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MEMORIE DI UNA CAGNA

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-triskell-
view post Posted on 27/12/2012, 00:51 by: -triskell-     +1   -1
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Memorie di una Cagna - 2

Era di nuovo pomeriggio e la primavera vibrava già nell’aria. Me ne stavo languidamente abbandonata sul letto, leggermente intontita dal caldo e dall’abbondante pranzo appena consumato.
Un secondo CD prese a suonare nel lettore mentre Lui entrava nella stanza con la consueta aria sorniona e un mezzo sorriso che non lasciava presagire niente di buono. Si fermò a pochi centimetri dal letto e in piedi, a gambe larghe, si lasciò osservare in tutta tranquillità, ostentando quell’aria spavalda e quella sicurezza che in nessun altro uomo ho mai riscontrato. Galleggiai qualche istante nei suoi profondi occhi verdi con l’allarmante sensazione di potervici annegare e poi feci scivolare lo sguardo sui suoi riccioli scuri e arruffati, sulle spalle massicce e sui bicipiti tesi che intuivo facilmente sotto la giacca dal taglio impeccabile. Chiusi gli occhi e inarcando la schiena, mi protesi a offrirgli le labbra o qualunque altra parte di me avesse desiderato prendersi. In risposta però ebbi solo una risatina beffarda che mi fece girare carponi e affondare la testa nel cuscino, per la vergogna di essermi dimostrata ancora una volta la solita femmina vogliosa e impaziente. Allora si distese sulla mia schiena e lentamente cominciò a baciarmi la nuca e il collo, ad infilarmi la lingua nell’orecchio, per poi afferrarmi i polsi bruscamente e stringermeli in manette contro le sbarre di ottone del letto. Cercai di divincolarmi, se non altro per una questione d’orgoglio, ma l’asta d’acciaio che aveva in mezzo alle gambe mi premeva con troppa forza nel solco delle natiche per farmi desistere da ciò che la ragione mi suggeriva di fare.
Borbottai qualcosa tra minacce e insulti ma in cambio ne ebbi solo una ulteriore stoccata alle tenere carni. La sottoveste che indossavo, del resto, era talmente leggera e inconsistente che quasi non poneva barriere ai nostri corpi serrati. Mi divincolai rabbiosamente, vergognandomi delle incontrollabili reazioni del mio corpo che mi stava tradendo spudoratamente. Non volevo cedergli, nonostante lo desiderassi con tutte le mie forze, non volevo assolutamente che Lui, per l’ennesima volta, riuscisse a piegarmi al suo volere. Allora mi volsi di scatto e gli addentai l’avambraccio con tutte le mie forze.
Lo sentii sussultare, rabbioso. “Piccola vipera!”, ringhiò, poi con un unico gesto mi fece girare supina e si gettò sulle mie labbra imbrattate del suo sangue. Tenni duro per qualche secondo, ma come prese a leccarmi la bocca e tutta la faccia, cedetti incondizionatamente. Le barriere di odio e rabbia che avevo eretto andarono a frantumarsi lasciandomi sbigottita e ancora una volta completamente indifesa. Sorrise vittorioso, estasiato all’idea di avermi domato una volta di più.
“Sbava, porca!”, andava ripetendo. “Voglio vederti sbavare come una cagna in calore!”. E io non chiedevo di meglio che ubbidire.
Gli umettai leccandolo tutto il volto, e poi spalancai le cosce sotto di Lui e lo spronai ad affondarmi meglio nella fica che sentivo ormai ribollente di densi umori. Tentai anche agitando i fianchi di sollevare la sottoveste che nella foga si strappò fino alla vita, implorando che Lui facesse altrettanto col mio corpo, che mi lacerasse, mi riducesse a brandelli, mi squartasse come un agnello su un altare, e mi trasformasse in vergine sacrificata al suo animalesco desiderio.
“Fottimi!”, urlavo al limite della sopportazione, “Ti prego, fammi tutto ciò che vuoi… ma prendimi…scopami!”. E Lui crudele insisteva fino all’esasperazione. Quando finalmente capì che a furia di urlare quasi non riuscivo più a respirare, sull’orlo di una crisi isterica, si sollevò bruscamente dal letto, intimandomi di non muovermi. E uscì dalla stanza.

