Legami di Seta - Forum Italiano BDSM & Fetish

Massaggi Kalari, femdom, fetish, piedi, trampling, dominazione, spanking, umiliazioni

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 14/12/2023, 12:24     +1   -1
Avatar

T.P.E.
Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3

Group:
Administrator
Posts:
6,719
Like:
+2,087

Status:


Racconto non autografo, trovatosul web, dal sito raccontieroticipertutti.it, scritto da Delicato Autore su soggetto di Nponzo1
=============================================================================

Era una giornata come tante altre e Matteo, un ragazzo di circa diciotto anni, camminava verso il centro massaggi con i soliti pensieri per la testa. Gli stessi che aveva sempre da qualche mese, da quando aveva iniziato a frequentare il centro massaggi “Iku Tramp-Lin”, dal nome della ragazza cinese che lo possedeva. Non era solo per l’ambiente accogliente e rigenerante che trovava in quel luogo, né solo per come si sentiva meglio dopo i trattamenti; quello che aveva davvero spinto Matteo ad entrare in quel centro erano stati i massaggi Kalari.
Uno dei trattamenti prevedeva infatti che il cliente si sdraiasse su un lettino per venire calpestato da una ragazza cinese. E a Matteo era sempre piaciuto essere calpestato dalle ragazze. Era una sua debolezza fin da piccolo. A costo di essere preso in giro da loro, aveva sempre permesso che le bambine lo stendessero a terra come un tappeto e gli camminassero sopra. A spingere le sue amiche ad umiliarlo, a infierire su di lui, era, oltre il fatto che fosse così facile metterlo sotto i propri piedi, anche che, una volta fatto questo, tenercelo era facilissimo.
Matteo, difatti, stava immobile, pregando che la tortura durasse il più possibile.
Con i suoi amici era diverso; anche loro finivano, per scherzo o per qualche altro motivo, sotto i piedi delle loro compagne di giochi, di tanto in tanto, ma iniziavano subito a divincolarsi, liberandosi in pochi secondi.
Arrivato all’ingresso del centro massaggi, Matteo trovò ad accoglierlo i sorrisi maliziosi di un gruppetto di massaggiatrici. Erano tutte cinesi, o almeno asiatiche, Matteo non aveva mai fatto domande troppo precise, a riguardo delleloro origini. Erano tutte molto più basse di lui, e avevano l’aria più cordiale che si fosse mai vista, eppure lo mettevano orribilmente a disagio.
“Ciao, Matteo!” disse una di loro “Come stai? Sei venuto per qualcosa?”
“Io… ciao… bene…” rispose lui arrossendo “Sì… ero venuto…” - fece una pausa, che fu riempita dalla risatina di una di loro - “io… ho messo da parte cinquanta euro.”
“Oh, cinquanta euro…” gli disse quella con un sorriso compassionevole “Non bastano per un massaggio coi piedi, lo sai”
“Vi prego…” singhiozzò lui a quel punto “Sto finendo i risparmi… non so più dove trovare i soldi…”
Le ragazze fecero delle risatine, ma non cattive, accondiscendenti.
“Un modo c’è, lo sai.” disse la ragazza che gli aveva parlato fino a quel momento
Un’altra aprì la porta di un’altra stanza e urlò:
“Signorina Lin… c’è qui Matteo!”
“No…!” pregò mentalmente lui.
Dall’ufficio uscì una ragazza di meno di trent’anni, così giovane che non si sarebbe detto che potesse già essere la proprietaria di un centro massaggi.
“Oh… ciao, Matteo” - gli disse con un sorriso, guardandolo come si guarda una preda succulenta - “Sei venuto per il solito massaggio?”
“Sì” rispose lui con un filo di voce.
“Hai abbastanza soldi?” chiese lei.
“No” rispose lui
“Bhè, allora il sistema con cui puoi pagarci lo sai!” disse lei.
Questo detto, si sedette sulla scrivania, si tolse una scarpa e, tra le risate delle sue dipendenti, porse il piede a Matteo.

