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Racconti d'autore: L'ISTITUTO

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-triskell-
view post Posted on 8/10/2012, 23:21 by: -triskell-     +1   -1
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T.P.E.
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CAPITOLO 10

Un altro pugno, questa volta proprio sopra l’ombelico. Subito dopo Bruto calò la frusta ancora una volta sul seno di Katia. La ragazza urlò raccogliendo istintivamente le ginocchia al petto. Il dolore era sempre più intenso. Katia strinse i denti, odiando sempre di più quell’uomo. Voleva che si avvicinasse a lei in modo da potergli sferrare un calcio nei testicoli. Il viso della ragazza era contorto dal dolore, ma stava lentamente riprendendo il controllo della propria mente.
“Ti piace? Vedo che ti sei calmata un po’. Non mi va di sentire i tuoi insulti, mi piacciono di più i tuoi mugolii. Si sta bene con te, piccola cagna”.
“No, no, no!”, protestò Katia.
“Sai che anche questo mi piace. Continui a dire di no, ma so che ne vorresti ancora”.
Bruto si portò la mano alla patta dei pantaloni e si strofinò il rigonfio del grosso uccello già teso. Katia, suo malgrado si ritrovò eccitata. Se l’avesse posseduta in quell’istante, sarebbe sicuramente venuta subito. Ma l’uomo non aveva fretta, voleva invece portarla ai limiti estremi della tensione e del desiderio, poi l’avrebbe presa. Katia serrò le labbra in un’espressione di fiera determinazione fissando diritto in viso il suo sadico aguzzino.
“Ti odio!”, sibilò lei, con un lampo di ira negli occhi.
“Lo so piccola. Dite tutte così. Date la colpa a noi perché finite per godere della vostra perversione, e questo non potete accettarlo perché la vostra educazione vi ha finora portato a sacrificare la carne. E così fingete di godere vostro malgrado dando la colpa ad altri che vi costringono, e vi salvate la coscienza e la vergogna. Ma poi è sempre lo stesso gioco. C’è qualcuno che comanda e approfitta di qualcuno che sta sotto. E’ così che va il mondo, e tu ora sei sotto e devi adeguarti alle mie regole”.
“No, non è vero, sono tutte menzogne! Ci sono ancora delle persone normali…”.
Bruto scoppiò a ridere, troncandole le parole. Scosse la testa e accarezzò i seni di Katia con la frusta.
“Forse, da qualche parte, ci sarà anche della gente normale, ma non qui. Qui regna l’inferno”.
Katia si divincolò disperatamente. I suoi piedi arrivavano quasi a sfiorare il pavimento, adesso che i muscoli delle braccia erano stirati dal peso del corpo.
“Cagna. Ti piace scopare, non vedi l’ora di avere qualcosa che ti riempia la fica, e poi mi parli di gente normale?”.
Bruto continuava a sghignazzare e la sua risata si ripercuoteva sulle pareti di pietra come il borbottio di un tuono. La colpì in pieno viso col manico
della frusta. poi la frustò nuovamente sul seno con un colpo secco che le strappò via una strisciolina di pelle. Katia lanciò un altro urlo, vinta dal
dolore. Sentiva il sudore freddo di paura colarle lungo il ventre e raccogliersi all’ombelico. Faceva fatica a respirare. Il terrore la stava sopraffacendo, togliendole il fiato.
“Ti stai scaldando, piccola cagna? Senti la fichetta che diventa una fornace ?”.
Bruto la fissava toccandosi il membro e passandosi la lingua sulle labbra. La visione di quel giovane corpo sconvolto dal dolore che si divincolava sotto le sue torture, lo eccitava sempre di più.
Katia, suo malgrado, provava una strana e insana sensazione di piacere in quella situazione assurda, insieme ad un altrettanto intenso sentimento di odio per quell’uomo.
“Ti scoperò fino a farti strabuzzare gli occhi dalle orbite. Ma pagherai per tutto questo. Tutti devono pagare per il piacere”.
“Porco! Bastardo!”, e altre parole simili le uscirono dalla bocca secca, senza più saliva.
L’uomo continuava a provocarla, strappandole insulti più violenti ogni volta che la batteva. La colpì ancora, questa volta mirando al capezzolo sinistro. Fu come se l’avesse bruciata con un tizzone ardente. Katia provò a muovere il piede destro. Se l’uomo si fosse avvicinato anche solo di poco, avrebbe potuto colpirlo al basso ventre. Voleva vendicarsi, fargliela pagare in qualche modo, non importava quali sarebbero state le conseguenze. Voleva che pagasse per ogni colpo, per ogni umiliazione, per tutto il dolore che era costretta a subire. E poi si sarebbe vendicata anche di Leona e di quell’orribile Elvira.
