Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

Racconti d'autore: IO SO COSA VUOI, femdom, psicologia, dominazione, umiliazione, depilazione, plug, cintura di castità, nipple torture, bondage, teasing, sensazioni e psicologia della dominazione

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view post Posted on 20/10/2018, 15:26     +1   +1   -1
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T.P.E.
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Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito La Ginarchia, autore anonimo (non specificato)
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Io so cosa vuoi, io so cosa ti eccita piccola, indegna baldracchetta.
Lo so ancor prima che tu possa anche solamente immaginare che ti ecciterà, lo so ancor prima che tu possa immaginare che esista al mondo quello che io ti farò per farti eccitare.
Io so cosa ti riempie l’asta di sangue e t’impenna il membro turgido e osceno, protrusione, manico, maniglia della tua debosciata essenza.
Io so cosa ti fa sbavare e supplicare e strisciare e ancora supplicare e sbavare ai miei piedi, sui miei stivali lucidi della tua saliva, sul pavimento che io ho appena calpestato.
Io so cosa ti fa eccitare e so cosa saresti disposta a fare, lurida sgualdrinella pur di soddisfare le tue voglie, pur di liberare la tua libidinosa essenza ed esplodere nella tua sguaiata, spossante, viscosa lussuria, il membro turgido eretto tra le tue cosce spalancate, il membro turgido eretto tra le tue cosce e impotente e vinto, vittima delle mie più sconce, crudeli e intollerabili manipolazioni.
Io so tutto questo perché io abito al centro oscuro della tua anima ma non solo. Io so anche qualcosa che tu stesso m’hai raccontato, qualcosa che tu sognavi e che io t’ho cassato schiacciandoti i testicoli sotto la suola delle mie scarpe e ridendo della tua delusione. Lo so perché l’hai tu stesso ammesso confidando in un mio evanescente attimo di generosità, subito finito nella più greve delle risate, nel più crudele e sarcastico dei dinieghi.
Lo so perché l’hai detto qualche millennio prima e ora, dopo averti ordinato di cancellartelo dalla mente, dopo che tu devotamente (cos’è la devozione d’uno schiavo se non un altro dolente nervo sul quale la sua Padrona esercita infiniti tormenti?) ti sei dimenticato tu stesso del tuo lascivo e sordido desiderio; ora che, anzi, di quel desiderio io sono giunta a farti provare vergogna e orrore; ora che quella tua presuntuosa oscenità, quel tuo odioso, pervertito sogno è stato ripudiato, dimenticato, annullato e spezzato in milioni di minutissimi e lucenti e taglienti frammenti; ora che tutto questo è compiuto, ora è il momento di realizzare ciò che da desiderio ho trasformato in incubo, da sogno in orrore.

Io so cosa vuoi e ti ho fatto preparare con meticolosa precisione, con crudele e preciso dettaglio.
Ti sei depilato il ventre, i genitali, il sedere.
Ti sei lavato e di nuovo ti sei rasato ciò che d’errato era rimasto, imperfetto e sgradito, pronto a pungere la morbida pelle della tua Padrona, la mia morbida mano.
Ti sei fatto un sostanziale clistere e poi un altro per ripulire la lordura dal tuo retto e poi ti sei seduto sul plug pronto per te e l’hai usato per tappare il sozzo imbuto del tuo sedere, ormai aduso a questo trattamento di bellezza.
Hai stretto i testicoli con la cinghia che abbiamo così tante volte usato per strozzare le tue tumefatte sfere legandole al mio guinzaglio.
Hai indossato il costrittorio d’acciaio fatto su misura per il tuo povero membro che contro le sbarre si gonfia e si spreme mungendo da te gemiti di sommessa, intima e soddisfatta abiezione.

Io so cosa vuoi e cosa ti eccita, baldracchetta senza ritegno.
Io so cosa vorresti fare e come lo vorresti fare e con chi lo vorresti fare.
Per questo tu sei mio e non il contrario.
Tu di me non sai niente e io di te, indecente bagascia, so ogni cosa.

