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Racconti d'autore: L'ISTITUTO

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-triskell-
view post Posted on 2/10/2012, 00:45 by: -triskell-     +1   -1
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CAPITOLO 8

Le dita dei piedi le dolevano a causa dei crampi. Era estremamente difficile stare sulle punte sostenendo il peso del proprio corpo in modo che lo strumento non le penetrasse ancor più profondamente nella vagina, fino a sfondarla. Appena si lasciava andare, Katia avvertiva la punta metallica entrare più a fondo dentro di lei.
Si rese conto che la sua fica si bagnava e si distendeva per far posto all’orribile arnese! Il suo viso era arrossato per lo sforzo e la vergogna. Ma la paura di ferirsi le fece sollevare nuovamente i piedi. Quelle donne stavano armeggiando dietro di lei, rigirando il piccolo ma lungo tubo e infilandoglielo più profondamente nell’ano.
“Ecco, così non dovrebbe più uscire!”, constatò Elvira.
“Oh, vi prego, non fatemi questo. Mi fa male!”. Altre lacrime sgorgarono dagli occhi di Katia mentre le tre donne la guardavano senza emozioni.
“Sei una ragazza fortunata”, le disse Leona, passandole le dita sul mento.
“Fra poco proverai una sensazione meravigliosa, anche se vedo che non mi credi. Immagina! Avere dentro di te un membro così grosso e duro…. e non solo! È il sogno di ogni donna. “No, non è vero! Non può essere”, gridò la ragazza, lottando contro le lacrime. Se solo avesse avuto le mani libere! Avrebbe potuto tentare di liberarsi da quella tortura. Ma i legacci la trattenevano saldamente. Le guardiane stavano armeggiando con la piccola pompa alle sue spalle. Lentamente Katia cominciò a capire quel che aveva voluto dire Leona. La sensazione piacevole durava, ma quando cercò di rilassarsi e appoggiare a terra le piante dei piedi, sentì i muscoli della sua vagina che si contraevano
dolorosamente attorno all’asta metallica. Il dolore e il piacere si mescolarono in un’unica forte sensazione e Katia tremò di vergogna temendo di raggiungere un orgasmo davanti a quelle tre donne.
“Bene! Credo che possiamo cominciare”, disse la direttrice.
Katia si irrigidì tutta alzandosi più che poté sulla punta dei piedi, temendo il peggio. Vedendo che Elvira stava azionando il generatore di corrente, allontanò velocemente dalla sua mente il pensiero dell’orgasmo.
Diversamente dall’altra volta, sentì l’elettricità scorrerle all’interno della fica, e la sensazione era molto più intensa.
Non c’erano le piccole pinze attaccate al suo corpo, la corrente arrivava direttamente al centro del suo corpo attraverso lo strumento che la penetrava, collegato al generatore. Anche il lubrificante serviva a stimolare ancora di più le sue tenere mucose. Katia si divincolò e tentò di resistere, ma si sentì costretta a saltellare su e giù coi piedi che le dolevano e le gambe che erano tutte un tremito. E stava venendo! La ragazza si rese conto che non sarebbe riuscita a controllarsi e a fermare gli spasmi che la corrente le procurava anche al clitoride. La scarica elettrica le procurò sensazioni sempre più intense. Katia abbandonò la testa all’indietro e una serie di piccoli gemiti le sfuggirono dalle labbra.
Le punte dei seni cominciarono ad irrigidirsi diventando di un rosso scuro mentre un flusso di radiazione le invasero il ventre.
Senza rendersene conto cominciò a scivolare su e giù lungo lo strumento metallico, masturbandosi. Il suo clitoride pulsava gonfio, e vibrava mentre la corrente le scorreva su tutti i nervi quasi fossero stati scoperti.
“Uhhhhhhhhhhhh!”, si lasciò sfuggire.
“Adesso con la pompa!”, ordinò Leona.
Si udì un altro suono, più intenso del ronzio del generatore. L’altra guardiana aveva aperto il rubinetto dell’acqua. Katia sentì il tubo vibrare dentro il suo intestino e un getto gelido le inondò le budella, facendola vacillare.
“Acqua gelata, perché tu capisca la differenza di temperatura!”, le spiegò Leona avvicinandosi a lei per osservare meglio le sue reazioni.
“La fica tutta un bruciore e il gelo nel culo, il tutto diviso da una sottilissima membrana”.
Era terribile! Katia sentiva il proprio corpo come spaccato in due, e inoltre stava riempiendosi come un pallone. Cercò di piegarsi per rilassare i muscoli dell’intestino. Sarebbe sicuramente scoppiata se non fosse riuscita a liberarsi dell’acqua che la invadeva. Elvira, sempre accanto al generatore, lanciò un’occhiata interrogativa a Leona, e questa le fece un cenno d’assenso. La donna girò l’interruttore aumentando l’intensità. Fu come se una serie di petardi scoppiassero nella vagina di Katia! La ragazza traballò abbandonandosi senza più ritegno. I piedi le scivolarono e il suo corpo si impalò sul grosso membro artificiale.
