Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

La Tua Cagna, BDSM, maledom, dominazione, slave ribelle domata, sottomissione, nipple torture, frusta, tormento, adrenalina

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view post Posted on 28/12/2020, 12:47     +1   +1   -1
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T.P.E.
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Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito wattpad autore ComeLaSeta
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Quando non credi più di rivedere una persona, ecco che il destino ti fa il sorriso e ti concede l'impossibile. Il destino gioca spesso a carte con noi e le distribuisce in maniera sapiente, come se ne decidesse a priori il risultato.

E così, quando ti vedi comparire sul cellulare il suo nome... è come se avessi visto un fantasma fatto persona.

Camilla, travolgente e spregiudicata Camilla. Passava dalle mie parti, di ritorno dalla sua breve vacanza di mare. Passava e si allontanava e rimproverava che il mio cellulare fosse perennemente spento, quando serviva. Avrebbe voluto che io rispondessi prima, perché almeno.... Gira la macchina e torna indietro.

Un ordine? O forse un semplice invito, una sorta di supplica per dire: voglio vederti.? Camilla non se lo fece ripetere due volte e tornò indietro per incontrarmi. Camilla. Diceva di essere la mia slave, ma io sull'essere slave ho sempre avuto le mie remore ed il mio personale pensiero. Non credo molto alle promesse che vengono fatte nell'immediatezza di una conoscenza e che non considerano il pensiero ponderato sull'accettazione di un master. Lo sapevo benissimo che non era la mia slave, ma il gioco tra noi era sottile e particolare, ben felici entrambi di giocarlo così.

Una bella parentesi, chiusa all'improvviso. Il motivo? La paura di poter andare oltre, di perdere la testa, di non essere più se stessa, di non sentirsi più appartenere a se stessa, di temere di dipendere dalla mia volontà... memori di quello che io avevo scelto per lei fino a qual giorno, per la mia capacità di farle accettare quello che proponevo... sapendo che era già dentro di lei...... Amava giocare, ma voleva farlo a modo suo.

"Io appartengo a me stessa: non ho padroni, appartengo solo a me stessa". Erano state le sue ultime parole.

E adesso, dopo un mese di assoluto silenzio, ecco che si ripresentava davanti a me, con quella spudoratezza che io avevo conosciuto ed apprezzato, con quell'aria spregiudicata che usa chi non è stata mai domata, chi non ha mai trovato un carattere forte che domini il suo.

Incontrarla, sorriderle, desiderarla, chiudersi in una camera di albergo fu una naturale, rapida conseguenza di quella telefonata. Camilla meritava una sorta di attenzione particolare, meritava promesse fatte e che dovevano essere mantenute. Ed ora chiusi in quella camera sfidava il mio sguardo ed i suoi occhi chiedevano: "Sai dominarmi? Riuscirai a farlo, Master?"

Per lei avevo preparato una frusta, era la sua frusta, un "Gatto" con code bianche e blu, fili sottili che sanno mordere, che lasciano sottili carezze, segni rossi che stridevano con il colore ambrato della sua pelle. Carezze di una mano che sapeva muoversi, che non era crudele, perché lei sapeva benissimo che la crudeltà sarebbe cresciuta lentamente come a ricordarle di essere fuggita dalle mani del master, di aver rinunciato a quelle parole che ci eravamo detti tante volte. Il corpo era abbandonato sul letto, splendido, le gambe aperte per offrire il suo sesso, il seno prorompente con i capezzoli che sembravano gridare il piacere. Le mollette che ho scelto per te sanno stringere, così dice chi me le ha vendute. Tenevo i suoi capezzoli con forza tra le dita, come per dominarla, come per farle sentire la mia forza. Tenevo i suoi capezzoli ed indugiavo con la molletta che sfiorava il suo seno, come per farle gustare l'attesa, come per farle vivere il piacere di quello che sarebbe stato il poi.

La testa delle mollette azzannavano i suoi capezzoli con forza, come se volessero trasmettere il dolore ed il piacere. Camilla mordeva le sue labbra, guardava le sue mollette in un misto di soddisfazione e timore.

Chi sei tu? "Sono me stessa, me stessa..."

La voce rotta dall'emozione, dalla sensualità che diventa regina.

Nemmeno il tempo di gustare il suo piacere che altre mollette andarono a stringere la sua carne. Le labbra del suo sesso, due, tre, quattro tenaci ed impavide mollette. Il suo sesso sembrava ornato da una corona particolare ed era meraviglioso allargare quelle mollette e succhiare il suo clitoride, cibarsi di quella fica che colava il piacere in abbondanza, testimonianza viva di un'eccitazione che la stava rapendo nel corpo e nella mente. La lingua che affonda nel suo sesso, il viso che si infila tra le sue cosce e quelle mollette che mordono, che stringono, che tendono la sua pelle, vedere come si contrae il suo sesso, come chiede il piacere, la schiena che si inarca come per offrirne meglio la visione, come per catturare l'odore di sesso che riempie la stanza, come per chiedere di non dare tregua ai pensieri, all'eccitazione che si fa strada, come per supplicare di non fermarsi.

Le mollette ai capezzoli pendono e ad ogni movimento esaltano il piacere, come se fosse tortura e donazione di piacere. E lo straordinario di quel piacere non è sopportarlo, no, non solo. E' sentire quella scarica improvvisa quando si decide di toglierle, di rinunciare a quel piacevole tormento. Allora è come se di colpo il sangue affluisse alla testa, come un fiotto di adrenalina che invade il corpo, lo affoga, come se fosse un orgasmo improvviso del quale non sai rendertene conto.

