Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

MEMORIE DI UNA CAGNA

« Older   Newer »
  Share  
-triskell-
view post Posted on 19/1/2013, 12:08 by: -triskell-     +1   -1
Avatar

T.P.E.
Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3

Group:
Administrator
Posts:
6,712
Like:
+2,084

Status:


Memorie di una cagna - 11

Lui se n’era andato. Mi aveva usata a suo piacimento per ore e poi, quando si era ritenuto soddisfatto, mi aveva abbandonata nelle mani di quell’energumeno di Giorgio, senza neppure accertarsi delle mie condizioni. Lo odiavo, come non avevo veramente mai odiato nessuno in vita mia, nonostante avessi la fica ancora fremente degli innumerevoli orgasmi. Anzi, forse proprio per questo desideravo che tutto ciò finisse al più presto, per poter tornare a vivere e godere in una maniera più umana. Quel che lui era in grado di scatenare dentro di me era diabolico, era qualcosa di così prorompente e animalesco da spaventarmi veramente. Quanto avrei potuto resistere in simili condizioni?
Divisa dal desiderio e dall’odio, dall’amore e dal rimorso?
Avvicinai una mano al viso per ravvivarmi i capelli, ma un dolore improvviso e lancinante mi fece addirittura gridare. Voltai il capo e mi accorsi di essere stata nuovamente legata alla testata del letto, sebbene non ricordassi quando, con pesanti catene di metallo.
Lanciai una rapida occhiata ai miei polsi, coperti di abrasioni, tagli e grumi di sangue coagulato e poi voltai la testa disgustata. Sarebbero rimaste profonde cicatrici, ne ero certa, sarei stata costretta a portare tutta la vita il marchio della sua follia e della mia pazzia di avergli creduto. Mi mossi cautamente nel letto sfatto e macchiato del mio stesso sangue, preparandomi al dolore che mi avrebbe attraversata dappertutto alla prima mossa falsa, ma non sentii niente. Ero come intorpidita, anestetizzata, oppure dopo il dolore delle frustate, tutto il resto era più sopportabile?
“Perché sei tanto irrequieta, non ne hai avuto ancora abbastanza?”, domandò Giorgio. Sollevai gli occhi e mi accorsi che era proprio accanto al letto, seduto su una sedia, con una rivista tra le mani.
“Dov’è Lui?”, domandai a mia volta, innervosita dalla sua presenza.
“Questo non credo ti riguardi”, rispose , “tu sei qui per ubbidire e non per pretendere spiegazioni”.
Avrei voluto essere libera per gettarmi su di lui e coprirlo di pugni e calci, per scatenare tutta la mia violenza su quell’essere disgustoso, che si sentiva in diritto di trattarmi come una sgualdrina qualunque solo perché gli era stato permesso di usarmi una volta. Non gli veniva in mente che forse potevo io stessa aver scelto di essere una cagna, ma che sicuramente non lo sarei mai stata di un essere spregevole come lui? Non pensava che forse Lui lo aveva autorizzato a fare certi commenti solo in sua presenza, ma che in sua assenza il gioco non sarebbe più stato lo stesso?.
“Non credo che Lui sarà molto felice di sapere che stai trattando la sua donna come fosse la tua puttana!”, sibilai con un sorrisetto soddisfatto. Giorgio scoppiò a ridere, come se avessi raccontato una barzelletta. “Devi proprio essere matta se dopo tutto questo non hai ancora capito di essere solo un giocattolo!”, rispose senza neppure guardarmi.
