudeltà, e dello spirito con cui vi infliggeremo torture, punizioni, privazioni, e umiliazioni. L’unica vostra consolazione, sarà la consapevolezza del vostro ruolo subalterno, che dovrà essere profonda, e non solo un comportamento esteriore.
Detto ciò, l’Istruttrice, senza alcuna spiegazione, scelse uno dei suoi "allievi" e lo mise con le spalle al muro, intimandogli di restare immobile. Prese quindi una verga rigida dall’armamentario di attrezzi a sua disposizione e con quella cominciò a percuoterlo violentemente sul ventre e sul sesso. Dosava i colpi lentamente, ma inesorabilmente, dimostrando in tal modo che poteva fare quello che voleva della sua vittima, sulla quale si accanì fino a farlo cadere sotto le percosse. Prima di smettere, lo colpì ancora, mentre era steso ai suoi piedi, mirando alle natiche e alla schiena.
Poi smise, come se si fosse improvvisamente annoiata di quel gioco, e avesse deciso di trastullarsi in altro modo.
Infatti si avvicinò ad F, e lo afferrò bruscamente per il pene, stringendo ancora di più il morsetto al glande, già abbastanza penoso per lo schiavo.
- Questi attrezzi - commentò, lasciano il vostro sesso nelle mie mani. Potrei allentarli, ma adesso mi va di stringerli, per il solo gusto di infliggere un tormento.
La morsa era tanto stretta, che F non poté trattenere un gemito di dolore, e ciò fece ridere soddisfatta l’Aguzzina.
Lasciatolo alle prese con la morsa, Miss Manuela passò ad occuparsi di un terzo schiavo, al quale strinse maggiormente la catena che gli cingeva i fianchi, e che passava intorno al pene ed in mezzo alle natiche. Per fare ciò, usò un tubo di ferro, che infilò sotto la catena stessa e che girò su se stesso, per accorciarne il gioco. Bastò un solo giro, per rendere la morsa più dolorosa di quanto già fosse. F, già sufficientemente tormentato dalla stretta "normale", rabbrividì, pensando all’effetto che poteva avere quel banale ritrovato della Signora.
Miss Manuela ignorò il quarto schiavo, curandosi invece di far rialzare quello che aveva frustato, affinché tornasse al suo posto con gli altri.
- Più tardi vi torturerò ancora - disse. E vi farò molto male, adesso invece, cominciamo a fare qualche esercizio sulle posizioni formali.

(continua)
view post Posted: 1/2/2024, 12:24     Pony Play - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Racconto trovato sull web, tratto dal sito / blog di Susanna Guerriero, autore anonimo o comunque non imprecisato
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Alberto stava dialogando, da qualche tempo, su internet con una signora che abitava non lontano dalla sua città, ed era colpito dalla sua voglia d’esibizionismo.
Era molto eccitato e stava morendo dalla voglia di conoscerla, perché le chiacchiere avevano messo in luce dei suoi hobby particolari, per lui “divertenti”, come quello di questo periodo, in cui sentiva il bisogno di realizzare un sogno.
Quello di cavalcare un uomo come un pony, su due piedi, ma purtroppo aveva a sua disposizione solo una persona troppo debole, per soddisfare il suo capriccio!
Alberto che era invece in forma, alto 1 metro e 80, con un peso di 90 Kg e 50 anni, pensava di poter ricambiare la voglia della signora, farla divertire servendo da pony.
Era incuriosito dall’idea, non l’aveva mai fatto, ma nonostante alcune remore, con una telefonata, si metteva a disposizione.
Lei si dimostrò entusiasta, affermando che era un’esperta cavallerizza.
Possedeva un vero cavallo, che cavalcava regolarmente nel parco della sua villa, e passò a descrivere l’attrezzatura di cui disponeva.
Oltre ai soliti equipaggiamenti di cui dispone un appassionato d’equitazione, aveva fatto modificare una sella, adattandola per essere sistemata sulle spalle di un essere umano e che l’aveva collaudata!
Alberto, provando un attimo di timore, chiese delucidazioni.
“Dove? Con chi? Con un manichino?”
“Naturalmente sul mio servo, che è crollato al suolo dopo qualche passo. In ogni caso, se sei interessato, domani puoi venirmi a trovare. Una volta che sei bardato da cavallo, facciamo una stupenda passeggiata
nel parco, seguiti da quel cane del mio servo, a quattro zampe.”
Alberto era di nuovo perplesso, ma Lei lo rassicurava e incoraggiava.
“C’è sempre una prima volta per tutto. Non preoccuparti, ci penso io guidarti lungo i vialetti del parco.
Sei un tipo forte, da come dici. Portarmi non dovrebbe essere un problema, inoltre dispongo d’alcuni attrezzi per sollecitarti, negli eventuali momenti di flessione. Servimi bene, e potrai anche assaporare il mio nettare, direttamente dal sesso, con quel cornuto ad assistere, è una promessa, ma voglio cavalcare a lungo. Fermati prima, e non ci sarà sesso.”
Alberto era eccitato e assicurò la sua presenza per l’indomani.
Alberto si era vestito con un paio di vecchi jeans sbiaditi e una t-shirt, ma non aveva per niente freddo, benché fosse appena iniziata la primavera.
Una volta varcata l’entrata principale della villa, aperta al suo arrivo, e percorso il vicolo sulla destra e si era incamminato sul retro, fermandosi, a debita distanza, di fronte ad una porta secondaria, come Lei aveva ordinato.
Dopo 25 minuti nessuno era ancora venuto ad accoglierlo, e Alberto cominciava pensare ad una probabile presa in giro.
Aveva ormai i piedi, e non solo, freddi, quando si decise ad avvicinarsi alla porta. Avvicinandosi rimase sorpreso nel vedere, attraverso i vetri, la Signora che, seduta sulla schiena di un uomo, si fumava una sigaretta e gli faceva segno d’entrare.
“Lady Lucrezia?”
“Certamente, ma da adesso non devi più parlare! I cavalli non parlano!”
Alberto aveva subito notato che era una donna veramente stupenda.
Era vestita da autentica cavallerizza, con stivali di cuoio neri e alti, e un cappello spagnolo sulla testa.
Appena si è alzata ha indicato al servo di aiutarla ad indossare una corta pelliccia, e di prendere dei guanti per le sue mani.
Alberto ha subito immaginato che anche l’attesa facesse parte del gioco, per aiutare la sua mente ad entrare nel ruolo.
Era un tipo forte, deciso, e con un semplice gesto della mano ha indicato al servo l’attrezzatura per iniziare a bardarmi.
Ha preso un morso con briglie e redini, e lo ha assicurato nella bocca, legandolo strettamente alla parte posteriore della testa.
Alberto sentiva per la prima volta com’era scomodo, premendo nella parte posteriore della bocca, ed era così stretto che, oltre far male, non permetteva più di parlare, ma al massimo di emettere a malapena dei suoni.
Lady Lucrezia aveva legato le redini ad un anello nel muro, e Alberto si era reso conto che ora non poteva più tirarsi indietro.
Gridare era impossibile, ed anche se potesse urlare, non c’era nessuno lì vicino.
La Signora ha ordinato quindi di collocare la sella, che lo schiavo ha assicurato con delle cinghie sopra le spalle, sulla cassa toracica, e per obbligare la bestia a tenere il busto arcuato verso il terreno, vincolata ad una cintura in vita.
Le cinghie erano strette attorno al suo corpo in modo di permettere alla cavallerizza di sedersi quasi parallela al terreno, obbligando l’animale a tenere le braccia davanti alle staffe, e il suo collo piegato in avanti.
Questo ultimo accorgimento era stato predisposto perché il cavallo sentisse gli ordini trasmessi tramite le redini, e in maniera cruenta.
Il morso tenuto sempre in tiro dalla Padrona l’avrebbe obbligato ad alzare la testa, per guardare avanti, e questo gli avrebbe lacerato gli angoli della bocca.
Alberto stava cominciando a domandarsi se era stata una buon’idea, ma non aveva tempo per pensare, che due alette di cuoio erano fissate ai lati della testa, e così coprire ai suoi occhi la visuale attorno a lui.
Ormai poteva vedere soltanto davanti, ed in quel momento un muro.
Lady Lucrezia si era accomodata su una poltroncina, mentre lo schiavo prendeva una coppia di speroni, ed era bene che Alberto non poteva vederli, perché avevano rotelle acuminate e taglienti, che solo a guardarli, sentivi il dolore che avrebbero inflitto. Finito di fissare gli speroni agli stivali, la cavallerizza ha impugnato un frustino di cuoio da cavallerizza e lo ha fatto sibilare un paio di volte nell’aria, vicino alle orecchie dell’animale, come un segnale d’inizio.
Lady Lucrezia ha impugnato le redini, che il suo servo aveva sciolto e le porgeva.
Ha preso posizione vicino a Alberto, e facendo un passo sulla schiena dello schiavo a carponi, posizionato a fianco della montatura, ora poteva salire facilmente in sella.
Ha messo il suo piede nella staffa e con un leggero salto è in sella, ponendo l’altro piede nella staffa che stava pendendo dalla sella e si è sistemata comodamente, provando le redini, incurante della fatica che l’animale faceva per supportarla.
Una volta accertato che le cinghie erano tutte a posto, ha colpito con il frustino il sedere della sua cavalcatura.
“Vai!”
Alberto ha iniziato a camminare a rilento e, non sentendo successivi ordini, pensò che dopo di tutto fosse abbastanza facile.
La signora non era per niente pesante, e stava facendo una passeggiata piacevole.
Carponi, come un cane, seguiva il suo “amico”.
Lady Lucrezia, invece, stava soltanto valutando l’andatura, l’equilibrio e le possibilità del suo pony, ed era la cosa migliore.
Abituava l’animale piano, piano, senza fargli presagire che era un’amazzone tutto altro che gentile, anzi il contrario.
Tirava dolcemente le redini, i colpi di frustino erano rari e senza tanta energia, gli speroni sembravano due oggetti coreografici.
Raggiunta una leggera salita, che sembrava preoccupare la cavalcatura, l’amazzone gli toglieva tutti i dubbi con due decisi colpi di tallone e chiaramente di sperone nei fianchi, in repentina sequenza, accompagnati da un selvaggio incitamento.
“Yiiieeehaaa!”
L’incitamento a proseguire ed aumentare notevolmente l’andatura, era reso più convincente dai colpi di frustino che cadevano sulla schiena ad intervalli regolari.
Più la passeggiata proseguiva, e più Lady Lucrezia cavalcava in maniera decisa, sempre più era il dolore.
La schiena della cavalcatura era un’unica chiazza rossa, i fianchi erano lacerati dalle rotelle taglienti, e sembrava che da un momento all’altro potesse ucciderlo.
In ogni caso, questo non l’interessava, Alberto per lei era solo una bestia.
Ma nel contempo, come tutti gli esseri inferiori, l’animale sapeva che la sua vita era al servizio della Padrona, e faceva sempre tutto il possibile per aumentare l’andatura e di conseguenza la sua gioia.
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14

