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Racconti d'autore: L'ISTITUTO

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-triskell-
view post Posted on 31/10/2012, 00:25 by: -triskell-     +1   -1
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T.P.E.
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CAPITOLO 15

Katia si era scatenata.Le accadde improvvisamente. Un attimo prima era là a guardare il clitoride di Rosy, e un attimo dopo si scagliava su quella fica per leccarla. Tremava come una foglia ed era incapace di controllarsi. Odiava e amava quell’arnese terrificante che stava piantato nella vagina della sua compagna, ad allargarla a dismisura. Lo odiava perché non stava dentro di lei e perché le impediva di lambire tutta quella deliziosa fessura, e lo amava perché era consapevole che stava procurando a Rosy una sofferenza inaudita.
Non le rimaneva che succhiarle il clitoride divenuto ancora più turgido. Ora non assomigliava più a un capezzolo, bensì a una piccola prugna. Rosy si protendeva verso di lei e Katia, pur ostacolata dal fallo finto che dilaniava la ragazza, non smetteva un istante di suggere e lappare. Leccava il liquido schiumoso e roseo che trabordava dalle pieghe della carne, tutt’attorno all’arnese terrificante. Ne gustava il sapore scoprendo, per la prima volta in vita sua, il sapore delicatamente aspro del sesso di una donna. Se ne impadronì
voluttuosamente abbandonandosi a quella esperienza nuova e incredibile. In lei ogni tabù stava saltando, ogni remora del passato era stata cancellata. Aveva sempre provato schifo al pensiero che una donna le mettesse le mani addosso, o che magari le praticasse un ditalino o una slinguata. Aveva sognato che a farle
ciò potessero essere solo i maschi, solo Gianni, soprattutto, ma Gianni non ne aveva avuto il tempo e sua madre l’aveva mandata lì, in quell’inferno! La domanda fece capolino in un angolo lontano del suo cervello ormai impazzito, e Katia la ricacciò con orrore. Non voleva neppure pensare che stava cominciando
ad accettare quella realtà. Se lo avesse fatto sarebbe stata perduta per sempre.
Bruto tirava i capezzoli di Rosy. Sembrava che li volesse strappare, quasi. La piccola sussultava sempre più spesso e il suo succo era sempre più rosso e dolciastro, segno che il sangue le scorreva sempre più copioso nella vagina. I denti metallici del fallo, ad ogni contrazione della fichetta, le si piantavano maggiormente nella carne, e Katia beveva quel succo, lo lappava via dedicandosi con maggiore attenzione a quel clitoride, consapevole che le pareti interne di quella vulva martoriata, avviluppavano sempre con maggior furia l’oggetto metallico che la sbarrava dolorosamente.
“Ragazze, come mi succhia! Questo sì che è un pompino! Brava la mia troietta lesbica!”, farfugliava Bruto continuando a vibrare colpi rabbiosi. Rosy mugolava furiosamente e il suo volto era cianotico. Il grosso palo di carne era sempre piantato profondamente nella sua bocca, se lo sentiva dentro sino alla gola, alle tonsille. L’asta pulsava e la soffocava mentre il glande le sbatteva contro l’ugola dolorosamente. Tutta la bocca le bruciava e si sentiva schiacciare e martoriare la lingua. Ma Rosy non smetteva un istante di leccare e lambire il grosso randello per quanto la sua lunghezza e circonferenza glielo permetteva. Aveva la gola arsa e si chiedeva quando Bruto l’avrebbe finalmente annaffiata con il suo sperma. Lo anelava come un nettare prezioso, come l’unico modo per dissetare la propria libidine. Il dolore che provava esplodeva dalla sua vulva e diventava piacere in quel clitoride succhiato e lappato da Katia per irradiarsi, centuplicato, in tutto il suo corpo. Inoltre i seni le pulsavano. Bruto li tirava e pizzicava dolorosamente e tale sensazione diventava un calore intenso che si trasformava nella sensazione simile a quella di una lingua che li leccasse e di una bocca che li mordesse.
“Lo so che vorresti il mio succo. Vorresti che ti inondassi la bocca, ma non lo avrai! O almeno non subito.”, disse Bruto ridacchiando sadicamente. E un attimo dopo estrasse il proprio manganello da quelle labbra esauste. La lingua di Rosy rimase delusa a schiaffeggiare l’aria, come un animale assetato.