Ti sei vestito poi per benino, senza mutande ma di tutto punto, un completo scuro con bianca camicia, cravatta classica in seta, calzoni, calze in tinta e scarpe lucide lucide. Sopra tutto un bel cappotto caldo. Sei poi sceso ad aspettarmi in strada e io sono arrivata quasi puntualmente.
Io so cosa desideri porco. Io so cosa ti eccita.
Ci siamo fermati quasi subito in quel locale carino che ha un bagno grande come una sala da pranzo e io t’ho ispezionato nelle intimità, mentre per noi un cameriere in speranza di mancia preparava qualcosa, una cioccolata calda per me, mi pare, un caffè forte per te, mi sembra.
Ho guardato bene il tuo imbragamento e ho provato la morbidezza della pelle, sotto i testicoli, la tenuta del plug, nel tuo culetto spalancato come boccuccia ad O, sul ventre rasato.
Ho commentato e riso della tua inutile e saettante erezione sotto il caldo, delicato tocco dei miei polpastrelli.
Ho riso e commentato la tua faccina rossa rossa di vergogna.
Ho commentato e riso della tua umiliazione, pregustando ancora e meglio quello che dopo sarebbe venuto per te.

Io so cosa ti eccita verminosa troietta, so cosa eleva il tuo membro verso il dolore, verso la dannazione, verso la tua più profonda e sciabordante libidine.
Ti ho lasciato guidare ancora per qualche minuto a zonzo o quasi, solo per il gusto di guardarti smaniare e pian piano sentire nella pancia, nel sedere spalancato, intorno ai testicoli stretti nella cinghia, sulla punta del pene costretto a misera ed intermittente erezione, le prime punture di sofferenza.

Io so cosa ti eccita mia sgualdrinella di maschili sembianze ma di puttanesca indole.
Io so cosa ti rende pazzo di desiderio e pronto a vendere al diavolo non solo l’anima tua ma tutta intera quella dei tuoi familiari, prostituire tua madre e tuo padre, vendere a peso come carne da macello fratelli e sorelle. Io so cosa ti rende ciò che sei e so dove trovarlo, tra le pieghe verminose della tua putrescente morale.

Io so che prima o poi mi ringrazierai ma intanto t’ho fatto svoltare a destra e poi ancora a sinistra e a destra nella periferia della città.
Fermi dinnanzi una villetta spersa nel labirinto di strade e di altre mille villette tutte uguali, nella notte invernale costellata di lucine colorate d’un altro incipiente e noioso Natale. Mi guardi e non osi chiedere.
Io, festosa, ti faccio sapere che … stasera siamo ospiti di una vecchia amica!
Non sai cosa fare vero?
Io so cosa ti rende quello che sei e lo uso, mia baldracchetta, per divertirmi di te.
Stasera siamo ospiti di una vecchia amica.
Lei non è molto vecchia a dire il vero. Ha la nostra età ed è un’età che, se la porti bene, è davvero fenomenale.
I capelli biondi sono sì tinti, ma ha usato ancora, più o meno, lo stesso tono di tanti anni fa, quello più vicino al suo naturale. Quello cha a me piaceva tanto.

