Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

Jim Holland - Lady Cruel - Il Castello dei Supplizi

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view post Posted on 17/12/2012, 19:58     +3   +1   -1
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Edited by slavemario - 6/7/2018, 12:02 PM
 
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Vorrei permettermi un giudizio su questo fumetto che non è assolutamente una critica per slavemario che lo ha pubblicato.
Credo che la maggior parte delle immagini siano abbondantemente scopiazzate (direi quasi ricalcate) da tantissimi altri grandi disegnatori fetish-bdsm. Mi vengono in mente Stanton, Eneg, Pichard, Sardax...
 
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view post Posted on 17/12/2012, 23:27     +2   +1   -1
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Cio' che dici e' vero, Cico-ria, le ho viste anch'io le analogie.
Ma...anch'io sono come Ayzad ed ero alla ricerca di questi fumetti da anni, come lui...ma niente...grazie ad Ayzad, qualche anno addietro, ho potuto avere copia di questi fumetti, scannerizzata.
Questa e' la storia di questo fumetto, tratta dal sito di Ayzad :

INSEGUENDO LADY CRUEL

Questo ebook costituisce la più completa raccolta
oggi disponibile su Lady Cruel, un fumetto BDSM
prodotto in Italia negli anni 1976-78. Compilarla ha
richiesto 17 anni di ricerche, eppure manca ancora
di diverse pagine che è sempre meno probabile
vengano ritrovate.
Se tuttavia foste proprio voi a essere in possesso
delle parti mancanti, siete invitati a contattarmi
tramite il mio sito, www.ayzad.com – chissà che
insieme non si riesca a completare l’impresa…
La madeleine più cattiva del mondo
Non ho problemi ad ammetterlo: la mia passione
per questo fumetto è assolutamente irrazionale,
specie considerando la qualità assai discutibile
dell’opera. Ma se non altro ho un ottimo motivo.
Lady Cruel è stata infatti la prima
pubblicazione esplicitamente BDSM che abbia
incontrato nella mia vita, con undici anni di anticipo
rispetto a quanto avrebbero voluto la legge e la
morale. Che ci fosse qualcosa di divertente nel
tormentare belle ragazze indifese l’avevo intuito già
dai disegni animati proto-bondage di Le avventure
di Penelope Pitstop, ma non c’è dubbio che tanta
passione per l’eros estremo sia stata innescata
anche da quell’improbabile imprinting.
Le immagini della “sadica di Yrverness” rimasero
incise nelle mie fantasie per anni, finché raggiunta
l’età dell’indipendenza decisi che la cosa più logica
da farsi fosse ritrovarle. Era il periodo in cui
esploravo l’Europa alla scoperta del vero BDSM,
frequentando locali a tema e persone che della
dominazione avevano fatto uno stile di vita, fra cui
alcuni grandi collezionisti specializzati: sicuramente
avrebbero potuto aiutarmi a scovare in un
battibaleno tutti i fascicoli, no?
La risposta fu, chiaramente, ‘no’. Girai sex
shop in Inghilterra, negozi sadomaso a Parigi, circoli
privati in Olanda e librerie erotiche negli Stati Uniti,
ma chiunque interpellassi quel fumetto non l’aveva
mai nemmeno sentito nominare. Fra l’altro il mio
lavoro di giornalista mi portava spesso a intervistare
fumettisti e illustratori, eppure neanche fra i
professionisti c’era chi si ricordasse della sua
esistenza. Perfino i guru italiani dell’erotismo mi
prendevano per visionario, al punto di farmi quasi
arrivare a dubitare dei miei stessi ricordi.
Se avete mai avuto una passione collezionistica,
saprete che sono proprio situazioni come questa
che scatenano il puntiglio di voler ritrovare a tutti i
costi il proprio oggetto del desiderio – e l’aspetto
nostalgico esacerbava ulteriormente le cose. Se per
la maggior parte della gente è sufficiente una
canzone, un luogo o un profumo per ritrovare le
sensazioni della propria infanzia, la mia madeleine
proustiana indossava corsetto e tacchi a spillo,
odorava di carta ingiallita e abitava da qualche parte
con uno sfondo di pallini colorati. Introvabile.
