Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

Le arti erotiche del Sol Levante

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view post Posted on 10/2/2020, 18:09     +6   +1   -1
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Madre Superiora del Convento di LDS - Appartengo -
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Sono decine le pratiche sessuali della cultura giapponese. Eppure quasi un uomo maturo su quattro è single e vergine in una nazione come il Giappone, patria del kinbaku, del dei distributori automatici burusera, dei caffè kissa, ci si domanda come mai, un uomo maturo, sia single e vergine.

Vediamo più da vicino questa nazione e le sue pratiche.

Annusano, guardano ma non toccano. Amano le bambole. Anche in carne e ossa. Gli uomini vergini di mezza età sono diventati così numerosi in Giappone che è stato coniato un termine specifico: "yaramiso". Quasi uno uomo su quattro di oltre 30 anni è single e vergine, secondo le ultime statistiche compilate nel 2010 dall'Istituto Nazionale di Popolazione e Ricerca sulla Sicurezza Sociale.

Sono quindi sorte molte iniziative per soddisfare le persone non iniziate al sesso. Solo il 24% dei giapponesi è soddisfatto della propria vita sessuale e in oltre un terzo dei matrimoni i coniugi non fanno sesso. Il Sol Levante ha la media più bassa al mondo di rapporti sessuali. Circa la metà degli adulti giapponesi non prartica attività sessuali. Vi è grande difficoltà di esprimere sentimenti e desideri e questo non può che avere un forte risvolto nell’erotismo (represso). Eppure il Giappone può vantare una tradizione e un panorama erotico invidiabile. Pratiche come bukkake, sumata, gokkun, kinbaku e hojojutsu sono state esportate anche in Occidente. Ma pare che a molti uomini giapponesi piaccia più guardare e annusare che fare.

Il bukkake è una pratica di sesso di gruppo in cui più uomini eiaculano su di una donna inginocchiata. Molto gettonati sono i locali di sumata, pratica nata per eludere la legge sulla prostituzione del 1956. Non vi è penetrazione, ma semplice stimolazione del pene da parte della donna con le sue mani, cosce o parti intime.


Crescono gli affari dei negozi e di distributori automatici di “burusera”, confezioni di intimo femminile usato e non lavato con tanto di foto e età della ragazza che lo ha indossato. Più l’intimo usato è sporco, meglio è. Il termine deriva dalla figura erotica più ambita – la sērā-fuku – divisa da marinaretta delle studentesse giapponesi, ampiamente rappresentate nei manga erotici.

Il namasera è un passo oltre. Mutandine indossate e tolte sul posto per l’acquirente direttamente al momento dell’acquisto in negozio. Gli uomini giapponesi amano annusare e sono pronti a sborsare sino a 75 euro per una mutandina sporca.

Gli No-pan kissa sono i caffé con pavimenti a specchio e cameriere senza mutandine. Il caffè costa il quadruplo, ma la vista è interessante.

Se vi viene appetito vi è il Nyotaimori o body sushi. Il pasto di sushi o sashimi è consumato letteralmente sopra il corpo di una donna nuda. Una forma di sitofilìa, l’eccitazione erotica derivante dal cibo.

Molto diffusi sono i locali dove gli uomini giapponesi possono guardare, ma non toccare, studentesse vestite da bamboline. Gli Joshi-Kosei sono semplici caste passeggiate (“JK osanpo”) a pagamento con ragazzine, che le reclamizzano con volantini per le vie di Tokyo.

Lo Enjo kōsai è una vasto fenomeno in Giappone. Ragazze (“kogal”) dai 15 ai 20 anni si accompagnano a pagamento con uomini, di solito businessmen. Non è detto che vi siano rapporti sessuali. Se le ragazze sono in divisa (le “kogyaru”), è meglio.

In crescita anche gli amanti delle “scolarette” che leccano pomelli di porte, da guardare e non toccare in locali appositi.

La pratica del gyaku-enjo-kōsai consiste in una donna che paga un uomo per fare sesso, dato che il marito non è interessato. In alternativa economica vi sono gli “harikata”, oggetti sostitutivi del partner.

