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Il fine settimana sta volgendo al termine e, ora lei è sul balcone, guarda le stelle, il panorama della città che, la porta inevitabilmente al suo lago.
Pensa al questi giorni con Lui ma, pensa sopratutto a oggi o meglio, a questo tardo pomeriggio. Lei era lì sdraiata sul letto nuda, indossava il Suo collare, il "collare da casa" ma che, ora indossa ovunque. Anche questo collare le piace, nero, di pelle con un'anello d'acciaio, se non indossa uno dei Suoi collari si sente nuda, persa, come se le mancasse qualcosa. Lui era di fianco a lei, ad un tratto si gira, la osserva. Lei sente su di sé il Suo sguardo, si sente osservata, quando Lui la guarda così si sente vulnerabile, piccola, indifesa. Si volta e, per un attimo, i loro sguardi s'incrociano. Le sembra che Lui la stia leggendo dentro e, allora abbassa lo sguardo, intimidita e imbarazzata, come se Lui fosse in grado di leggere tutti i suoi segreti e le sue fantasie più profonde. Nasconde il viso e, resta lì, ferma e immobile. Non dice nulla, non parla, se potesse smetterebbe anche di respirare. Ma, non può. Aspetta, i minuti passano, nell'aria avverte un cambiamento: tensione, eccitazione, eros. Sa che a breve Lui le farà male, sa che a breve urlerà, e lei lo desidera, lo desidera dalla prima sera, è da venerdì che aspetta quel momento. Ma, ciò che più desidera, è soddisfare i desideri del suo Padrone. Questo desidera più di ogni altra cosa. A un tratto Lui allunga una mano e, inizia ad accarezzarla, piano, come se fosse di cristallo e potesse rompersi tra le Sue mani. Son carezze lente, calde, la rassicurano, la tranquillizzano. Fa le fusa come una gatta, felice, tra le braccia del suo Padrone. Ma sa bene, che quelle che ora son carezze a breve, saranno una tortura, la tortura che Lui adora. Ora non son più le Sue mani ad accarezzarla ma le Sue dita, sfiorano appena la sua pelle, passano sui fianchi, sulla sua schiena facendola inarcare, piccoli gridi o risate le escono dalla bocca. Si gira per sottrarsi a quella dolce e tremenda tortura ma, Lui ormai conosce il suo corpo, lo conosce bene e, sa che c'è un punto dove lei lo soffre più di ogni altra parte del corpo, e le Sue dita son li, si avvicinano piano facendola vibrare ma anche urlare. Cerca una via d'uscita ma, sa bene che non può sottrarsi, non può muovere le mani, non può e non deve difendersi, deve stare lì ferma. Sa, che se farebbe anche solo un piccolo movimento, la punizione sarebbe tremenda, la più brutta in assoluto, vedere la delusione negli occhi del suo Padrone. Resta lì, cerca di resistere, cerca di stare più ferma possibile. Ci prova. La sua mente urla: "Fermati Ti prego! Ti prego continua! Ho bisogno di questa Tua tortura! Sai che li impazzisco! Ho bisogno di sentirmi Tua! Ti supplico non ci andare! Non lo fare! Non ti fermare continua! Padrone Ti prego! Ti supplico non lo fare! Ti appartengo, fai di me, della Tua schiava ciò che vuoi!" Questi pensieri le vorticavano nella mente, mentre Lui stuzzica e solletica il suo corpo, arrivando a quel punto, quel fatidico punto. Inizia a ridere e gemere allo stesso tempo, mentre Lui all'orecchio le sussurra che si eccita a vederla così, a sentirla gemere, sentire il suo dolore, le sussurra che è Sua, che le appartiene, che è la Sua schiava e che, per avere quest'onore doveva donarle il suo dolore. Lei girò il viso verso di Lui, e con sguardo basso è un filo di voce disse: "Padrone Ti appartengo, sono Tua e, sono felice di poterTi donare il mio dolore ma, ancora di più se Tu lo accettassi.", Lui smise di muovere le mani e la osservò, le diede un bacio sulla fronte e le disse: "Accetto il tuo dono schiava. Ora inizia a toccarti." Lei mise una mano tra le gambe, sentì che era eccitata, completamente bagnata, e iniziò a masturbarsi. Mente Lui riprese