Ormai Katia non ci faceva più caso, al dolore e alla pressione. Per fortuna la nuova scossa aiutò l’acqua a fuoriuscire dall’ano scivolandole scura lungo le gambe. E questo la fece arrossire nuovamente. Era come se il suo intestino si stesse svuotando davanti a tutti, lasciandola ancor più umiliata.
Per distogliere la mente da quell’orrore, ricominciò ad andare su e giù convulsamente sul palo. Si masturbava da sola sollevandosi sulle punte e appoggiando i talloni sulla piattaforma. Si muoveva con un ritmo sempre più veloce e frenetico, facendo sobbalzare violentemente i seni.
La stanza sembrò svanire davanti ai suoi occhi. Perfino la sensazione dell’acqua gelata che le scorreva nel condotto anale, si trasformò in una sensazione di piacere. Katia si agitava sempre di più facendo muovere la piattaforma con i movimenti selvaggi del proprio corpo. Le piaceva. Quello strumento metallico
che la possedeva così profondamente e che la faceva godere, cominciava a piacerle. Tutto il suo corpo partecipava abbandonandosi a quella sensazione. Il formicolio provocato dalla scarica elettrica e il lubrificante aumentavano ancora di più la potenza dell’orgasmo. Sentiva che le forze la abbandonavano e il suo corpo, scosso da sussulti incontrollabili, si agitava come una farfalla impazzita trafitta da uno spillone.
“Sembra che non le dispiaccia farsi scopare in questo modo!”, osservò Elvira, aumentando la potenza del generatore.
“Sembra proprio di no. Avevamo ragione, ci abbiamo visto giusto. E’ speciale!”.
Leona era tutta eccitata in viso e si stava anch’essa masturbando. Tranquillamente seduta a gambe aperte, dopo aver sollevato la gonna e spostato di lato le mutande, mentre osservava i movimenti convulsi della ragazza.
Katia aveva ormai perso il controllo del proprio corpo naufragando in quella folle sensazione di piacere. Si dibatteva come su una sedia elettrica, solo che stava morendo di voglia, di vergogna e di orgasmi.
“Un altro giro per finire!”, ordinò Leona, ormai anch’essa in dirittura di arrivo.
Elvira fece cenno di aver capito e portò al massimo l’interruttore. Katia lanciò un urlo. Sentiva le mucose delle pareti vaginali serrarsi infiammate attorno allo strumento con tale violenza che credette di strapparlo dalla sua piattaforma. Il suo condotto anale risucchiò più a fondo il tubo di plastica e un altro getto di acqua le arrivò fin nelle viscere.
L’orgasmo era al suo culmine.
Singhiozzando e piangendo, gioendo e vergognandosi, Katia sentì l’universo rovesciarsi con fragore dentro la sua fica. Non poté trattenersi dal gridare mentre veniva…veniva…e veniva.
“Basta così!”, disse finalmente Leona, ormai paga, indicando il generatore. A Katia parve che le togliessero la terra da sotto i piedi. Quella terribile sensazione di calore era cessata di colpo. Sentì un ultimo spasmo attraversarle la vagina e poi più nulla. Il suo corpo continuava ad andare su e giù lungo il palo, come quello di una bambola meccanica. Un altro getto d’acqua le uscì dall’intestino con un ultimo schizzo. Anche il getto d’acqua fredda si era fermato.
Ora che la frenesia si era attenuata, con un ultimo grido la ragazza si lasciò cadere improvvisamente e rimase così, priva di sensi. Solo l’intervento immediato di Elvira le impedì di cadere e ferirsi.
La ragazza cadde in uno stato di semi incoscienza. Poteva udire i suoni e le voci intorno a sé ma non riusciva ad essere del tutto presente. Sentì che la toglievano dallo strumento di tortura e la adagiavano al suolo. La testa le girava. Lentamente, riprese i sensi. I soliti lampi di luce le scoppiarono nel cervello, come quando giaceva nella cella con Rosy.
Chissà Rosy, cosa ne era stato di lei? Leona aveva detto qualcosa a proposito di Bruto, che se ne sarebbe occupato lui. Katia immaginava fin troppo bene in che modo.
Si sentì avvolgere in una coperta. Il ruvido della stoffa le pungeva la pelle. Non riusciva ad immaginare in quale parte dell’edificio si trovasse, non sapeva nemmeno se fosse stato lo stesso edificio.

(continua)
 
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15 replies since 31/7/2012, 14:37   18933 views
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