Sorpresa e inebetita, non capivo il senso di quel gesto, mentre schiumante di rabbia mi piegavo in due dal dolore per i crampi di desiderio inappagato.
Cominciai ad agitarmi nel letto, chiedendomi cosa mai stesse combinando nella stanza accanto. Mi sarei messa ad urlare per l’impazienza! Con uno sforzo terribile tentai di calmarmi e, immobile sul materasso, cominciai ad attenderlo. Fissai un punto preciso del soffitto e caddi in una specie di torpore ipnotico. Per quanto tempo, non so. L’attesa andava riempiendo dolcemente tutto il mio essere, impedendomi di muovere anche un solo muscolo. C’era qualcosa di eccessivo, esagerato e quindi dannoso in tutto ciò, ma non me ne importava. Sapevo che gli stavo attribuendo doti e poteri che forse non aveva, ma mi era impossibile frenarmi. Lo sentii camminare nel corridoio e immediatamente smisi di pensare, ogni mia cellula in attesa di Lui.
Entrò senza sollevare lo sguardo su di me e senza dare spiegazioni, posando del filo elettrico sul tavolino. Lo guardai interrogativamente e Lui si chinò a baciarmi con la stessa foga di pochi minuti prima, o erano ore. Mi spogliò completamente strappandomi i pochi indumenti e si stese al mio fianco. Mi guardava come per scrutare le mie reazioni, mentre la sua mano andava e veniva, leggera e inarrestabile, su tutto il mio corpo. Non si fermava in alcun posto, ma toccava, stuzzicava, titillava, appiccando piccoli fuochi qua e là, che andavano poi trasformandosi in incendi devastanti tra le mie cosce.
“Ti prego…”, mormorai con un filo di voce.
Ma fu come se non mi avesse sentita.
Riprese a giocherellare con la mia bocca, coi miei seni, dando strizzatine cattive ai capezzoli eretti, e s’intrufolò tra le mie cosce frugando le tenere labbra, quasi fosse alla ricerca di un tesoro nascosto. Poi improvvisamente si rialzò e dopo avermi slegato, mi prese tra le braccia e mi mise in piedi contro l’armadio a muro. Afferrò i cavi elettrici e con pochi gesti precisi mi legò i polsi alle cerniere delle ante, ben alte sopra la mia testa. Non troppo stretta, ma la posizione era scomoda e l’impressione era di stare appesa. Poi cominciò a spogliarsi. Ora era vicinissimo a me, sentivo il profumo della sua pelle e mi esaltai di più. Gridai che mi rifiutavo di continuare in quel modo, che volevo essere slegata e scopata come si scopano tutte le femmine in questo mondo, ma servì a ben poco. Mi si strofinò contro, stuzzicandomi la fica col glande gonfio e duro, inumidendolo dei succhi che colavano tra le mie cosce, e poi subito ritraendosi.
“Dammelo subito”, urlai, “o impazzirò di voglia!”. E Lui, con gli occhi lucidi, “Come sei ingorda!”, sussurrò.
E stavo ancora urlando quando me lo ficcò nella fica all’improvviso, con una stoccata decisa e violenta che mi fece sbattere contro il duro legno dell’armadio. Ansimai in debito d’aria per quanto stavo godendo. Mai avevo desiderato tanto essere riempita da un cazzo palpitante così. Lo sentii gonfiarsi ulteriormente nel mio ventre boccheggiante, ed ero certa che come me fosse ormai prossimo all’orgasmo. Ma me lo strappò via di nuovo, lasciandomi con una tale sensazione di vuoto e di frustrazione da darmi la nausea.