Tuttavia nemmeno Lady Cruel poteva sfuggire alla
potenza di Internet.
False piste
«Internet è fatta per il porno» dice il famoso motto,
e nel mio caso non posso che confermarlo. A partire
dal 1994 una considerevole parte del mio tempo
online è stato dedicato a… scopi di ricerca? Il bello
di essere ufficialmente un esperto di erotismo è
anche potersi avvalere di questi alibi, ma una cosa è
certa. D’un tratto la tecnologia aveva reso possibile
procurarsi le opere complete di pressoché qualsiasi
autore: Farrel e Montorgueil, Pichard e Stanton,
Benson e Hines, mille altri disegnatori più o meno
abili… però Lady Cruel continuava a sfuggirmi.
Potete provare anche voi: fate una ricerca col vostro
motore di ricerca preferito, e scoprirete che prima
del 2001 le uniche menzioni di questo titolo sulla
Rete erano proprio le mie, corrispondenti a
numerose ricerche presso gruppi, comunità, forum
e chi più ne ha più ne metta.
La prima svolta arrivò solo in quell’anno con
la risposta di una signora che sosteneva di essere in
possesso di alcuni fascicoli che avrebbe potuto
vendere a caro prezzo. A quel punto sarei stato
disposto a tutto: accettai di incontrarla per
discuterne… e lei sparì nel nulla.
Quel messaggio aveva tuttavia suscitato l’interesse
di un altro appassionato, a Genova, che ricordava di
aver visto qualcosa di simile quand’era un ragazzino.
Col lieve dubbio che Lady Cruel venisse spacciato
esclusivamente fra i minorenni cominciammo a
scambiarci informazioni e, con mio grande scorno,
lui riuscì a ricostruire in una sola settimana più
dettagli di quanti ne avessi messi insieme io in
quattordici anni. Editore, formato, autore… persino
le diverse edizioni pubblicate!
In capo a un’altra settimana ricevetti una sua email
nella quale mi informava di avere recuperato tutti i
fascicoli presso un collezionista. Misi quindi
temporaneamente da parte l’inevitabile attacco di
bile e mi offersi di acquistarli a peso d’oro…
(state immaginando com’è andata a finire?)
…e pure lui sparì, non rispondendo più ai miei
messaggi.
Il punto della situazione
Parliamoci chiaro: arrivato a questo punto ero ben
cosciente che non valesse la pena di impuntarsi
tanto per Lady Cruel. Tutto sommato stiamo
parlando di un fumettaccio anni ’70 che
evidentemente era così mediocre da non restare
impresso nei ricordi di nessuno, se non di qualche
preadolescente per cui la cosa più peccaminosa che
ci fosse al mondo erano le pagine della biancheria
intima sui cataloghi Postal Market.
Da quanto avessi scoperto il suo unico merito, per
così dire, poteva essere solo quello di essere stata la
prima pubblicazione da edicola a mostrare immagini
esplicite di “vero” sadismo e masochismo erotico a
differenza dei confusi pasticci di sesso, crimine e
violenza tipici dei “fumetti neri” di quegli anni, o
delle riviste importate dal nord Europa in cui
comparivano improbabili personaggi vestiti in pelle
che evidentemente non avevano idea di cosa
stessero facendo. Certo, per quanto ricordassi
c’erano ancora alcuni eccessi che ricordavano più la
macelleria di De Sade che i sacrosanti dettami
dell’SSC, ma si era trattato in ogni caso di un
importante passo avanti.