Per i primi tempi, le visite di Matteo al centro massaggi erano state paradisiache. Si sdraiava sul lettino e iniziava a farsi schiacciare dalla cinesina di turno che, coi suoi piedini piccoli e delicati, iniziava a tormentarlo per un tempo che gli sembrava infinito e sempre troppo breve. Il tutto con una piacevolissima erezione contenuta dal proprio corpo e dal materasso del lettino.
La cosa più bella era che nella stessa stanza dove si svolgevano quei massaggi c’era un’ampia specchiera, quindi il ragazzo, di tanto in tanto, poteva sbirciare tutta la scena come un osservatore esterno. Guardava lo specchio e vedeva un ragazzo trattato come meritava da una dolce e piccola creatura. Poi rifletteva che quel ragazzo era lui stesso e sentiva aumentare la propria erezione.
Quando i massaggi finivano, doveva fare violenza su sé stesso per non inginocchiarsi davanti alla ragazza per ringraziarla.
I suoi risparmi non erano illimitati, però. Doveva razionarli bene. Quello col massaggio doveva essere un piacevole appuntamento mensile, o tutta quella meraviglia sarebbe finita subito.
Nonostante queste buone intenzioni, il richiamo dei piedini di quelle ragazze era troppo forte e in meno di due mesi Matteo aveva finito i soldi.
Una piacevole sorpresa del centro massaggi, per Matteo, era stata lo scoprire che il massaggio Kalari non consisteva solo nel camminare sulla schiena del paziente, ma anche nel colpirlo con le piante dei piedi in varie zone del corpo per scioglierne la tensione.
In origine, gli spiegarono, quella non era una tecnica da massaggiatori, ma da lottatori. Col tempo era successo qualcosa di meraviglioso: una tecnica nata per lottare si era trasformata in… Matteo non sapeva neppure come definire qualcosa di così bello… una tecnica per far impazzire di gioia. Starsene sdraiato, coperto di oli essenziali, mentre una cinesina lo colpiva coi propri piedi su tutto il corpo.
Il suono delle piante delle ragazze quando colpivano il suo corpo unto, l’odore del loro sudore per la fatica che facevano, il sentirsi alla loro mercé, guardare i movimenti delle loro gambe mentre lo colpivano … tutto questo era diventato una droga, per lui. E, quando si trovava in quella situazione, non capiva più niente.
Per questo capire il suo stato d’animo in quei momenti non era stato difficile per quelle ragazze.
Matteo pensava che fosse stato soprattutto uno l’episodio che aveva rivelato il piacere che provava.
Una volta, una di loro gli aveva chiesto in che zona sentiva più tensione e lui, desiderando ardentemente quei piedi sulle guance, aveva risposto: “Sulla faccia!”.
La ragazza era scoppiata a ridere, e lui era arrossito come un peperone.
“Volevo dire… sulle spalle…” si era corretto, ma il tono della sua voce, flebile e umile, non era certo risultato convincente.
Poi erano finiti i soldi.
Se quell’episodio aveva fatto venire alle ragazze qualche dubbio su di lui, le sue continue visite al centro nonostante ormai sembrasse non potersele più permettere, le richieste di credito, le suppliche e il fervore con cui venivano portate avanti glieli tolse.
A un certo punto, fu chiaro che quel ragazzo, per le ragazze del centro massaggi, era uno schiavetto.
Un giorno la signora Tramp-Lin, la proprietaria del centro, approfittò di una delle visite di Matteo per parlargli in privato.
“Allora, Matteo…” gli disse “Ti piace essere calpestato da noi, eh?”
“Eh?” aveva gracidato lui arrossendo “Io… ecco…”
“Insomma, ti piacciono quei massaggi, no?”
“Sì” rispose lui, sempre tesissimo
“Non essere così teso…” disse lei “Sai perché t’ho chiamato qui?”
“No.”
