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Racconti d'autore: L'ISTITUTO

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-triskell-
view post Posted on 1/8/2012, 21:59 by: -triskell-     +1   -1
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T.P.E.
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CAPITOLO 3


“No! Non fatemi del male!”, implorò Katia con il viso trasformato in una maschera di terrore. Si agitava mordendo con forza il labbro inferiore. Doveva trattarsi di un incubo, un sogno terribile da cui non si sarebbe certamente risvegliata.
Quando Bruto premette la lama del coltello contro il suo fianco non ebbe dubbi sulla realtà della situazione. L’uomo stava dietro di lei col cazzo fuori che sfiorava l’interno delle sue cosce. Poteva sentire il rumore fin troppo reale del suo respiro e della sua mole che la sovrastava. Katia cominciò a tremare di paura e scosse la testa lasciando che i lunghi capelli biondi le ricadessero scompostamente sul viso. Era incredibile tutto quel che le stava accadendo. Una giovane ragazza, appena entrata nell’adolescenza, torturata come un animale.
“Si, un bel buchetto. Proprio grazioso e invitante….”, osservò lui già pregustando il seguito.
Bruto depose per un attimo il pugnale e passò le dita sul corpo della ragazza seguendo col pollice la curva delle natiche. Katia si sentì aprire come un melone spaccato in due, mentre l’uomo le infilava brutalmente entrambi i pollici nell’apertura anale. Emise un gemito e spalancò la bocca con gli occhi fuori dalle orbite. Ora sentiva qualcosa di caldo e umido che le accarezzava l’ano. La sua lingua. Oddio! La stava leccando. Le infilava dentro la lingua e la rigirava come se fosse stata un dito sottile.
“Ahhhhhhhhhhhh!, proruppe Katia, suo malgrado.
Le spalle della ragazza si piegarono afflosciandosi e si sentì scuotere in tutto il corpo vergognandosi delle sensazioni che provava. Il terrore aveva lasciato il posto al piacere e alla perversione. Si morse il labbro inferiore fino a sentire il sapore del sangue, tendendo i muscoli delle cosce e sollevando ancora di più il bacino, per offrire meglio il culo. Bruto era tutto concentrato sulla sua apertura anale, allargata e inumidita quanto più possibile.
“Ti piace, eh, troia? Ti piacerebbe che ti mangiassi così anche la fica, vero?”.
Katia non rispose. Grugnì umiliata di essere stata scoperta, tendendo suo malgrado le natiche per un attacco più profondo, mentre un liquido caldo e appiccicoso colava lentamente dalla sua fessura fino alle cosce e al cespuglio del pube. Il crudele guardiano sapeva come eccitarla. Continuava a solleticarla profondamente con la lingua nel solco tra le natiche. Katia si sentiva prigioniera di se stessa. Affondò le dita nel materasso mentre l’uomo continuava a succhiarla.
“Uhhhhhhhh!”, si sentì gemere senza ritegno.
Bruto si spinse leggermente in avanti muovendo ora la lingua dall’ano alla vagina finché lunghe strisce liquide comparvero tra le cosce della ragazza. Fu allora che Katia udì un altro suono, il rumore della cinghia che veniva sfilata dai pantaloni.
“C-cosa? Oh, no!”, si lasciò sfuggire la ragazza passando dall’eccitazione al terrore.
Katia intravide l’ombra che si piegava su di lei. Poté vedere che si avvolgeva un’estremità della cinghia attorno alla mano lasciando ricadere l’altra estremità. Katia cercò di sollevare la testa per fronteggiare l’aguzzino, ma Bruto la tenne ferma, minacciando di batterla se avesse tentato di girare la testa.
“Oh, no.. Non potete… non potete farmi questo. Vi prego… “.