Per loro le Aguzzine avevano escogitato, innanzi tutto, una gara di velocità, minacciando che gli ultimi sarebbero stati puniti con un gran numero di nerbate.
Il percorso era costituito da quattro giri del salone. Alle vittime schierate fu dato il via.
L’impresa si rivelò subito assai difficile, non solo per F, che cominciò ad arrancare penosamente sforzandosi inutilmente di conservare andatura e direzione costanti., ma anche per tutti gli altri, col fiato corto per lo stringimento dato da corpetto e cinghie e con i gravi vincoli a braccia e gambe.
Muovendosi gli schiavi si urtavano fra di loro, rischiando di rovinare a terra, cosa che capitò ad uno che poi si rese conto di quanto fosse difficoltoso raddrizzarsi.
Fra tutti, solo uno schiavo riuscì a staccare il gruppo, assicurandosi dall’inizio un margine di garanzia.
Tutt’altro che agevole, fu il girarsi alla fine del primo tratto: ostacolandosi a vicenda, un paio rimasero incastrati l’uno nell’altro, ed il tempo che impiegarono a divincolarsi, bastò per farli rimanere indietro.
F resistette alle spalle del primo per un po’, ma dopo la seconda inversione di marcia, fu affiancato dal terzo, che per superarlo non esitò a sgomitarlo, s'intende nei limiti del possibile visto com'erano legati e costretti.
Rimasto terzo, dopo la terza inversione, F si profuse in uno sforzo disperato, ma traballò e perse l’equilibrio, finendo a terra. Nella rovinosa caduta subì un fortissimo strattone al sesso, provocato dallo stringimento della corda legata al divaricatore fra le ginocchia. Riuscendo a mettersi su un fianco attutì un poco quella sofferenza, ma era finito in una posizione da cui, per quanti sforzi facesse, non poteva più risollevarsi. Non lontano da lui vedeva il primo schiavo caduto, che si trovava messo più o meno come lui e si rese conto, che entrambi assomigliavano a quegli insetti finiti con le zampe all’aria, condannati a dibattersi inutilmente. Lo spettacolo divertiva indubbiamente le Dominatrici, che infatti, oltre a seguire la parte finale della gara, sghignazzavano all’indirizzo dei due schiavi bloccati.
Il tratto finale della gara, a cui F assisteva, non essendo ormai più in grado di rimettersi in corsa, fu reso avvincente dal tentativo del secondo di portarsi in testa ad ogni costo. Negli ultimi metri, mentre il primo arrancava senza più fiato, l’altro azzardò ogni movimento possibile, per riuscire a scattare in avanti. Recuperò parte del distacco, facendo dei balzi che lo portarono con la testa all’altezza del torace dell’avversario. Fu a quel punto che, senza tanti complimenti, si alzò, per quanto poteva, sulle gambe, per infilare le braccia fra gli arti del primo. A rischio di cadere lo spinse di lato, riuscendo a fare in modo che quello si provocasse uno strattone al sesso. Con un ultimo balzo, evitò di essere coinvolto in una caduta, e giunse per primo a toccare il muro. La sua vittoria fu applaudita dalle Aguzzine che sembrarono favorevolmente impressionate dalla scorrettezza compiuta.
Nessuna pietà vi fu per gli sconfitti, a cominciare dal secondo, che per primo dovette subire una serie di nerbate sulle natiche.
Fatti rialzare tutti i perdenti, e sistematili in fila, con l’autorizzazione di Lady Alexia, le Dominatrici inflissero le punizioni minacciate, consentendo al vincitore di assistere allo spettacolo.
Tra una frustata e l’altra, F rifletté su quanto era avvenuto, afferrando al volo che non aveva alcun senso immaginare che ci potesse essere solidarietà, e nemmeno sportività tra gli schiavi. Erano infatti tutti in concorrenza fra loro, per ingraziarsi le Signore e strappare una minima ricompensa, anche quando ciò equivaleva a causare aggravi di tortura agli altri.
Finita la punizione, le Dominatrici colsero lo spunto offerto dalla gara, per inventare una nuova competizione nella quale gli schiavi avrebbero potuto ancor meglio scagliarsi l’uno contro l’altro. Decisero, infatti, di fare combattere il primo arrivato contro il secondo, e contro F, per vedere se i due sconfitti avevano la grinta di vendicarsi.
L’obiettivo era di far cadere gli avversari, ed in palio, nuovamente, c’erano solo punizioni a suon di frustate, per chi avesse ceduto.
Muovendosi malamente, i tre si trovarono a fronteggiarsi in mezzo al salone. F, era molto incerto sulla possibilità di ricercare una qualche temporanea alleanza contro lo schiavo che aveva vinto la gara precedente e che rispondeva al numero 40. L’altro, il numero 42, ebbe meno esitazioni, ed accennò un attacco frontale all’avversario. I due cozzarono fra loro una prima volta, mostrando di essere entrambi ben piazzati malgrado le costrizioni. A quel punto, F stimò che gli sarebbe stato conveniente attaccare a sua volta il 40, auspicando di avere maggiori possibilità di cavarsela poi con il 42. Procedendo nel modo del tutto inconsueto e per quanto gli era possibile, cercò di piazzarsi di fianco a 40 mentre questi fronteggiava l’altro, per mirare a stargli addosso e spingerlo giù. I tre finirono con l’aggrovigliarsi nel combattimento: 42 cercava di portare avanti una mano, per afferrare qualche appiglio di 40; F invece, usava la tecnica di spingerlo di lato, riuscendo a spostarlo, ma non a farlo cadere. Fu un improvviso rovesciamento di alleanze a travolgere F, poiché, mentre 40 si spostava, 42 ebbe davanti il fianco dell’altro, nel momento in cui era un po’ sbilanciato. Non perse l’occasione per balzare in avanti e spingerlo di peso, facendolo ruzzolare per terra, in un modo che suscitò grande divertimento nel pubblico delle Dominatrici.
Ancora una volta, dunque, F si trovò sconfitto, oltretutto proprio ad opera di quello che pensava potesse essergli alleato almeno temporaneamente. La lotta fra 40 e 42 proseguì ancora un po’, fra botte e spintoni, finchè 42 capitolò e nuovamente la vittoria fu di 40, che ottenne commenti favorevoli delle Signore.
Senza attendere altro, le Aguzzine si scagliarono sugli sconfitti, per somministrare loro la razione di nerbate che avevano promesso.
F, alla fine, era ridotto assai male, coperto di nuovi lividi, che Lady Alexia curò usando ancora quel doloroso disinfettante urticante.
- Sei proprio un coglione - lo apostrofò infine Miss Phoria, meriteresti subito altre ore di tortura!
- Non resisterebbe a lungo - intervenne Lady Alexia - ed il divertimento sarebbe cosa da poco. Quando si sarà ripreso, reagirà meglio.
Lady Mara annuì a quelle ultime parole, proponendo quindi di concentrare l’attenzione sugli altri schiavi.
Fu così che F venne lasciato con la faccia al muro, steso su un fianco, con tutta la pesante bardatura addosso.
Inebetito dal patimento, non poteva certo riposare, ma trovò almeno una posizione minimamente sopportabile dalla quale, però, non riusciva a vedere quanto accadeva nella sala. Bastavano, comunque, le voci delle Padrone ed i gemiti degli schiavi, per far capire che ancora proseguivano giochi e sevizie, ai danni di questi ultimi.
Non aveva idea di quanto tempo fosse ancora passato, quando finalmente, le Signore tolsero a lui e agli altri, ma non a tutti, la bardatura per braccia e gambe. Gli lasciarono invece corpetto, cinghie e divaricatore mandibolare, liberandolo infine della corda che gli stringeva il membro.
Ritrovandosi a poter stare in piedi senza tutori, F tirò un po’ il fiato, più che altro metaforicamente, a causa dell’effetto dei costrittori che aveva sul busto. Fu Lady Alexia ad incatenarlo con la faccia al muro bloccandogli, le mani sopra alla testa, attaccate ad uno dei vari anelli infissi nella parete.
Dopo un po’ anche altri schiavi furono immobilizzati in modo identico, ed a quel punto alcune Dominatrici salutarono il resto del gruppo e se ne andarono, portandosi via gli schiavi che ancora erano rimasti con la bardatura completa.
Con F e gli altri, restarono Lady Alexia e Lady Mara, che ritennero opportuno procedere ad una nuova e sempre più abbondante disinfezione dei lividi. Piegato dal bruciore, F gemette e pianse, senza riuscire a dibattersi. Affrontò un ulteriore doloroso trattamento, finchè sopraggiunsero un paio di Guardiane, che si misero a disposizione di Lady Alexia, per riaccompagnare via gli schiavi.
Fu così che F e qualche altro con lui, vennero condotti alla cella dove erano stati messi i loro miseri giacigli.
Solo quando fu pronto per esser incatenato al pavimento, a pancia in su con braccia e gambe aperte, venne liberato delle cinghie e del corpetto, riprendendo una respirazione pressoché normale.
Gli fu invece lasciato il bavaglio-divaricatore, per evitargli la tentazione di parlare con gli altri schiavi, ed in quelle condizioni ebbe finalmente la possibilità di riposarsi.
Non appena le Guardiane ebbero finito con lui, F. cadde immediatamente in un sonno che fu brevissimo, ma assai profondo.

(continua)
view post Posted: 30/1/2024, 12:50     I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
13

Per quanto ne poteva capire F il gruppo era costituito da novizi come lui, con l’aggiunta di un paio di altri che, forse, erano stati presi fra quelli che aveva visto servire a tavola.
Altri schiavi camerieri, nudi e con il bavaglio che bloccava loro la bocca, si stavano occupando di spostare i cavalletti, le gogne, ed il tavolo su cui erano rimasti solo avanzi di cibo e bottiglie a metà.
Quando ebbero fatto largo nel salone, portarono un paio di bauli, in cui le Signore si misero a rovistare, cercando gli attrezzi di loro interesse.
Avendo dunque deciso di occuparsi degli schiavi secondo l’ordine con cui erano stati graziati dalle frustate, toccò ad F, per primo, sperimentare il nuovo crudele gioco delle Aguzzine. Si occupò di lui personalmente Lady Mara, che sembrava essere tenuta in grande considerazione dalle altre Dominatrici, le quali, infatti, restarono ad osservare attentamente ciò che faceva.
In primo luogo, la Signora lo forzò ad indossare una specie di corpetto, per stringergli la pancia dai fianchi fino a sotto la cassa toracica. L’attrezzo era un indumento rigido, rinforzato da sbarre interne, le cui estremità si univano in mezzo alla schiena con un sistema di lacci e cinghie che Lady Mara strinse esageratamente, dopo aver obbligato la vittima a espirare completamente. Con il corpetto addosso, F non riusciva più a respirare di pancia, e la sua carne veniva fortemente stritolata. Il suo aspetto, poi, risultava alquanto bizzarro, poiché aveva i fianchi esageratamente stretti ed il culo messo in risalto.
Il passo successivo, fu l’applicazione di due cinture intorno al torace, una in alt ed una più in basso, il cui scopo era quello di ostacolare ulteriormente la respirazione. Per ottenere tale effetto, le cinghie, oltre ad essere strette, avevano all'interno delle borchie metalliche, che si conficcavano nella carne ad ogni respiro.
Sistemate quelle costrizioni, Lady Mara impose ad F un divaricatore mandibolare, simile come funzionamento a quello usato da Miss Phoria, ma costruito con tubi metallici più grossi, ingombranti e pesanti. L’attrezzo, era completato da una sbarra interna alla bocca, che spingeva sulla lingua, tenendola schiacciata alla parte inferiore del palato e, all'esterno, aveva due speroni, puntati verso l’alto, da infilare nelle narici, per ostruirle parzialmente, e spingere il naso all'insù.
Dopo aver regolato l’attrezzo, in modo da renderlo molto fastidioso, Lady Mara mise ai gomiti di F due strumenti metallici, simili a grossi bracciali. che impedivano allo schiavo di piegare le braccia. Furono chiusi con appositi fermi e fra loro venne applicato un bastone, lungo una trentina di centimetri, in modo da costringere la vittima a tenere le braccia a quella distanza fissa. I “bracciali per i gomiti” avevano alcuni fori, in cui l’Aguzzina infilò lunghe viti di metallo, la cui punta piatta era zigrinata per causare dolore, addentrandosi nella carne pur senza ferirla.
Un secondo bastone divaricatore, metallico e pesante, fu collocato fra i bracciali che cingevano i polsi. Trattandosi di una lunghezza superiore al primo, lo schiavo, che non poteva piegare i gomiti, si trovava con gli avambracci sforzati in modo innaturale.
Anche le gambe dello schiavo furono sistemate in modo analogo. Lady Mara, infatti, applicò ad F una coppia di ginocchiere metalliche, simili allo strumento che aveva messo ai gomiti.
Anche in questo caso, usò grosse viti per martoriare le carni sotto agli attrezzi e sistemò un divaricatore fra le gambe, che, in questo caso, era lungo oltre mezzo metro.
F, si aspettava, a quel punto, che gli fosse messo un secondo divaricatore, per tenergli aperti i piedi, ma la Dominatrice, prima di applicarglielo aveva in serbo un’ultima novità.
L’Aguzzina, infatti, aveva predisposto due tubi metallici, in cui andavano infilati i piedi della vittima. Per starci dentro, lo schiavo era costretto ad entrare di punta, e, una volta infilati fino alla caviglia, non poteva più piegare i piedi, pur non avendo un appoggio per i talloni. Quegli attrezzi, erano molto più efficaci come strumenti di tortura, delle scarpe con tacchi “punitivi” poiché, oltre a ad essere assai più pesanti, rendevano estremamente instabile e dolorosa la camminata.
I tubi furono agganciati alle cavigliere, per impedire che si potessero sfilare. Infine Lady Mara applicò l’ultimo bastone, alquanto lungo, per tenere divaricate le estremità delle gambe, in modo sproporzionato alla distanza fra le ginocchia.
A quel punto, come del resto già durante tutta la preparazione, F aveva estrema difficoltà a reggersi in piedi da solo. Venne tenuto in equilibrio da Miss Phoria e da un’altra Dominatrice, mentre Lady Mara completava la sua opera, facendogli girare intorno all'attaccatura dello scroto e del pene una corda tesa, unita al centro del divaricatore fra le ginocchia.
Quell'ultimo particolare, destinato a strizzargli il sesso, concludeva l’acconciatura che la Signora aveva escogitato per lui e che le meritò un applauso da parte di tutte le altre Dominatrici presenti.
Si era, però, solo all'inizio del supplizio.
F se ne rese conto quando Miss Phoria e l’altra lo abbassarono, fino a farlo stare a quattro zampe. In pratica lo schiavo era forzato a tenere braccia e gambe rigide e spalancate, faticando enormemente e penando ad ogni respiro, complicato dall'incredibile bardatura, che lo costringeva in tutto il corpo.
Con una scudisciata Lady Mara gli intimò di muoversi ed F, barcollando, cercò di obbedirle. Per procedere, doveva muovere gambe e braccia in sincronia, badando a non fare slittare i piedi, poiché ciò gli costava uno stritolamento del sesso.
Le Aguzzine lo fecero girare un po' e quindi lo fermarono, in modo che fosse piazzato lungo la parete opposta a quella dov'erano schierati gli altri schiavi.
Toccò a loro, dunque, essere sistemati in modo analogo, e di ciò si occuparono insieme le Signore, seguendo le indicazioni di Lady Mara, che dava crudeli suggerimenti su quanto stringere le cinghie, ed insinuare le viti nelle carni delle povere vittime.
In conclusione, tutti gli schiavi furono acconciati come F, tranne uno, per il quale alla fine non erano rimasti attrezzi costrittivi. In ogni caso, fu difficile chiamarlo fortunato, perché le Torturatrici, indispettite, decisero di appenderlo per le braccia, legate dietro la schiena, in punta di piedi su una tavola traballante che non gli dava equilibrato sostegno, con un grosso peso legato al pene. Era una posizione molto penosa, dalla quale, certamente la vittima aveva poca voglia di preoccuparsi di quanto accadeva ai suoi compagni di tortura.