“Perché il motivo per cui sono la direttrice del centro è che sono anche la più esperta massaggiatrice” gli rispose lei “e così voglio farti provare un massaggio fatto da me”.
Fu strabiliante.
Iku lo fece stendere a pancia in su, in modo che la vedesse perfettamente, mentre lo calpestava. Poi iniziò a calpestarlo in modo più simile a quello delle sue amichette di infanzia che a quello di una massaggiatrice. Lo fece sentire umiliato, lo calpestò come si calpesta uno zerbino, con gli stessi gesti che si fanno per pulirsi le scarpe. Non era neppure sicuro che fosse un massaggio, quello. Tutto questo avvenne verso le sette di sera, con la sola intima luce che entrava dall’esterno, a lampade spente.
Era il miglior massaggio ricevuto in quel centro. A un certo punto, Iku gli salì coi piedi sulla faccia, e Matteo ebbe la conferma che l’episodio che aveva tanto fatto ridere quella massaggiatrice non era passato inosservato.
Dopo un’oretta circa di supplizio, la ragazza scese dal corpo di Matteo, mettendo i piedi ai lati della sua testa. Il ragazzo stava esplodendo. Sentiva un’erezione gigantesca e una voglia assurda di masturbarsi.
“Ti è piaciuto?” gli chiese guardandolo dall’alto in basso
“Tantissimo…” gemette lui adorando ogni centimetro visibile di quella ragazza, dalle caviglie alle gambe che quasi scomparivano nella penombra, dai minuscoli seni al visino che faceva capolino da dietro di essi. Avrebbe voluto toccare lei o sé stesso, ma non poteva fare nessuna delle due cose. Se ne stava impietrito, sorvolato dal corpo della ragazza, i cui piedi erano così vicini e così lontani sia dal suo tatto che dalla sua vista.
“Addirittura tantissimo?” disse lei “Allora adesso devo chiederti una cosa...” con un gesto scioltissimo e naturale, poggiò un piede sull’erezione di Matteo, mentre l’altro rimaneva vicino alla sua faccia: “Mi lecchi un piede?”.
Era una cosa a cui Matteo non aveva mai pensato. Non riguardava le sue fantasie, per dirla con un’eleganza moderna.
In quel momento non ebbe problemi a obbedire, però: Iku spostò il piede dalla sua erezione alla sua faccia e lui leccò la pianta.
Dopo un po’, la ragazza spostò il piede, se lo asciugò sul materassino e scese dal lettino.
Mentre la ragazza si rimetteva le scarpe, complimentandosi con Matteo per quanto era stato bravo a leccarle il piede, il ragazzo realizzò quello che aveva appena fatto, e iniziò a sentirsi più umiliato che mai.
Poco dopo, mentre anche Matteo si rivestiva, preparandosi a uscire, Iku gli spiegò la situazione.
“Non c’è niente di male ad amare i massaggi Kalari.” gli spiegò. “Se non fossero belli, la gente non pagherebbe per farseli fare, no?”
“Io… immagino di sì…” rispose lui arrossendo e guardando per terra, ben consapevole che il suo non era semplicemente amore per la fisioterapia…
“Io sono disposta a farti fare gratis tutti i massaggi che vuoi. Anche uno al giorno.” disse Iku con il suo strano e delizioso accento asiatico “Però devi fare qualcosa per me.”
“Leccarti i piedi…!” esclamò lui.
“Non dire così…” lo rassicurò lei. “Diciamo che voglio… un assistente, ecco. Uno che mi aiuti col lavoro. Per esempio, poter avere una rinfrescatina ai piedi ogni tanto, dopo una giornata passata alla scrivania… qualche massaggino alle mie dipendenti, che si stancano tanto facendo quei massaggi che piacciono a te… e, magari, anche qualche servizietto alle clienti. Ma, soprattutto, dovrai essere il mio leccapiedi.”.
Matteo aveva rifiutato, imbarazzatissimo.
Per mesi aveva continuato a raggranellare soldi col contagocce e a elemosinare pietà dalle ragazze del centro.
Pessima strategia; in tre mesi riuscì sì e no a mettere insieme i soldi per un massaggio e le ragazze che cercava di impietosire più che prenderlo in giro non facevano.