Fiorente è il mercato delle real dolls. Bambole erotiche in grandezza naturale assolutamente simili al vero, costruite su misura. Costano come dieci cene di lusso con una donna vera. Per i meno abbienti c’è EMA, una piccola robot alta 38 centimetri, che per 114 euro è specializzata in baci automatici. È prodotta dalla Sega (la casa di videogiochi).

Tra il 20 e il 40% degli uomini giapponesi ha pagato per fare sesso. Solo a Tokyo vi sono 3500 locali erotici nel distretto di Kabukichō.

Il bondage. In Giappone è famosa la scuola Ittatsu-ryū dell’arte di legamento erotico. Hojōjutsu fu creata nel XVII secolo da Matsuzaki Kinueimon Shigekatsu, il terzo maestro shintoista di Musō-ryū. Il sistema moderno Ittatsu-ryū comprende ventiquattro forme (kata), raggruppate in tre serie diverse. La corda dev’essere di cinque metri con diametro di 3,5 millimetri. Le origini del bondage erotico giapponese noto anche come Shibari (o kinbaku) può essere fatta risalire al periodo Edo (1600 -1800 d.C). Una variante è la legatura hojojutsu, una forma di furnifilìa (la persona diventa un oggetto di arredamento).

Diffusi sono i festival religiosi (matsuri) shintoisti dedicati al fallo.

Il Kanamara Matsuri “Festival del fallo d’acciaio” è un annuale festival shintoista della fertilità che si svolge a Kawasaki, in Giappone la prima domenica di aprile, nel santuario Wakamiya Hachimangu, meglio conosciuto come Kanamara Jinjya. Il pene è il tema centrale della manifestazione che si riflette ovunque: illustrazioni, caramelle, verdure scolpite, decorazioni e una parata mikoshi.

Il Kanamara Matsuri è incentrato attorno a un santuario locale della venerazione del pene un tempo molto popolare tra le prostitute che vi si recavano a pregare per la protezione contro le malattie sessualmente trasmesse. Gli shintoisti ritengono che in questo luogo si ottengano protezioni divine anche per gli affari e la prosperità del clan, un parto senza problemi, il matrimonio e l’armonia coppia di sposi. La leggenda vuole che nella città di Kawasaki vi era una ragazza posseduta da un demone, che si era infilato nella sua vagina. Il demone mordeva il pene dei giovani che provavano a possederla, castrandoli. Ma un bel giorno un fabbro ebbe un’idea geniale: costruì un grosso fallo d’acciaio, con cui penetrò la giovane, riuscendo finalmente a sconfiggere lo spirito maligno.

A perenne ricordo di questa memorabile e commovente impresa fu costruito un tempio shintoista, in cui era venerato proprio il fallo di metallo. Presso il santuario, ogni primavera, viene celebrato il festival detto Kanamara Matsuri, la cui data varia di anno in anno, ma di solito cade la domenica. Il matsuri ha le sue radici nell’epoca Edo (1603-1867 d.C.), quando le prostitute usavano recarsi al tempio per pregare sia per l’incremento dei loro guadagni, sia per prevenire le malattie veneree come la sifilide, che all’epoca era molto temuta. Oggi il principale motivo del festival è pregare per il concepimento di un figlio, mentre la preoccupazione per la sifilide è stata sostituita da quella per l’Aids, e la festività diventa anche spunto per campagne di prevenzione e raccolte fondi.

Lo Hōnen Matsuri è un festival della fertilità celebrato ogni anno il quindici marzo in Giappone. Hōnen significa “prospero anno”, in giapponese. Il più noto si svolge nella città di Komaki, a Nord di Nagoya. Protagonista è un fallo di duecento ottanta chili, lungo due metri e mezzo. Il fallo di legno è trasportato dal santuario Shinmei Sha negli anni pari, su una grande collina o dal santuario Kumano-sha negli anni dispari, verso il santuario Tagata Jinja.