(continua)
view post Posted: 29/1/2024, 13:23     +1Scat-ena tanti commenti - Pratiche, Tecniche, Attrezzature - BDSM & Fetish
CITAZIONE (Zilly @ 27/1/2024, 17:11)
Se ne parla poco perché sono pochi quelli a cui piace la coprofilia.
Perché invece chi ama questa pratica ne parla abbondantemente, direi fino alla nausea.

Partiamo dal mondo pro.
Troverai molte più prodomme disposte a farti mangiare i loro escrementi di quante invece ti facciano leccare la gnocca. Le ragioni sono semplici e molteplici:
1) È una pratica a rischio zero per la prodomme: lo scambio di fluidi è unidirezionale. Anche nel caso di rimming, il rischio per la pro è infinitesimale.
2)Adesso meno, ma specie una volta, con la scusa che è una pratica sporca e schifosa che poche fanno, che la prodomme può espletare solo una volta al giorno, magari al mattino presto, che occorra una certa preparazione ( maddeche aho, io vado ar cesso anche 3 volte ar giorno), che se la deve tenere fino al momento opportuno, consente alla prodomme di chiedere un goloso supplemento.
3)se una viene scoperta dalla famiglia, dal fidanzato etc. a fare la prodomme se la gioca facile e passa per furba dato che si faceva pagare ( e tanto ) per cagare in bocca a dei luridi pervertiti. Idem se ha il fidanzato ( talvolta è anche il suo magnager,il cosidetto, in gergo,fidanpappa) o il marito consci della sua attività.

Invece, nel caso di adorazione parti intime, come dicono i raffinati, o leccare la gnocca, come dicono i più ruspanti, non solo vi è un rischio sanitario maggiore per la pro in quanto lo scambio di fluidi è bidirezionale, ma talvolta la tapina è perseguitata e tacciata ( come se fosse in insulto ) di essere una escort, sopratrutto dalle colleghe più pudiche che vedono in quella pratica una sorta di concorrenza sleale.
Questo per dire che nel mondo pro, se ti piace lo scat, non hai che da chiederlo e troverai facilmente.

Diverso il discorso fuori dal mondo pro.
Se sei fortunato riesci a trovare una free con cui fai solo BDSM cui piaccia, altrimenti mi viene da ridere quando ti si suggerisce di coinvolgere la compagna.
Io mi immagino la dolce fidanzata, moglie, compagna che bacia avidamente il partner, magari dopo avergli defecato in bocca. Poi, ci sono, ma sono casi rarissimi.

Parliamo invece dei rischi: se l'urina di una persona sana è sterile e quindi berla comporta rischi minimi, diverso è il caso delle feci.
Alcune delle peggiori malattie sono trasmesse per via orofecale e non è detto che l'escremento della tua compagna sia più sano di quello di una pro.
D'altro canto, il rischio potrebbe aggiungere un motivo di eccitazione ulteriore, come quei punter che ricercano prostitute a basso costo che ricevono in zone ad alto degrado.

L'importante è essere consci dei rischi che si corrono e poi decidere.

Se pensiamo che molte persone più volte al giorno compiono, con una certa nonchalance data dall'ignoranza, una delle azioni più rischiose in assoluto, che se non sbaglio rientra tra le prime dieci cause di morte, ossia mettersi al volante di un' automobile oppure fumano, direi che il degustare l'altrui escremento, per quanto ributtante al 98% delle persone, potrebbe non essere così pericoloso.

CITAZIONE (Zilly @ 28/1/2024, 09:07)
Per quanto riguarda il pissing,invece, il rischio malattia è molto minore in quanto in una persona sana l'urina è priva di microorganismi dannosi.

Questo non vuol dire che berla sia una pratica salutare od addirittura benefica come si sosteneva in certe sette.

La logica di per sé stessa dice che se un corpo espelle dei rifiuti, reintrodurli nello stesso corpo o nel corpo di un altro non ha alcun senso e la scienza lo conferma: l'essere umano è sprecone e l'urina è costituita da oltre il 90% di acqua, anche se questo dipende poi da quanto si beve.

Le persone allergiche ad alcuni farmaci o a particolari sostanze dovrebbero fare molta attenzione in quanto molti composti, tra cui alcuni antibiotici, sono eliminati attraverso la pipì. Tra parentesi, per i patiti del CIM, alcuni antibiotici sono presenti nel liquido seminale e potrebbero dare problemi a chi è fortemente allergico ad essi. Quindi se state assumendo farmaci, prima di coinvolgere partner in certe pratiche sarebbe bene informarsi.

Paradossalmente, anche in questo caso, pur essendo priva di rischi per la prodomme, si avverte una certa resistenza in alcune di esse: molte la vogliono fare mutandate oppure nel bicchiere, lontano dallo sguardo del cliente, che si sa, non ha mai visto una vagina in vita sua. Per quelle che lo fanno mutandate, forse pensano che le altre donne non siano gnoccadotate o che la loro abbia il magico potere di fare innamorare o peggio impazzire il cliente di turno.
Per me hanno semplicemente paura che il cliente, alla fine della bevuta chieda di ripulire con la lingua la sorgente oppure si lanci a farlo spontaneamente e questo le rende immediatamente vergognose o le svergogna come ipocrite: l' ano sporco me lo fai leccare e la topa no? Perché?

Quelle che invece la fanno nel bicchiere e poi la fanno bere da esso con la scusa che è più umiliante per quello che loro chiamano schiavo ( ed io cliente ) fanno ancora più ridere. Se la fanno di fronte al sub, magari da nude, nella ciotola, con lui in ginocchio, legato, pronto ad essere costretto a lappare ha un senso. Se il poveretto se la trova già in bicchiere, magari fredda o se la tipa va in bagno e torna con un contenitore contenente il liquido, chi mi dice che non sia quello del loro fidanzato?

Detto ciò, per correttezza, devo aggiungere che non sono amante dello scat e neppure del pissing, anche se, se alla mistress piace, sono disposto a farmela fare sul corpo. Un paio di volte ho provato a berla dalla fonte e non mi è piaciuto anche se la situazione era molto eccitante, lo riconosco.

Il farting invece non lo commento in quanto, nel mio vetusto cervello di uomo dell'800, le donne semplicemente certe cose non le fanno perché il loro corpo è troppo perfetto. Si, lo so, è sbagliato ma chi se ne importa...ognuno ha diritto alle proprie illusioni.

Semplice, preciso, qualche spunto ad colorandum che non guasta mai, anzi invoglia la lettura, con una chiara demarcazione fra aspetti e giudizi, per così dire, "oggettivi" e soggettivi" che chiunque deve potersi sentire libero di esprimere come meglio gli aggrada, per descriversi o farsi conoscere, condividere sensazioni ed esperienze o più semplicemente perché gli va di farlo e dire la sua.
Quoto per sottolineare che si tratta, a mio avviso, di un esempio fra i migliori i come dovrebbero essere gli interventi in un forum BDSM che voglia essere, prima di tutto, di sana informazione e poi capace di aprire confronti e discussioni utili e di aiuto all'intera comunità.
Complimenti all'autore.
view post Posted: 29/1/2024, 11:53     I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Nel salone, illuminato a giorno da potenti lampade alogene, un gruppo di Signore stava divertendosi ai danni di vari schiavi, sia novizi giunti insieme ad F sia altri.
Un paio erano appesi per i polsi, altrettanti erano sospesi a testa in giù, altri ancora erano stati incatenati a cavalletti, col sedere all’aria; altri erano bloccati alla parete con braccia e gambe divaricate.
Le Aguzzine passavano dall’uno all’altro, colpendoli con fruste, scudisci e lunghe verghe. Procedevano con calma, assestando violente frustate, così che nella sala echeggiavano i loro passi, il sibilo dei loro attrezzi ed i gemiti di dolore delle vittime.
Al loro arrivo, Miss Phoria e Lady Mara, furono salutate dalle altre Dominatrici, che fecero anche qualche commento sulle condizioni di F, al quale toccò di essere subito appeso, ancora una volta con le braccia girate dietro la schiena, per essere offerto ai colpi di frusta.
Le Signore, pur avendo constatato che F già aveva subito un pesante trattamento, non gli risparmiarono nuove violente nerbate. Una alla volta, e talvolta in coppia, si soffermarono intorno a lui, per colpirlo un po’ dappertutto. Esausto com’era, Fnon riusciva nemmeno a dibattersi nel tentativo, che sarebbe stato comunque inutile, di parare od attutire i colpi.
Mentre seviziavano le loro vittime, le torturatrici si soffermavano al tavolo, dove era stata apparecchiata una cena fredda. Fra di loro chiacchieravano, tenendo la voce bassa, che alzavano, parlando in inglese, solo per gridare qualche improperio agli schiavi.
Lentamente ma inesorabilmente, dunque, le Signore continuarono nella loro opera, che sembrava divertirle molto. Nessuna, però, accennò a masturbarsi guardando il supplizio, come aveva invece fatto Miss Phoria, quando era stata da sola, come se quello fosse per loro un vero e proprio lavoro, piacevole sì, ma da eseguire con scrupolosità e tecnica.
Circa la tecnica, F non ebbe nulla da eccepire. Le frustate, infatti, erano perfettamente calibrate, in modo da provocare dolori secchi e precisi nei punti colpiti. L’obiettivo, evidentemente, era di castigare le vittime senza far loro perdere la conoscenza, ma riducendole comunque in condizioni pietose.
Suo malgrado, dunque, F ebbe modo di imparare gli effetti e l’efficacia dei diversi tipi di fruste e simili.