Ora Matteo si trovava di fronte a Iku che gli porgeva il suo piedino nudo e sudato, e intorno a lui un paio di massaggiatrici che osservavano la scena divertite.
Leccarle i piedi… non sapeva neppure come aveva fatto la prima volta! Certo che, però… un massaggio al giorno… era un’idea che lo mandava letteralmente in visibilio, oltre le sue più rosee speranze. Non poté non pensare che, se proprio doveva umiliarsi davanti a loro, tanto valeva farlo in cambio dei loro massaggi.
“Se vuoi accettare,” gli disse Iku “inginocchiati subito e vieni qui strisciando sulle ginocchia”
Le ragazze risero.
Matteo dovette percorrere un paio di metri che gli sembrarono chilometri in ginocchio, in mezzo a un gruppo di cinesine che ridevano di lui, fino a arrivare al piede di Iku.
Stavolta leccare fu molto più difficile. Non c’era l’atmosfera della volta precedente, non aveva lo stesso stato d’animo… sentì l’odore del piede della ragazza salirgli nelle narici, e capì che era sudato. Iniziò a leccare. Incrociò lo sguardo di Iku, ed era uno sguardo molto eloquente; gli intimava di non distogliere lo sguardo dal suo viso, mentre leccava.
L’umiliante operazione, durante il quale anche l’altro piede della ragazza conobbe la lingua di Matteo, durò una ventina di minuti. In quei venti minuti, Matteo sentì che tutte le massaggiatrici del centro massaggi “Iku Tramp-Lin” venivano ad assistere alla scena.
Era in ginocchio, con la lingua sui piedi di una ragazza, per implorare di essere calpestato.