– Chiara! Che piacere! Non sei cambiata per niente.
Non è una bugia, non è cambiata e io sono un po’ invidiosa per le sue cosce snelle strette nei jeans, per i sui seni sodi che sotto il maglioncino attillato e leggero mostrano i capezzoli, splendidi spilli d’eccitante, levantina lussuria sotto usuali vestiti d’italica foggia.
- Clara … anche tu, sei … ancora più splendida.
Ci abbracciamo e ci baciamo, sulle labbra come tanti anni fa e tu sei ancora dietro me.
- Guarda chi ti ho portato … anche.
Lei abbassa gli occhiali sulla punta del naso e libera uno sguardo grigio d’interrogativo divertimento.
- Chi … ? Ma sai … non è che …
– Non lo riconosci?
– No, forse …
– I baffi, sono i baffi …
– Oddio, certo … senza baffi … Ma certo!! Tu? Giorgio??
Io ti conosco bene vecchia troia, io so cosa ti eccita.
- Rispondi caro … sei tu Giorgio?
Rispondi caro. Sei tu Giorgio? Certo che è Giorgio. E’ ‘quel Giorgio’.
Chiara fa per abbracciare anche lui ma sente, percepisce che forse non è cosa buona e saggia.
Lui è come fosse di pietra. Lei gli da la mano, alla fine, come fossero due estranei.
Ma lo sono.
Le apparenze ingannano.
Ci accomodiamo in salotto.
Mi piace il suo arredamento, mi faccio servire da Giorgio il bicchiere di Porto dal tavolinetto alle mie mani, mi accomodo vicino a lui e gli metto una mano sul ginocchio.
Lui è cosa mia.
Si parla di vecchi tempi e di vacanze passate allegramente ora al mare e ora in montagna, in paesi stranieri.
Una specie di rimpatriata.
Ma io non spreco tempo con le rimpatriate. Sarei sempre a rimpatriare.
Io so cosa piace alla mia puttanella. E inizio a parlarne con disinvoltura quando Chiara accenna a parlare di sé e del suo ennesimo fidanzamento andato a finir male.

- Chiara tu sei sempre troppo romantica con i maschi. Tu ti fai usare l’anima oltre che il corpo.
– Brava, è così ma è carattere. Io non sono capace di fare diversamente. Se m’innamoro m’innamoro.
– Sentito Giorgio? Chiara è quasi schiava come te … solo che lei non lo sa.

Io so cosa ti piace sgualdrinella senza ritegno, so che sotto il rosso vivo del tuo faccione si nasconde la paura, il timore, l’imbarazzo di essere “scoperto” da un’amica di vecchia data, da una che mai avrebbe pensato … ma forse, chi sa quante volte tu, tu porcellina, ci hai pensato.

- Schiava forse no, non esagerare Clara, ma certo è che … un pochino masochista forse alla fine lo sono.
– Un pochino masochisti lo siamo tutti cara, ma tu lo sei come e più di questo stronzo che mi porto appresso come un manichino …

Giorgio assorbe e china lo sguardo. Sa che se lo devo umiliare lo devo umiliare e basta. Non serve supplicare o, peggio , ribellarsi.
Deve solo subire.
Quella che non si capacita è Chiara.

- Scusa? Ma? Non siete fidanzati? Ho capito che …
– Meglio ancora, me lo sono sposato ma che c’entra? Un marito è buono come schiavetto tuttofare, leccapiedi, ometto usa e getta per i momenti di stanca, per divertirsi davvero ci sono gli altri, i veri maschi, quelli che è un piacere cavalcare.
– Giorgio?
Si rivolge a lui ma la domanda è a me, a me che ho portato a casa sua il perverso estraniante d’un mondo che conosce solo attraverso film e libri e qualche pornografica, nascosta e colpevole lettura.
Ma Chiara è donna di mondo. Si riprende subito, la curiosità è femmina e ora è curiosa di sapere, vedere, sentire, constatare, sbirciare, intrufolarsi e godersi uno spettacolo di cui io, invece, la voglio protagonista principale.

Io so cosa t’eccita mia baldracchetta arrogante, cosa ti pompa sangue nell’asta e cosa ti frulla nel degenerato cervello. Io so cosa ti rende animale tra gli animali e sbavante preda della lussuria.
Io lo so.
E so anche che Chiara, lei, è donna di mondo.

La serata sembra prendere la classica piega che nei racconti si definisce “molto interessante”.
- Giorgio, sì, non lo avevi capito? Io fin da quando l’ho visto la prima volta, nonostante le arie da gran conquistatore. E’ una schiava nell’anima.
– Una?
– Una. Una. Vuoi vedere come gli piace andare in giro? Non so se è più divertente o più disturbante. A me diverte da morire, non so te …
– In che modo …?
– Abbassa i calzoni e fai vedere a Chiara in che modo disgustoso ti sei parata per venire a farle visita. Ma dico io! Ma vergognarsi mai! E’ un vero tormento. Mi ha fatto la testa tanta per potersi mettere così …

Lo so che stai letteralmente cuocendo di vergogna. Io so cosa ti fa sprofondare e so che, allo stesso tempo, mentre sprofondi il tuo cazzo, osceno salvagente, si gonfia mostruosamente dentro la gabbia sigillata le cui chiavi sono in mio possesso, in prezioso unico pezzo. Si gonfia e ti riporta a galla, lasciandoti a soffocare mille volte e mille volte traendoti alla luce del sole perché la tua vergogna si compia in perfetta, sincrona parabola.