Lo strumento più maneggevole era lo scudiscio, composto da una verga abbastanza flessibile, ricoperta in cuoio, lunga una settantina di centimetri. Una Dominatrice, ne aveva uno che terminava con un rigonfiamento sferico, un’altra ne usava un tipo che aveva in cima una piccola spatola. Entrambi gli attrezzi sibilavano nell’aria, prima di abbattersi sul corpo delle povere vittime; con essi, grazie alla loro precisione, le Aguzzine preferivano colpire torace, pancia e fondoschiena ma anche gli organi sessuali ed i loro dintorni. I colpi più lievi erano ben sopportabili, ma quelli violenti, soprattutto se inferti dal modello con la pallina, avevano un effetto molto doloroso. Entrambi gli scudisci, lasciavano lividi rossi sulla pelle colpita, con l’impronta della loro particolarità finale.
La frusta, di foggia più tradizionale, era grossa, lunga oltre un metro e le Signore d’abitudine la tenevano in mano arrotolata, dispiegandola immediatamente prima di infliggere la nerbata. Recava cuciture a spirale, e quando si abbatteva sulla carne della vittima, la strisciava, lasciando segni vistosi. Con quella, le Aguzzine colpivano di preferenza, schiena, fianchi, pancia e gambe, in modo che la strisciata fosse prolungata. In cima, quel tipo di frusta aveva una sfera più grossa e pesante di quella dello scudiscio, la cui funzione era di guidare meglio il colpo, oltre che di abbattersi con particolare violenza sullo schiavo.
Un altro tipo di frusta era simile alla precedente, ma assai più lunga, alquanto più rigida e soprattutto nodosa, poiché a tratti regolari, presentava rigonfiamenti consistenti. Per usarla, le Torturatrici si mettevano a maggiore distanza dal bersaglio, e la srotolavano a terra, per scagliarla poi con gran violenza. In genere, le frustate venivano indirizzate verso la schiena o il torace, dall’alto in basso, ma talvolta le Signore azzardavano, non sempre riuscendovi, la manovra di farla arrotolare intorno ai fianchi del malcapitato, per poi strattonarla violentemente. In ogni caso, l’effetto di questo attrezzo, era sempre molto doloroso, e lasciava pesanti lividi ed escoriazioni.
Più moderata, era l’efficacia di una specie di spatola, un paddle, con una lunga impugnatura, che la faceva assomigliare quasi ad una racchetta da tennis, salvo che per il fatto, che la parte piatta era coperta in cuoio, ed aveva infilate borchie metalliche. Veniva usata prevalentemente sulle natiche, e consentiva una sculacciata violenta, ma più sopportabile rispetto alle fruste. Peggio era quando le Aguzzine la usavano per colpire il sesso, poiché in quel modo provocavano alle vittime un dolore tremendo.
Molto traumatiche erano anche le verghe, di cui esistevano vari tipi. Un primo modello, d’uso più comune, era un bastone di legno flessibile, ma nodoso, che le Aguzzine manovravano agevolmente e con precisione per colpire ogni parte del corpo raggiungibile. Una variante dello stesso modello, era composta da tre canne più sottili, unite insieme da anelli metallici verso l’impugnatura e fino a metà lunghezza. Decisamente peggiore, poi, era il tipo metallico, che, pur essendo flessibile, era a sezione triangolare, per cui l’effetto variava, a seconda che fosse usato di piatto o di taglio.
Con le verghe, le Signore martoriavano a loro piacimento culo, pancia, sesso e gambe, senza tralasciare colpi violenti ai fianchi, somministrati tenendo lo strumento con entrambe le mani, per aumentarne esageratamente la potenza.
I lividi lasciati dalle verghe, erano profondi e spesso arrivavano a sanguinare.

F, senza speranza di ottenere un po’ di tregua, dovette sperimentare tutti questi modelli, finendo con l’essere coperto di segni ovunque.
Incapace di valutare lo scorrere del tempo durante la tortura, e tantomeno di contare il numero delle frustate ricevute, ad un tratto si rese conto di avere davanti Lady Alexia, la Signora del Settore Sanitario, che lo stava controllando.
- E’ da disinfettare - sentenziò quella, rivolta alle altre,- e bisogna sospendere un po’ le frustate … magari si può cambiare supplizio …. - aggiunse con un sorriso poco rassicurante.
Nessuna delle Dominatrici ebbe da obiettare, del resto Lady Alexia aveva già preso un flacone di disinfettante, che applicò abbondantemente sulle ferite di F. Il liquido bruciava più dell’alcool denaturato, e lo schiavo non trattenne un grido al contatto, grido che provocò la risata delle Aguzzine intorno a lui.
F, sentiva i lividi friggere sotto l’effetto della sostanza e, quando il bruciore diminuì, si vide finalmente slegare dalla catena e liberare i polsi dal lucchetto che li teneva uniti dietro la schiena. Fu spinto per terra, e fatto strisciare fino ad un angolo, dove venne messo in ginocchio con la faccia al muro. I polsi gli vennero incatenati al collare e quest'ultimo fu bloccato ad un gancio infisso nella parete, in modo che F non potesse spostarsi e dovesse restare praticamente immobile.
Era una posizione tutt’altro che comoda, ma ad F bastava non essere più appeso per i polsi dietro la schiena, e non dover subire nuove frustate, per sentirsi rinfrancato.

Alle sue spalle, gli altri disgraziati, continuavano a subire il supplizio, ed altri venivano esaminati dalla Dominatrice “Sanitaria”.
Ad un altro paio vennero sospese le tribolazioni, e portati vicino ad F, incatenati nello stesso modo.
Altri restarono alle prese con le frustate ancora per un po’, difficile dire quanto, finché Lady Alexia sentenziò per tutti la fine di quella tortura.
Sembrò che il tempo rimanesse sospeso, mentre le Dominatrici confabulavano fra di loro, su come proseguire quella nottata di calvario, per gli sventurati schiavi che si trovavano alla loro mercé.
Quando ebbero deciso sul da farsi, li presero uno ad uno, e li fecero schierare in piedi in mezzo al salone, liberati dalle catene ai polsi.

(continua)
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11

F, incalzato da qualche nerbata sulle natiche, obbedì come poteva. Dimostrandosi maldestro, secondo il giudizio della Signora. Pertanto si attirò subito minacce di pesanti punizioni. Comunque, faticando per la difficoltà di muoversi in quel modo, strisciò fino a superare la porta del salone e poi ancora avanti, lungo un corridoio che gli sembrò infinito, attraverso altre sale, finchè arrivò alla porta dell’appartamento della Dominatrice.
F si rese conto che quello poteva essere l’alloggio di Miss Phoria poiché appariva composto da alcune stanze e proprio vicino alla porta, c’erano tre piccole gabbie metalliche, in due delle quali, erano rinchiusi, segregati nel poco spazio, altrettanti schiavi, nudi ed incatenati.
Miss Phoria non badò a loro e fece proseguire F nella stanza successiva, dov’erano sistemati attrezzi di incatenamento e tortura. Alzatolo di peso, lo prese per i polsi che, sempre uniti dietro alla schiena, attaccò ad un gancio collegato ad un verricello mediante il quale lo tirò su, fino a costringerlo in punta di piedi.
Con la schiena curva, le braccia issate ed il capo sbilanciato in avanti, F sperimentò la gravità di quella posizione, immediatamente peggiorata dal fatto che la Signora gli fece spalancare le gambe a dismisura usando come divaricatore un bastone con anelli alle estremità che agganciò alle cavigliere.
Lasciato in quel modo F faticava ancora di più a tenersi puntellato sulle punte dei piedi e la difficoltà di reggersi aggravava maggiormente il suo patimento. Si rese subito conto che Miss Phoria non aveva particolare fretta, poiché rimase un per un po' a guardarlo, girandogli intorno piano piano, e poi si allontanò, sparendo dalla sua vista.
Pur essendo riuscito a sbirciarla solo un attimo, timoroso di contravvenire alle regole, ma anche curioso dell’aspetto della Dominatrice, F aveva notato la bellezza di Miss Phoria. Di aspetto, mostrava di essere sulla trentina, aveva capelli ricci, fra il castano ed il rosso, portava gli occhiali e si facevano notare le sue labbra carnose, dipinte con un rossetto scuro, molto marcato. Di altezza media, sul corpo snello risaltavano le rotondità del seno, non molto pronunciato, e delle natiche. I pantaloni aderenti e gli stivaloni, facevano risaltare le gambe, dritte e tornite. Il suo atteggiamento gelido induceva rispetto, poiché c’era da aspettarsi che, da tanta calma, saltasse improvvisamente fuori una crudele violenza. L’impressione fu confermata quando Miss Phoria tornò nella stanza, preceduta dai due schiavi tirati fuori dalle gabbie che strisciavano per terra e sospinti a suon di scudisciate. Entrambi, già a prima vista, apparivano malconci e con le carni segnate da evidenti lividi.
La Signora, che manteneva il suo apparente distacco, si era in parte spogliata. Senza i pantaloni, esibiva le gambe fasciate da calze autoreggenti, infilate negli stivali, ed un perizoma che le copriva appena il sesso e le lasciava in vista le natiche. Si era tolta anche la maglia, per cui restava in reggiseno, ed ai fianchi portava il classico cinturone, a cui erano attaccate manette, manganello e un lunga frusta arrotolata su se stessa.
Sospinti dalla Dominatrice, i due arrivarono ai piedi di F. A quel punto, Miss Phoria si occupò del primo, mettendogli un ampio divaricatore fra le gambe che poi attaccò a un secondo verricello, per mezzo del quale, tirò su la vittima, fino a lasciarla sollevata da terra, a testa in giù.
Al secondo, toccò, invece, di venire incatenato ad un cavalletto di legno, sistemato con la pancia in giù, schiacciata lungo l'asse trasversale, con braccia e gambe ammanettate ai piedi dello stesso.
Durante quei preparativi, F constatò che i corpi degli schiavi erano segnati pressoché ovunque dai lividi. Inoltre, entrambi avevano anelli conficcati come piercing, sia ai capezzoli che al prepuzio, con una catenella che univa i tre punti, forzando il pene a stare in alto. Avevano pure un anello che stringeva lo scroto, verso l’attaccatura, mettendo così in uno strano risalto i testicoli. Ciò che maggiormente colpiva, comunque, era che i due apparivano magri, emaciati e vistosamente sofferenti, a visibile dimostrazione, degli innumerevoli patimenti a cui la Signora li aveva sicuramente sottoposti.
Quando li ebbe sistemati, Miss Phoria tornò ad occuparsi di F. Innanzi tutto, azionò ancora il verricello elettrico per tirargli ancora più in alto le braccia, costringendolo quindi a drizzare il busto, in modo che fosse maggiore il dolore provocato dall’incatenamento con le braccia dietro la schiena. Poi, con gran calma, prese un cesto di mollette, che cominciò ad applicargli sul corpo. Cominciò dai capezzoli, mettendogliene sia in cima, che intorno. Proseguì lungo le braccia, e poi intorno al sesso, e ne applicò anche sul pene, sul glande e sui testicoli, gongolando ai gemiti della vittima. Altre ancora ne mise all’interno delle cosce, sul naso e sulle labbra, ordinando infine allo schiavo, di tirare fuori la lingua, per applicarne un paio anche lì. Il fastidio era notevole e la Dominatrice si dilettò, muovendo ora una ora l’altra molletta, levandone qualcuna con uno strappo, per poi rimetterla immediatamente.
F sopportava quel gioco crudele mugolando di dolore, nell’impossibilità fisica di muoversi per il modo in cui era incatenato.
Dopo essersi a lungo trastullata, Miss Phoria gli strappò le mollette, una ad una, finchè, quando ebbe finito, si fece vedere bene mentre sfilava il lungo manganello dalla cintura, e prendeva le misure, roteando infine su se stessa, per infliggere una violentissima randellata proprio in mezzo ai testicoli di F, che, a quel punto, mandò un urlo straziante, completamente stordito dall’atroce dolore.
La Signora, non ancora appagata, gli spinse il manganello con forza, dritto in pancia, e poi lo colpì ripetutamente ai fianchi con una furia incontenibile.
Solo quando lo schiavo perse l’equilibrio, lasciandosi penzolare dalla catena, Miss Phoria si fermò, restando ad osservarlo mentre mugolava col fiato mozzato.
La tregua, comunque, non durò a lungo, poiché la Dominatrice lo incalzò affinchè si raddrizzasse e, quando ottenne ciò, si mise ad armeggiare con una seconda cesta che conteneva pinzette e morsetti metallici. L’uso di questi nuovi attrezzi, era simile a quello delle mollette, ma la loro morsa era ancora più forte.
Innanzi tutto applicò ai capezzoli di F due pinzette, che stringevano esageratamente, e che avevano una specie di vite per essere bloccate e non perdere la presa, oltre ad un anellino dalla parte opposta a quella con cui mordevano la carne. Un’altra pinzetta identica, fu applicata sul prepuzio dello schiavo, che così, si trovava ad essere messo in modo simile agli altri due marchiati col piercing. Il gioco della Dominatrice, a quel punto, fu di passare una catenella fra i tre anelli, per divertirsi a tirare e strattonare contemporaneamente le pinzette. Ora tirava in avanti, ora di lato, ora sopra, ora in basso, ottenendo così di far muovere insieme pene e capezzoli, quasi strappandoli. A quelle sollecitazioni, F rispondeva urlando e piangendo di dolore, e ciò sembrava dare molto piacere alla ua torturatrice che, nel frattempo, si toccava voluttuosamente fra le gambe.
Anche mentre si masturbava, eccitata dalla sofferenza della sua vittima, Miss Phoria non perdeva quell’aria fredda e distaccata, da aguzzina, che già stava elaborando una nuova tortura a cui sottoporre lo schiavo.
Dopo un po’ di quel gioco, infatti, la Signora unì le estremità della catenella ad un moschettone, e quindi ad un’altra catena, più grossa e pesante che srotolò fino a farla passare sulla schiena dello schiavo incatenato al cavalletto, messo di traverso rispetto ad F.
All’estremità della catena, quindi, applicò un grosso peso, che stava alzato da terra. In quel modo la catena era in tensione e le tre pinzette erano tirate in avanti. Inoltre, ad ogni anche minimo movimento dello schiavo sul cavalletto, F subiva strattoni, lievi ma molto dolorosi.
La sua posizione fu ben presto aggravata: Miss Phoria gli cinse i fianchi con un’altra catena, che strinse esageratamente, e che poi attaccò ad un tirante infisso nel muro, alle spalle dello schiavo, costringendolo ad arretrare col busto ed esponendo così ancora di più i capezzoli ed il pene alla morsa che lo tirava dall’altra parte. La Signora, restò un po’ a contemplare la sua creazione, quindi decise di attaccare un’altra catena al divaricatore per le gambe, che collegò ad un altro appiglio sul davanti, costringendo F a subire un’ennesima sollecitazione in senso opposto a quella che lo tirava indietro.
In definitiva lo schiavo si ritrovava appeso per i polsi, uniti dietro la schiena e tirati in alto dal verricello, con le pinzette ai capezzoli ed al pene che lo tiravano in avanti, nella stessa direzione in cui erano tirati i suoi piedi e le sue gambe, spalancate per effetto del divaricatore, mentre la pancia era trattenuta all’indietro dalla catena che, fra l’altro, gli segava la carne dei fianchi.
Ogni respiro suo, o dello schiavo sopra il quale passava la catena con il peso, era sufficiente per scatenare dolore, ed a quel punto F non riusciva più nemmeno a gemere o piangere, poiché anche quei minimi scossoni risultavano insopportabili.
Miss Phoria sembrava soddisfatta della sua opera, tanto che si mise a masturbarsi in modo plateale, senza perdere l’occasione per afferrare con una mano il sesso del terzo schiavo, appeso a testa in giù, tormentandogli pesantemente i testicoli. Ansimò e mugolò, per fare capire ai tre schiavi che stava godendo, divertita dalla loro sofferenza. Quindi uscì velocemente dalla stanza, lasciandoli soli.