Il festival inizia con la celebrazione e preparazione la mattina a Tagata Jinja, dove sono in vendita tutti i tipi di alimenti e souvenir di forma fallica. I preti shintoisti recitano preghiere e benedicono i fedeli, il mikoshi (baldacchino sacro) e il fallo di legno che dev’essere trasportato lungo l’itinerario del corteo. Quando la processione arriva al Tagata Jinja il fallo sopra il mikoshi viene agitato fortemente prima di essere deposto. Tutti poi si riuniscono nella piazza antistante il Tagata Jinja e attendono il mochi nage, momento in cui la folla è inondata di piccole torte di riso piccolo gettate dalle piattaforme rialzate. Lo shintoismo non vede il sesso come un tabù.

(Fonte: ilsollevante e GQ)

Attached Image: d0dd0e659610414a0f48cdae650f1516

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Fantastico il Giappone!!! Sotto tutti i punti di vista..il 29/1 ho postato alcune foto della festa del fallo...prese da Internet pero', io non sono mai riuscita ad andarci
 
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view post Posted on 10/2/2020, 18:19     +1   -1
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CITAZIONE (lucrezia1 @ 10/2/2020, 18:18) 
Fantastico il Giappone!!! Sotto tutti i punti di vista..il 29/1 ho postato alcune foto della festa del fallo...prese da Internet pero', io non sono mai riuscita ad andarci

Ho visto il tuo post Lucrezia, molto interessante, quel festival :lol:
 
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view post Posted on 10/2/2020, 18:26     +1   -1
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Dalle foto sembra proprio di si'..anche divertente! Ci voglio andare !!!!
 
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view post Posted on 11/2/2020, 09:42     +1   -1
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Amo il sol levante e le sue antiche abitanti ...

Edha la foto che hai messo dice molto ... molto di più della comune cultura occidentale sull'Oriente
 
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view post Posted on 24/11/2020, 17:53     +2   +1   -1
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Una delle immagini più iconiche del Giappone è senza dubbio la figura della geisha: il suo volto interamente truccato di bianco ricorda la maschere enigmatiche del teatro No, i suoi capelli sono acconciati in fogge complicate, il suo corpo è avvolto e celato da splendidi kimono finemente ricamati. Solo pochi fortunati riescono ad incrociarne una per le vie delle città nipponiche: pur indossando sandali dai tacchi proibitivi, riescono a muoversi veloci e leggiadre facendoci dubitare della nostra vista. Scopriamo insieme allora qualcosa di più su questa vera leggenda del Giappone!

1) All'inizio le geisha erano uomini

Ebbene sì, il simbolo di un mondo tutto al femminile nasce uomo! La figura della geisha nasce infatti intorno all'inizio del XVI secolo, nei quartieri dei divertimenti: erano anche chiamati "hokan" (l'equivalente del buffone di corte) o "taiko mochi" (letteralmente portatore di tamburi). Essi, grazie alla loro conversazione leggera e al loro talento comico e musicale, animavano le serate nei locali dei quartieri dei piaceri, dove gli uomini si recavano principalmente per divertirsi e, se capitava, concludere la serata nel letto di una yujo, cioè una prostituta.

Fu nel 1751 che apparve la prima donna taiko-mochi a Shimabara, quartiere di Kyoto; in pochi anni un numero sempre maggiore di donne intraprese questa professione. All'inizio erano denominate "onna geisha", cioè geisha donna appunto; verso il 1780 le donne divennero più numerose degli uomini e dopo il 1800 gli uomini erano così pochi che non c'era più bisogno di specificare il sesso della geisha e il termine prese il significato che ha ancora oggi. In tutte le principali città del Giappone (Kyoto e Tokyo in particolare) sorsero quartieri, detti hanamachi ("città dei fiori") dove furono concentrate le ochaya (case da tè) e gli okiya (le case delle geisha) in cui poter usufruire del loro talento.

2) I termini geisha, geiko e geigi sono sinonimi

Anche se geisha è senza dubbio il termine più usato, sia geiko che geigi indicano la stessa cosa: una donna che distrae gli invitati in un locale con canti, danze, musiche tradizionali e una piacevole conversazione. Tutte e tre le parole hanno in comune il kanji "gei" che significa "arte". In particolare poi "sha" vuol dire persona, "ko" vuol dire bambino e "gi" indica una donna che anima un banchetto con canti e musica tradizionale. In particolare "geiko" è usato soprattutto nella regione del Kansai, mentre "geigi" a Niigata.

