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Racconti d'autore: L'ISTITUTO

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-triskell-
view post Posted on 4/10/2012, 12:56 by: -triskell-     +1   -1
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CAPITOLO 9

Per quanto tempo era rimasta svenuta? Oh, quelle donne diaboliche! Doveva essere stata un’idea di Leona. L’acqua gelida nel suo intestino e lo strumento che la penetrava fino a ridurla all’incoscienza. Quale crudeltà! Katia si sentiva come se fosse stata percossa a bastonate su tutto il corpo. Adesso la stavano trasportando da qualche altra parte.
Si trovavano in un freddo corridoio. Una delle donne allentò la presa sul suo corpo e aprì una porta. Katia rimase inerte e passiva, non voleva che si accorgessero che era tornata in sé. Poi sentì che la posavano a terra. Qualcuno la teneva ancora per le braccia, per poi farle scivolare una mano sulla fica e massaggiarla, quasi a volersi accertare che non fosse danneggiata. Katia sobbalzò riprendendosi del tutto, ma sempre fingendosi svenuta.
“Portala dentro. Elvira è andata a prendere l’altra ragazza, Rosy mi sembra che si chiami. Questa ha perso i sensi, ma si riprenderà presto, vedrai Bruto”, disse Leona all’uomo che attendeva.
“Assassini!”, avrebbe voluto gridare Katia. Invece rimase immobile mentre qualcuno le stava finalmente slegando le mani e liberandola dal bastone fra le spalle. Katia continuò la sua commedia.
“Appendila lì sopra!”, disse Leona a Bruto, allontanandosi poi con disinteresse.
Katia si sentì sollevare dal pavimento irregolare in terra battuta. Qualcuno la tirava per le braccia. C’erano delle altre cinghie, ma stavolta per fortuna erano imbottite all’interno con un materiale più soffice. Bruto fece attenzionea non fissare i legacci nei punti già feriti. C’erano due catene appese al soffitto. Katia pendeva per le braccia unite sopra la testa. Quando socchiuse gli occhi e si guardò intorno, vide che si trovava in un’altra cantina, più piccola della prima. Non c’erano molti oggetti, una sedia, qualche scatola e un
armadio chiuso. Cercò di pensare a qualcos’altro, sentiva nello stomaco i morsi della fame. Se solo avesse potuto avere qualcosa da mangiare, o un sorso d’acqua! Si rese conto che erano passate parecchie ore dall’ultima volta che aveva messo in bocca qualcosa di commestibile.
Katia sentì un respiro pesante accanto a lei. Chiuse frettolosamente gli occhi nella speranza che se avesse continuato a fingersi svenuta, forse Bruto l’avrebbe lasciata in pace.
Certo aveva molte altre vittime tra cui scegliere nel suo harem privato. L’uomo la pizzicò su un fianco stringendo fra le dita la pelle finché non divenne viola. Lei non riuscì a trattenere un grido.
“Ero sicuro che fingessi. Nessuno può restare svenuto così a lungo, a meno che non sia stato narcotizzato”, le rise in faccia Bruto, mentre lei sentiva le sue dita di fuoco strizzarle la carne.
“Eccoci di nuovo qui, come la prima volta, ricordi? Qualche volta la mente ci gioca brutti scherzi. Pensiamo che una persona sia peggiore di quello che realmente è. Poi la rivediamo e ci meravigliamo di averla giudicata così male. Vero, che anche tu mi vedi con occhi diversi, ora che siamo stati intimi ? Scommetto che ti stai già innamorando di me! Lo so che mi aspettavi. Sei una vera macchina per scopare”, la canzonò Bruto.
“Oh, no, no! Voi me lo fate fare. Vi prego, lasciatemi tornare nella mia cella”, piagnucolò Katia.
Era strano, ma la ragazza si era già abituata a stare in quella scomoda posizione. E si era già abituata a tutti i loro abusi. Il suo corpo era segnato dai colpi che le avevano inflitto Bruto e le due guardie. Era stata violentata con l’acqua, picchiata, frustata, torturata con la corrente e stuprata più volte. Non c’era da meravigliarsi che quel trovarsi appesa per i polsi fosse ancora il minore degli abusi che aveva dovuto subire.
“Non ti lascerò andare… non ancora. Mi sono divertito un po’ con l’altra ragazza, ma non sono soddisfatto. Non è come te”, disse Bruto passandosi il dorso della mano sulle labbra sensuali. “Tu sei speciale. Più te ne do e più ne vuoi”.
“No, no. Smettetela di dire così. Non è vero!”, reclamò Katia con tutta l’anima.