F, non vedendola tornare, dopo un po’ cadde preda del terrore di essere abbandonato lì. Accennò inutili e dolorosissimi movimenti, constatando che otteneva l’unico risultato di farsi del male. Fra l’altro, lo schiavo sul cavalletto, cominciava a non reggere più la forzata immobilità, per cui cercava di spostare un poco la schiena, muovendo la catena che tirava le pinzette sul corpo di F. Era, in sostanza, una situazione del tutto insostenibile per lo schiavo novizio, che non aveva scampo, nè poteva sottrarsi al patimento.
Al suo ritorno nella stanza, dopo una mezz'oretta, Miss Phoria, che nel frattempo si era rimessa la maglietta, restando ancora senza pantaloni, portò altri attrezzi. Erano altri pesi, che applicò alla catena che tirava le pinzette, sia alla fine, che in mezzo, fra lo schiavo sul cavalletto ed F per esasperarne ancora di più la morsa. Dopo avere controllato l’efficacia della sistemazione, prese un nuovo attrezzo, il cui scopo era di tenere spalancata la bocca della vittima a cui veniva applicato. Era composto da due parti di ferro, tenute aperte da molle, che avevano un blocco per impedirne in ogni modo la chiusura. Urtando le catene che tiravano F, gli si mise davanti, e gli ficcò in bocca l’attrezzo, regolandolo subito al massimo, affinchè lo schiavo si trovasse con le mandibole aperte al limite della loro possibilità. Un altro aggeggio che la Signora usò sulla sua vittima, era un gancio, fatto a forma di doppio amo, di cui infilò le punte nelle narici. Il gancio era unito ad una cordicella, che la Torturatrice gli passò sopra alla testa, tendendola quindi attraverso l’anello del collare, normalmente usato per mettere il guinzaglio. Da qui la tirò ancora, facendola passare attraverso uno degli anelli della catena che tirava F all’indietro, e poi ancora in mezzo alle natiche. A quel punto, legò la corda ad un tubo metallico di forma curva, che senza tanti complimenti, gli infilò nell’ano.
Ora, F si trovava con la testa tirata all’indietro, il culo penetrato, il naso tormentato dalle punte del gancio. Si rendeva pienamente conto di avere ormai assunto un aspetto del tutto assurdo e sembrava che la sua Aguzzina trovasse ciò molto spassoso, poiché nuovamente gli girò a lungo intorno, palesemente divertita.
Non aveva, però, ancora finito, perché dopo un po’ si mise armeggiare con una nuova catena. Stavolta ebbe bisogno di salire su una sedia, per farla passare attraverso un gancio sul soffitto. Ebbe cura di avere le due estremità al livello del pavimento, e quindi prese un moschettone per unire l’ultima catena con quella che tirava in avanti il divaricatore.
Diede alcuni piccoli strappi, giusto per far capire ciò che stava per fare.
F rabbrividì, rendendosi conto che la Signora aveva l’intenzione di tirare in alto la catena, trainando in quel modo anche le sue gambe, per fargli perdere la possibilità di appoggiare le punte dei piedi per terra. Perdendo anche quell’ultimo minimo appoggio, F sarebbe stato privo di ogni equilibrio, ed assolutamente in preda alle forze contrastanti che lo tiravano in direzioni opposte. Ad ogni strappo, scivolava con i piedi in avanti. Le spalle si drizzavano sempre di più, sul punto di slogarsi.
Portava sempre più indietro la testa, per bilanciare la forza che lo teneva per il naso, ma in quel modo spostava all’indietro anche il busto, offrendosi maggiormente alla sofferenza di capezzoli e pene, morsi dalle pinzette.
Miss Phoria, lentissima ma implacabile, non gli dava tregua. Inesorabilmente gli tirava in avanti i piedi, aggravando piano piano la sua instabilità, e quindi il suo dolore. Infine, con uno strappo finale, gli fece del tutto perdere l’equilibrio, facendogli sollevare i piedi dal pavimento.
F, impegnò nelle braccia quel poco di forza che gli restava, cercando disperatamente di pareggiare la tensione che gliele stava girando in modo innaturale. Si rendeva conto che non avrebbe potuto resistere a lungo, e si aspettava da un momento all’altro di sentire cedere le ossa. Mosso dalla paura, che in quel momento era più forte del dolore delle parti del corpo, stritolate e strattonate in ogni direzione, trovò l’energia per un ultima disperata reazione: slanciò le mani verso l'alto, riuscendo ad afferrare la catena e trovando così un modo più efficace per reggersi.
Miss Phoria lo osservava divertita, mentre cercava di resistere e sembrava in qualche modo molto soddisfatta di vederlo ancora reattivo.
Con una mossa improvvisa, la torturatrice lasciò la catena che tirava in avanti le gambe di F ed azionò il verricello elettrico a cui era appeso. In pochi istanti lo schiavo si trovò tirato verso il soffitto, con le gambe a penzoloni, capezzoli e sesso tirati in basso sul davanti, e fianchi stretti dalla catena attaccata alle sue spalle. Doveva continuare a tenere anche la testa piegata all’indietro, ma il fatto di non essere sbilanciato dalle gambe consentiva ai suoi sforzi di ottenere qualche risultato. Alzandolo fino a fargli toccare quasi il soffitto, la Dominatrice, ottenne l’effetto di muovere in su anche la catena, che prima passava sulla schiena dello schiavo sul cavalletto. Così tutti i pesi tiravano decisamente in basso le pinzette, che stringevano capezzoli e pene di F.
Rimase a guardare con calma la sua vittima, impegnata nel resistere a tutte le sollecitazioni, poi, lentamente, cominciò a rimuovere i pesi alla catena che tirava le pinzette. Molto piano, sganciò dal pavimento la catena che era ancora attaccata al divaricatore e finalmente allentò quella che faceva da cintura ad F, e che era attaccata al muro dietro di lui.
A quel punto, allo schiavo restava ancora applicata la catenella fra le pinzette, il gancio al naso, unito a quello infilato nel culo, l’apparecchio per tenergli la bocca spalancata, ed il divaricatore. Soprattutto gli restava da fare i conti con il suo stesso peso, che gravava tutto sulle braccia, per le quali era appeso al soffitto.
Miss Phoria decise finalmente di farlo scendere, azionando al contrario la carrucola, proprio quando stava per perdere tutte le forze e cedere.
F, dunque, fu calato fino ad essere steso per terra, incapace di rialzarsi. Rimase a boccheggiare, con le mandibole forzatamente spalancate, a pancia in giù, mentre la Dominatrice lo sganciava definitivamente dal verricello. Gli scostò, quindi, anche la catena intorno ai fianchi, che ormai non stringeva più, e gli rimosse i ganci dall’ano e dal naso.
Decise che per un po’ poteva lasciarlo in pace sul pavimento, ma dopo che gli ebbe fatto piegare le gambe indietro, per unire i bracciali, ancora inlucchettati dietro la schiena, al punto centrale del divaricatore. Così F si ritrovò in una posizione che, pur essendo tutt’altro che comoda, era assai meno penosa di quelle provate fino ad allora.
Miss Phoria, a quel punto, si dedicò nuovamente a tormentare lo scroto dello schiavo appeso a testa in giù.
Constatato che ormai anche quella vittima sembrava incapace di reagire, si decise ad abbassare anche quel verricello.
In breve, F si trovò lo schiavo al suo fianco, nella sua stessa identica posizione.
Sorte diversa toccò al terzo, che fu lasciato al cavalletto, e sul quale, Miss Phoria sfogò la voglia di usare la frusta e lo scudiscio.
Si mise a percuoterlo a lungo, sulla schiena, sulle natiche e sulle gambe, rinnovando i lividi che gli coloravano la carne.
Quando si fu stancata, lo staccò dall’attrezzo, lasciandolo ruzzolare per terra, e lo costrinse a strisciare fino alla gabbia, nella quale lo rinchiuse, prima di tornare da F e dall’altro schiavo.
I due avevano appena ripreso fiato, e già toccava loro di affrontare nuovamente la gelida crudeltà dell’aguzzina.
Dedicando la sua attenzione per primo ad F, Miss Phoria usò ancora il verricello, alzandolo da terra per i polsi, uniti al divaricatore.
Fu una nuova dolorosa sollecitazione per lo schiavo, che venne fermato a circa un metro dal pavimento, ad aspettare che nel frattempo la Dominatrice si occupasse dell’altra vittima, a cui toccò identica sorte.
F, dunque, dovette subire ancora l’inserimento del gancio nel naso, unito ad una corda che, come in precedenza, gli fu fatta passare sopra alla testa, dietro la nuca, attraverso l’anello del collare, ed infine attaccata al tubo a forma di "J", la cui estremità gli fu infilata nell’ano.
Nuovamente, la Signora applicò grossi pesi alla catenella che univa le pinzette, gravando, così, su capezzoli e pene.
Anche l’altro schiavo fu sistemato nello stesso modo, con il divaricatore per la bocca, i ganci nel naso e nel culo, i pesi alla catena.
Miss Phoria rimase un po’ a rimirare le sue vittime, soddisfatta dell’opera, fin quando uscì velocemente dalla stanza e dall’appartamento.