Io so che cosa stai provando ora mentre ti alzi in piedi, rosso come tizzone ardente, e cali piano i pantaloni usando della lunga camicia bianca per coprirti le vergognose imbracature.

- Giorgina, tesoro, via la giacca e la camicia, prego, … permetti vero Chiara? Giusto per vedere che razza di depravata sia diventata col tempo e l’allenamento il nostro amichetto guardone.
– … bhè a dire il vero … per vedere. Guardone … ? Ah è vero che … l’avevo dimenticato.

Chiara ha occhi umidi di rattrappiti sentimenti e infagottati ricordi che piano si risvegliano nel suo corpo e nel suo spirito.Se non fossi un’amica di vecchia data, se non fossimo vecchie conoscenze saremmo già fuori dalla porta, forse inseguiti da qualche macchina della polizia.
Ma non corriamo questo rischio. Non con Chiara, non stasera.
Non puoi fare con le persone quello che abbiamo fatto insieme noi, io e lei, in gioventù senza esserne anche permeate, una dell’altra, una nell’altra, pur senza saperlo, pur senza averlo mai veramente provato e visto.
Senza giacca e camicia, la maglietta della salute rigirata sulla pancia, in calzini e imbragato come una sozza puledra Giorgio svetta al centro della sala, il pene tumefatto e schiacciato nella gabbia, gli occhi al pavimento. Vinto dalla sua stessa libidinosa complessione.
Umiliato dalla sua stessa lussuriosa tracotanza.

- Incredibile …

E’ un bisbiglio da dietro la mano che Chiara tiene sulla bocca mentre con gli occhi, ancora seduta sulla poltrona, osserva sconvolta ed eccitata di potere la sconcia ed esposta figura di Giorgio.
Io so cosa ti piace troia lasciva, so cosa ti piace esporre di te vescica di sozzure.

- Non solo questo sai? Girati e fai vedere alla Signora Chiara come ti sei tappato il culo.

Obbedisce e girandosi si piega, allarga con le mani le natiche in modo che la “Signora Chiara” possa vedere il suo deretano affollato dal plug.
Lei ci mette un attimo a capire e poi mi guarda per aver conferma della sua intuizione. Lo chiede quasi ridendo.

- Ma … è … è …
– Sì cara … tappata, nel culo.

Ride, ride davvero di gusto ora, il dorso delle dita sulla bocca (cara ragazza, che fatica essere allevati dall’alta borghesia cittadina) e gli occhi scintillanti innominabili desideri, idee e possibilità che come acqua sulla fessura di una diga stanno spingendo per disintegrare un labile e scrostato muro di costumata condotta.

- Bene Giorgio, giusto dal momento che finalmente ti si può vedere e usare, spogliati completamente, versa da bere alla Signora Chiara e poi mettiti qui in mezzo, nudo e crudo, in modo da essere sempre pronto ai nostri ordini … Guarda cara come gli si gonfia l’attrezzo alla sola idea di poterti servire. Non è uno spettacolo?

Giorgio fonde di vergogna e così mi piace che sia.

Lo so cosa eccita la mia baldracchetta e la sola idea di poter servire la “Signora Chiara”, una ragazza con la quale è praticamente cresciuto ammazzandosi di seghe sognandone i piedi perfetti, la perfetta e irraggiungibile figura è fin troppo per lui.
Non sono generosa io?
Serve la “Signora Chiara” e serve anche me.
Poi, obbediente, si posiziona.
Come uno stoccafisso, al centro del salotto.
Tra Chiara e me.
Il cazzo gonfio e martoriato dalla gabbia.