L’aspetto più frustrante, comunque, era
avere ormai raccolto tutti le informazioni possibili su
quell’opera che mi ossessionava fin dall’infanzia…
ma avere concluso che fossero completamente
inutili. Ecco infatti cosa avevano prodotto le mie
ultime ricerche:
Autore: Jim Holland – Inesistente. L’unico artista
omonimo era un vecchietto americano che
dipingeva tramonti sul mare e gattini con gli occhi
tristi. Qualcosa mi diceva che non fosse lo stesso di
Lady Cruel.
Titolo: Lady Cruel – Macché. Al massimo c’era
qualcuno che si ricordava del mensile Cruel, una
specie di concorrente di Club (la prima e sola rivista
BDSM italiana) realizzato con gli scarti di Le Ore.
Primo editore: Sole – Un marchio inesistente,
sparito dalla faccia della Terra, kaputt.
Secondo editore: Editris – Qui si era aperto uno
spiraglio: la Editris (poi Edivega) altro non era che il
primo nome della leggendaria Edizioni Moderne,
cioè la casa editrice di Club. Peccato che persino il
buon amico Fulvio Brumatti, che delle EM era stato
il guru, non ricordasse nemmeno lontanamente di
avere mai pubblicato un Lady Cruel, e che l’archivio
aziendale fosse andato distrutto in un trasloco.
E vi risparmio le ricerche in cantine, solai e presso gli
archivi del distributore (Parrini, che distribuiva un
buon 50% di tutto ciò che uscisse nelle edicole
italiane, e quindi aveva archivi tanto, tanto, tanto
grandi). Lady Cruel non esisteva più.
Quindi, contro ogni buon senso, la ricerca
continuava.
Chi semina bene…
Ricordate quando dicevo di fare una ricerca sul
Web? Beh, io ne avevo fatte talmente tante che
ormai non ci provavo neanche più.
Finché una sera, più per autolesionismo che altro,
non ho usato Google e ho trovato… beh, tutte le
mie richieste. Ma anche una risposta.
A un mio appello pubblicato (in inglese) su un
misconosciuto forum tedesco, un signore mi aveva
risposto ormai da mesi dicendo di avere forse
qualche numero in cantina. E – incredibile dictu –
non solo la mia richiesta di contatto ricevette
risposta immediata, ma questa persona abitava
nella mia stessa città e aveva già controllato il
materiale. Si trattava proprio di Lady Cruel e mi
avrebbe lasciato volentieri i fascicoli, oltretutto
gratis. Poteva andarmi bene incontrarlo l’indomani
per pranzo?
Per riprendermi dallo shock mi ci volle un
bel po’, ma dodici ore dopo ero in una pizzeria del
centro con un signore simpatico, intelligente e di
una cortesia squisita. Nella ventiquattr’ore aveva
una busta sigillata come Fort Knox. «Devi capire…
Ho dei bambini piccoli e sai come sono…»
Lo so sì, com’è che sono i bambini con Lady Cruel –
ma non divaghiamo. Il patto che facciamo è di
scansionare i fumetti e restituirli con tutta calma.
L’unica sua preoccupazione è restare anonimo…
Roba da non credere, soprattutto quando mi spiega
che nella busta ci sono “l’edizione grande”, quella
piccola e addirittura le puntate uscite su non sa più
quale giornaletto, dal quale aveva staccato le
pagine. Non vi dico il batticuore.
Tornato a casa ho aperto il plico e ho
ritrovato finalmente il fumetto da cui era partita la
mia grande passione per il BDSM. Vedere
nuovamente quei fondali optical alla Liechtenstein
fu una emozione incredibile, ma come sospettavo
del tutto esagerata rispetto al contenuto vero e
proprio. Lady Cruel è obiettivamente una
porcheriuola che non regge il confronto con la
maggior parte di ciò che si vede oggi in giro.
Ma chi se ne frega. Era Lady Cruel, e tanto mi
bastava. Mancava solo il terzo numero della serie
“ufficiale”, quella in formato A4 – e siccome piove
sempre sul bagnato, poche settimane dopo ricevetti
una nuova email dal mio contatto genovese, che si
scusava tanto per essere svanito senza preavviso.
