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Racconti d'autore: L'ISTITUTO

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-triskell-
view post Posted on 9/10/2012, 23:24 by: -triskell-     +1   -1
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T.P.E.
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CAPITOLO 11

Bruto le girò intorno tenendo sempre in mano la frusta. Lentamente gliela infilò nella vagina, dalla parte del grosso manico di cuoio. Katia pensò che sarebbe impazzita. Bruto le toccava il clitoride strofinando l’organo sensibilissimo, mentre le infilava dentro il sesso il manico duro. Katia sentiva i suoi muscoli stringersi attorno allo strumento, bagnarlo e
risucchiarlo, come se fosse stato il membro di Bruto. Improvvisamente le contrazioni si fecero così violente che la ragazza emise un grido. Bruto stava dietro di lei, sempre inerme marionetta appesa per le braccia, e le leccava il collo.
“Sì, sei davvero bollente. Questo ti riscalderà ancora di più”. E Bruto le spinse il manico della frusta ancora più a fondo nella vagina, rigirandolo tutt’attorno con le sue sporgenze nodose che la sfregavano all’interno nella mucosa tenera, e all’esterno sul suo clitoride. Katia urlò ancora tra i singhiozzi. Poi sentì che l’uomo le posava le mani sui fianchi, aggrappandovisi saldamente come se stesse per cavalcarla.
Il suo cazzo. Sì, adesso poteva sentire quell’arnese rigido e caldo che premeva contro le sue natiche. Poi cominciò a sentirlo strisciare avanti e indietro sulla sua apertura anale. Il dolore provocato dalle frustate precedenti si era solo da poco assopito. Ora la ragazza si concentrò su quella sensazione di calore, la sua carne si serrò ancora di più sul manico della frusta. Era come se sentisse due sessi maschili, uno davanti e l’altro dietro, che la pretendevano e la volevano possedere.
Quasi non sentiva più il peso del proprio corpo che le tendeva le braccia e i muscoli delle spalle.
Bruto si fermò. Adesso voleva fare sul serio. Piegò le ginocchia cercando una posizione migliore. Allargandole le natiche fino a dilatare al massimo l’ano, vi si spinse dentro in un sol colpo, ma solo la punta riuscì a entrare. Katia urlò quasi impazzita. La fitta fu terribile e si sentì spaccare in due da quel tizzone rovente che la penetrava nell’apertura già dolorante. Gridò, mentre il suo corpo rispondeva ai movimenti dell’uomo. Era peggio, molto peggio del tubo che le avevano infilato l’altra volta. Era anche peggio della frusta, peggio della corrente elettrica! Katia continuava a gridare sentendosi sfondare lo stretto anello, naturalmente vergine. Il manico della frusta era ancora dentro la sua fessura mentre il cazzo di Bruto si spingeva sempre più a fondo nel suo intestino. Violentata da tutte e due le parti! Violentata da un uomo e da uno strumento di cuoio. Violentata da un uomo quasi attraente, che l’avrebbe forse trovata consenziente, ma non era ciò che lui desiderava. Desiderava le sue urla, il suo strazio. Era troppo per lei. Katia contrasse i muscoli del bacino e fece tutti i movimenti che la situazione le permetteva, per liberarsi da quel membro che la invadeva. Ma Bruto era forte e lei impotente, e lui spinse ancora
di più il suo cazzo dentro di lei. Katia si sentiva invasa da un affare enorme che immaginò a sensazione come una mazza da baseball. E i suoi muscoli alla fine cedettero, sconfitti sotto la violenza di quell’impatto.
“No, no, basta! Basta!”, ansimava urlando. I capelli le ricadevano sulle guance arrossate del tutto intrisi di sudore. Voleva sentire quel membro maschile nella vagina, non nell’ano! E invece la stava possedendo in quel modo così doloroso e umiliante, quasi a dispregio della sua femminilità. Sentiva il ventre di lui che le premeva contro le natiche ogni volta che l’uomo si spingeva ancora più a fondo dentro di lei. Oddio, com’era stretta. Katia gridò muovendo i fianchi per attutire il dolore.
“Così, piccola cagna. Brava! Muoviti, danza per me!”.