- Non gli farà troppo male? Dico, stare chiuso così?
– Glielo stai dicendo tu di essere eccitato? Glielo sto dicendo io? Lo stiamo obbligando noi? Lo stiamo in qualche modo stuzzicando noi?
– No … non mi pare …
– E allora perché dovrei preoccuparmi per lui? E’ grande. E’ grosso. Se non vuole prende la porta e se ne va …
– E’ vero … non ci avevo pensato.
– Neanche lui …
Le strizzo l’occhio e ridiamo. Noto che ora Chiara non si copre più la bocca e guarda l’asta della mia puttanella con viva curiosità.
- Vuoi toccarlo? E’ interessante sai …
– Sì, oddio … non avrei mai pensato che … E’ … è anche … depilato vero?
– Sì, è più igienico, sai, quando hai a che fare con le bestie …
– Vero …
Lo dice sovrapensiero ma ci crede anche lei.
Intanto ha chiamato Giorgio, con un vezzoso segno del ditino, e gli ha indicato sempre con lo stesso ditino, d’avvicinarsi al suo lato del divano a distanza “ispezionabile”
Ci guardiamo e la incoraggio con gli occhi.
- Tasta, tasta pure, senti come è liscio sulle palle e sotto, anche vicino al buco.
Chiara tocca, tasta, carezza e lui, la bestia, accenna ad un mugolio.

Io so cosa ti eccita animale, io so cosa ti piace bestia senza forma, libidinosa baldracca.

- Hai una cantina vero?
– Sì, abbastanza grande anche, c’è lavanderia e cantina a dire il vero …
– Ci sono dei pilastri? Una cosa dove legarlo stretto?
– Sì, uno. Al centro del seminterrato. Legarlo? Ma perché?
– Ti vuoi divertire un poco?
– … dipende … che facciamo?
– Se ti fidi bene … è un po’ lunga da spiegare …
– Ok, dai … mi fido.
– Brava! Prendilo per le palle e trascinatelo dietro, scendiamo in cantina e poi ti faccio vedere. Hai una catena magari? Di quelle per legare le biciclette, se no vado a prenderla io in macchina.
– Sì ce l’ho, in cantina. Va bene se lo tiro così? Non è che gli faccio male?
– Se gli fai male gode prima tesoro … Ringrazia la Padrona Chiara, che ti vuole far venire prima …

Un attimo di titubanza e un movimento di glottide. Io so cosa ti eccita porco, io so cosa hai sempre sognato baldracca senza ritegno.

- Grazie Padrona Chiara …

Io so cosa ti eccita lasciva bagascia.
Lo so fin da quando ti ho visto la prima volta masturbarti dietro quel cespuglio.
Ora anche Chiara lo sa; lo sa da quando ha sentito i tuoi testicoli enfiarsi tra le sue mani al solo pronunciare il suo nome. Da quando ha sentito la tua libidine riempirle le mani al solo pronunciare il suo nome.

Padrona Chiara.
Suona bene.

Ti trascina in cantina, pochi gradini.
Il seminterrato è ampio, pulito, piastrellato. Il soffitto non è alto, anzi. Al centro un pilastro. Cemento nudo, spartano. Basterà.
Faccio segno a Chiara di farti appoggiare con la schiena al pilastro; lo fa con una certa rudezza, strattonandoti i coglioni.
Bene amica mia.
La classe non è acqua. E noi abbiamo classe da vendere, vero?
Mi faccio portare la catena delle bici e ci vuole un attimo a legarti, con le braccia tese, dietro il pilastro. Un secondo metterti in bocca un paio di mutande sporche di Chiara e finire il bavaglio con la tua bella cravatta in tinta.
- Ora ci divertiamo …
– Ma cosa … ?
– Aspetta e vedrai.
– Sono curiosa … ma non è che poi … ?
– Cosa?
– Non è illegale?
– Un pochino … ma lui ci sta …
– Davvero?
– E chi lo tiene legato?

Ridiamo, caro, vedi che alla fine anche una vescica di lerciume come te può servire a due belle donne? Almeno ci porti il buonumore.