Colpa di un trasloco… proprio nella mia città! Se ero
ancora interessato, potevamo incontrarci in
qualsiasi momento per integrare anche la sua
collezione. Che conteneva proprio il numero
mancante.
Nel frattempo avevo però altro da fare.
Dopo tanti anni, la mia prima preoccupazione fu
infatti digitalizzare ogni pagina per preservarla in
eterno. E nel farlo cominciai a notare alcuni
particolari piuttosto strani…
Caccia all’autore
Sfogliando con lo sguardo di un adulto le varie
edizioni di Lady Cruel di cui ero entrato in possesso
mi saltarono subito all’occhio alcune caratteristiche
che permettevano di decifrare un po’ meglio
l’enigma che ancora circondava questa serie
misconosciuta.
La prima è che l’edizione originale fosse
sicuramente quella in formato A5, composta da un
numero minore di pagine e con uno svolgimento
assai più coerente rispetto alla pubblicazione di
dimensioni maggiori – da cui sono tratte le scansioni
presentate in questo ebook per via della migliore
qualità di stampa. In quest’ultima versione
compaiono infatti parecchie tavole che sembrano
essere state inserite in un secondo tempo per
“allungare il brodo”, facili da distinguere per la
composizione differente l’uso massiccio di elementi
scopiazzati senza riguardo da autori celebri quali
Crepax, De Mulotto, Pichard e altri. Queste aggiunte
sono fra l’altro causa di improvvisi cambi d’abito,
dialoghi ancora più sconclusionati del solito,
sequenze ripetute e rimontate.
Tutto faceva pensare che l’editore avesse voluto
sfruttare oltre i limiti una serie originale ormai
conclusa, imponendo al disegnatore di realizzare in
fretta e furia abbastanza pagine extra che
giustificassero la stampa di un paio di fascicoli in
più. Questa teoria trovava ulteriore conferma con la
tavola finale del sesto episodio, in cui la
protagonista stessa compariva a spiegare che «la
storia finisce qui, ma mandate i vostri suggerimenti
di come proseguirla e fra qualche mese forse
riprenderà». La profezia si avvererà poi con l’ultimo
fascicolo, intitolato Crudele piacere e palesemente
disegnato da un diverso artista, che dal tratto
sembrava essersi formato proprio alla scuola
italiana dei “fumetti neri”.
Guardando meglio, l’origine nostrana di
molte tavole veniva inoltre tradita da una serie di
dettagli che difficilmente sarebbero potuti nascere
da un pennello straniero. Fra questi si possono
notare la guida a sinistra della Rolls Royce di Lady
Cruel – un po’ improbabile per una storia creata nel
Regno Unito – ma soprattutto i tanti strani effetti
sonori (‘Wip!’, ‘Strazz!’…) che di inglese avevano
ben poco.
Benché non potessi esserne completamente sicuro,
tutti questi indizi mi convinsero che il motivo per cui
nessuno conosceva la serie che tanto mi aveva
ossessionato fosse in fondo il più semplice. Con ogni
probabilità Lady Cruel doveva essere stato fin
dall’inizio un semplice fumettaccio italiano diffuso
malamente solo nel nostro paese, e Jim Holland solo
lo pseudonimo di un disegnatore qualsiasi, che dopo
questa parentesi BDSM era tornato a occuparsi di
soggetti più tradizionali.
Una soluzione così banale avrebbe potuto
rappresentare una grande delusione… se non fosse
stato per il successo che le mie scansioni avevano
riscosso non appena pubblicate in rete. All’epoca
non avevo ancora un sito personale, così mi ero
appoggiato a quello di un’amica (Anastassja.org,
oggi chiuso) per condividere l’opera con gli
eventuali altri appassionati. La quantità di
scaricamenti registrati nel giro di poche settimane
lasciò entrambi sbalorditi, così come il numero di siti
di tutto il mondo che si affrettarono a ripubblicare
quel fumetto che, evidentemente, continuava a
incuriosire nonostante le origini dozzinali e quasi
trent’anni di oblio.