Bruto rise. Katia rabbrividì, non solo per le parole dell’uomo, ma anche per le incredibili reazioni che sentiva nel proprio corpo. Guardava quell’uomo, quel mostro, e lo trovava affascinante nel fisico e nel potere che aveva su di lei. Si sentì suo malgrado di desiderarlo, di desiderarne le attenzioni. Lui le diede una violenta pacca sul sedere e lei sentì quelle dita bruciarle la carne come per un ferro incandescente. Bruto sembrava più determinato e più crudele del solito. Forse era solo il sangue che gli affluiva al volto facendolo brillare di desiderio sessuale.
“E stavolta ti darò proprio tutto, piccola cagna. Senza trattenermi.”. Così dicendo, l’uomo colpì con un pugno il ventre morbido della ragazza. Katia soffocò il grido per mancanza improvvisa di fiato, ritraendo le ginocchia verso il petto. I muscoli delle braccia le dolevano per la tensione.
Nessuno le aveva mai fatto niente di simile! Colpire una donna inerme con tale violenza! Katia tossì e girò il capo alla ricerca disperata di una boccata d’aria. Il colpo si ripercuoteva nei muscoli del ventre e dentro l’intestino.
Stava ancora boccheggiando, le sembrava che il dolore le strappasse le viscere.
Spalancò gli occhi fissando incredula il proprio aguzzino.
“Vedo che sei ben sveglia, adesso”, disse Bruto con un ghigno.
“Ohhhh, no…non fatemi più male, vi prego!”. Le sue parole si persero in singhiozzi. Era stato il colpo più violento e doloroso che avesse mai ricevuto da quando si trovava in quell’orribile posto. Si aggrappò con le mani alle catene cercando di raggomitolare il proprio corpo per proteggersi da altri colpi. Continuava a fissare Bruto con la bocca spalancata, ancora in carenza d’aria. Una smorfia di terrore le si dipinse sul viso.
Bruto continuava a sorridere passandosi le dita fra i corti capelli neri. Si tolse la camicia e ora le stava di fronte a petto nudo con i soli pantaloni indosso. Abbassando suo malgrado gli occhi, Katia vide la protuberanza del suo membro che si ingrossava e tendeva il tessuto. Stava per violentarla di nuovo con quell’arnese, ma prima voleva divertirsi a torturarla.
“Quella piccola troia della tua compagna non è brava come te. Piagnucola in continuazione”, disse Bruto. “Tu… tu sei fatta di un’altra stoffa, sei diversa. Sei spaventata a morte ma ti bagni ugualmente come una cagna in calore. Sei fatta per godere del dolore”.
“Bugie! Sono tutte bugie! Siete voi a ridurmi così. Qualunque ragazza reagirebbe allo stesso modo”, tentò di protestare Katia.
“Ti sbagli, cagna. Qualunque ragazza sarebbe stretta e asciutta dal terrore. Tu ti bagni come se ci stessi godendo”, la incalzò Bruto.
“No, non sono io!”, urlò Katia, non potendo più ascoltare le parole dell’uomo. “Siete voi che mi riducete a questo punto. Siete tutti malati, tutti pazzi e volete far impazzire anche me!”.
Katia gridava scuotendo la testa e cercando di essere convincente. Le cinghie le segavano i polsi che sostenevano tutto il peso del suo corpo. Continuò a gridare insulti a Bruto che le stava di fronte guardandola con lo stesso sorriso. E si rese conto che era vero. La sua fica era un lago e desiderava quell’uomo.
Improvvisamente Bruto sollevò il braccio destro e la colpì col palmo della mano in pieno viso. La violenza dello schiaffo le fece voltare la testa di lato e battere i denti. La bocca cominciò a sanguinarle e per un attimo Katia pensò che le fosse saltato un dente. Si passò la lingua sulle labbra aride mentre le lacrime le riempivano gli occhi. Le scosse via con un gesto del capo cercando di ignorare il bruciore alla guancia.
“Voi…voi bastardi! Pensate di poter andare avanti all’infinito. Ma non sarà così. Qualcuno parlerà! Qualcuno racconterà tutto e vi denuncerà. Allora sarò io a ridere quando vi vedrò in galera!”, sbottò Katia rabbiosa.
Bruto borbottò qualcosa mentre con calma si dirigeva verso il piccolo armadio e apriva la porta metallica. Ne tirò fuori una frusta di cuoio nero. Katia capì subito cosa avesse intenzione di fare, ma era ormai rassegnata a tutto. Aveva finalmente trovato il coraggio di ribellarsi almeno a parole e avrebbe continuato a sputare il suo odio senza curarsi delle conseguenze.
“Siete pazzi! Siete malati! Tutti voi! Godete a torturare la gente in questo modo. Siete dei criminali!”.
Il viso di Bruto si fece più teso mentre alzava la frusta e la lasciava ricadere con forza sul bel seno di Katia. Lo sfogo della ragazza si interruppe di colpo per l’intensità del dolore. Penzolò impotente dalle catene, scalciando con le gambe nel vuoto.

(continua)
 
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15 replies since 31/7/2012, 14:37   18932 views
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