(continua)
 
Top
view post Posted on 15/12/2023, 12:49     +1   -1
Avatar

T.P.E.
Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3

Group:
Administrator
Posts:
6,719
Like:
+2,087

Status:


2

Era appena finita un’altra giornata di lavoro al centro massaggi “Iku Tramp-Lin”. Il giorno se ne andava e l’aria già di per sé rilassante del centro benessere lo diventava ancora di più. Fuori dalla porta era appeso il cartello “CHIUSO”, ma dentro l’edificio c’era ancora qualcuno.
In una stanza adibita a sala d’attesa durante l’orario di lavoro, le massaggiatrici si godevano il meritato riposo.
A permettere loro di goderne era Matteo, la mascotte del centro massaggi. La direttrice del centro, difatti, lo metteva a disposizione di tutte loro, con l’ordine preciso di piegarsi a ogni loro capriccio.
In quel momento, ad esempio, stava pulendo, con la bocca, il sudore dei piedi di una di loro. Era una di quelle che non praticava massaggi coi piedi, di conseguenza indossava le scarpe tutto il giorno. Gli aveva ordinato di succhiare le dita una per una. Nel frattempo altre ragazze si massaggiavano i piedi strusciandoglieli addosso.
Matteo non si era ancora abituato a leccare i piedi delle ragazze ed eseguiva quell’operazione con un certo brivido. Doveva leccare anche i piedi delle massaggiatrici che lo calpestavano durante tutto il giorno, per aiutarle a sciogliere la tensione. In quel caso doveva comportarsi in modo un po’ diverso; non era un lavoro minuzioso di lingua come quello che stava facendo in quel momento, ma doveva percorrere tutta la pianta con ampie leccate, con meno interruzioni possibili.
Non era facile svolgere quel compito, per Matteo, perché le dipendenti erano almeno una decina, ed era difficile stare dietro a tutte. Consapevoli di questo le ragazze, per tutto il tempo che la titolare lo lasciava a loro disposizione, si divertivano a bombardarlo di ordini, a volte anche insignificanti, come raccogliere una penna, ma tutti dati contemporaneamente. Matteo doveva fare i salti mortali.
“Avanti!” lo spronò Iku, la proprietaria del centro massaggi “Se qualche ragazza non è contenta di te devi essere punito, lo sai!”
“In effetti io non sono tanto contenta…” disse una ragazza alzando la mano “Gli ho ordinato di massaggiarmi i piedi dieci minuti fa e ancora non lo fa.”
“No… per favore… no…” pregò mentalmente Matteo “Stavo pulendo i piedi a lei… per favore… no…”
“Ahia…” disse Iku “Ti meriti una punizione. Vieni.”.
Lo prese per i capelli e, a quattro zampe com’era, lo trascinò in mezzo alla stanza. Le altre ragazze risero.
“Quante gliene dai?” chiese quella che si era lamentata.
Intanto Iku si sedette sulla schiena di Matteo
“Hmmm… cinquanta!” rispose.
Altre risate da parte delle ragazze.
Dopodiché arrivarono cinquanta manate sulle natiche di Matteo, non solo umilianti, ma anche date con la sicurezza di una massaggiatrice professionista.
In uno specchio sulla parete davanti a lui Matteo vedeva Iku seduta su di lui con le gambe accavallate, fasciate da calze di nylon che scomparivano in un paio di scarpe coi tacchi. Il contrasto tra l’eleganza di quella donna e l’aspetto pietoso della sua immagine riflessa lo fece diventare rosso come un peperone. Le risate delle ragazze che si godevano la sua espressione dolorante contribuirono.
Quando Iku fu arrivata alla cinquantesima manata si alzò.
“Ringraziala baciandole le scarpe!” esclamò una voce proveniente dal gruppetto di ragazze
“Hai sentito? Forza!” ridacchiò Iku mettendosi di fronte a lui.
Matteo la ringraziò umilmente.
“Adesso il mio massaggio!” gridò la ragazza che si era lamentata.
Matteo corse a massaggiare la ragazza che lo aveva appena fatto punire.
Si potrebbe dire che Matteo non aveva un attimo di respiro, ma non sarebbe esatto. Doveva respirare eccome, attraverso le dita dei piedi delle ragazze. Lo sfruttavano, infatti, senza permettere il minimo spreco. Ogni parte del suo corpo lasciata libera dall’esecuzione dell’ordine che stava eseguendo doveva essere impiegata in un altro modo. Mentre massaggiava, per esempio, aveva il naso libero, e a qualcuna veniva subito in mente di piazzarci sopra un piede.
La ragazza a cui stava succhiando le dita dei piedi poco prima gli ricordò anche che doveva finire il lavoro. Dato che aveva ancora la bocca libera, poteva farlo mentre massaggiava i piedi a una ragazza e annusava quello di un’altra. Quando ebbe finito di succhiare le dita del piede destro, e lei gli ebbe ordinato di passare al sinistro, trovò un’occupazione anche per i capelli di Matteo, che vennero usati per asciugare il piede bagnato.
Non appena anche questa parte del corpo si fu liberata, un’altra ragazza pensò subito di occuparla di nuovo per poggiarci un piede sopra (non si sa se per comodità o solo per far sentire Matteo umiliato).
Poi arrivarono le tallonate sulla schiena, e quelle furono forse la parte peggiore, perché era difficile leccare i piedi delle massaggiatrici che lavoravano con le scarpe e massaggiare quelli di quelle che lavoravano scalze con una distrazione del genere. Se avesse disgraziatamente morso i piedi di una di loro o non avesse massaggiato bene quelli di un’altra… si sarebbe anche potuto preparare a una settimana senza essere in grado di sedersi.
Insomma, a un certo punto della serata non c’era una sola parte del corpo di Matteo inutilizzata. Iku apprezzò molto la cosa e disse:
“Mi piace la vostra capacità di organizzazione, ragazze! Per premio oggi una di voi può portarselo a casa.”.