Ma all’improvviso Bruto allungò la mano libera e l’afferrò alla fica. Strinse forte le labbra e le infilò due dita dentro mentre Katia, colta di sorpresa, tendeva le gambe lanciando un grido. L’uomo avvicinò il viso a quello di lei ansimando, e la osservava da vicino mentre si impadroniva del suo morbido ventre completamente vulnerabile. Di tanto in tanto si aggrappava ai peli del pube tirandoli forte, quasi a sollevarla. Katia gridò ancora di più sentendo il dolore esploderle nel cervello.
“Ti piace che ti tocchi così, vero? Dai, piccola cagna, vieni, godi!”.
“No. Oh, no!”. Katia cercò di riconquistare il controllo della sua mente. Sollevò il ginocchio destro cercando il momento giusto per colpire l’uomo nel suo punto più debole.
Ma Bruto ne capì le intenzioni e senza darle tregua la colpì con la frusta in pieno viso. Il cuoio lasciava solchi rossi sulle guance ormai gonfie.
“Troia! Brutta puttana! Che vuoi fare? Vorresti farmi credere che non ti piace, eppure sei calda e bagnata, quaggiù!”. Così dicendo, fece un passo indietro colpendole ancora con la frusta il viso, le labbra e la punta dei seni. Ogni colpo faceva vacillare la ragazza appesa alle catene. Lo stridore del metallo si confondeva col sibilo della frusta, ma le sue grida sovrastavano ogni altro rumore. Era terribile, eppure al tempo stesso meraviglioso. Una strana combinazione di terrore, dolore e incomprensibile piacere.
Katia continuava a gridare tirando sempre di più le catene. Le cinghie di cuoio le segavano i polsi e il sudore le colava su tutto il corpo. Sentiva le mani intorpidite, come se i suoi nervi si fossero spezzati. Continuò ad insultare l’uomo con parole che non ricordava nemmeno di aver udito. Fu ancora peggio! Bruto riprese a frustarla con sempre maggior violenza. Katia si contorse, cercando di rigirarsi per non offrire sempre lo stesso fronte e difendere le parti più sensibili da quella furia scatenata.
“Non puoi andare da nessuna parte”, le disse Bruto, fermandosi per un attimo mentre si tergeva il sudore dalla fronte per lo sforzo e l’impegno con cui la frustava. “Puoi girare finché vuoi, cagna, ma tornerai sempre qui”. E per darle una dimostrazione, l’afferrò per i fianchi e la fece ruotare su se stessa.
Katia si ritrovò alla fine di nuovo di fronte a lui. Bruto riprese a colpirla mentre con l’altra mano continuava a tormentarle il sesso. Dentro e fuori. Accarezzando e strizzando. Sul bordo e in profondità. Borbottava frasi rese incomprensibili dalla furia della sua eccitazione. Katia sentì la protuberanza del suo cazzo sfregarsi contro le cosce. Si succhiò il
sangue da un labbro ferito e sentì un’ondata di nausea invaderle lo stomaco. Il dolore che provava e la manipolazione al sesso la eccitavano sempre di più. Katia non avrebbe saputo dire se fosse più intenso il dolore della tortura o quel piacere che sentiva montare e prendere possesso dentro di sé.
“Oh, sì, è fantastico scopare con te, piccola cagna. Leona mi ha raccontato come ti agitavi sul palo. E con tutte quelle scariche elettriche, poi! Le avevo detto come ballavi sul mio cazzo mentre ti sparavo dentro la mia sborra. Non ci volevano credere, finché non ti hanno visto. Sei una miniera di sorprese, troia!”.
Lentamente il combattimento cambiò. Bruto colpiva ancora con la frusta sul ventre e sui seni della ragazza, ma ora la sua mano si muoveva più delicatamente nella sua fica. Katia mosse i fianchi in risposta, cercando sempre il momento opportuno per sferrare il calcio che gli avrebbe ammaccato i gioielli. Ma si accorse che anche i suoi movimenti erano rallentati.
“Uhhhhh, no, no. Oh, bastardo! Io… non so… Non so cosa mi sta succedendo!”.
Katia sentì il suo succo di femmina colarle come un’ondata di lava dalla vagina. I grugniti di Bruto si trasformarono in un mugolio sordo e continuo. L’altra sua mano abbandonò la frusta e cominciò ad accarezzare i seni e il ventre della ragazza. Appoggiò il viso al suo petto e le morse i capezzoli affondando i denti nella carne tenera fino a farla urlare.
La succhiò con tutte le forze, poi la morse ancora, mentre Katia si contorceva e si divincolava. Se solo avesse potuto porre fine a quella tortura….