“E tu, smetti di leccarla, troia!”, urlò Bruto all’indirizzo di Katia. Intanto le si era avvicinato facendo seguire i fatti alle parole. Un calcio preciso e doloroso, vibrato con la punta della scarpa, la colse tra le natiche,
centrandole l’ano. Katia ebbe l’impressione di morire e credette, per un istante, che la punta della scarpa le fosse entrata nello sfintere dilaniandola. Mandando un urlo, per non essere sbalzata via, dovette senza
volerlo aggrapparsi scompostamente alla coscia di Rosy. Ciò facendo sfiorò la maniglia dell’oggetto che stava piantato nella carne della compagna.
“Noooooo….”, urlò la povera vittima. Inorridita, nonostante il dolore che lei stessa stava provando là dove era stata colpita, Katia vide un fiotto di sangue uscire dalle pieghe di quella carne martoriata.
Bruto si mise a ridere. “Mi hai dato una bella idea, piccola cagna!”, disse afferrando Katia per i capelli e sollevandola alla sua altezza. “Meriti un bacio per quest’idea!”. Un attimo dopo aveva incollato la bocca a quella della ragazza che tentava di divincolarsi e liberarsi senza riuscirci. Katia tentò anche di dargli un calcio tra le gambe, ma lui glielo impedì imprigionandole una coscia tra le proprie, grosse come tronchi d’albero. E le morse le labbra.
I suoi denti strinsero la tenera carne di Katia che intanto avvertiva la presenza del grosso membro di lui, quel membro che ormai aveva imparato ad amare e che, forse, non odiava più. Lo sentiva contro il ventre, durissimo e pressante. Si scostò un po’ con la speranza di farselo scivolare contro la fica, ma fu inutile. Bruto la allontanò da sé con uno spintone, mandandola a sbattere contro il muro.
“Troia!”, disse sghignazzando. “Pensi sempre a scopare. Lo vorresti dentro in continuazione. Credo che non ti basterebbero cento maschi per soddisfare la tua maledetta libidine. Tua madre aveva ragione. E anche la direttrice ha ragione.”.
“Dove ho ragione?”, chiese una voce alle loro spalle. Bruto si voltò di scatto e sorrise a Leona. La donna indossava una guaina di cuoio che le modellava il corpo ma le lasciava scoperti i seni nudi che svettavano da due larghi fori, duri ed arroganti, con le punte dipinte di rosso. Anche il suo inguine era completamente nudo ed esposto alla vista di tutti, un triangolo ricciuto e nerissimo, un vello pieno e folto simile a una foresta tropicale. Katia rimase a guardare quella donna, là tra le gambe con uno sguardo fisso, chiedendosi se
il suo sapore di femmina matura fosse diverso da quello che aveva appena assaporato tra le cosce di Rosy.
“Questa ragazza è incorreggibile, Leona!”, la apostrofò subiti Bruto per riscaldare l’ambiente. “E’ come dicevate voi. Vuole essere scopata sempre, in continuazione, starebbe sempre aggrappata al mio membro, se glielo permettessi. E guardate come vi fissa tra le gambe…le piacciono anche le donne.”.
“Non mi dire che ha leccato la fica di Rosy! Magari le hai trovate che si facevano!”, disse ironicamente la direttrice.
“Sì, purtroppo...”, ammise Bruto, ben contento di rincarare la dose.
“Male, molto male piccole mie!”, disse Leona con estrema ironia. Intanto dietro di lei erano comparse Elvira e l’altra guardiana. Indossavano le loro divise attillate e severe ed avevano un viso che non prometteva nulla di buono.
Elvira si tirava dietro un’atra ragazza dell’Istituto. Una che Katia non aveva mai visto, probabilmente una giunta con gli ultimi arrivi. La nuova doveva aver già subito un primo trattamento di tipo duro: ne portava i segni su tutto il corpo e aveva le mani legate dietro la schiena, mentre era costretta a portare un collare da cani. Elvira lo tirava in continuazione, costringendo la ragazza a camminare a quattro zampe.
“Sai perché è male?”, proseguì Leona. “Vedi quella là? E’ appena arrivata e la prima cosa che ha fatto è stato ficcarsi nel letto della sua vicina di branda, per scoparsela..”, fece una pausa e ridacchiò. “Proprio una cagna
incorreggibile come te, troietta mia. Ora vedrai cosa le faremo, così ti renderai conto di cosa tocca alle lesbiche qui dentro. D’altronde siamo in un riformatorio, col compito di raddrizzare comportamenti sbagliati, o no? E faremo vedere all’ispettore che è venuto a controllare il nostro buon operato, come applichiamo la disciplina, qui!
Solo in quell’istante Katia vide che dietro le due guardiane c’era un uomo.