“No!” esclamò Matteo quasi sputando il piede di una ragazza. Lasciò tutti i compiti che stava svolgendo e si gettò ai piedi di Iku, afferrandole una caviglia.
“Per favore, signora, no!”
“Perché?” chiese Iku dolcemente
“Perché l’ultima volta che una di loro mi ha portato a casa ho passato la notte a farle il bucato e a lucidarle i pavimenti con uno spazzolino!” rispose Matteo “Il giorno dopo ero a pezzi… e poi l’ho dovuta portare ovunque per tutta la sera comportandomi come uno schiavo… la prego… non mi faccia questo…”
“E che problema c’è se domani sei stanco?” chiese Iku “Avrai un centro massaggi a disposizione gratis per tutto il giorno… direi che il modo di riposarti lo troverai. Sdraiati” ordinò. Matteo, rassegnato, si sdraiò a pancia in giù.
“Ai vostri posti, ragazze!” esclamò Iku.
Le ragazze accorsero ridendo. Avrete forse presente quel gioco in cui un gruppo di persone tiene una mano su un grosso premio che viene vinto l’ultimo che la toglie. Era una cosa del genere, ma fatta coi piedi. Per velocizzare le cose, Matteo doveva muoversi, durante il gioco.
Certo… “muoversi” è forse una parola grossa. Doveva strisciare come un mollusco, per quel pochissimo che gli permettevano di fare i dieci piedi che lo tenevano fermo a terra.
Iku, da mezzo metro di distanza, controllava quando le ragazze uscivano dal gioco. Quella che rimaneva poteva portarselo a casa.
La gara durò una mezz’oretta. Mezz’ora in cui Matteo si sentì completamente alla mercé di quelle ragazze, incapace persino di strisciare sotto i loro piedi.
“Saya!” proclamò alla fine Iku. Era il nome della vincitrice.
Matteo si fece così minuscolo che gli sembrò quasi che il piede che aveva sulla schiena bastasse a coprirlo tutto. Saya era una ragazza giovane e esigente che viveva in un appartamento sopra quello dei genitori.
Saya e Matteo uscirono per ultimi, insieme alla titolare.
“Mentre sei mio” gli spiegò Saya “voglio che obbedisci senza aprire bocca. Per questo ho deciso che dovrai tenere questi in bocca per tutto il tempo…”
Così dicendo gli porse un paio di calzini bianchi. Matteo le guardò i piedi e vide che indossava le scarpe senza calze: le calze se le era evidentemente appena tolte per metterle in bocca a Matteo.
“Ma… se mi parla qualcuno…?” chiese
“Non gli rispondi” rispose semplicemente lei “Stai zitto e fai la figura dello scemo.”
Matteo si mise i calzini di lei in bocca con una smorfia.
“Ora fila in macchina” ordinò Saya.
Matteo entrò in macchina ma prima, senza che lei glie lo avesse chiesto, le aprì la portiera. Quella ragazza, bassa, minuta e giovane lo aveva già sotto il suo controllo. Non gli passava nemmeno per la testa l’idea di disobbedirle.
Saya gli spiegò in che ristorante doveva andare. Sentendo parlare di ristoranti, Matteo gemette; quando quelle ragazze mangiavano in casa, poteva sperare in qualche avanzo buttato in una ciotola o in un piattino di cibo da mangiare mentre la massaggiatrice teneva i piedi nel piatto, ma mangiare al ristorante dovendo tenere in bocca un paio di calzini appallottolati significava digiunare.
E così andò.
Si sedettero a un tavolo per due, Saya mangiò e lui rimase fermo immobile a guardarla mangiare.
A volte lei gli sorrideva; era un bel sorriso, forse anche affettuoso, ma dolcemente sadico.
Saya parlò per lui, ma senza fretta. Lasciò sempre che i momenti di imbarazzo durassero qualche secondo. Quando il cameriere chiese a Matteo cosa volesse, per esempio, gli spiegò che il suo amico era muto e non voleva mangiare nulla, ma prima si godette un po’ la scenetta.
Dopo cena fecero una passeggiata per la città, guardando le vetrine.
Ogni tanto Saya gli infilava la mano sotto la maglietta e lo pizzicava di nascosto, infilzandolo con le unghie. Matteo si contorceva dal dolore, ma i calzini che aveva in bocca gli impedivano di gridare.
Saya si godeva le sue smorfie e il suo imbarazzo davanti agli sguardi incuriositi dei passanti con un’espressione beata. C’era qualcosa di rilassante, pensava quella ragazza, nel far soffrire un uomo in quel modo. Era dolce vedere come lui penava mentre lei stava benissimo.
Quando fu abbastanza tardi da non rischiare di incontrare i suoi genitori, Saya si fece portare a casa. Siccome non voleva stancarsi, spiegò, la avrebbe dovuta portare in braccio fino alla soglia del suo appartamento. Quando Matteo chiamò l’ascensore, Saya lo colpì con una gomitata, facendogli capire che voleva facesse sei piani di scale.
Una volta in casa, Matteo ebbe il secondo moto spontaneo verso quella ragazza. Si inginocchiò e prese a baciarle i piedi senza che lei lo avesse chiesto.
La adorò per parecchi minuti, sempre coi suoi calzini in bocca. Intanto pensava frasi tipo “Mi hai sconfitto”, “Sono ai tuoi piedi”, “Sono pronto a fare tutto quello che vuoi”.
A un certo punto, Saya si tolse le scarpe, senza che lui smettesse di baciare, e rimase a piedi nudi. L’odore delle scarpe della ragazza lo avvolse, ma continuò a baciare.
Dopo un po’ la massaggiatrice andò a sedersi sul divano.
“Vieni qui e porta le scarpe” gli disse.
Lui la seguì obbediente.
Come aveva immaginato, voleva piazzargli i piedini sudati in faccia. Era stato un gran fastidio indossare le scarpe senza calzini, e ora lui doveva asciugarglieli e eliminare quella sensazione di prurito.
In ginocchio, con quei piedini in faccia, i calzini in bocca e le scarpe in mano, Matteo recuperò un po’ di lucidità. Lo stato d’animo di quando le aveva baciato i piedi senza che lei lo chiedesse venne sostituito dalla consapevolezza della situazione in cui si trovava.