I suoi lamenti si spensero in un sussurro disperato. Non c’era nessuno che potesse sentirla. Poi vide l’ombra del braccio sollevare in aria la cinghia di cuoio. La cinghia sibilò e ricadde come un missile. Katia avvertì il bruciore violento di quel colpo sulle natiche. Tutto il suo corpo sussultò come un pesce trafitto da un arpione. Il dolore della scudisciata le strappò un singulto mentre lottava contro le lacrime.
“Non voglio che mi veda piangere!”, pensava Katia mordendosi la lingua mentre Bruto sghignazzava e sollevava nuovamente lo scudiscio.
“Ehi, che bello, che bel culo per la mia cinghia”, grugnì.
La striscia di cuoio ricadde ancora una volta, e ancora, e ancora. Katia fece del suo meglio per impedirsi di urlare affondando la testa nel cuscino e le unghie nel palmo della mano.
“Su, ora!”, le ordinò bruscamente il guardiano.
Un altro colpo alla nuca la costrinse a sollevarsi. Rimase così, in attesa di un’altra frustata, che invece non venne. Katia osò voltare la testa per dare un’occhiata alle proprie spalle. L’uomo stava dietro di lei, con la cinghia ancora avvolta intorno a una mano e gli occhi che brillavano sadici alla vista del suo corpo martoriato. Il suo cazzo era ancora più gonfio e grosso di prima, di un colore che tendeva al viola. Si distinguevano chiaramente le vene bluastre e rigonfie mentre alcune gocce brillavano sulla punta della cappella.
“E così vuoi vedere quel che ti faccio, eh? Ti piace vedere un uomo che ti colpisce, vero? Ci godi?”.
“No, no! Ma come può dire certe assurdità”, fu la pronta risposta. Ma di cosa stava .parlando? Lei riusciva a malapena a capirne il senso. Eppure cos’era quella strana sensazione che le percorreva le cosce rendendole molli e cedevole e che sembrava più forte della sua stessa volontà? Più forte la picchiava, più questa sensazione aumentava.
“No, no, no, basta!”, urlò sperando di convincerlo a lasciarla andare.
Ma perché quel trattamento rivolto proprio a lei? Perché non si trovava con le alte ragazze, nel calduccio delle sua branda? Katia singhiozzò e subito scacciò una lacrima dal viso. Vide ancora l’ombra del braccio che sollevata con la cinta, pronta a colpire e in un attimo ebbe un’illuminazione: la donna che non sa opporsi all’uomo, ne diventa schiava finché lui lo voglia. E lui ha il diritto di usarla come gli pare.
La nuova frustata la colpì con violenza alla base della spina dorsale, schiacciandola contro il materasso. Katia tese le braccia e digrignò i denti. Il suo bacino si contraeva
nervosamente mentre tentava di raccogliere le ginocchia per proteggersi dai colpi. Bruto fece sibilare la frusta vicino al suo viso. Katia strillò, scattando all’indietro nel timore che la sfigurasse per sempre. La sua reazione piacque al sadico.
“ Bene, sembra che tu abbia intenzione di sopravvivere, per divertirci ancora un po’. Molto bene”, disse Bruto soddisfatto”. E ricominciò a colpirla. Katia gridava e gemeva stringendo i pugni, mentre la cinghia ricadeva inesorabile sul suo corpo. Sentiva la sua carne che bruciava come se qualcuno l’avesse cosparsa di benzina e le avesse dato fuoco.
“Ahhhhhhhhhhhhh!”, gridò ormai vinta. La sua schiena era ricoperta da solchi violacei. Il respiro ansante di Bruto si mescolava alle sue grida di agonia. Contro la propria volontà, Katia sentì il salato delle lacrime che le sgorgavano dagli occhi e le scivolavano lungo le gote fin sulle mani. Aveva perso la sua battaglia. la sua volontà si era frantumata in mille pezzi.
“Yaghghghghghgh!”.
Bruto ansimava sempre più pesantemente. La cinghia colpì Katia in mezzo alle cosce tagliandole la carne accanto al clitoride. La ragazza pensò che sarebbe morta dal dolore.