F, sentendo il rumore della porta che veniva chiusa a chiave, fu preso dall’angosciosa paura di essere abbandonato lì a lungo. I polsi, già doloranti per il lungo incatenamento precedente, erano atrocemente morsi dai bracciali, e stavolta non aveva la possibilità di afferrare la catena a cui era appeso, per cercare di compensare il peso. La respirazione era affannosa, e sentiva tutti i muscoli della schiena anchilosati. I pesi e le pinze, gli tormentavano capezzoli e prepuzio. Anche le mandibole, erano doloranti, per essere tanto a lungo forzatamente spalancate, e dalla bocca, oltre che dal naso, tirati all'indietro dal gancio, perdeva saliva e liquidi che colavano per terra, sotto di lui.
L’altro schiavo non era in condizioni migliori, anche lui già duramente provato dal precedente incatenamento a testa in giù.
F, cercava di capire quanto tempo avesse fino ad allora passato alla mercè di Miss Phoria.
Essendo stato condotto da lei subito dopo pranzo, poteva essere ormai passato l’intero pomeriggio, per cui si avvicinava la sua terza notte al Castello. In sostanza, da tre giorni non dormiva, né beveva né mangiava, e solo ciò sarebbe bastato come tortura, mentre aveva dovuto subire numerosi e pesanti altri patimenti.
Restò così ancora a lungo, con la sofferenza aggravata dallo sconforto e dalla paura, finchè udì la porta dell’appartamento che si apriva. Nella stanza, fecero il loro ingresso Miss Phoria, che stavolta si era rimessa i pantaloni, e una nuova Dominatrice. Si trattava di una Signora bionda, più anziana, robusta, e vestita con camicia e pantaloni larghi. La nuova arrivata, si complimentò molto con l’ospite, per il modo in cui aveva sistemato le due vittime; ispezionò catene ed attrezzi, con grande attenzione, quindi, chiese di potersi divertire un po' anche lei.
- Sarà un piacere per me assisterla, Lady Mara - le rispose Miss Phoria - Utilizzi pure gli strumenti che preferisce.
- Mi basta assai poco - replicò l’altra. Quando si ha a disposizione uno schiavo così ben incatenato, la tortura è assai semplice.
Dicendo questo, Lady Mara cercò fra gli attrezzi a disposizione nella stanza, recuperando un bastoncino sottile ed appuntito che mostrò a Miss Phoria con grande soddisfazione. Azionò, quindi, il verricello per alzare F, finché ebbe la sua faccia a portata di mano, e, con un sorriso cattivo in volto, cominciò a stuzzicare il naso della vittima, col bastoncino appuntito. Sentendo l’oggetto nelle narici, F provò una fastidiosa sensazione, che si aggravava man mano che la Signora lo spingeva più a fondo, pungendolo dall’interno, prima da una parte e poi dall’altra. Lo schiavo cercava di tirarsi indietro, ma era inutile, poiché già aveva il collo piegato al massimo, tirato all’indietro per effetto del gancio al naso. Il solo prurito, a parte il dolore delle ripetute punture, provocato dal bastoncino, era sufficiente a causargli sofferenza. Infatti, bastò uno starnuto per scuoterlo tutto, e ciò, tenuto conto di com’era incatenato, ebbe effetti disastrosi per i suoi muscoli anchilosati e tesi.
Lady Mara, dopo aver a lungo tormentato F, stuzzicò anche l’altro schiavo nello stesso modo, ottenendo pure con quello, un risultato che giudicò piacevole.
Riprese nuovamente con il primo, infilandogli il bastoncino anche nella bocca spalancata, oltre che nel naso. Gli pizzicò il palato, fino in fondo, provocandogli un terribile senso di nausea, tosse secca e mancanza di respiro.
ornò al secondo, e poi continuò, alternando l’uno e l’altro, mentre commentava con l’amica più giovane, l’efficacia di quella semplice tortura.
Trascorse così altro tempo, finchè le due decisero che era l’ora di prepararsi per tornare dalle altre Dominatrici.
Rapidamente abbassarono i verricelli, lasciando F steso per terra, mentre il secondo, liberato dai vari strumenti costrittivi che lo cingevano, venne rimesso in gabbia.
F fu liberato, in primo luogo del lucchetto, che univa polsi e divaricatore per le gambe. Gli tolsero quindi il gancio infilato nel culo ei anche quello nel naso. Quando venne liberato dall’attrezzo che gli teneva spalancate le mandibole, quasi non riusciva più a chiudere la bocca. Infine, con la rimozione del divaricatore, poté finalmente stringere le gambe.
Lo fecero alzare in piedi, per allentare le pinzette: prima quella al prepuzio e poi quelle ai capezzoli, non mancando in quell’occasione, di strattonarlo ancora un poco.
In definitiva, gli lasciarono solo i polsi lucchettati insieme, e nuovamente lo fecero stendere a pancia in giù, perché strisciasse lungo la strada del ritorno.
Agganciato al guinzaglio, e sospinto dalle due Signore, con piccoli calci e scudisciate, strisciò faticosamente fino a tornare nella sala, in cui, ore prima, le Dominatrici avevano pranzato.

(continua)
view post Posted: 26/1/2024, 12:20     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Finalmente la porta fu aperta, ed una Guardiana li tirò fuori a forza, ordinando che si riprendessero la loro sacca.
Faticando per restare in piedi, con gli arti anchilosati, i tre vennero spinti a risalire lungo la ripida scala che portava al pianterreno, e qui, riuniti ad altre squadre, vennero guidati verso i locali per i servizi igienici, sempre sotto scorta di alcune Guardiane assistite da altri schiavi.
Come già in precedenza gli schiavi, liberati delle catene, furono guidati in una stanza dove c’erano vasi e pitali, nei quali poterono, tutti insieme, pisciare e defecare, stando accovacciati uno vicino all’altro.
Poi, in un vano attiguo, le Guardiane si curarono della loro pulizia, facendoli innaffiare dagli schiavi aiutanti con un getto d’acqua fredda, misto a detergente. Diedero loro dei teli ruvidi per asciugarsi, e fecero loro lavare i denti con una specie di collutorio, dal gusto troppo intenso di disinfettante.
Fatto ciò, le Dominatrici li suddivisero in nuovi gruppi, ognuno dei quali ebbe una diversa destinazione.
Molto preoccupato, F si vide condurre ancora verso un piano più basso, ma stavolta non si trattava del sotterraneo delle prigioni, bensì di un seminterrato dove c’erano corridoi e stanze. In una di queste fu fatto entrare il suo gruppo, composto da una mezza dozzina di schiavi e qui capirono che si trattava dei loro “posti letto”.
Il termine era esagerato, poiché, in effetti, era una camerata con sei brande, di legno, senza rete né materassi.
A lato di ciascuna di esse, c’era una stuoia buttata sul pavimento.
- Questi sono i vostri posti - spiegò bruscamente la Guardiana che li accompagnava. Forse un giorno vi potrete meritare rete, materasso e coperte, ma per ora avete solo la stuoia, su cui vi stenderete in catene. Sotto alla branda col vostro numero lasciate la vostra sacca, dato che per questi primi giorni non dovrete indossare abiti, e fate in fretta che dobbiamo risalire subito.

Non erano dunque previste soste per il momento ed in pochi istanti gli schiavi fecero quanto loro ordinato.
La Guardiana, allora, li guidò nuovamente al piano superiore, e da qui li portò fino a un grande salone, dove affluivano anche altri gruppi. Qui c’era nuovamente la Guardiana che li aveva accolti appena scesi dai camion la quale, con poche parole, li informò che sarebbero stati incatenati lì, per essere a disposizione delle Dominatrici. Quel salone, aggiunse, era il luogo dove venivano tenute le riunioni e le feste nelle occasioni speciali, mentre, quotidianamente era usato come punto di ritrovo delle Signore. C’erano, infatti, sedie, poltrone e tavolini oltre a mobili bar, ma gran parte dell’arredo era costituito da strumenti di incatenamento, rastrelliere, fruste, scaffali con attrezzi di tortura. C’era inoltre, un numero adeguato di “appendi schiavi” sui quali vennero subito collocati F e gli altri.
Non c’erano tutti quelli arrivati con lui, e nemmeno tutti quelli che avevano passato la visita medica, segno che gli assenti erano già stati indirizzati ad altri servizi, trattandosi probabilmente di quelli già educati e preparati a svolgere specifiche mansioni. Per quelli lì riuniti, invece, si prospettava una nuova lunga attesa, dato che le Signore, dopo averli incatenati ai loro posti ed averli imbavagliati, se ne andarono, lasciandoli da soli.
Perlomeno, pensò F, il luogo non era freddo ed era pulito, diversamente dalla cella in cui era stato segregato con gli altri due. In ogni caso, l’attesa era sempre causa d’angoscia, sia per la forzata immobilità ed il senso di impotenza così indotto, sia per l’ansia, determinata dal pensiero di cosa sarebbe potuto accadere all’arrivo delle Dominatrici.
Tormentato dalla fame e dalla sete che si facevano sempre più pressanti, F ripensava con ossessiva insistenza ai momenti trascorsi, rendendosi pienamente conto di come in poco tempo le Dominatrici avessero già preso completo possesso della sua mente e del suo corpo, usandolo come una cosa priva di autonomia.
Rifletteva, in modo confuso su ciò, quando nella sala entrarono un paio di Guardiane, che tenevano al guinzaglio quattro schiavi nudi, facendoli muovere a quattro zampe, come animali. Le Signore indossavano dei cappotti, e gli schiavi erano visibilmente intirizziti dal freddo, segno che provenivano dall’esterno.
Le due si accomodarono su un divano, chiacchierando fra loro, e gli schiavi si misero in ginocchio ai loro piedi.
F le sbirciò, mentre bevevano qualcosa di caldo e fumavano, attendendo con ansia il momento in cui si sarebbero interessate a lui o ai suoi compagni incatenati. Invece non accadde nulla di tutto ciò. Le Guardiane degnarono gli schiavi appesi solo di un’occhiata, e rapidamente com’erano venute, se ne andarono, portandosi via le loro vittime al guinzaglio.
Passò altro tempo prima che altre Dominatrici entrassero nel salone. Stavolta di trattava di tre Signore, che fecero ingresso ridendo fra di loro. Indossavano corpetti attillati, collant, stivali alti neri; e brandivano lunghe fruste, dando l’impressione di essere già eccitate e decise ad infliggere pesanti torture.
Evidentemente avevano le idee precise perché si indirizzarono con determinazione verso uno degli schiavi, scelto fra i più giovani e prestanti, tirandolo giù a forza dallo strumento a cui era appeso e cominciando immediatamente a percuoterlo, senza che lui potesse minimamente opporsi o cercare di attutire i colpi. Lo presero a calci e frustate in tutto il corpo, senza concederli un attimo di tregua, e quando lo videro stremato lo incatenarono ad un paranco, per appenderlo con le braccia dietro alla schiena e le gambe spalancate. Passandoselo da una all’altra, gli inflissero un’altra infinita serie di nerbate, ridendo dei suoi inutili lamenti, e gli tormentarono il sesso a bastonate, senza pietà. Solo quando fu quasi svenuto lo lasciarono lì, per dedicare le loro crudeli attenzioni ad un altro, che maltrattarono in modo analogo.
F assisteva rabbrividendo, terrorizzato da tanta furia, scatenata così a sangue freddo, senza altra ragione che il capriccio delle aguzzine.
Dopo avere straziato anche la seconda vittima, le tre se ne andarono, lasciando i due schiavi appesi in mezzo al salone, coperti di lividi e in lacrime.
Passò altro tempo, difficile calcolare quanto, durante il quale F non aveva altro da fare che stare alle prese con la sua scomoda posizione, guardando avanti a sé, il triste spettacolo delle due vittime penzolanti dalle catene.
Poi, fece improvvisa comparsa nel salone un gruppo di quattro schiavi, nudi, ma con bizzarri corpetti, che stringevano fianchi e torace, senza catene a polsi e caviglie, ma con delle specie di maschere di cuoio e ferro che servivano evidentemente sia come bavaglio che come costrizione per il viso. I quattro si muovevano rapidamente, ignorando gli schiavi sugli “appendini”, evidentemente avevano ordini precisi sui compiti loro assegnati. L’unica attenzione agli altri schiavi riguardò i due appesi nel mezzo del salone, che furono abbassati, in modo che potessero appoggiare i piedi a terra: non era molto, ma era sicuramente meglio che pendere dal soffitto, con tutto il peso scaricato sulle braccia e sui polsi, uniti dietro alla schiena.
Il lavoro principale di questi schiavi, comunque, era di preparare la sala con sedie ed un lungo tavolo, da apparecchiare per il pranzo. Ognuno aveva mansioni precise, che svolgeva senza bisogno di guardare gli altri. Così il tavolo, che prima era sistemato in un angolo, fu rapidamente apparecchiato in mezzo alla sala, con biancheria e
stoviglie prima riposte in scansie chiuse.