(continua)
 
Top
view post Posted on 17/12/2023, 12:16     +1   -1
Avatar

T.P.E.
Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3

Group:
Administrator
Posts:
6,719
Like:
+2,087

Status:


3

Il giorno dopo, Matteo era stremato, come aveva previsto.
In mattinata si trovava nell’ufficio della titolare, che si divertiva a farsi riportare una pallina con la bocca.
“Cosa ti ha fatto fare?” gli chiese mentre giocavano.
“Mi ha fatto pulire tutte le sue scarpe con uno spazzolino e stamattina mi ci ha fatto lavare i denti.”
Iku rise.
“Brava!” commentò.
“E ogni volta che mi addormentavo mi svegliava calpestandomi…” continuò lui.
Iku rise di nuovo, ancora più orgogliosa della sua dipendente.
“Quando è andata a dormire, per non farmi addormentare, mi ha legato al soffitto per i testicoli. Se mi addormentavo scendevo e il nodo stringeva…”
La risata di Iku si fece ancora più fragorosa.
“Non dormo da ieri… ho sonno…” piagnucolò Matteo depositando la pallina ai pedi della donna e strusciandosi contro le sue caviglie
“Su…!” disse Iku “Non ti lamentare. Dormirai dopo! Stai buonino e fammi divertire.”.
Matteo continuò il giochino fino allo sfinimento, incalzato dalla donna, che non gli concesse un secondo di pausa. Quando si fu stancata, lo fece alzare e gli permise di andarsi a stendere su un lettino per un massaggio.
Finalmente Matteo poté sdraiarsi. Un piacere immenso… seguito a ruota da quello causato dal tocco dei piedi di una ragazza sulla schiena. Riuscì anche a dormire per un po’.
Quando si svegliò, nella stanza insieme a lui c’era un’altra ragazza, sdraiata su un lettino accanto al suo. Fece una piccola smorfia; preferiva le salette private o comunque avere meno compagnia possibile. Non gli piaceva l’idea che lo vedessero durante i massaggi, e ancora meno il rischio che qualcuno notasse la sua eccitazione.
Comunque, in quel momento, non c’era problema. La massaggiatrice era andata via, e lo aveva lasciato lì a rilassarsi. Matteo chiuse gli occhi e cercò di riaddormentarsi.
“Matteo!” disse a quel punto una voce.
Matteo aprì gli occhi. Era la ragazza nel lettino vicino al suo.
“E lei come sa il mio nome?” le chiese
“Non mi riconosci, Matteo?” disse lei “Sono io! Guardami bene.”
Matteo la guardò per qualche secondo.
“Bhò… scusami ma…” le disse poi
“Sono Sabrina!” esclamò la ragazza “La tua vicina di casa! Ti ricordi?”.
Matteo sobbalzò.
Era la sua vecchia amica. Non la vedeva da troppo tempo per riconoscerla, e non aveva idea di come lei avesse riconosciuto lui. Si erano persi di vista dopo che lei aveva lasciato le elementari e lui le medie.
“Ciao” la salutò. “Ma come hai fatto a riconoscermi?”
“Ti sto guardando da quando sono entrata.” rispose lei. “Ma che fai? Vieni al centro massaggi per dormire?”
“Bhè, sai… il relax…”
“Già…” disse lei “e poi…” e scoppiò a ridere
“Che c’è?” domandò lui
“Niente. È che stavo pensando ai giochi che facevamo da piccoli! Quando tu ti facevi calpestare…!”
Rise di nuovo, e Matteo sobbalzò. Sabrina era una delle ragazze da cui si faceva … mettere i piedi in testa più volentieri, da piccolo. Fino a quando avevano avuto tredici anni lui e dieci lei, ogni occasione era stata buona per finire sotto le sue scarpine sporche.
“E adesso il massaggio che stai facendo… ci assomiglia, no?”
Matteo provò a simulare una risatina per concludere alla svelta quel discorso, ma l’insicurezza lo tradì.
“Ma… non è che lo stai facendo apposta…?”
“Ehm… ma no…!” provò a mentire Matteo, ma ormai diventava sempre più rosso. Quella sua diabolica amichetta stava capendo tutto!
Sabrina scoppiò a ridere.
“Ah! Ah! È così!” esclamò “Appena torna la massaggiatrice, dico tutto.”
“No, ferma” disse Matteo sperando di poterla ancora convincere che si sbagliava “Ti prego… non mi mettere in imbarazzo.”
“Perché? Mi diverto.” disse Sabrina sorridendo “Appena torna le dico: ‘Lo sa che a questo ragazzo piace essere calpestato così?’.”
“No… ti prego! Farò tutto quello che vuoi!” piagnucolò Matteo
“Ah, sì? Ok.” disse Sabrina “Abbaia, dai”
Matteo esitò un momento, poi abbaiò.
“Di più!” lo incoraggiò Sabrina ridendo “Tante volte.”
Matteo si rassegnò all’umiliazione.
“Adesso fai il maialino…” proseguì Sabrina.
“Vuoi che racconti tutto?” disse a un certo punto.
“No!” esclamò lui
“Allora fai ‘coccodè’!” rise lei.
Lui obbedì, sperando che quella fosse l’ultima richiesta. Ce n’era ancora un’altra:
“Adesso un’ultima cosa. Metti la faccia sulle piante dei miei piedi.”
Matteo deglutì. Ricordava quando da piccolo quella ragazza lo calpestava. Ogni tanto gli poggiava un piede sulla faccia, ma a lui non piaceva, così lo spostava. Non sapeva mai come comportarsi, coi suoi piedi in faccia. A volte Sabrina li toglieva subito, appena Matteo voltava la testa o li allontanava con le mani, ma a volte insisteva. In quei casi, per paura che smettesse di calpestarlo, doveva lasciarla fare e subire un po’ di puzza.
“No!” le chiese
“Sì, invece.” disse Sabrina “Dai, pensi che non me li sia lavati, prima di venire qui?”
“No… è che…”
“Allora muoviti. Forza.”
“Ma Sabrina…”
“Che c’è? Hai paura che torni la massaggiatrice e ti veda?” chiese Sabrina. “Allora fai meglio a muoverti! O forse preferisci che appena torna le racconti qualcosa io? Magari di quella volta che hai fatto lo zerbino tutto il giorno mentre eri a casa mia con me e le mie amiche?”
“No!” esclamò spaventato lui “Questo non puoi farlo! Dimmi cosa vuoi che faccia…”
“Faccia sulle piante dei miei piedi” disse Sabrina.
Matteo si rassegnò e andò a inginocchiarsi in fondo al lettino. Appoggiò la faccia alle piante di Sabrina, che gli ricordò che avrebbe potuto staccarle solo quando lo avesse deciso lei.
Fu più l’umiliazione che l’odore, dato che i piedi di Sabrina erano stati spalmati poco tempo prima con cremine rilassanti profumate. Più che altro furono l’umiliazione e la paura di sentir dire, da un momento all’altro …