- E’ da tanto che volevo fare questo esperimento …
– Esperimento?
– Sì guarda, ora gli tolgo la gabbietta.

Ti libero e il membro sembra schizzare dal costrittorio come fosse elastico.
E’ così duro e svettante, così proteso e tumefatto.
Lo scappello e le vene in rilievo sembrano volermi esplodere tra le mani.
Lieve il mio tocco, lieve.
Spingo un poco il plug che ancora si conserva al caldo nel tuo ventre e ti carezzo un capezzolo con lieve moto rotatorio del polpastrello.
Mugoli un pochino, solo un pochino.

- Vedi Chiara? Gli piace. Vedi come si eccita? Fallo anche tu dall’altra parte, sull’altro capezzolino …
Chiara gradisce e si diverte … anche lei.
- Hai ragione, gli è venuto ancora più duro. Che porco! … Chi lo avrebbe mai detto!?
– Lecca il polpastrello, bagnalo, guarda come faccio io …
Chiara fa e ripete, impara, segue con attenzione le mie istruzioni.
In coppia sollecitiamo i tuoi capezzoli, li carezziamo, li stringiamo, li torciamo, li tiriamo fin quasi al dolore e poi ritorniamo a farti mille molli carezze, sul ventre, sul collo, sotto i testicoli e di nuovo i capezzoli, sempre più profonde ed eccitanti carezze.
Insegno a Chiara come leccarteli e mordicchiarteli, come portarti con pizzicotti e denti fin sull’orlo del dolore, lasciarti penzolare lì sul baratro e poi portarti indietro nel piacere; ad ogni gradino sempre più in alto nel colore della sofferenza e del piacere, ad ogni gradino sempre più in fondo nella tua libidinosa depravazione.

La tua asta è dura e pulsa. Da tempo immemorabile e senza neanche accorgertene hai iniziato ad inarcarti, a sporgerti, a spingere nel nulla la tua inutile protrusione, a brandirla ritmicamente nel nulla come se stessi tentando, con pelviche sconce spinte di scoparti l’aria della cantina.

- Guarda Chiara che deliziosa scenetta, è davvero partito di testa ormai.
Ride lei e rido anch’io. Non ci vorrai negare questo inalienabile diritto, spero.
- Ora voglio vedere se riesco a fare quello che ho sempre sognato …
– Cosa?
– Farlo venire senza mai toccargli l’asta.
– Ma è possibile?
– Chi lo sa, Chiara? Chi lo sa? Tu lo sai?
– Io no …
– Neanch’io. Ma a giudicare dalle prime gocce di sperma che già gli luccicano sulla cappella …

E’ ancora lunga la notte, abbiamo anche qualche sedia in giro per sederci mentre ti torturiamo annegandoti il piacere in un mare di piacere, spegnendo il desiderio in un mare di desiderio, creando dal tuo corpo il tuo stesso dolore, la tua stessa sofferenza.
Abbiamo tanto tanto tempo davanti a noi e, se vogliamo, possiamo sospendere, lasciarti in solitaria meditazione, riprendere fiato (io e Chiara) qualche minuto di sopra bevendo qualcosa, scambiandoci le nostre impressioni tra donne, rilassandoci un attimo per tornare più agguerrite e rinfrancate a torturarti.
Ancora c’è tanto tempo da qui a domani e domani è domenica e Chiara mi ha già detto che non ha impegni, non con altri se non con me. E te.
Sì decisamente questa è l’occasione buona per capire se è possibile far venire un relitto umano di dubbia moralità come te senza mai neanche sfiorargli l’asta, giocando con i suoi capezzoli, la sua pelle, la sua fantasia e la sua lascivia.

Sì, io so cosa sogni mia lurida baldracchetta, so cosa desideri.
Ora ce l’hai, mi spieghi cosa vuoi di più? Ora che ce l’hai mi spieghi … ci spieghi … che cazzo hai ancora da mugolare e gemere e supplicare?
Mai contente voi puttanelle senza ritegno!!
 
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view post Posted on 28/11/2023, 16:50     +1   -1

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Bellissimo racconto che accende molto la fantasia..
..e le voglie!!!
 
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