E non era ancora finita…
…e poi arrivò Margot
Quando finalmente riuscii a incontrarmi con quel
collezionista genovese che mi aveva tanto lasciato
perplesso, trovai ancora una sorpresa ad
attendermi. Oltre al fascicolo mancante, dai suoi
archivi spuntò infatti anche un ulteriore fumetto di
piccolo formato, intitolato Margot. L’omonimia con
la diabolica assistente di Lady Cruel non è casuale:
all’interno si ritrovavano infatti tutti i personaggi
della serie principale, in una sorta di seguito
apocrifo pieno di novità.
Sorvolando sullo stile di disegno incostante e i
dialoghi mostruosamente trash, questo nuovo albo
introduceva un abbozzo di approfondimento
psicologico e – una prima assoluta – perfino una
trama! Dopo sette episodi in cui non era accaduto
praticamente nulla, in Margot capita di tutto: nuovi
personaggi, nuove situazioni, retroscena
imprevisti… Anche le pagine di servizio riservano
molte interessanti curiosità, a partire dalla
prefazione, che cercava un po’ sgangheratamente di
prevenire le inevitabili critiche e che copio
integralmente:
“Nel ricco e fantasioso mondo S/M esistono alcune
espressioni che sono sue caratteristiche
fondamentali, come il Bondage, il Feticisimo, la
Transessualità, eccetera. Non solo nei giochi sessuali
però, il sadomasochismo ha le sue chiare preferenze:
anche nel campo dell’espressione artistica larga
parte del favore del sadomasochista va a quelle
forme che meglio corrispondono alla sua
personalità. Il fumetto è una delle sue forme
favorite. Innanzitutto è molto più astratto dalla
realtà di quanto lo possa essere la fotografia e
permette quindi di caricaturizzare quei determinati
aspetti della realtà stessa che interessa sottolineare.
Il lettore “non addetto ai lavori” non deve quindi
pensare che i disegni di legature, torture, eccetera
siano un’apologia della violenza. Si tratta invece del
modo sadomasochista di evidenziare e quindi di
denunciare, se vogliamo, la violenza dei rapporti
quotidiani abilmente dissimulata sotto certo
perbenismo. Con pochi tratti di matita, a esempio, si
potrebbe fare un parallelo molto interessante fra
braccialetti, collane, tacchi alti, velette, che la donna
porta nella vita di tutti i giorni e i corrispettivi
strumenti di sottomissione come manette, collari,
bende per gli occhi e così via. Si potrebbe parlare di
interdipendenza a livello inconscio, ma il discorso
diventerebbe troppo serio e impegnativo.
Esagerando le proprie “debolezze” in modo così
grottesco, il sadomasochista si libera dei suoi
complessi e, in fondo, lasciando credere agli altri che
questa è la sua realtà, se la ride.”
Nelle ultime pagine una rubrica di annunci potrebbe
farci riflettere su quanto – o quanto poco – sia
cambiato il mondo del BDSM in trentacinque anni. A
fianco di coppie scambiste dalle idee confuse e degli
immancabili ‘singoli superdotati pronti a tutto’
troviamo infatti inserzioni di dominatrici a
pagamento identiche a quelli attuali e… un tapino in
cerca di una vecchia Fiat 600, che spiega: «non sono
un collezionista di auto d’epoca, ma un lettore
squattrinato».
Il colophon, dove si può leggere la denominazione
legale completa della pubblicazione, riserva poi una
nota storica affascinante. Margot era registrato
come ‘supplemento al periodico mensile Club n. 1,
Edizioni Edivega”. Proprio quel Club che continuerà
a essere pubblicato fin nei primi anni del XXI secolo,
rappresentando l’unico bastione della cultura BDSM
in Italia.