Non dissi nulla, ma sicuramente quella sua frase mi fece più male di mille frustate. Sarei stata disposta a sopportare le cose peggiori, torture e sofferenze per amore, ma se anche questo mi veniva negato, se realmente era tutto un gioco superficiale, allora le frustate sarebbero state sì solo violenza e sadismo. Allora non c’era più nulla di erotico tra me e Lui, c’era solo il suo gusto perverso di veder soffrire un altro essere umano a causa sua. Sentii un sospiro, un rantolo soffocato e voltandomi mi accorsi che Giorgio aveva tirato fuori il cazzo dai pantaloni e se lo smaneggiava lentamente, senza staccare gli occhi dalle pagine del giornale. Allungai lo sguardo e solo allora mi accorsi che stringeva tra le mani una rivista pornografica. Si stava eccitando, il porco! Voleva che l’uccello gli tornasse duro per potermi tormentare di nuovo con le sue voglie perverse. Ma dov’era Lui? Perché mi aveva abbandonata in balia di quest’estraneo, che in fondo poteva essere anche un pazzo?! Poteva essere un maniaco sessuale o uno di quegli uomini che, una volta scatenatisi, nulla può far tornare in sé! E Lui non c’era a tenere la situazione sotto controllo.
Cominciai ad avere seriamente paura e a desiderare che Lui tornasse al più presto. Non mi importava se mi avrebbe fatto dell’altro male, purché tutto ciò avvenisse per sua volontà. Sentii il giornale che cadeva sul pavimento e Giorgio che ansimava come un cane infoiato in cerca di una femmina da coprire.
“Lui te la farà pagare per questo!”, esclamai vedendolo avvicinarsi al letto con una luce famelica in fondo agli occhi. “Non puoi fare i tuoi porci comodi con la sua donna!”.
Giorgio era in piedi proprio accanto a me, mi fissava e godeva un mondo del mio terrore e della mia rabbia. “Il tuo Padrone se n’è andato e non tornerà più”, disse senza esitare, “d’ora in poi sarò io il tuo nuovo Padrone. Ti ha regalata a me e io adoro i giocattoli preziosi, quelli che si possono rompere con un solo gesto”
E così dicendo mi prese un polso e me lo strinse tanto che mi parve di sentire le ossa scricchiolare. Spalancai la bocca per urlare, fissando terrorizzata i suoi bicipiti che si gonfiavano nello sforzo di stritolarmi l’articolazione, e in un attimo il mio urlo fu soffocato dal suo cazzo. Mi si era conficcato tutto in gola così velocemente che annaspai in cerca di ossigeno. Ce l’aveva enorme, tanto gonfio da riempirmi tutta la cavità orale, fino a solleticarmi le tonsille.
“Potrei ucciderti, se volessi, lo sai?”, ansimò fissando i miei occhi sbarrati, allucinati. “Nessuno lo scoprirebbe mai e io farei la più grande goduta della mia vita, quella che a pochissimi è concessa!”.
Lo guardai stringermi ancora di più il polso e poi alzare l’altra mano per colpirmi.
“E continuerei a scoparti anche da morta, lo sai? Continuerei a pomparti mentre tu ti raffredderesti, e la tua fica si stringerebbe attorno alla mia cappella gonfia succhiandomelo come fossi ancora viva e affamata di cazzo”.
Poi sentii che il suo sesso mi entrava completamente in gola e allora mi si annebbiò la vista come prima di uno svenimento. Annaspai in cerca d’aria, scuotendo la testa per liberarmi di quell’affare gigantesco che pareva trascinarmi sempre più giù, in un gorgo scuro. Ma ero completamente immobilizzata. Non potevo far altro che lasciarmi uccidere. Poi il dolore al polso cessò all’improvviso e così anche quello alle caviglie, anch’esse incatenate al letto, e mi sentii benissimo, come se non fosse mai successo niente di grave. Smisi di scuotere la testa, di dibattermi, di agitarmi. Stavo benissimo, o almeno lo credetti veramente per qualche secondo, almeno finché non sentii un dolore improvviso e totale, accompagnato da uno schiocco secco.
Mi accorsi che mi bruciava tutto il lato sinistro della faccia, e avrei voluto poter allungare la mano per proteggermela dallo schiaffo successivo. Poi contemporaneamente il calore si trasfuse nella mia gola. Era un calore liquido, rovente, denso. Mi inondò la gola e lo sentii gorgogliare direttamente giù nello stomaco.
“Oh sì, bevitela tutta, fono all’ultima goccia”, sentii esclamare. E allora fui conscia di nuovo delle mani legate, della bocca indolenzita e colma, dell’impronta del palmo della mano di Giorgio che mi bruciava su una guancia come fosse stata impressa a fuoco. Mi resi conto di avere un polso paralizzato dal dolore e del cazzo dell’uomo che mi si ammosciava lentamente sotto il mio palato. Scoppiai a piangere, singhiozzando disperatamente e, finalmente, respirai di nuovo!