Quando ebbero finito, i quattro uscirono in silenzio dal salone, per rientrarvi dopo circa un quarto d’ora, secondo l’impressione approssimativa di F.
Tornarono, infatti, portando i carrelli con gli scaldavivande, in cui era preparato il cibo per le Padrone.
A quel punto, risultò ancora più evidente la funzione delle maschere-bavaglio, che servivano, oltre che impedire la parola, ad escludere la possibilità che gli schiavi potessero prendere furtivamente qualcosa da mangiare o da bere.
Chiaramente anche quelli, e non solo i novizi, erano tenuti ad uno stretto digiuno, e fu un penoso supplizio di Tantalo, per tutti gli schiavi, quello di intuire la presenza del cibo, senza potere lenire la fame che li tormentava.
Passò un altro po’ di tempo, durante il quale gli inservienti restarono immobili alla scorta del cibo, prima che arrivassero le Dominatrici. Un paio, erano quelle che avevano già visitato il salone, una sembrava la Guardiana che li aveva portati lì, altre due erano nuove, o perlomeno F non le rammentava.
Entrarono fragorosamente, ridendo fra loro, scortate da due enormi alani neri che si misero a scorrazzare dappertutto e intorno agli schiavi incatenati.
Era tutt’altro che rassicurante per F, trovarsi davanti ad un bestione che gli annusava il corpo nudo e sembrava particolarmente incuriosito dal suo pene, così apertamente esposto. Per quanto si dicesse che sicuramente erano animali perfettamente addestrati, sudò freddo il respiro gli si bloccò. Analogo stato d’animo prese gli altri schiavi e forse fu per avere avvertito la loro paura che i due cani ringhiarono ed abbaiarono alle vittime, comportandosi in modo assai simile alle Padrone.
Gli stessi inservienti, per quanto apparentemente già avvezzi a quel genere di situazione, avevano un’aria incerta ed insicura, attirando così altre ringhiate dei due animali. Poi, improvvisamente, i cani si disinteressarono degli schiavi, e corsero a scodinzolare dalle Dominatrici, che nel frattempo si erano sedute a tavola.
Senza bisogno di comandi, i quattro servitori, presero dai carrelli i piatti da portata, preparando il pranzo delle Signore.
Gli aromi del cibo si dispersero nell’aria, aggravando il patimento per il tormento della fame, che stringeva lo stomaco degli schiavi.
F azzardò a guardare un poco, con l’acquolina alla bocca, i piatti fumanti delle Dominatrici che, servite dai quattro camerieri nudi, mangiavano chiacchierando fra loro. Avevano abbassato il tono della voce, così non si capiva nemmeno in che lingua stavano parlando, ma era del tutto particolare il fatto che le cinque Signore sembravano volere palesemente ignorare la presenza di tutti gli schiavi. Dispensavano, invece, carezze e cibo ai due cani, ai quali furono portate le scodelle con carne, pasta ed acqua. Verso la fine del pranzo, poi, alcune Signore elargirono agli animali un po’ dei loro avanzi, badando bene di fare notare ciò agli schiavi, che invece rimanevano a bocca asciutta. Una di loro, in particolare, si divertì, alzandosi, per passare un residuo di braciola sotto al naso di uno dei due appesi in mezzo alla stanza. Quando quello accennò solo ad aprire la bocca, la Dominatrice, ridendo, fece cadere il boccone, per lasciarlo ad uno dei cani, che lo addentò proprio ai piedi dello sventurato.
Avendo ormai concluso il pranzo, quella stessa Signora dedicò un po' della sua attenzione agli altri schiavi.
Dava l’impressione che si stesse scegliendo la merce che poteva interessarla: infatti passava dall’uno all’altro, palpando braccia, gambe e sesso. Fu, infine, lo stesso F a guadagnare la sua attenzione.
- Questo me lo prendo io per i miei giochetti - disse la Signora, rivolta alle colleghe.
- Fa’ pure, Phoria … - le rispose una delle altre, che, nel frattempo, si era alzata, e puntava ai due schiavi ancora appesi per i polsi - io mi lavoro ancora un poco questi due animali: voglio vedere quanto possono resistere alla frusta!
Il commento della seconda Dominatrice fu accolto dagli applausi delle rimanenti tre amiche ancora sedute a tavola.
Miss Phoria fece un cenno d’assenso e si occupò di staccare F dall’appendino, aprendo la gogna che gli bloccava polsi e collo. Con uno spintone lo mandò lungo disteso a terra, e, tenendolo a pancia in giù con un ginocchio piantato nella schiena, gli attaccò un guinzaglio al collare, e gli unì i polsi dietro la schiena, con un lucchetto.
- Striscia bestia - gli ordinò. Vai verso la porta, strisciando a terra come un verme!

(continua)
view post Posted: 26/1/2024, 12:01     Vittima - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
Grazie Apostolo. Ti chiederei, se il racconto non l'hai scritto tu, di citare la fonte e l'autore se noto.
view post Posted: 24/1/2024, 13:15     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Nel salone, oltre agli schiavi in attesa e alla Dominatrice rimasta di guardia, c’erano un paio di schiavi addetti alle pulizie e una nuova Signora che li stava controllando.
Il portone era stato spalancato, così entrava il freddo dell’esterno, che raggelava l’aria. Gli schiavi al lavoro erano nudi, e portavano solo un collare, oltre a bracciali e
cavigliere, per incatenare fra loro braccia e gambe, ma le catene erano abbastanza lunghe da consentire una possibilità di movimento quasi normale. Lavoravano stando a quattro zampe, e lavavano il pavimento con stracci bagnati, sotto il controllo della loro sorvegliante, che brandiva uno scudiscio e somministrava di tanto di in tanto qualche colpo sulle natiche, incitandoli a fare bene ed in fretta.
F, malconcio e dolorante, sbirciò un po’ intorno, badando a non farsi vedere dalle Dominatrici; poi, sopraffatto dalla stanchezza e dal patimento, cadde in una sorta di dormiveglia. Non era una situazione riposante, giacché il fatto di essere appeso com’era, non gli consentiva assolutamente di assumere una posizione minimamente comoda.
Riuscì, comunque, ad estraniarsi un po’ e lo stato di rimbambimento in cui era caduto gli consentì di sopportare in qualche modo quella lunga e penosa attesa.
Quasi non si accorse di quando gli schiavi lavoratori se ne andarono, seguiti dalla loro sorvegliante, e fu chiuso il portone. La Dominatrice di guardia fu sostituita da un’altra, mentre, col passare del tempo, F risentiva sempre più dell’intorpidimento delle membra, del sonno insoddisfatto, della fame e della sete.
Lentamente proseguivano le visite. Uno alla volta gli schiavi venivano portati nell’ambulatorio, dove subivano il trattamento simile a quello sperimentato da F e quindi uscivano, sempre più provati e malconci. Vi fu una pausa piuttosto lunga ed F, in un labile momento di lucidità, immaginò che fosse per il pranzo delle Signore. Poi le visite ripresero, sempre con la stessa cadenza, fintanto che tutti gli schiavi furono stati controllati.
Finalmente arrivarono delle nuove Guardiane, vestite in modo identico alle altre, che annunciarono sbrigativamente che era stato concluso il controllo sanitario.
Uno alla volta gli schiavi furono liberati dai carrelli e tenendo ognuno il proprio sacchetto con gli indumenti non utilizzati, furono fatti uscire dalla sala d’attesa e condotti in un lungo corridoio. Mentre ciò avveniva, F ebbe l’impressione di sentire dall’esterno il rumore dei camion che, immaginò, portavano i nuovi arrivati sul piazzale del Castello.
Alla fine del corridoio F e gli altri vennero così spinti in una nuova stanza, assai più piccola del salone in cui avevano atteso i controlli sanitari, dove fu loro ordinato di restare in fila, immobili, in piedi, con le mani sopra la testa, allineati lungo una parete. Davanti a loro c’era una scrivania, su cui erano sistemati scatoloni e fascicoli.
Tre Dominatrici, quindi, si occuparono delle successive operazioni, che consistevano in un nuovo esame delle loro schede e nella scelta di bracciali e collari, in base alle misure individuali.
Uno alla volta, gli schiavi furono chiamati con il loro numero, mentre le Guardiane erano pronte a dare tremende sferzate a chi non rispondeva adeguatamente, o non era pronto a scattare per mettersi davanti al tavolo.
F, chiamato fra i primi ed ancora stordito dall’intorpidimento fisico e mentale provocato dalla lunga immobilizzazione sul carrello, si meritò alcune sonore frustate sulla schiena e sulle natiche, impartite da una Guardiana con una lunga verga di legno flessibile.
Ricontrollata la sua scheda e le sue misure, le Dominatrici gli misero una specie di collare, costituito da due parti di metallo, chiuse davanti con un lucchetto, e dall’altra da un perno inamovibile. Il collare aveva anelli passanti ai lati, evidentemente destinati a consentire facili agganci, ed era molto alto e stretto a tal punto da lasciare solamente pochi millimetri appena di gioco attorno al collo, in modo da costituire un fastidioso peso per lo schiavo. Al lucchetto, poi, fu infilato un pendaglio con il suo numero identificativo. Inoltre gli misero due grossi bracciali metallici, ed altri anelli, ai polsi e alle caviglie, sostanzialmente simili al collare tranne che per le dimensioni.
Gli scattarono alcune foto, per documentare ciò che gli avevano applicato, e fu poi preso in consegna da una nuova Guardiana, insieme ad altri due schiavi che erano già stati preparati prima di lui.
La Dominatrice li spinse bruscamente innanzi a sé, indirizzandoli in una stanza attigua dove un’altra aguzzina stava mettendo catene ad altri due schiavi.
Senza particolari presentazioni, dando solo brevi ordini secchi, la Guardiana usò una catena e dei lucchetti per unire i collari degli schiavi. F, si trovò, così, in mezzo fra gli altri due, entrambi più o meno della sua stessa stazza. Poi fece passare un’altra catena, collegando la caviglia destra del primo schiavo alla sinistra di F, e questa alla destra del terzo. Infine, con altri lucchetti, unì i bracciali di ciascuno dietro alla schiena, e quindi usò una catena con ganci per ciascuno, in modo da attaccare i polsi al collare, costringendo le sue vittime ad una scomoda posizione, con le braccia ripiegate all’insù.
F, ebbe appena il modo di dare un’occhiata all’altro gruppetto, di soli due schiavi, constatando che anche loro erano stati incatenati in modo simile. La Guardiana, usando lo scudiscio per fendere l’aria, comandò che la squadra si muovesse, indicando di procedere lungo una scalinata che portava ai piani sottostanti.
Camminare in quel modo si rivelò assai complicato, col rischio di rovinare giù per le scale per poi ruzzolare l’uno sull’altro.
Alla fine del tortuoso percorso i tre arrivarono in quello che sembrava essere un luogo di prigionia: un corridoio tetro, su cui si affacciavano le porte di alcune celle.
Ciò che la Dominatrice fece confermò l’impressione di F. Infatti, la donna aprì una delle porte, rivelando che dietro di essa c’era una cella di anguste dimensioni. Ritirò dai tre schiavi le sacche con gli indumenti, e subito dopo averle lasciate a terra, si preoccupò di mettere ad ognuno di loro un bavaglio, costituito da una palla che andava infilata in bocca, e che era stretta con un fibbia di pelle chiusa dietro la nuca. Poi, sempre lasciando le caviglie dei tre schiavi incatenate insieme, li spinse dentro alla cella, chiudendo subito la porta alle loro spalle.
Così F si ritrovò incarcerato, imbavagliato e incatenato insieme ai due compagni di sventura, con i quali doveva condividere quello spazio angusto, tanto che si trovavano appiccicati l’uno all’altro, letteralmente compressi, come in una scatola di sardine. F, sentiva premere sul suo corpo quello degli altri due, tanto stretti che era perfino difficoltoso respirare. Le braccia ripiegate all’insù, urtavano contro la schiena di uno, ed il petto dell’altro, era attaccato al suo, quasi come fosse incollato. Sentiva il pene di quello che gli stava dietro, schiacciato contro le sue natiche ed il suo era compresso contro quello davanti, in un abbraccio forzato ed osceno. Non avevano alcuno spazio di movimento, e neppure potevano cadere, stipati in quel modo. Nel buio totale, al freddo umido della cella, udirono per un po’ il rumore di catene strascicate, il ché significava che altri schiavi venivano portati in quel sotterraneo e rinchiusi in altre celle.
Poi i rumori cessarono, ed F comprese che stava iniziando un’altra lunga attesa.
Non capiva più che ora potesse essere, se fosse notte o giorno. Di certo, sentiva le sue viscere vuote: era affamato ed assetato. In più era spossato per la privazione del sonno, che si preannunciava durare anche per il tempo di quella prigionia, poiché era assolutamente impossibile dormire in piedi in quelle condizioni. Inoltre, la cella puzzava di feci ed urina, segno che veniva usata per rinchiudervi a lungo gli schiavi, ed il pavimento grezzo, sembrava non essere stato pulito da molto tempo.
Cercò di farsi forza, per affrontare quella nuova lunga attesa e, di tanto in tanto, qualche maldestro tentativo di movimento dei suoi compagni, creava motivo di diversivo, comunque tutt’altro che piacevole, poiché finivano per colpirsi l’un l’altro o impedirsi la respirazione.
Alternando momenti di assoluta confusione mentale ad altri di minima lucidità, durante i quali era in preda al panic, pensando a quanto gli sarebbe capitato successivamente, F trascorse il tempo di quella incredibile reclusione, finchè si udirono nuovamente suoni all’esterno della cella.