La scoperta più importante è però nella
notazione agli angoli delle tavole, numerate con ‘3-
xx’ – ossia terza uscita della nuova serie, iniziata con
quel Crudele piacere che cronologicamente era il
settimo episodio di Lady Cruel. Si tratta della
conferma che, da qualche parte, ci sia anche un
numero 8 nel quale abbia fatto la sua comparsa la
perfida Shellia, detronizzando Margot stessa.
La ricerca delle pagine mancanti, tanto per
cambiare, continuava.
Il pericolo di incontrare i propri sogni
Diciamo subito che – per il momento – non ho
ancora ritrovato né Lady Cruel 8, né il secondo
fantomatico numero di Margot. In compenso nel
2005 una curiosa circostanza ha aggiunto un tassello
fondamentale nel puzzle al quale ho lavorato tanto
a lungo.
Conclusa la mia esperienza di regista delle
performance BDSM di Revolution, un evento
mensile che viene a tutt’oggi ricordato come la
prima festa “moderna” per gli appassionati di
erotismo estremo, venni contattato infatti da Fulvio
Brumatti, con la richiesta di prendermi cura di un
altro party chiamato Sadistique e ancora in ottima
salute. Visto che nel frattempo le Edizioni Moderne
avevano definitivamente chiuso, il luogo scelto per
l’appuntamento fu l’ufficio del suo nuovo editore
che –sorpresa sorpresa! – altri non era che il vecchio
titolare della Editrice Sole. Naturalmente almeno lui
ricordava bene Lady Cruel, e chiacchierando dei
tempi che furono riuscii a estorcergli nuove
informazioni di prima mano.
La conversazione confermò in pieno la mia
teoria su una produzione tutta italiana. Il vero nome
(o meglio il soprannome) di Jim Holland era
semplicemente ‘Giangi’, e la variabilità del suo
tratto era colpa dell’uso intensivo dell’episcopio,
impiegato per copiare velocemente le vignette di
altri autori quando bisognava andare in stampa e il
tempo stringeva. L’edizione in formato A4 di Lady
Cruel era inoltre composta davvero da otto
fascicoli… ma non esistendo alcun archivio ufficiale,
gli unici a poterne essere in possesso oggi sono solo
i collezionisti.
La notizia più sconvolgente arrivò però quand’ero
ormai sulla porta, pronto ad andarmene. «Sai qual è
la cosa più buffa?» mi disse l’editore. «Una volta ero
andato in nord Europa per acquistare materiale da
pubblicare e con me era venuto anche Giangi. Una
sera stiamo camminando per strada, e lui
improvvisamente si blocca – rigido come una statua,
con gli occhi sbarrati. Io sul momento mi spavento,
penso che gli sia venuto un infarto. Poi mi giro a
guardare cos’è che sta fissando… Lo so che non ci
crederai, ma ti giuro che davanti a noi, vestita con
pelliccia e stivali col tacco, c’era proprio Lady Cruel.
Identica! Stessa faccia, stessa espressione… Poi lei è
salita in macchina e noi siamo rimasti lì come dei
cretini, immobili ancora per qualche minuto.» E poi
uno si chiede come mai “Jim Holland” abbia smesso
di disegnare.
Ma ho già scritto fin troppo: colpa di una
“piccola” ossessione personale. Meglio lasciarvi a
«un singolare, spregiudicato, maliardo personaggio,
in un fumetto artistico che è il meglio del sado
masochismo mondiale». Così dicono loro.

www.ayzad.com/it/i-miei-libri/ebook-gratuiti/

 
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Io ho recuperato di recente il primo numero di Lady Cruel (quello scannerizzato nel post), oltre ad alcuni numeri della rivista a fumetti CRUEL della stessa casa editrice. Se qualcuno fosse interessato all'acquisto sono disponibile alla trattativa. Il mio contatto è [email protected]
 
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