Il mio Padrone non mi aveva abbandonata, io lo sapevo. Sarebbe ritornato a prendermi e mi avrebbe riportata a casa. Tutta la storia della schiava e del padrone era solo un gioco, un gioco eccitante che forse in parte avevamo voluto insieme. Ma ora ero stanca di giocare, volevo che tutto tornasse come prima tra noi. Ecco, dovevo solo dirgli che il gioco cominciava ad annoiarmi e lui sicuramente avrebbe sorriso, mi avrebbe abbracciata e ce ne saremmo andati da quella casa di montagna, e da Giorgio.
“Devi dirgli di venirmi a prendere”, dissi guardando Giorgio che trafficava con alcune stoviglie.
“Anche i giochi erotici alla lunga stancano. Lui capirà, ne sono certa. Tu non ci crederai ma siamo molto simili, sappiamo esattamente quello che ci fa piacere e quello che non possiamo sopportare l’uno dell’altro”.
Giorgio non sollevò neppure la testa e quindi io continuai a parlare, tentando di convincere forse più me stessa che l’uomo, che stava andando tutto bene.
“E’ già successo altre volte tutto questo, lo sai?”, domandai, “Non potevamo fare a meno di sbranarci a morsi, di graffiarci, di desiderare le urla e il gusto del sangue”, dico, e mentre lo racconto mi sembra una cosa del tutto normale, regolare, quasi. “Lui godeva quando gridavo e io non potevo fare a meno di adorarlo per la sua forza, la sua decisione, la sua intransigenza. Ma era un gioco, nient’altro, possiamo smettere in qualunque momento se uno dei due non si diverte, ed ora io ho deciso che è meglio che torniamo a casa insieme, che ci tranquillizziamo un po’. Lo capisci?”.
L’uomo si voltò, venne verso di me con un vassoio.
“Il tuo Padrone non tornerà. Ora sei mia!”, rispose.
A quel punto non riuscii più a trattenermi e gli gridai le cose peggiori che mi passavano per la testa.
Stava mentendo, doveva essere così, non potevo essere stata abbandonata e regalata ad un simile individuo. Che razza di essere poteva fare una mostruosità del genere? Per l’ennesima volta mi sentii divisa e combattuta tra due sentimenti completamente diversi e contrastanti. Da una parte c’era l’amore per il mio Padrone, la voglia di stringerlo di nuovo, di tornare ad essere la sua donna. Dall’altra l’odio più sviscerato per ciò che mi obbligava a subire, oltrepassando senza dubbio ogni limite accettabile.
“Ora mangia”, disse Giorgio appoggiando il vassoio sulla sedia accanto al letto. Lo guardai disgustata.
“Va’ al diavolo!”, sibilai. “Preferisco morire di fame piuttosto che avere ancora a che fare con te!”. Lui alzò le spalle, sorrise e disse che non gliene fregava proprio niente di me, che potevo anche lasciarmi morire se volevo, certo non si sarebbe lasciato impietosire.
“Comunque resta il fatto che è ora di pranzo, e io ho fame”, disse alzandosi.
Io non avevo la più pallida idea di che ora fosse, o di quanto tempo fosse trascorso dal mio arrivo in quel posto allucinante, non c’erano orologi e comunque le imposte alle finestre erano state serrate proprio perché non entrasse la luce del giorno. Vidi Giorgio chinarsi sopra di me, prendermi tra le braccia e rigirarmi sul materasso, col viso affondato nel cuscino e il culo offerto.
“Cos’hai intenzione di fare?”, domandai. Ma me ne accorsi presto anche senza che lui rispondesse. Mi sentii allargare le natiche con entrambe le mani e poi inumidire il buchetto grinzoso con una sostanza morbida e scivolosa.
Allungai una furtiva occhiata sul vassoio e non ebbi dubbi: il porco si stava servendo di un comunissimo pezzo di burro per lubrificarmi il fondoschiena e agevolare il passaggio. Possibile che non fosse mai sazio di stantuffarmi davanti e di dietro in ogni angolo o anfratto del mio corpo?