torturala, sotto le ascelle, sui fianchi, sulla schiena, sull'inguine, mentre le sue dita solleticavano il suo corpo, il piacere di faceva strada nel suo corpo. Lei gemeva e urlava, piacere e dolore si mischiavano, Lui riesce a portarla in quello stato dove tutto si mischia, dove tutto si fonde e mille emozioni attraversano il suo corpo, tubi nano nella mente e scavano nel profondo della sua anima. Sentiva che le diceva che era Sua, che le apparteneva, ogni parte di lei gli appartiene, e lei lo sa, lo sente, lo ha desirato fin dal loro primo incontro. Ma, quelle parole, quelle mani, quel calore, quel senso di appartenenza, la fanno bruciare dentro, un fuoco brucia in lei, la devasta come una tempesta, un'uragano. Sente il suo corpo tremare, i respiri si fanno più intensi e profondi, ride, geme e piccole urla escono dalla sua bocca. Sa che non può resistere a lungo, sa che non riuscirà a tenerlo a freno, il desiderio è troppo forte e la invade, tra stringe in una morsa di passione e desiderio. Cerca di parlare ma, non ci riesce, le parole non escono. Sa che deve chiedere il permesso, sa che non può godere senza aver sentito quel si, lo sa bene. Dov'è finita la mia voce, si chiede? Si dice: "urlalo! Gridalo! Ma fai quella domanda! Falla! Ora è subito!" Cerca di ritrovare un pizzico di lucidità tra tutte quelle emozioni, tra tutte le sensazioni, cerca una strada attraverso quel desiderio, attraverso quel dolore nel resistere, una strada anche piccola ma la cerca, deve! Sa che deve! E, con quel filo di voce, appena udibile, chiede: "Padrone, posso avere il permesso di godere?". L'ho chiesto? Sono state udibili le mie parole? Ci son riuscita? Sente il panico attraversarla. Ma, si rassicura subito perché, nell'udire quella frase, nell'udire le Sue parole: "si schiava, puoi godere." Capisce di esserci riuscita e, si lascia trasportare dall'orgasmo che la invade, la circonda, la culla e la distrugge. Sente tutti i suoi nervi e tendini tirarsi, le gambe si chiudono di scatto, urla di piacere, tra le cosce sente i suoi umori colare bagnare il letto, gli occhi son chiusi. Il piacere la invade come mai prima d'ora. Riesce a portarla ad avere ogni volta, orgasmi forti e intensi, come se non avesse mai goduto prima di quel momento. Stesa sul letto, piano piano riacquista lucidità, torna in sé stessa. Lui la sta ancora accarezzando. Si gira e con tutta la dolcezza, la devozione e la sottomissione che prova per Lui, gli dice: "Grazie Padrone per avermi dato il permesso." Lui sorride, le dà un bacio sulla fronte e, le ordina di girarsi. Lei ubbidisce, si gira e, le sue gambe, le sue natiche e la sua schiena sono lì, per il piacere del suo Padrone. Lo sente alzarsi e, chiude gli occhi, non vuole vedere. Vuole che siano le sue emozioni a viaggiare ora. Sa che ora sentirà dolore, sa che le farà male e molto ma, si è donata al suo Padrone, donandogli tutta sé stessa. Non sa cosa prende, non lo capisce ma, sente quel primo colpo bruciarle la pelle. Un urlo, la schiena s'inarca, i muscoli si tendono, è da tanto che non sentiva quel dolore, si rende conto solo ora di quanto le è mancato. Sentirlo sulla pelle, sotto la pelle, nel corpo, nella mente, nello spirito, nell'anima, ovunque le era mancato e ora era lì, nuda, sdraiata e felice. Lui continuò a colpirla sempre più forte, voleva vedere il suo corpo completamente ricoperto da segni rossi, la colpiva ovunque. Natiche, cosce e schiena. Tutto di lei era in fiamme, tante strisce color scarlatto disegnavano il suo corpo, lo marchiavano. Lei resto sempre ferma, immobile, si donava a ogni Suo colpo e, ogni Suo colpo lei tornava a vivere. Si fermò e, per un'istante la osservò, con quello sguardo che diceva tutto e niente. Cambiò attrezzo, ma lei non aprì mai gli occhi, restava lì, muta, ferma, immobile come una statua di cera. Colpi