“Yaghghghghghgh!”.
La colpì ancora. Stava mirando di proposito al sesso della ragazza, colpendola sempre più con precisione. Katia non ne poteva più. Tutto il suo corpo era invaso da un’intensa sensazione di dolore, i muscoli si irrigidivano ad ogni colpo di frusta. I suoi singhiozzi si confondevano col respiro ansante di Bruto e col sibilo della cinghia.
Un altro colpo la centrò in pieno sul clitoride. Ad ogni frustata i nervi di Katia vibravano come scossi da una corrente elettrica. Le vibrazioni partivano dal clitoride, facendolo pulsare. Gemendo di dolore e paura, non riuscendo più a sopportare quella tortura, Katia mosse una mano per difendere il proprio sesso dai colpi di cinghia. La frusta la colpì sulle dita facendola urlare di dolore.
“Stupida troia! Tieni lontano quelle mani o te le taglio!”, le intimò Bruto.
Katia abbassò la testa fino ad appoggiare la guancia sul cuscino. Lo mordeva nascondendo il viso contratto dal dolore.
“Cagna. Dannata piccola ipocrita. Adesso basta”, disse Bruto lasciando cadere al suolo la cinghia e avvicinandosi a lei sul giaciglio. Katia tirò un profondo respiro riempiendo i polmoni di ossigeno, pur sapendo che la pausa sarebbe stata breve. Avrebbe voluto sprofondare sotto terra. Quell’uomo la stava trascinando nel fango, le faceva del male e rideva di lei.
“Vi prego. Lasciatemi andare. Lasciatemi andare con le altre ragazze!”, implorò.
“A suo tempo. Non temere, non ho intenzione di ucciderti, per ora. Quando avremo finito tornerai insieme alle altre e a quelle due troie delle custodi. Ma adesso sei mia. Ti ho in pugno, piccola, e voglio fare un gioco pesante con te. E credimi”, aggiunse ammiccando “è quello che vuoi anche tu”.
“No, no! Vi sbagliate!”, cercò di protestare lei.
L’attenzione di Katia era catturata dai movimenti dell’uomo. Aveva ripreso in mano il coltello e le ordinò di girarsi sulla schiena. La ragazza mosse prima una gamba e poi l’altra e rimase distesa sul dorso. Lui la spinse fino a premerle la testa contro la testiera di ottone. La ragazza si sentì incastrata, bloccata, senza possibilità di movimento. Il cazzo del suo aguzzino era ancora più teso e duro, e pulsava, pronto ad eiaculare quel denso liquido latteo.
Katia ne aveva sentito parlare dalle sue amiche. Bruto si stava trattenendo, lo si capiva da come se lo stringeva con le dita di tanto in tanto per ritardare l’orgasmo.
“Sai, da ragazzo ho scorticato un sacco di bestie. Andavo sempre a caccia col mio vecchio. Tu l’hai mai fatto?”, si divertì lui a provocarla.
“N…no, mai!”, rispose lei in preda al ribrezzo e al terrore.
Bruto giocherellava col pugnale rigirandolo come affascinato dalla lama lucente. Quando il metallo catturava il riflesso della luce, brillava ammiccando nella sua mano. La stava minacciando col pugnale senza nemmeno sfiorarla, rievocando i giorni in cui lui e suo padre scannavano gli animali per puro piacere.
“Certo ragazza, potrei farlo ora, togliere la pelle di un coniglio in un batter d’occhio”, concluse facendo schioccare le dita per enfatizzare la propria affermazione.
“Dicono che anche i nazisti abbiano fatto le stesse cose con le persone, in Germania. Della gente interessante, quei nazisti, non trovi?”, disse ancora Bruto, guardandola negli occhi. Aveva uno sguardo canzonatorio e gioiva del suo terrore, mentre la spostava in modo che i piedi sporgessero dal letto.
“Si….si”, si trovò costretta ad acconsentire lei, temendo la sua furia.