(continua)
view post Posted: 22/1/2024, 12:56     +1I CLASSICI: L'isola - Storie, Racconti - BDSM, Fetish, Femdom, Maledom trovati sul WEB selezionati per voi
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Ritornato ad avere un po’ di lucidità, F non poté trattenersi dal cercare di capire quanto tempo poteva avere trascorso nell’assoluto rimbecillimento in cui era caduto. Cercando di rifletterci sopra, realizzò che essendo arrivato alla stazione a metà mattinata, la sua permanenza all’accettazione era durata fino alla seconda metà del pomeriggio. Tra il viaggio, e la spiegazione ricevuta sul piazzale del Castello, potevano essere passate più o meno altre due ore. Quindi, le visite erano iniziate grosso modo all'ora di cena, e dovevano essere continuate fino a circa mezzanotte, forse oltre. Ipotizzando, infine, di avere passato la notte intera immobilizzato e sveglio, per quanto inebetito, poteva concludere che i rumori che avvertiva, erano i segnali del risveglio del Castello e che fosse quindi più o meno l’alba.
Trovava incredibile l’idea di essere stato tenuto lì, ad aspettare, tutte quelle ore, ma pensò anche che era una condizione a cui avrebbe dovuto abituarsi perché chiaramente con tutti quegli schiavi a disposizione le Signore non potevano avere tempo per tutti.
F era assillato dai morsi della fame e soprattutto della sete, dato che non prendeva niente dalla serata precedente il suo arrivo.
Era indebolito dall’immobilità, dal freddo e dal sonno non soddisfatto; inoltre, aveva bisogno di urinare, e sapeva di non poterlo fare.
Come lui, tutti gli altri schiavi erano ridotti a stracci, pallidi e sofferenti, ma tutti cercarono di raddrizzarsi quando nella sala fecero rientro le Sanitarie e le Guardiane, accompagnate dai soliti due schiavi assistenti.
Le donne passarono loro davanti senza neanche degnarli di uno sguardo. La solita guardiana si sedette sulla poltroncina, riprendendo la rivista, e le altre tre entrarono nell’ambulatorio portando con loro uno degli schiavi appesi in attesa.
F, pur restando rimbambito, attese pazientemente e resistette a tutti i fastidi che lo tormentavano, finché, portato fuori il primo, la Guardiana bionda passò al suo carrello e lo spinse dentro all’altro locale.
Qui c’era molto più caldo e, ridestatosi, F osservò che si trattava a tutti gli effetti di un ambulatorio medico, con la tipica attrezzatura di quel tipo di strutture, un po’ particolare forse, perché alle pareti si notavano appese catene e fruste di varia foggia.
La Guardiana aprì i lucchetti che tenevano chiusa la gogna in cui F era stato a lungo rinchiuso e sganciò le sue caviglie dalle catene. Quindi, accompagnandolo con qualche colpetto di scudiscio appena accennato, gli ordinò di mettersi a terra e di stare in ginocchio davanti alle Sanitarie.
F obbedì goffamente, sia per sua incapacità, sia per l’indolenzimento generale provocato dalla lunga immobilità. Attese che qualcuna si occupasse di lui, restando in ginocchio e a capo chino in mezzo alla stanza.
Fu Lady Sonya a parlargli, appoggiando il fascicolo che lo riguardava sulla scrivania e restando in piedi davanti a lui, ad un paio di passi di distanza. L’altra Sanitaria, e la Guardiana bionda gli si misero ai lati, alle sue spalle, brandendo le loro fruste.
- La tua Padrona - disse - ha accuratamente compilato le schede richieste ed ha allegato una completa documentazione sul tuo stato di salute. Dall’esame che ne ho fatto risulti perfettamente in grado di sopportare tutto ciò che è in programma. Faremo comunque un ulteriore controllo e ti sottoporremo a qualche prova ed ispezione, per avere il quadro definitivo. Innanzi tutto, però, voglio verificare un po’ di dati: ti farò delle domande, e tu risponderai senza esitazioni e con le modalità che ti sono state spiegate … se sbaglierai o esiterai, sarai subito sanzionato con la frusta che le mie colleghe hanno già pronta.
Seguendo lo schema della scheda che aveva sott’occhio, Lady Sonya cominciò chiedendogli quanti anni avesse ed F, frastornato, non ebbe la prontezza di rispondere in velocità. Bastarono un paio di secondi di silenzio, perché gli arrivasse sulla schiena la prima sonora scudisciata, che accolse con un gemito quasi stupito.
Lady Sonya ripetè la domanda, e F aprì subito la bocca per parlare, ma sbagliò, perché non iniziò la frase con "Signora" e questo gli costò una seconda violenta nerbata.
Alla terza volta, nuovamente sbagliò, perché non concluse la frase con "Signora" e la conseguente frustata, tanto forte da mozzargli il respiro, lo corresse.
Bastarono quei tre errori e le conseguenti dure punizioni perché F si mettesse d’impegno a non commetterne altri.
Proseguì affrontando le successive domande, e rispondendo a tono, nel modo corretto e senza incertezze.
Le domande riguardavano tutte le possibili malattie che avrebbe potuto avere, ripercorrendo lo schema della scheda.
Pur avendo già sentito quegli interrogativi, in taluni casi ebbe qualche istante di esitazione e ciò gli costò qualche nerbata, ma tutto sommato furono poche.
Conclusa la serie di domande a conferma della scheda, Lady Sonya gli ordinò di alzarsi poiché intendevano misurarlo in ogni parte del corpo. Controllarono lo stato dei denti, il peso, l’altezza, la circonferenza del torace, dei fianchi e dei glutei, la lunghezza delle gambe, delle caviglie, delle braccia, dei posi, del collo, le dimensioni dei piedi e, naturalmente, quelle dello scroto e del pene. Annotarono ogni dato e Lady Alexya scattò foto di ogni particolare. Alla prima misura del suo sesso aveva il pene ritratto, sia per il freddo, che per la condizione psicologica in cui si trovava, per cui dopo averne preso la lunghezza, Lady Sonya, comandò allo schiavo assistente di scrollarglielo un po’, per vederlo moscio ma esteso. La successiva misura, invece, riguardava l’erezione, per cui la Dominatrice gli comandò di iniziare una masturbazione.
- Questa non è una pratica sessuale - aggiunse - quindi, non solo ti è vietato eiaculare, ma anche eccitarti: toccati solo quanto basta per farlo diventare duro, e sviluppato in lunghezza.
Il comando era alquanto bizzarro, ma F non osò contraddire la Dominatrice, né mostrarsi incerto. Cominciò quindi a massaggiarsi con le mani, sperando di superare l’ansia e di dare una buona prestazione. Trovandosi completamente nudo, in piedi davanti a tre Dominatrici che lo osservavano, era certamente molto imbarazzato, e ciò all’inizio non lo aiutò certamente, ma bastò che Lady Sonya facesse schioccare la frusta in aria, perché la sua inclinazione alla sottomissione, gli desse la spinta per eccitarsi.
Quando il suo membro fu eretto, Lady Sonya lo fece fermare, e con il metro gli misurò lunghezza e circonferenza, tastandone la durezza.
- Puoi farlo diventare più duro, spero - gli disse poi sorridendo, e facendogli cenno di riprendere a toccarsi.
F obbedì, muovendo velocemente la mano lungo il pene, che si inturgidì di maggiormente. Fu nuovamente fermato e misurato, e questa volta Lady Sonya sembrò soddisfatta.
Non appena l’ultima misura fu annotata intervenne la Guardiana che nel frattempo aveva impugnato un manganello con il quale, sogghignando, lo colpì violentemente sul sesso.
F, per il dolore fortissimo, si piegò in due e subito sulla sua schiena piovvero altre frustate e bastonate.
- Mi pare chiaro che lo schiavo si era eccitato ben oltre il limite concesso! - sentenziò la Guardiana, mentre F cadeva sulle ginocchia.
- Questa è un’infrazione che verrà annotata ... e il numero 45, in poche ore ha già accumulato molti appunti di questo tipo, tutti imputabili ad un suo eccessivo compiacimento sessuale!
- Ho notato che questo schiavo ha un po’ il gusto dell’esibizione - aggiunse Lady Alexya, saranno necessari severi rimedi per farlo stare al suo posto!
- Ce ne occuperemo quando inizierà l’educazione - concluse Lady Sonya, lo segnaleremo come soggetto da istruire adeguatamente … certamente - aggiunse rivolta alla Guardiana, con un’occhiata maliziosa - Lady Susan avrà modo di mostrare l’efficacia dei nostri metodi correttivi!
- Imparerai il tuo ruolo di schiavo - gli sibilò infine la Guardiana chiamata in causa, puntandogli il manganello in mezzo al petto - e ti farà molto male: non dimenticare queste mie parole, ti sto osservando con grande attenzione e ti seguirò fino a quando non sarai completamente soggiogato!
Ancora ansimante per il dolore, F, la cui erezione si era ormai spenta, fu fatto alzare, e spinto fino ad un cavalletto, su cui fu fatto appoggiare con il bacino. Lo fecero piegare in avanti, finché le mani non toccarono il pavimento, e dovette aprire le gambe, offrendo, in sostanza, il suo culo ben esposto verso l’alto.
Come sospettava, gli aprirono le natiche e una delle Dominatrici si curò di ispezionarlo nell’ano.
Non fu un’operazione delicata. La donna gli infilò bruscamente un dito e poi due, cominciando a frugarlo in modo umiliante e doloroso. Spinse le dita a fondo, fino alle nocche, ruotandole per dilatare il foro, ed aggiungendo poi anche il pollice, per forzare maggiormente l’introduzione.
Dopo avere rovistato per un po’, gongolando dei lamenti della vittima, tirò fuori di scatto le dita, per infilare immediatamente un penetratore di legno a forma di cuneo che spinse a fondo, per una lunghezza di oltre quindici centimetri. Mentre con una mano manovrava l’attrezzo, continuando a ruotarlo, avvicinò l’altra alla bocca di F. Aveva in guanto di lattice, sporco dei residui delle feci, sulle dita che gli aveva infilato. Ordinò allo schiavo di leccare via quello sporco, rimasto a seguito dell’evacuazione senza pulizia ed intanto continuava a tormentarlo. Dopo un po’, tirò fuori l’attrezzo, che nuovamente toccò ad F pulire con la bocca, mentre un secondo fallo gli veniva infilato, stavolta di metallo, assai più lungo e grosso del precedente. Le Dominatrici, sghignazzando, manovrarono il penetratore, sconquassandogli le viscere. Continuarono a lungo, ridendo dei suoi gemiti. Finalmente conclusero l’operazione, facendogli nuovamente ripulire l’attrezzo con la lingua.
F rimase prostrato da quell’ispezione, sia per il dolore che gli aveva provocato, sia per l’umiliante modalità con cui era stata condotta. La sua Padrona, usava, talvolta, imporgli quel tipo di supplizio, ma non era mai stata tanto brutale.
Fra l’altro, lo schiavo non poteva evitare di pensare che gli strumenti erano sicuramente stati utilizzati anche per le vittime che lo avevano preceduto, cosa questa che, a parte le preoccupazioni igieniche, gli faceva pensare di essere considerato soltanto come un oggetto, sul quale le Dominatrici sfogavano, per puro divertimento, la loro estrema crudeltà.
Quelle, d’altra parte, non gli lasciarono tregua.
Lo fecero alzare dal cavalletto e lo trascinarono verso una specie di tavolo ginecologico, sul quale fu incatenato, con braccia e gambe divaricate, in modo che il suo sesso e il culo, fossero esposti e facilmente accessibili. Stretti i polsi e le caviglie alle catene, le Dominatrici ripresero a tormentargli il culo, stavolta con uno strumento apposito per la dilatazione, cioè un cilindro metallico vuoto all’interno, le cui pareti venivano distanziate con una vite.
Con quell’attrezzo si divertirono a straziarlo, e nel frattempo gli misero un anello alla base del glande, che agganciarono ad una catena per tirarlo verso l’alto, in modo esagerato.
In quelle condizioni, ritennero di misurargli la pressione, per cui cominciarono ad armeggiare intorno al suo braccio.
Una di loro si curò di ripetere più volte l’operazione, mentre le altre si occupavano del suo culo e del suo pene, uno dilatato, e l’altro strattonato verso l’alto.
Dopo l’esame della pressione gli fecero un prelievo di sangue, operazione facile, dato che aveva le braccia immobilizzate, ed una serie piuttosto lunga di prove allergiche.
Durante queste operazioni, la Guardiana, implacabile, continuò a tormentarlo, manovrando il penetratore nel culo, strattonandogli il sesso, stringendogli le palle e rifilandogli anche qualche nerbata sullo scroto, sull’interno delle cosce, e sul ventre.
F, in breve, era ridotto allo stremo, e non capiva più il susseguirsi degli eventi e la loro durata.
Quando lo liberarono dal tavolo, lo lasciarono cadere a terra, e, fattolo stendere a pancia in giù, lo costrinsero a calci a strisciare fino al capo opposto dell’ambulatorio, per incatenarlo nuovamente, stavolta appeso per i polsi, in modo che dovesse stare in punta di piedi. Nuovamente lo misurarono, e quindi gli fecero l’esame della vista, proponendogli il cartello dall’altra parte della stanza. Anche per leggere le lettere della tabella, F, doveva premettere e concludere con "Signora", regola questa, che non rispettò inizialmente, e che quindi gli costò alcune violente frustate sulle natiche.
La "visita" fu conclusa da un controllo di orecchie, naso, gola e torace.
F fu quindi nuovamente collocato sul carrello "appendischiavo", bloccato dalla gogna e dalle catene, e riportato nel salone insieme agli altri.

(continua)
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