Il membro di Bruto era appoggiato alla sua coscia, ma quando tentò di colpirlo, le mancò la forza e la gamba le scivolò via. Katia odiava se stessa. Si rendeva conto di
eccitare sempre di più quell’uomo, e che quell’uomo eccitava sempre di più lei.
Mentre pendeva impotente dalle catene, una terribile battaglia si scatenò nella sua mente. L’uomo le strizzava i seni, le mordeva i capezzoli, la frugava dappertutto e pur odiandolo lei sentiva di desiderarlo immensamente. Bruto grugniva con gli occhi socchiusi. Un filo di saliva gli pendeva dal labbro inferiore. Fissò la ragazza e cominciò a sfilarsi la cintura militare.
“Te lo ricordi questo, piccola?”.
Katia lo fissava mentre si apriva la patta dei pantaloni e le mostrava il membro rigonfio di sangue e di voglia. Lentamente si tolse gli stivali e quindi i pantaloni. Era nudo, adesso, con il cazzo che svettava rigido in mezzo alla boscaglia dei peli del pube. Katia istintivamente serrò le gambe oscillando avanti e indietro. Il movimento la fece allontanare un attimo da lui e i suoi piedi sfiorarono il pavimento. Sentiva i propri seni gonfi e i capezzoli infiammati e doloranti diventare sempre più rigidi.
“E’ così che mi piace fottere. Tu legata a quel modo, che mi fissi così!”.
Katia sentiva un intenso dolore alle giunture, i polsi e le spalle le bruciavano ogni volta che tentava di sovrapporre le gambe per sottrarre il proprio sesso allo sguardo voglioso dell’uomo.
"Apri le gambe, cagna”. Bruto raccolse nuovamente la frusta e una sferzata ai fianchi la fece desistere dal celarsi. L’avrebbe picchiata ancora. Ancora non l’avrebbe posseduta, quell’inferno non era ancora giunto alla fine. Quando Bruto appoggiò l’estremità della frusta sul capezzolo sinistro e premette con forza, la ragazza sentì tutta la forza del cuoio e del metallo. Arrivò ad appoggiare gran parte dei piedi a terra mentre i seni le dolevano sempre di più man mano che le braccia si stiravano per la pressione a cui erano sottoposte. Sapeva che sarebbe stata una lunga notte.
“No, vi prego, no. Non fatelo di nuovo!”, si ritrovò a implorare.
“Fare cosa? Fotterti?”. Bruto sorrideva, ben sapendo cosa lei intendesse. Si avvicinò ancora di più con il cazzo violaceo sempre più grosso e rigido.
Si, quello. Non fatelo!”, mormorò Katia quasi sperando di non essere udita.
“Tua madre ti ha mandata qua perché sei un’incorreggibile troia. Ha fatto bene, almeno per noi, anche se in realtà si è sbagliata. Ancora non lo sei, ma ci sei portata e lo diventerai presto. Ti insegneremo noi a riscaldarti per bene”.
Con un gesto improvviso e selvaggio Bruto la colpì nuovamente al seno con la frusta. Katia urlò di dolore rovesciando la testa all’indietro, poi strinse le mascelle e puntò l’uomo sputandogli in un occhio. Bruto ghignò asciugandosi il volto con il dorso della mano e leccando lo sputo.
“Piccola troia, ne vuoi di più? Ne avrai, piccola, ne avrai!”.
Tutto il corpo di Katia vacillava sotto i colpi, ormai segnato in ogni centimetro, e dovunque regnava un dolore insopportabile. Con orrore, però, sentì i muscoli del ventre scossi da un tremore incontrollabile.
Bruto la guardava con soddisfazione, passandosi la frusta sul sesso e poi toccando la sua vulva. Era come se la scopasse a distanza. Poi la colpì ancora al basso ventre.
Katia strinse nuovamente i denti raggomitolando le gambe. I muscoli attorno all’ombelico si contrassero in uno spasmo doloroso, che le si ripercuoteva lungo la schiena. Tutto il suo corpo ondeggiava selvaggiamente appeso alle catene.
Con un movimento rapido Bruto la colpì al ginocchio raggomitolato al petto, obbligandola a distendere le gambe. Katia oscillava come un pendolo, ricevendo colpi ormai su tutto il corpo. La tensione le slogava le spalle. A un certo punto i suoi piedi vennero a trovarsi rivolti all’indietro e Bruto cominciò a frustarle le piante con una serie di colpi che si ripercuotevano lungo tutta la gamba e la spina dorsale.
Katia piangeva e si divincolava sempre più, cercando di sottrarsi alla frusta. I suoi lunghi capelli le ricadevano sulla schiena, mentre scuoteva la testa con la bocca spalancata.
“Oh, basta, basta. Basta!”, implorava con la voce rotta dalla paura. Quel pazzo l’avrebbe uccisa.