3) Le apprendiste hanno un loro nome

Prima di poter essere chiamate geisha, bisogna seguire un lungo apprendistato fatto di molte lezioni sia teoriche che pratiche. Per distinguere le studentesse dalle geisha si usano diversi appellativi: ad esempio nella regione del Kansai sono chiamate "maiko" che vuol dire "bambino che danza", questo perché di solito il loro principale talento è appunto il ballo e spesso sono chiamate ad esibirsi durante i ricevimenti.
A Kyoto poi si distinguono anche i vari livelli di studio: durante il primo anno le ragazze (di età compresa fra i 15 e i 20 anni) iniziano a studiare le varie discipline artistiche, l'etichetta di comportamento, aiutano le più grandi e sono chiamate "shikomi". Dopo aver superato un esame, diventano "minarai", iniziano a vestirsi e a truccarsi secondo i costumi tradizionali e accompagnano le senpai alle serate per prendere confidenza con il lavoro. Infine c'è il debutto vero e proprio che determina il passaggio allo status di maiko.
A Tokyo invece si usa il termine "hangyoku" che significa "mezzo gioiello": le apprendiste infatti ricevono un compenso che è circa la metà di quello delle geisha.

4) Le geisha e le apprendiste si distinguono dall'acconciatura

Anche qui ci sono differenze a seconda della regione del Giappone: le geisha di Kyoto raccolgono i capelli in un elaborato chignon denominato Taka shimada mentre per quelle di Tokyo è lo Tsubushi shimada.
Addirittura, nei tempi antichi, le geisha erano solite dormire su un apposito cuscino per preservare queste elaborate acconciature per circa una settimana.
Anche per le apprendiste abbiamo nomi diversi: a Tokyo si usa il Momoware mentre a Kyoto si può trovare o il Wareshinobu o l’Ofuku a seconda del livello raggiunto. Inoltre le acconciature delle ragazze più giovani sono realizzate usando i loro capelli (e non delle parrucche come per le geisha) e spesso sono abbellite con accessori detti kanzashi.

5) Le geisha e le apprendiste si distinguono anche per l'abbigliamento

Rispetto ai kimono che portano le donne normali, quelle di geisha e maiko sono chiamati hikizuri, sono più lunghi, per poter scivolare con grazia lungo i tatami e di solito sono indossati in modo che la nuca sia in bella vista, in modo da accentuarne la sensualità. Ma mentre le geisha portano kimono a maniche corte detti tomesode con motivi più fini e colori più sobri (come si conviene all'età adulta), le maiko indossano i furisode, che hanno maniche molto lunghe e che sono tipici delle ragazze non sposate.
Inoltre i colori sono più accesi e i disegni ricoprono tutta la superficie della stoffa. Un occhio esperto poi può capire se ci si trova davanti ad una geisha o una maiko e da quale regione proviene semplicemente osservando il modo in cui è annodato l'obi (la cintura con cui si chiude il kimono).

6) Le geisha e le apprendiste si distinguono anche per il trucco

Il tipico trucco bianco che ricopre il viso di geisha e maiko è detto oshiroi. È costituito da una polvere che va mescolata all'acqua e quindi applicata sul viso, sul collo e sulla nuca dopo averli ricoperti con olio di camelia per proteggere la pelle. Il trucco si completa poi con ombretto rosso, eye-liner nero e rossetto rosso vivo; il tutto era stato concepito nei secoli passati per far risaltare i volti alla luce delle candele e perché il bianco era sinonimo di bellezza.
Purtroppo a volte nella polvere era contenuto anche del piombo che a lungo andare poteva avvelenare le donne che ne facevano uso. Man mano che una geisha diventa grande, il trucco diventa sempre più discreto, fino a sparire dopo i trent'anni.