Camilla voleva questo. Non ho nessun limite, non ne voglio, ripeteva spesso a me. Era come se fosse una sfida a vedere se fosse vero, se riuscissi a dominare la sua mente oltre che il suo corpo.

Chi sei tu, dillo chi sei? "Sono me stessa, me stessa...appartengo solo a me stessa!".

Parole biascicate, strusciate come il cuoio strisciava sulla sua pelle.

Un insieme di sensazioni, di piacere... come la frusta che ora colpisce di nuovo la sua pelle abbronzata, che passa sulla sua schiena, i suoi seni e Camilla che cerca istintivamente di schivarla, di sottrarsi ad essa, aumentando il movimento delle mollette ai suoi seni... sfuggire al piacere e trovarne un altro... differente, straordinario... Vedere la sua paura, leggerla nei suoi occhi e sapere che sa ancora di sfida... le sue mani che sembrano proteggersi ma che chiedono ancora. Il timore di varcare un limite e non saper ritornare, di perdersi nelle mani del suo master, di appartenergli con in quel momento gli appartiene il suo piacere.

Sentire la sua voglia, il suo contorcersi sotto i colpi della frusta e quando sembra finire il colpo sonoro della mano che colpisce le sue natiche... che lasciano il segno... che non si fermano....La mano che afferra con forza i suoi capelli, che la tiene stretta, ferma, che la doma, come se fosse una cagna in calore davanti al suo padrone....

La mia voce che torna a chiedere... "Chi sei tu?"
"Sono me stessa, me stessa..."
e gli occhi che si riempiono di nuovo di desiderio, che chiedono di aumentare quelle sensazioni, quelle emozioni di dolore e piacere. Il suo sesso che vibra che viene scosso profondamente, perché il piacere viene dalla mente, non dal corpo. La frusta che torna a segnare il suo colpo, l'attesa del colpo, pari se non superiore al colpo stesso, che arriva puntuale.

I corpi ora sono abbandonati sul letto, coperti di sudore e di piacere, bagnati dagli umori di lei. L'estasi del piacere che è sembrato senza fine. Non esiste tempo, non esiste spazio. Io e lei ed il nostro piacere. Il gioco delle emozioni, dilatate, sperdute nell'anima e recuperate come nuove. Le mie dita che dipingono il suo volto, lo accarezzano con dolcezza. Il suo è silenzio puro come se anche il semplice respiro potesse interrompere quell'armonia, quelle sensazioni. Pelle su pelle, come io lo avevo desiderato. Cosa posso lasciare dentro di lei, cosa posso darle che non abbia già provato. Master e presunti tali che l'hanno avuta, goduta che ne hanno desiderato la dominazione, il piegarla al loro volere, senza sapere che erano loro l'oggetto del piacere, della sua volontà di misurarli nella loro capacità. Lei era fuggita per questo... per essere se stessa, per non dover dire ti appartengo, per essere libera, per non dover dire... io ti appartengo.

Schiava e ribelle, schiava per sua volontà e libera di essere se stessa....

Il suo corpo che scivola piano dal letto... lei che mi guarda come per rinnovare la sfida...

"Una brava schiava dovrebbe ora fare una cosa per il suo Padrone... un gesto che il suo Padrone non si aspetta.... ma che desidera.."

Le sue parole sono piene di desiderio, di quel piacere che ancora sembra uscire dal suo sesso... pieno e gonfio del mio.

"Una brava cagna dovrebbe ora fare un gesto di sottomissione per il suo Padrone.... Dovrebbe mettersi così a quattro zampe, mostrarsi al suo Padrone.... Soddisfare la sua volontà... il suo volere…"

I seni di Camilla sono bellissimi in quell'istante, pendono dal suo corpo come campane pronte a suonare a festa... i capezzoli sono turgidi.... eretti che sembrano essere affiorati appena adesso dalla bocca vorace di un uomo....

"Una cagna perfetta ora dovrebbe camminare così sul pavimento a quattro zampe... muoversi lentamente per farsi ammirare.... Una cagna perfetta ora dovrebbe avvicinarsi alla frusta del suo Padrone.... Magari prenderla piano con la bocca... stringerla tra i suoi denti e portarla docile nelle mani del suo Padrone...Chiedere di essere frustata di essere battuta per sentire la forza del sua Padrone, avendone paura ma un incredibile desiderio...."

Camilla descriveva i suoi gesti e lo faceva facendomi sentire il piacere che metteva in quell'atto. La frusta stretta nella sua bocca e lei docile che la portava verso le mie mani.... Come per chiedere ancora, come per chiedere... "Fallo! Fammi sentire ancora la tua frusta, fammi sentire come sai vincere i miei limiti sconfinati, come sai darmi ancora piacere".

La fissavo, non staccavo i miei occhi da lei, dal suo corpo, da quello sguardo che sembrava trasformato. Ricordavo quante volte mi aveva chiesto di farle superare i suoi limiti, quei limiti che lei non aveva, quante volte aveva goduto davanti a me, quante volte era stata rapida nel donarmi il suo piacere, la sua obbedienza.

Guardavo Camilla, la donna schiava per il gioco e che rendeva schiavi i suoi padroni, che li usava per il suo piacere, che non accettava di perdere la sua libertà, che apparteneva solo a se stessa. La guardavo a quattro zampe con la frusta che le pendeva dalla bocca, lo sguardo fiero ed abbandonato, pieno di tentazione e di voglia di ricominciare quel gioco che ci aveva storditi.

"Chi sei tu?"

"Sono la Tua Cagna, Padrone!"
 
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view post Posted on 3/1/2024, 16:49     +1   -1

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Bellissimo
 
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