Ma Bruto non aveva alcuna intenzione di fermarsi. Adesso il bersaglio erano i piedi e cercava di colpirli quando lei meno se lo aspettava. La pelle delicata cominciò a sanguinare. Katia pensò che i colpi le avrebbero rotto le ossa. Continuava a implorare la guardia di smettere, ma più lo pregava, più violenti cadevano i colpi.
“Cagna, troia, puttana!”, urlava Bruto come un forsennato.
Katia strinse i denti cercando di non gridare. Doveva restarsene tranquilla. Se solo fosse rimasta immobile, lui si sarebbe fermato. Cercò di appoggiare i piedi al pavimento. Bruto si aspettava quella mossa. La colpì nell’incavo delle ginocchia, sghignazzando. Katia sentì la frusta sui fianchi che avrebbe lasciato sicuramente nuovi solchi rossastri dove stavano sbiadendo i precedenti. Poteva sentire il respiro affannoso di lui e la sua risata che accompagnava le frustate. I fianchi, il ventre e le natiche le bruciavano, si sentiva la pelle lacerata dai colpi. E il dolore al seno la faceva impazzire. Tutto il corpo era in un tormento che stranamente le faceva pulsare la fica e vibrare il clitoride.
Sentì di nuovo quel liquido che le colava dalla vagina lungo le cosce, misto al sudore. Si sentì disgustosamente cagna e per un attimo pensò a sua madre, a quanto ci avesse visto giusto, e che si meritava tutto questo.
Bruto continuava a frustare. Lunghi solchi rossi le attraversavano nuovamente tutto il corpo.
Katia gridò ancora, pregando l’uomo di fermarsi, temendo che sarebbe andato avanti a ferirla fino a causarle danni permanenti, al corpo e alla mente. Ma Bruto rispose alle sue preghiere con una risata. Ora si accaniva a colpirla mirando ai punti più delicati, all’interno delle cosce e al solco in mezzo alle natiche. Katia contrasse i muscoli più che poteva per proteggere la delicata zona delle labbra e attorno all’orifizio. Ma Bruto sapeva bene come colpire, e lo fece ancora…e ancora…
“Cagna! Pagherai per avere il mio cazzo!”, le urlò frustando più forte.
“Cazzo! Cazzo! Oh, si, dammelo il tuo cazzo!”, gridò Katia, finalmente vinta.
Senza far caso ai suoi lamenti, Bruto continuò a colpirla e con una frustata più violenta le sferzò l’ano, e Katia si sentì dilaniare. Gridò, e la sua voce rimbalzò sulle pareti della cantina come l’urlo di una sirena. Il dolore insopportabile le risalì lungo la spina dorsale, fino al cervello. Si divincolò e si dibatté con movimenti convulsi, mentre la fica le bruciava nella mano di Bruto.
“Così, piccola cagna, così. Mi piace vederti così!”.
Katia aveva gli occhi fuori dalle orbite mentre il dolore le spezzava qualcosa dentro: l’orgoglio, la volontà, la scarsa stima che già aveva di se stessa, tutto andò in frantumi rompendosi in milioni di pezzi sul pavimento in terra battuta di quella cantina, e non fece nemmeno rumore, come un atto scontato.
“Ci siamo! Ecco che ci siamo!”. Girandole intorno Bruto le infilò improvvisamente il manico della frusta nella fica. Katia avvertì gli spasmi che precedono l’orgasmo, sentiva i muscoli della vagina che si stringevano e si avvinghiavano attorno al manico di cuoio, e il liquido che continuava a stillare. Bruto si accorse dei suoi movimenti e sorrise. Spinse ancora più a fondo l’estremità della frusta e osservò il viso della ragazza farsi paonazzo e ansimante.
Katia si muoveva avanti e indietro con le cosce irrigidite dall’eccitazione.
Il suo sesso andava su e giù su quell’orrido strumento e non pensava a nient’altro che al piacere che ne provava. Non c’era niente di meglio che quella sensazione nella sua fica, pensò. Si stava masturbando da sola su quell’oggetto, in attesa di ricevere dentro di sé il cazzo di Bruto, che certo non avrebbe tardato a darglielo.
Poi improvvisamente la sensazione di piacere cessò lasciando un vuoto incolmabile. Bruto aveva levato la frusta dal suo sesso con incredibile velocità.
“Non sarà così presto. E non sarà così facile, piccola cagna”.
Di cosa stava parlando? Perché non la scopava subito, lì all’istante? Poteva sentirlo ansimare alle sue spalle. Katia aspettò, domandandosi cos’altro avesse
in serbo per lei. Pensava che l’avrebbe violentata in quella posizione, ma ora Bruto era dietro di lei. Cos’altro poteva avere in mente di farle?
“Oh, mio dio….No!”.

(continua)
 
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