forti, decisi, dolorosi. Le sue natiche sempre più rosse, sempre più in fiamme, sempre più belle mentre le guarda. Mentre osservava il Suo dipinto prendere forma. Si spostò le colpì i piedi, forte forse anche più del solito questa volta, urlava. A ogni colpo, un grido, squarciava il silenzio che aleggiava. Si divertì a colpirla ovunque, sorrideva, osservava e colpiva, deciso. Quando smise lei ansimava, ma mai una volta chiese di smettere, mai una volta disse basta. Le disse di coprirsi il viso, prese un cuscino e, si nascose sotto esso. Sapeva cos'aveva preso, sapeva con cosa l'avrebbe colpita, entrambi lo desideravano. La colpì con la frusta, più e più volte, sempre più deciso, sempre più forte. Alcune urla erano strazianti, cariche di dolore, la schiena che s'inarca va a ogni colpo. Voleva scappare? No! Voleva che smettesse? No! Voleva donarsi a Lui, voleva che Lui fosse fiero di lei, della Sua schiava. Come l'altra volta, nonostante il dolore fosse lancinante, nonostante le bruciasse, nonostante Lui colpiva i punti dove l'aveva colpita poco prima, lei restò sempre lì, mai si mosse, non si spostò. Accettò tutte frustate che Lui decide di darle, fossero state anche cento lei le avrebbe accettate tutte. Lo sa. Le ci volle un po' prima di capire e rendersi conto che Lui aveva smesso e che, anzi, le stava ordinando di girarsi. Prese qualcosa e, con quella voce seria e imperiosa le disse: "Mettitele, schiava, facendole passare dall'anello del tuo collare." Lei, guardò quella catenella dove in fondo sono agganciate le pinzette per i capezzoli, prova a metterli ma non ci riuscì. Guardò il suo Padrone, e gli disse se, poteva metterglieli Lui. Si avvicinò prese le pinzette dalle sue mani. Senti i capezzoli stretti in quella morsa lancinante. Le ordinò di mettersi nella posizione "in ginocchio"e con la schiena ben dritta. In quella posizione, con la catenella che passava nel l'anello del collare che indossava, sentiva i seni o meglio, i capezzoli tirare verso l'alto. Si chiedeva se sarebbe stata in grado di resistere o, si sarebbe lasciata andare, avrebbe sopportato quel dolore? Si rispose di sì, avrebbe resistito, non avrebbe ceduto proprio ora. Sapeva, che ora, doveva dargli piacere. Chiuse gli occhi e tese al massimo i muscoli. Era imbarazzata in quella posizione, sentiva le guance calde e rosse, avrebbe tanto voluto nascondersi, nascondere il suo viso, sparire. Ma dove? Non poteva. Sapeva che Lui voleva vederla così, anche se voleva alzare le mani nascondere il viso, si sentiva in soggezione davanti a Lui. Una cosa però, la sapeva, non avrebbe voluto essere da nessun'altra parte. Lui le si avvicinò, le accarezzò i capelli e il viso, sentire il calore della Sua mano la rassicurò ma non placò quel turbine di emozioni. Con gli occhi chiusi, titubante, imbarazzata, intimidita, e con quella paura di sbagliare di commettere qualche errore, cercò, con passione, trasporto, affetto, dolcezza di dar piacere al suo Padrone. Avrebbe tanto voluto allungare le mani e accarezzare le Sue cosce. Ma resistette e, non ci fu nulla di più impagabile, di più bello, di più desiderato, si sentì appagata in tutto. Fu un momento intimo. Era felice di dar piacere al suo Padrone, in ginocchio ai Suoi piedi, si sentiva Sua, la Sua schiava. Lei è felice di essersi donata a Lui, di aver donato a Lui, la sua sottomissione e la sua devozione. Ogni giorno sa di essere stata fortunata, fortunata di aver conosciuto e trovato Lui, fortunata che Lui l'abbia accettata e accolta come Sua schiava. E, ogni giorno, dirà al suo Padrone, a tutti quelli che lo chiedono e a sé stessa: "Grazie Padrone, per tutto quello che fai per me. Ma più di tutto per, aver l'onore di poter dire a tutti, che, sono la Tua schiava. Grazie Padrone." Rientra in camera ora, spegne la luce, si sdraia su quel letto e, sorridendo si addormenta. |