Era maturo, sui sessanta, corpulento, il viso paonazzo, le labbra carnose e sensuali, i capelli grigi formavano una coroncina attorno al cranio calvo. Era vestito con estrema eleganza, sbarbato per bene e profumato. Ma aveva due occhi celesti duri e spietati che sembravano divorare il corpo di Katia. Senza dire una parola l’uomo si diresse verso una sedia e Bruto corse a sistemargliela per bene. Sì, quell’Ispettore venuto dal ministero da Roma, doveva essere un uomo molto importante, pensò Katia. E subito l’uomo si sentì al settimo cielo in
quel limbo senza legge e senza giudizi di colpa.
“La nostra Katia mi ha fatto venire un’idea, Leona! Farle togliere l’arnese dalla vagina di Rosy. E’ ora che impari ad agire, oltre che solo subire.”.
“Sì, mi sembra una buona idea!”. La frusta di Leona schioccò e colpì Katia su una natica, costringendola a saltare. “Hai sentito? Vai dalla tua amica e liberala da quella tortura.”.
Katia si avviò lentamente. I suoi occhi non riuscivano a staccarsi dall’inguine della sua amica. La ragazza ogni tanto sollevava il capo che continuava a pendere oltre il bordo del letto dove era legata, e guardava alternativamente Katia e gli altri. Katia si chinò e posò la mano sulla maniglia che, riavvitandosi, avrebbe diminuito lo spessore dell’attrezzo, permettendo una più semplice e meno dolorosa estrazione dello stesso. Una frustata tornò a colpire Katia sulla natica facendola sobbalzare e urlare.
“Non ti azzardare ad allentare la quella vite!”, disse con voce cattiva Leona.
Katia la guardò preoccupata e incredula. Vide anche che Bruto stava versando del whisky in un bicchiere e guardava verso l’ispettore che sorrideva soddisfatto.
“Volete guardare da vicino, Ispettore?”, gli propose Bruto per ingraziarselo ulteriormente.
“Sì, con piacere!”, fu la risposta coraggiosa e colma di perversioni represse dell’uomo.
“Devi togliere quell’arnese così com’è, dilatato al massimo!”, fu la richiesta imperiosa a Katia.
“A noi piace così, e anche all’Ispettore.”, stava dicendo Leona.
Erano matti, tutti pazzi furiosi. Se Katia lo avesse fatto la vagina della povera Rosy ne sarebbe rimasta graffiata orrendamente all’interno, le punte metalliche le avrebbero strappato la pelle e lei avrebbe sofferto le pene dell’inferno. Elvira si era avvicinata e teneva in mano delle garze, sorrideva e dette a Katia l’impressione che non vedesse l’ora di gustarsi la scena, e che lei Katia avrebbe preso presto il posto di Rosy.
“Sbrigati, bastarda!, sussurrò tra i denti, Leona,“Non vedi che l’Ispettore ci tiene? E fallo lentamente, hai capito?”
Anche l’Ispettore si era avvicinato con il bicchiere, pieno per metà tra le mani. Leona si rivolse a Bruto. “Tu, intanto dalle il membro da leccare così la piccola Rosy, che pare desiderarlo tanto, avrà il dolce, oltre che l’amaro.
“Con grande piacere, Leona!”, fu la risposta.
Rosy ebbe nuovamente la bocca piena del grosso cazzo di Bruto e l’uomo riprese ad usare quelle labbra per scopare. Lo fece con una violenza inaudita, mentre Leona si avvicinava con espressione eccitata e l’ispettore fissava la scena senza perdere il minimo movimento di Katia. Un po’ in disparte Elvira e l’altra guardiana si stavano spogliando. Le due erano eccitatissime. Katia, tremando, mise la mano nuovamente sulla maniglia e cominciò a tirare piano. Vide che Rosy si inarcava furiosamente e capì che le stava massacrando il ventre. Il sangue ne usciva a fiotti ormai, ma Elvira si era precipitata con le garze per asciugare il sangue man mano che fuoriusciva. Ma nonostante tutto Rosy non aveva smesso di succhiare il membro di Bruto. Katia impiegò qualche are la realtà che si stava verificando sotto i suoi occhi.
Rosy aveva imparato ad amare il dolore! Rosy godeva nonostante la sofferenza che lei le procurava!
Fu una scoperta che la sconvolse, che per un istante le diede la certezza d’impazzire. Poi di colpo qualcosa dentro di lei si ruppe e si trasformò. Invece di continuare ad estrarre il pene artificiale, l’oggetto immondo, cominciò a muoverlo su e giù come un vero cazzo. Cominciò a scopare Rosy con quell’attrezzo osceno e crudele ricavandone un piacere sempre più acuto, un eccitamento voluttuoso e perverso che non aveva mai provato prima. Immaginò addirittura di averlo lei nella fica, tra le natiche… Immaginò di scopare e di godere provando insieme un dolore lancinante, un dolore che la scavava, che la esaltava mescolandosi a un orgasmo furioso che le esplodeva sotto la pelle costringendola a gemere come una cagna. Qualcuno la spinse di lato e la scostò.