Aveva ottenuto l’effetto contrario, farlo scivolare meglio. Forse se gli avesse mostrato di essere eccitata, Bruto avrebbe preferito infilarle il sesso dentro la fica. Molti uomini lo preferiscono. E sarebbe stato più piacevole e meno doloroso per lei. Ma si sa che gli uomini preferiscono ciò che ottengono con fatica. E ora il grosso cazzo di Bruto si stava scavando la sua tana spaccandola in due, come una pala che le scavasse le budella. Il dolore si irradiava in tutto il corpo.
Bruto allungò le mani ad afferrarle i capezzoli. Si muoveva più velocemente adesso che aveva preso pieno possesso, spingendo a fondo il membro e poi ritirandosi quasi del tutto, fino alla punta. E ogni volta che rientrava erano dolori. Katia sperava che si stancasse presto e la prendesse dall’altra parte.
Ma l’uomo continuava a muoversi, avanti e indietro, sfregando come carta vetrata sul tessuto infiammato, pizzicandole le punte dei seni e mordendola sul collo.
Bruto portò una mano alla frusta, che aveva lasciata dentro abbandonata stretta tra i muscoli della fica, e la mosse avanti e indietro in sincronia col proprio cazzo. La combinazione dei due movimenti le fece scorrere i brividi su tutto il corpo. Katia sentì un calore insopportabile crescerle dentro, e si contrasse, scalciando nel vuoto.
Era pazzesco, era meraviglioso! Mai avrebbe pensato, viste le premesse, di raggiungere un tale stato d’estasi, di delirio.
Continuava a sentire un dolore lancinante all’ano e allo stesso tempo quella strana sensazione provocata dall’andirivieni della frusta nella sua fica.
Sentiva le pareti vaginali contrarsi, distendersi e avvilupparsi attorno allo strumento, mentre Bruto gridava sull’orlo dell’orgasmo.
“Prendi, piccola cagna. Prendi la mia sborra!”. La morse su una spalla strizzandole con violenza il seno.
Katia lanciò un grido che era insieme di dolore e di gioia, quando sentì il proprio sesso esplodere nell’orgasmo. Il suo corpo si muoveva convulsamente avanti e indietro mentre emetteva un torrente di gemiti e mugolii. La sua mente esplodeva mentre il suo corpo si scioglieva e si incollava a quello di Bruto in un orgasmo prolungato, che continuò anche dopo che l’uomo ebbe finito di scaricare tutto il suo sperma dentro di lei. Quando lui infine tentò di staccarsi lasciandosi scivolare fuori, i muscoli di lei ancora contratti cercarono di trattenerlo. Katia grugnì quasi delusa. Oh, ma che razza di cagna era diventata ormai!.
Katia, poi, si ritrovò a pendere inerte e sola dalle catene appese al soffitto. Una bolla d’aria le uscì con uno sbuffo dalla vagina liberata dal manico della frusta che le scivolò fuori e cadde a terra. Poi sentì lo sperma colarle da dietro scivolando in un rivolo sulle cosce, e poi giù lungo le gambe. Era finita. Quell’uomo l’aveva violentata in tutti i modi, l’aveva posseduta completamente fino a farla impazzire di piacere e punendola nello stesso tempo per il godimento suo malgrado provato.
Ora Katia fissò il suo aguzzino sperando che l’avrebbe finalmente lasciata andare.
“Ehi, ma come mi stringevi le palle. Da non crederci”, disse Bruto, massaggiandosi i testicoli e guardando Katia con un sogghigno. La ragazza si sentiva come se fosse stata trascinata nel fango, in cui ci si era poi rotolata. Adesso che la foga era passata, Katia si rendeva conto di essersi comportata da cagna. Aveva dimenticato tutti gli insegnamenti ricevuti, ogni principio morale, e per cosa? Per essere incatenata al soffitto, umiliata a quel modo, trattata come un animale, e violentata? Sentiva il bruciore delle cinghie che le dilaniavano la carne.
“Adesso ti faremo vedere cosa sa fare la tua amica, è sempre utile osservare gli altri”, disse Bruto.
Katia si sentì troppo debole per protestare. Bruto si rivestì, infilò gli stivali e sciolse i legacci che la trattenevano. Katia non fece alcuno sforzo per restare in piedi, ma si trovò a scivolare fra le braccia di Bruto, sperando solo che lui la riportasse in cella. Si sentiva stranamente sicura con lui, era quasi piacevole sentire il suo petto contro la guancia. Katia sapeva che seppure in un modo contorto, Bruto le voleva bene, e questo la rendeva felice e la metteva in confusione. Due forze contrarie combattevano nella sua
mente: una parte di lei voleva ancora sesso, ancora frustate perché scatenavano in lei emozioni spropositate, un’altra parte si ritraeva con orrore e le faceva desiderare di uccidere chiunque avesse cercato di trascinarla a quel punto.