“Non ancora!”, disse con voce rauca, ed ero certa che dovesse fare uno sforzo notevole per protrarre quell’erezione che ormai da ore mi tormentava. Si inginocchio e prese a lavorarmi con la lingua la nicchia bollente, ormai spalancata come una bocca affamata. Rabbrividii e nonostante la posizione scomoda, mi obbligai a spalancare le gambe in modo che avesse libero accesso alle mie carni più tenere e calde, compreso lo stretto pertugio nascosto più sotto. Accostò la bocca alle mie grandi labbra e me le baciò con la lingua dentro come fossero state quelle del mio viso. Godevo come non mai ed ero certa che il clitoride mi sarebbe scoppiato se non mi avesse penetrata immediatamente. Ma ovviamente Lui non era della stessa idea. Purtroppo non sapevo ancora quanto fosse vasto e oscuro quel lato della sua libido che lo spingeva alla ricerca del piacere più sfrenato. Riprese a stuzzicarmi con la punta del cazzo ma infine, forse eccitato ancor più dalle grosse lacrime che cominciavano a rigarmi il volto, si decise a schiaffarmelo dentro.
“Eccoti servita insaziabile puttanella!”, ringhiò tirandomi i capelli. Mi sollevò le gambe attorno alla sua vita e con un unico colpo deciso mi sprofondò nel culo, immergendolo fino all’elsa nella mia guaina più stretta. Gridai. Nonostante fossero ore che sbrodolavo senza ritegno, l’anello non era stato allenato e le dimensioni del suo membro mi costrinsero a sobbalzare dal dolore, facendomi immaginare completamente dilaniata e ridotta ad un’unica ferita sanguinante. Ma il dolore fu comunque poca cosa in confronto al piacere che provai.
“Si, spaccami, rompimi tutta, fammi a pezzi!”, urlai aizzandolo ancora di più ad accanirsi contro me stessa. “Troia, sei solo una troia infoiata”, urlava, mentre i colpi furiosi mi sbattevano violentemente contro il duro legno.
Nella concitazione mi resi conto che i fili metallici con cui ero legata stavano cedendo. Mi aggrappai con le braccia alle sue spalle e quando finalmente sentii che il momento tanto atteso era giunto, gli affondai le unghie nella carne e graffiai con tutta la forza e la rabbia accumulata in tutto quel tempo. Nello stesso istante mi sentii afferrare per i capelli e finimmo entrambi per terra, urlando, imprecando, mentre il suo sperma bollente mi fiottava dentro a ondate e io sbrodolavo come una cagna. Rotolammo sul pavimento, continuando ad artigliarci come animali, finché l’orgasmo non andò dissolvendosi.

Non so quanto tempo fosse passato quando mi ripresi, Lui comunque non era più al mio fianco. Mi sollevai a fatica, con le ossa a pezzi e un dolore sordo alla nuca. Mi guardai allo specchio verificando se fossi ancora tutta intera e impallidii di fronte ai grossi lividi sulla schiena che cominciavano già ad assumere sfumature violacee. Sollevai una mano a sfiorarmi il collo e l’impronta dei suoi denti che vi era impressa, e solo allora notai le unghie spezzate e il sangue sulle mie dita. “Mio Dio!”, mormorai incredula. Era successo ancora una volta. Nel tentativo di raggiungere il piacere supremo ci eravamo picchiati, azzuffati, colpiti a sangue. Nell’ostinato tentativo di godere esclusivamente secondo l’istinto, eravamo sfociati nella violenza.
“Basta, basta!”, continuai a ripetermi prendendomi la testa tra le mani, “Questa è l’ultima volta, non succederà mai più, non glielo permetterò!”, mi dissi, cercando con tutte le forze di convincermi che era l’unica cosa giusta da fare. Presi una camicia dal suo armadio, la indossai e la fermai sui fianchi con una cintura di cuoio. Non era la prima volta che usavo le sue camice come abito, vista la sua mania di strapparmi i vestiti, invece che spogliarmi. Mi stavo sistemando i capelli quando rientrò nella stanza. Indossava solo un paio di pantaloni e attorno al collo aveva un asciugamano di spugna, con cui stava tamponandosi le ferite sul collo. Gli andai incontro timidamente e sollevai un angolo dell’asciugamano. Non era possibile che fossi stata proprio io a procurargli quei solchi tremendi che ancora sanguinavano. Su ogni spalla si potevano distinguere quattro lunghi graffi, come le zampate di una gatta crudele. Come avevo potuto arrivare ad un punto simile, io che impazzivo per Lui?
Mi sorrise. “Sei la mia gatta assassina!”, mi sussurrò all’orecchio. “Non potrei mai rinunciare a una porca affamata di sesso come te!”
Lo abbracciai e in quell’istante seppi che non avrei mai potuto rinunciare a Lui, qualunque cosa fosse successa.
“Dove la trovo un’altra cagna in calore come te, che vive solo per farsi sbattere dalla mattina alla notte e per allargare le gambe non appena le faccio un cenno?”, disse. “Una che è perennemente assetata di cazzo e di sperma, e che ulula senza ritegno, non appena glielo tolgo dalla bocca?”.
Lo guardai adorante mentre mi infilava una mano sotto la camicia, per poi sibilare subito dopo:
“Maledizione! Sai benissimo che non sopporto questa robaccia!”, e così dicendo mi strappò in un sol colpo le sottili mutandine di pizzo, lasciandomi sul fianco nudo un rosso graffio bruciante.

continua...................................
 
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16 replies since 26/12/2012, 15:14   6219 views
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