“Ecco, ora non ti muovere, bellezza”, disse.
E io, giusto per non cedere a qualunque sua richiesta, stavo già per dimenarmi nervosamente, quando sentii le sue lunghe unghie spigolose conficcarsi nelle mie chiappe.
“Se dico che devi star ferma, ti conviene ubbidire!”, ringhiò col respiro corto.
E allora sentii qualcosa di lungo e assottigliato che mi entrava dentro, che mi si insinuava nel fondo dell’intestino, come una bacchetta sottile, e mi stuzzicava. Rimasi immobile tentando di identificare l’oggetto che andava e veniva languidamente, non allargandomi ma piuttosto punzecchiandomi in profondità.
“Che cos’è?”, domandai, senza riuscire a nascondere un leggero affanno. Lui non disse nulla e io odiai me stessa e soprattutto il mio corpo per quei fremiti che non riuscivo a frenare. Quel movimento lento, leggero ma continuo mi stava logorando come una tortura, mi rendeva impaziente. Sollevai un poco il culo, scostai le ginocchia quasi senza volerlo veramente, come fosse stato un riflesso incondizionato del mio desiderio, e chiusi gli occhi. Oh sì, volevo che lui continuasse, così sensualmente, a solleticarmi l’interno del ventre. Allo stesso tempo mi immaginavo colma di qualcosa di grosso, di più consistente, che mi facesse sentire veramente aperta e riempita. Era pazzesco lo so, ma inevitabilmente mi stavo arrapando. Non gli fu difficile capirlo e contemporaneamente punirmi togliendomi anche quel piacevole strofinamento.
Sentii il bastoncino sottile che mi scivolava tutto fuori, in fretta, lasciandomi tesa, disponibile, completamente offerta.
Poi un rumore insolito mi fece voltare la testa di scatto. Lui sorrise: si stava tranquillamente sgranocchiando il grissino con cui mi aveva punzecchiato il culo. Lo fissai incredula ma anche eccitata dal suo sguardo ardente e voglioso. Aveva l’aria di godere veramente di tutto ciò. Probabilmente avrei dovuto fingermi disgustata, schifata, ma riesco così raramente a nascondere quel che mi passa per la testa o quel che mi fa fremere la passera. Lui capì fin troppo bene di avermi risvegliata e ne approfittò per continuare il gioco tornando ad intingere nel mio culo altri grissini, verdure e qualunque cosa avesse a portata di mano, impaziente di gustarsele imbrattate dei miei umori.
Ed io non ero certo indifferente a simili smaneggiamenti, anzi ad un certo punto mi ritrovai ad agevolarlo in tutto, a porgere le chiappe perché mi usasse per quel suo lubrico banchetto, arrapata almeno quanto lui.
“Oh sì!”, mugolavo con la testa voltata verso di lui, “Divorami, mangiami tutta!”. E l’idea che lui stesse veramente gustando le mie profondità nascoste mi sembrava fantastico e atroce.
“Sei certa di non aver fame anche tu?”, domandò lui ad un certo punto. Lo scrutai attraverso gli occhi socchiusi. Mi sfidava, lo sapevo. Voleva che cedessi alle sue stesse voglie, che mi arrendessi.
“Perché non vuoi ammettere di essere solo una grandissima cagna, impaziente di godere?!”, sibilò. “A te non importa nulla del tuo Padrone e di nessun altro: tu vuoi solo godere. Sei schiava del sesso, del desiderio. Non hai bisogno necessariamente di un cazzo, quanto di venire, di provare un orgasmo!”.
Lo maledissi, gridai che era un mostro, un essere spregevole. Ma poi allungai la lingua verso di lui e presi a
slappare e divorare una banana che mi aveva appena ripassata nel culo più volte. Sì, aveva colpito nel segno: aveva scoperto la mia paura di essere più schiava del piacere che non di un uomo. Ma questo non mi impedì di godere come una porca quando finalmente il buco del culo me lo riempì col suo cazzo duro e eccitato, fino a sfondarmi ulteriormente.

continua.......................
 
Top
16 replies since 26/12/2012, 15:14   6219 views
  Share