7) Le geisha possono avere i denti tinti di nero

È un'usanza che risale al periodo Heian (794-1185) detta ohaguro (letteralmente denti neri): la praticavano sia le geisha che le donne sposate per distinguersi dalle concubine e dagli animali. Quando nel XIX secolo il Giappone si aprì all'Occidente, questa pratica fu vietata, in quanto giudicata scioccante dagli stranieri; al giorno d'oggi è praticata ancora dalle maiko di Kyoto durante il Sakko, un periodo di alcune settimane che segna la fine della loro carriera.

8) Per incontrare una geisha bisogna far parte della clientela di una ochaya o di un ryotei

Le geisha lavorano principalmente in due contesti: o nei ryotei (ristoranti tradizionali) o nelle ochaya (case da thè con sale arredate in modo tradizionale). In alcuni casi le ochaya coincidono con le okiya, cioè le pensioni dove vivono geisha e maiko e i cui proprietari gestiscono la carriera delle loro protette. Per poter accedere all'interno di una di queste strutture si deve essere invitati oppure presentati da un habitué del locale, che farà da garante.
Anche perché il conto non viene mai pagato a fine serata, ma la fattura è inviata al cliente molti giorni dopo (a volte anche settimane dopo), quindi si deve essere sicuri dell'onestà e della rispettabilità dell'ospite. Ovviamente un cliente abituale di una ochaya o di un ryotei non può assolutamente andare in un altro locale (a meno che non vi sia stato invitato): sarebbe considerato un affronto. Molto spesso i padri portano i figli con loro, per presentarli e farli diventare habitué a loro volta creando un legame che si tramanda per generazioni.

9) Non si può contattare direttamente una geisha

Anche se fate parte di quei pochi eletti che frequentano un ryotei o una casa da thè e volete organizzare un ozashiki, cioè un banchetto tradizionale che comprenda anche l'intrattenimento di una o più geisha, è assolutamente fuori discussione che siate voi a contattare direttamente le vostra geisha preferita. Dovrete contattare la padrona del locale e discutere con lei tutti i dettagli della serata: numero di invitati, portate da servire, bevande e la presenza di qualche forma di intrattenimento. In questa sede potrete esprimere la vostra preferenza per una geisha o una maiko che avete apprezzato in precedenza oppure potrete lasciar fare alla padrona che conoscendo bene i vostri gusti sarà in grado di scegliere per voi.
Anche se la serata fosse organizzata fuori dalla ochaya, l'iter da seguire sarà il medesimo. In alcuni casi potrebbe essere necessario prenotare il tutto con molto anticipo perché alcune geisha sono molto richieste. È un sistema sicuramente molto complesso che però conferisce fascino e mistero a tutto questo universo. Con la crisi economica e il boom di turisti anche le geisha però si sono dovute aprire un po' verso l'esterno e quindi è possibile anche per persone solo di passaggio avere un contatto con loro, seppur fugace, grazie ad alcune iniziative, come ad esempio questa: "Kyoto Cuisine and Maiko Evening" con un sito internet.

10) Quanto guadagna una geisha?

Difficile conoscere a quanto ammonta lo stipendio di una geisha, un po' per l'estrema discrezione che regola questo mondo, un po' perché può variare molto in base al quartiere dove esercita. Una stima approssimativa potrebbe essere intorno ai 500 euro per due ore di lavoro; inoltre le geisha molto richieste non restano che per una parte della cena e possono passare da un banchetto all'altro, incassando in toto quello che guadagnano. L'età non è un fattore determinante: a 20 anni o a 40 si percepisce lo stesso onorario. In più in alcuni casi possono ricevere anche delle mance, il cui valore minimo si aggira attorno ai 75 euro; può essere consegnato direttamente alla geisha o incluso nel conto finale.
I nomi con cui si può chiamare l'onorario sono decisamente evocativi: c'è l'ohanadai, traducibile come il denaro del fiore, dove il fiore è appunto la geisha e da cui è derivata anche l'espressione "mondo dei fiori e dei salici" per indicare questo complesso universo; c'è il gyokudai che significa il prezzo del gioiello ed indica il valore di una geisha per i suoi talenti artistici. Infine c'è il senkoudai che può essere tradotto come il prezzo dell'incenso, questo perché nei tempi antichi si calcolava l'onorario di una geisha contando il numero di bastoncini di incenso che erano stati consumati durante la serata. Pur guadagnando somme non indifferenti bisogna però rammentare che le geisha devono anche spendere cifre considerevoli per rinnovare spesso il loro guardaroba (kimono e relativi accessori sono molto cari) e per pagare le lezioni di danza, musica e quant'altro serva al loro lavoro.