“Ehi, questa ci prende gusto!”, disse Leona. “Conviene che continui io prima che questa l’ammazzi!”.
“Si sbrighi…”, farfugliò l’ispettore. Era paonazzo e la mano che serrava il bicchiere di whisky gli tremava. Katia bruciava di passione. Doveva godere, doveva placare la sete di sesso che le ardeva dentro. Andò ad inginocchiarsi dietro a Bruto e cominciò a leccarlo tra le natiche. Si era aggrappata a quelle cosce muscolose e la sua lingua frullava veloce e rapida, picchiettando e leccando lo sfintere che si contraeva e pulsava sempre più velocemente. I movimenti di Bruto erano diventati più lenti, più maestosi.
“Sì, brava,,, così… Come mi lecca bene questa troia!”.
Rosy era al massimo della follia. Il clitoride le stava esplodendo come un fuoco d’artificio. La sua furia erotica era esaltata da quella sofferenza inaudita che le pulsava là, nel basso ventre. Aveva l’impressione di essere
squarciata, ma nello stesso tempo qualcuno che lei non poteva vedere, oltre che estrarle il fallo crudele, le accarezzava il clitoride enfiato. Tutto ciò, unito al membro di Bruto che le riempiva la bocca, le dava una felicità senza nome, la faceva godere, la faceva venire furiosamente, mescolando insieme due
sensazioni contrastanti, dolore e piacere, in modo completo, così da sublimarsi tra loro.
Rosy sentì la voce di Leona che diceva all’ispettore: “Spruzzatele il liquore che avete in bocca e poi andate a berlo proprio là e a leccarlo via dalla sua fica. La farete impazzire, prima per il bruciore e poi per il piacere che proverà. Ve lo assicuro!”.
E fu proprio nell’istante che Leona tolse completamente l’attrezzo dalla fessura di Rosy, ed Elvira la ripulì del sangue, che Bruto venne e riempì le labbra e la gola della ragazza con il proprio seme. Egli percepì la bocca di
Rosy attorno alla propria asta, popparlo e succhiarlo così da bere sino all’ultima stilla gli umori caldi che lui le stava donando. La ragazza era fuori di sé dal piacere che provava, la sua fica era libera e lei avvertiva un vago
sollievo che andava ad accrescere il godimento per la carezza al clitoride e per la conclusione felice del pompino che aveva appena portato a termine. Poi un bruciore furioso, intollerabile, bestiale, le esplose tra le cosce, tra le mucose intime massacrate. Ciò uccise il piacere appena provato e la riempì di una sofferenza inaudita.
L’ispettore dopo averle spruzzato una sorsata di whisky sulla fica, ora l’aveva afferrata per le cosce e si era chinato per leccare avidamente, mugolando, agitandosi eccitato. Il suo cazzo molliccio gli dondolava tra le
cosce. Si era tolto la giacca e la cravatta ed era rimasto in camicia, con la patta dei calzoni aperta, oltre cui il membro sporgeva semirigido.
Leona si rivolse allora alla terza ragazza, quella sorpresa a lesbicare:“Fagli un pompino, piccola troia!”, le ordinò afferrandola per il collare e costringendola ad infilare la testa tra le gambe spalancate dell’uomo. E mentre l’ispettore lambiva furiosamente e con gusto la fica di Rosy, l’altra ragazza prese a con una smorfia di disgusto a succhiarlo e a leccarlo. Era costretta a stare in ginocchio a cosce larghe, con la fica esposta, e Leona si divertiva a martoriarla nella fessura infilandole il lunghissimo tacco a spillo dello stivale di pelle lucidissima. Elvira e l’altra guardiana assistevano alla scena masturbandosi a vicenda e pizzicandosi i capezzoli con espressione eccitata.
Ora Rosy si scuoteva e si inarcava. “E’ bello… magnifico… Sto godendo, sto impazzendo… Uuuhhh! Ancora, di più, di più…”, farfugliava felice. Si era sollevata seduta sul letto e si martoriava da sola i seni, mentre dalle labbra le colava un filo di bava mescolato allo sperma di Bruto. Anche l’ispettore venne copiosamente nella bocca della lesbichina, e parve soddisfatto.

(continua)
 
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