“Sono contento che anche tu la pensi così”, e così dicendo, Bruto abbassò il pugnale toccandola nella zona tra la coscia e il sesso. Appoggiò per un attimo la lama di piatto fissando la carne che si tendeva. Katia si ontorse sul letto e un gemito le uscì dalle labbra. Il suo sguardo andava dal coltello al viso dell’uomo. Lui aveva gli occhi che gli brillavano e socchiuse le labbra come se stesse per dire qualcosa. Poi Katia capì che stava canticchiando una cantilena, mentre muoveva il coltello sul corpo di lei.
Rivoli di sudore le colarono sulla fronte, e la bocca si contrasse in una smorfia di terrore. Un fremito le percorse le gambe. Katia sapeva che ogni suo movimento avrebbe potuto spingere l’uomo a conficcarle la lama nella carne. Non voleva dargli questa possibilità. Bruto doveva essere malato per fare una cosa del genere a un essere umano. Doveva stare immobile, lasciare che lui si sfogasse, e poi tentare di fuggire.
“Già, niente di meglio che andare a caccia e scannare…”, disse Bruto quasi a sé stesso. Poi riprese la sua cantilena mentre il coltello si avvicinava sempre più alle intimità della ragazza. Un formicolio di sensazioni le percorsero il sesso, i muscoli si tendevano e si contraevano ad ogni movimento del pugnale che disegnava una linea curva e si arrestava a pochi millimetri dalle labbra della sua fica.
Bruto fece discendere la lama lungo la fessura. Katia grugnì chiudendo gli occhi.
“Vi prego, oh no, vi prego, non fatemi del male. Non feritemi”, sospirò.
“Non lo farei per niente al mondo, a meno che tu non cerchi di fregarmi in qualche modo. Ma tu non lo farai…non è vero?
“N…n…no!”.
“Bene, allora ci divertiremo insieme”.
Katia boccheggiò. Bruto distolse il coltello dalla fica e lo portò verso i piedi. Con la punta percorse tutta la pianta del piede destro. Se non fosse stata così terrorizzata, avrebbe sentito il solletico. Bruto impugnò l’arma come un cacciatore e improvvisamente tracciò un solco sottile sulla pelle della ragazza, che subito iniziò a sanguinare.
“Oh, no!”. Katia cercò di sottrarsi. “No, vi prego”, gemette retrocedendo finché la sua schiena fu contro la parete. Per un attimo temette che il suo intestino stesse per cedere.
“Vi prego, mettete via quel coltello. Farò tutto quello che volete, ma mettetelo via!”.
Bruto si passò la lingua sulle labbra fissando la ferita al piede di Katia. La ragazza se ne stava immobile col cuore che le batteva tanto forte che pensò sarebbe scoppiato. Voleva chiedere a Bruto cosa voleva da lei e cosa avesse intenzione di farle. Ma le domande erano inutili. L’aveva già capito cosa volevano da lei, in quell’orribile posto. Rabbrividì quando l’uomo la rigirò di nuovo sullo stomaco.
Ora tremava in preda al terrore. Non osava voltarsi a guardare l’uomo. Se chiudeva gli occhi, poteva comunque vederlo: scarno, muscoloso, un viso attraente deformato da un gusto sadico e da una mente malata. Nonostante la drammatica situazione, sentì che dalla fica le colava un liquido che le scorreva lungo le cosce. Si chiese se Bruto l’avesse notato. Era certa di sì. Katia voltò il viso appoggiando una guancia al cuscino, quasi fosse pronta per l’esecuzione della condanna. Si vedevano i segni dove aveva affondato i denti.
Che cosa avrebbe detto sua madre se l’avesse potuta vedere ora? Le veniva da piangere.
“Sulle ginocchia, cagna!”, fu l’ordine perentorio.
Katia obbedì prontamente sollevando il culo, per non contrariarlo. Il coltello ricominciò a lavorare.

(continua)
 
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15 replies since 31/7/2012, 14:37   18945 views
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