11) Cos'è esattamente il danna per una geisha?

La parola "danna" significa "marito" ed è praticamente il finanziatore ufficiale di una geisha. Nei tempi andati essere il danna di una geisha era molto prestigioso perché significava due cose: essere molto ricchi ed essere anche persone molto influenti, ben conosciute nell'ambito di quel quartiere e godere di un'ottima fama. Per concludere l'accordo, occorre l'intercessione del proprietario del locale presso cui l'uomo si reca abitualmente e dove presumibilmente ha avuto modo di conoscere e apprezzare la geisha e la padrona dell'okiya in cui ella vive.
Se la geisha è interessata, si iniziano a discutere i termini finanziari dell'accordo: il danna si impegna a versare una rendita mensile per coprire le spese del vivere quotidiano più eventualmente kimono, obi e altri accessori mentre la geisha darà sempre la priorità al danna rispetto agli altri clienti, chiederà a lui il permesso di incontrare altri uomini in maniera informale, gli darà fiducia incondizionata e soprattutto non dovrà mai tradire quella del danna. Tutto questo viene deciso attraverso degli intermediari in modo che danna e geisha non discutano mai direttamente per far sì che qualora non si trovasse un accordo soddisfacente per ambo le parti, ci si possa ritirare dignitosamente.
Ai nostri giorni solo una geisha su cinque ha un protettore e se nel passato egli era sempre anche l'amante della geisha, ora non è più così.

12) Le geisha non sono prostitute

In molti hanno confuso la figura della geisha con quella della oiran, prostituta d'alto bordo con un'educazione artistica e culturale uguale a quella della geisha. In passato entrambe esercitavano la loro professione nei quartieri dei divertimenti (come quello di Yoshiwara a Tokyo) ma i loro ruoli erano ben definiti: la geisha intratteneva i clienti durante la cena, l'oiran invece nel dopo cena. Inoltre le geisha dovevano vestirsi in maniera più sobria, con meno accessori e soprattutto l'obi doveva essere annodato dietro la schiena (mentre quello dell'oiran, che doveva spogliarsi più di una volta durante una notte, era annodato davanti per comodità). Sicuramente ci saranno state geisha che, spinte dal bisogno di denaro oppure costrette da padroni senza scrupoli, si sono prostituite, ma era un'eccezione e non la norma.


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(Fonte: NipponConnection)
 
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Staff Sadik night (play party)
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Sono riuscita a fotografare 3 vere geishe per strada a Kyoto, è stato assurdo, persone munite di fotocamera, nascoste nei vicoli in una specifica strada chiamata appunto la via delle geishe, verso le 18 mi sembra e pronte a correre dietro a queste poverine nel momento in cui uscivano. Mi son fatta prendere anche io dalla frenesia di questa "visione", ma con il senno di poi penso che sia una violenza vera e propria. Si è raro vederle, mi sono solo trovata nel posto giusto al momento giusto.
Peraltro in Giappone capita spesso di trovarsi per strada dinnanzi a bellissime donne vestite e truccate da geisha, ma le "vere geishe" sono davvero rarissime da vedere.
Piccola curiosità, come ha spiegato benissimo Edhara non si tratta di prostitute, ma di persone rispettabilissime e lo sapevo, per questo chiesi alla guida turistica se avesse desiderato questo "lavoro" per una delle sue figlie e inorridita mi disse assolutamente di no, che questo percorso spesso veniva intrapreso da persone modeste... Mi fece riflettere questa sua risposta.

Edited by Francesca Catapano - 25/11/2020, 19:08
 
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