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MEMORIE DI UNA CAGNA

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-triskell-
view post Posted on 5/1/2013, 10:31 by: -triskell-     +1   -1
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Memorie di una Cagna – 8

Mi guardo attorno accecata dalle luci e dai colori psichedelici, intontita dalla musica assordante e ossessiva. Da quel ritmo indiavolato che mi spinge a muovermi velocemente. A contorcermi in pose da autentica contorsionista, nuda per poter offrire ogni parte di me, ogni buio anfratto, ogni angolo nascosto al pubblico famelico. Quassù dalla pedana vedo le loro mani allungarsi bramose ogni volta che mi sporgo oltre il bordo, ballando a pochi centimetri dai loro occhi, vibrando i fianchi, offrendo il triangolo delle mie cosce alle loro lingue tentatrici. E’ logorante, estenuante, ma fantastico!
Presto l’atmosfera si fa calda e frenetica, carica di erotismo, satura della voglia di sesso di quegli uomini, che quasi si rende palpabile nell’aria. Ho voglia di cazzo…di un sesso turgido da succhiare, di un randello rovente di cui farsi colmare! E in risposta odo quasi i loro desideri che parlano di cosce spalancate, di nicchie umide e disponibili da impalare e riempire con forza e decisione!
“Prendimi…toccami….possiedimi…”, dice la canzone in sottofondo, e tutta quell’orda di maschi infoiati risponde allungando le dita per sfiorarmi le tette gonfie e i capezzoli tesi dalla frenesia.
Mi giro di spalle e a quattro zampe scodinzolo come una cagna, leggermente chinata in avanti perché possano affondare gli occhi anche nel buio solco palpitante del mio culo. No, non posso resistere! Cosa mi importa se il regolamento mi impedisce di scendere tra il pubblico, se non mi è concesso offrire di più che uno spettacolo erotico? In fondo do del mio, e ho tanto da dare. Sono una donna vera, anima e sangue, non una statua da ammirare a distanza. E sono calda come tutti quei maschi assatanati. Perché negarmi?
Perché negare a tutti loro il piacere di godere della mia carne, dentro la mia carne, e di vedermi gioire con loro, dei loro corpi di maschi straripanti di voglia? Scendo tra il pubblico, anzi praticamente mi tuffo tra le loro braccia protese. E quelli mi sollevano di peso e mi adagiano su di un lungo tavolo di caldo legno, sgombrato alla svelta.
No, non li temo, li cerco invece! Lascio che le loro mani mi sfiorino dappertutto, impazienti e frenetiche, che mi si insinuino tra le cosce e anche più sotto, in ogni piega conosciuta e sconosciuta del mio corpo, che mi frughino in profondità alla ricerca di un piacere che sanno per certo di poter trovare in me. E allo stesso tempo io raccolgo i loro frutti d’amore, i loro randelli impazienti, nelle mani, in bocca e ovunque vogliano posarsi, strusciarsi, insinuarsi, rompere, farsi largo, sfondare, slabbrare. Sono così tanti ma tutti ugualmente smaniosi di avere di me anche solo il dito di un piede, ma per poterlo succhiare finalmente, per poter godere di un qualsiasi pezzo di me da leccare, mordere, divorare di baci lascivi. Non perché sono bella, ma perché in questo momento sudo e sono fradicia e puzzo di femmina, emano un afrore da cagna in calore, e incarno tutti i loro sogni più perversi.
“Prendetemi e godete!”, imploro, satura di desiderio da non poter resistere un secondo di più, e soprattutto a una seconda ripassata. E siccome loro mi amano, loro mi adorano come Venere scesa in terra dall’Olimpo, mi esaudiscono all’istante e urlando il loro piacere infinito, mi inondano dei loro tanti getti di sperma denso e rovente, come colate di magma saporoso. Mi imbrattano dai capelli ai piedi dei loro succhi odorosi, mi innaffiano di fiotti così copiosi che avrebbero dissetato decine di ragazze frementi e golose. E io godo di tutto ciò, godo di tutto questo abbandonarmi, non risparmiarmi, non pensare, non decidere, di questo essere di tutti contemporaneamente che mi fa sentire cagna e troia, femmina e pubblica puttana totalmente posseduta.

Mi svegliai di soprassalto quando il sole stava ormai tramontando e la brezza della sera s’intrufolava dalle finestre socchiuse. Ci misi qualche secondo ad orizzontarmi dopo i bagordi selvaggi appena vissuti, ma mi accorsi che ero ancora distesa sul tappeto, con la spazzola stretta in una mano e il vestito abbandonato su di una poltrona. Lui mi apparve dinnanzi silenziosamente, con addosso solo un paio di boxer a ancora umido della doccia. Si sedette al mio fianco e rimase a guardarmi per qualche secondo.
“Non sai nemmeno resistere un intero pomeriggio senza godere, non è vero?”, domandò dolcemente, allungando una mano tra le mie cosce dischiuse.
Sospirai, stentando a capire se si trattasse ancora di un sogno oppure della realtà. Ma le sue dita che mi penetravano lentamente mi convinsero. Lo guardai e gli sorrisi, mai mi era parso così desiderabile, così eccitante. Un velo di barba gli ombreggiava il volto severo, demarcando i lineamenti decisi, come scolpiti nel granito. Lo abbracciai e lo attirai a me. Lui non protestò ma docilmente mi divaricò le gambe e mi si distese sopra, scivolando dentro il mio corpo come a ricoverarsi in un piccolo nido. Gli cinsi i fianchi con le gambe, perché affondasse del tutto nel mio ventre sempre affamato e ingordo, lasciandomi sfuggire un gemito. E poi, perfettamente allacciati, sprofondammo in un lento, silenzioso, lunghissimo e finalmente completamente appagante orgasmo.

continua ........................
 
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16 replies since 26/12/2012, 15:14   6219 views
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