Katia venne condotta attraverso i corridoi degli scantinati. Sopra di lei poteva sentire il mondo reale, il suono della campana che richiamava le ragazze in aula. Le ragazze che stavano di sopra si preparavano come ogni giorno a seguire le normali attività scolastiche, mentre lei stava soffrendo le pene di quell’inferno che stava laggiù. Era pazzesco: sopra una vita del tutto normale, e lì sotto, a pochi metri, regnava la follia!
“Dentro!”, le disse bruscamente Bruto. “Vai dentro!”. Katia era distratta, rassegnata.
Un’altra stanza, altri strumenti. Notò una piccola panca di legno. Due cinghie di cuoio erano fissate alle gambe della panca e una terza più larga l’attraversava al centro. Ai due lati della panca c’erano due catene legate a degli anelli sospesi a poca distanza dal pavimento. Bruto la fece sdraiare sulla panca in modo che la testa e le spalle pendessero oltre il bordo. La durezza del legno le fece dolere i fianchi e la schiena. Stava per lamentarsi, ma Bruto la zitti afferrandola per i capelli, e le sollevò una gamba per
fissarla a una delle catene. Quindi fece lo stesso con l’altra gamba imprigionandola come a croce con le cosce spalancate.
Katia gridò sentendosi completamente indifesa: la sua fica ancora umida si trovava così completamente esposta e il bacino le doleva a contatto del legno.
Cercò di scivolare in avanti, ma Bruto la riportò in posizione e forzandole le braccia gliele legò saldamente ai piedi della panca. Poi fissò la larga cinghia
centrale attorno allo stomaco di Katia, stringendola tanto da toglierle il fiato.
La testa di Katia pendeva abbondantemente oltre la panca e i suoi lunghi capelli arrivavano a toccare il pavimento sudicio. Le spalle erano saldamente appoggiate contro la panca, e le gambe, incatenate alla parete con le cosce spalancate, mettevano in mostra il suo sesso che aveva appena goduto.
“Ehi, ma che spettacolo! Potrei scoparti in questo preciso istante, in quella posizione. Ti è mancato, prima, vero? So che lo desideravi, ma sei arrivata in fondo lo stesso”.
Malgrado l’intensità dell’orgasmo che lei aveva provato, c’era ancora un senso di insoddisfazione. Bruto l’aveva presa nell’ano. Lei invece voleva sentire la
potenza del suo cazzo nella fica, strusciando coi peli il clitoride. Osservò l’uomo che si era fermato e la guardava a sua volta, quasi in attesa di una conferma. Che arrivò.
“Oh, sì, vi prego, prendetemi!”, si sorprese ad implorare Katia. Quando Bruto scrollò le spalle e cominciò a slacciarsi la cintura dei pantaloni, Katia non ebbe più dubbi. Aveva intravisto qualcosa che spingeva nuovamente sotto la stoffa, sapeva di cosa si trattava, e lo desiderava.
L’uomo liberò il membro un po’ riposato, e ne provò la consistenza sputandosi sulle dita e facendogliele scivolare sopra. Poi si pose sopra la testa inclinata della ragazza e le forzò la bocca fino in gola, facendole trattenere il respiro al limite del dovuto, finché non si ritrovò di nuovo duro e pronto. Allora girò attorno e si piazzò davanti alla ragazza e afferrandole i glutei a piene mani, le sollevò il bacino e si pose fra le sue cosce spalancate. Katia grugnì delusa, non potendo toccare il membro dell’uomo come avrebbe voluto. Tutto il suo corpo si tese per l’eccitazione. Bruto la penetrò velocemente rigirando il cazzo in tutte le direzioni e approfittando di entrambe le aperture già collaudate, mentre le strapazzava i seni.
A Katia piaceva tutto questo: le cinghie che le imprigionavano i fianchi e il cigolio delle catene; il dolore che provava ogni volta che lui si infilava nell’ano e il piacere di quando
invece le riempiva la fica, l dolore de i colpi dell’uomo che la spingevano contro la panca. Oh, quel cazzo dentro di lei, quanto amava il suo uccello che la scopava!

(continua)

 
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