“Che sta succedendo qui?”

Matteo si fece minuscolo in un secondo.
Ecco… quello che temeva era accaduto. Era entrata una delle ragazze e aveva visto.
“Te l’avevo detto che dovevi sbrigarti!” esclamò Sabrina ridendo. “Se mi avessi obbedito prima, non avrebbe visto niente.”
Matteo si alzò rosso come un peperone.
“Adesso cosa faccio?” chiese Sabrina mettendosi a sedere “Le dico tutto o glie lo dici tu?”
“Tutto, signorina?” chiese la massaggiatrice “Se è quello che penso io, qua lo sappiamo benissimo”
Sabrina rimase spiazzata.
“Che cosa?” chiese.
“Voleva dirci che gli piace essere uno zerbino? Ma guardi che ce l’ha già detto lui!” rispose l’altra “Infatti adesso è il nostro schiavetto. Stia a vedere…” si rivolse a Matteo:
“Schiavo! Vai a baciare il pavimento dove ho appena camminato.” ordinò.
Matteo eseguì umilmente, di fronte allo sguardo sbalordito di Sabrina.
“Non ci credo…” mormorò la ragazza.
“A proposito, ero venuta a dirti che è scaduto il tempo del massaggio” disse la massaggiatrice a Matteo, mentre baciava.
“C’è Kazue che ti vuole per la solita ritoccatina allo smalto. Vai! Forza!”
Gli diede un calcio sul fianco, e Matteo volò fuori dalla stanza.
Mentre si dirigeva nel luogo dove le massaggiatrici si godevano le loro pause, Matteo tremava come una foglia da capo a piedi. Non era mai stato tanto umiliato come in quel momento. Per lo più, l’idea di sapere Sabrina e una delle massaggiatrici da sole in una stanza, a raccontarsi chissà che cosa … semplicemente lo terrorizzava.
“Mi hai fatto chiamare, Kazue?” chiese alla ragazza che lo aspettava seduta su una poltroncina.
“Sì” rispose la ragazza. “Tra venti minuti nello sgabuzzino delle scope. Non ci disturberà nessuno.”.
Si allontanò, concedendo a Matteo un po’ di respiro. Qualsiasi cosa dovesse fare prima di sistemarsi lo smalto, era contento che dovesse farla. Aveva proprio bisogno di sedersi e riordinare le idee.
Non poté farlo che per dieci minuti.
Mentre riprendeva fiato, sentì la voce di Sabrina nell’orecchio destro.
“Hai da fare, stasera?” gli chiese.
Lui sobbalzò.
“Cosa?” chiese
“Le tue amiche mi hanno invitata a una cena che hanno organizzato a casa di una di loro” spiegò Sabrina.
“Le intratterrò per tutta la sera con gli aneddoti di quando ci conoscevamo, da piccoli. Naturalmente ci devi essere anche tu, altrimenti non è divertente. Ci vieni?”
Matteo quasi scoppiò in lacrime, sentendo quelle parole. Non sapeva come replicare ma, tanto, Sabrina non gliene diede il tempo.
“Ci vieni” disse Sabrina. “Stasera alle otto. Ti ci accompagneremo dopo il lavoro.”.
E se ne andò lasciandolo lì tutto rosso.

(continua)
 
Top
view post Posted on 19/12/2023, 12:58     +1   -1
Avatar

T.P.E.
Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3

Group:
Administrator
Posts:
6,719
Like:
+2,087

Status:


4

Appena finito il lavoro generalmente, le ragazze del centro massaggi si concedevano un po’ di riposo servite e riverite da Matteo, che qualche volta una di loro si portava a casa, come aveva fatto Saya il giorno prima.
Quel giorno, però, erano tutte così elettrizzate all’idea di ridicolizzare Matteo con l’aiuto di una nuova compagnia a dar loro una mano che nessuna volle aspettare per andare a casa.
Sabrina, quindi, entrò nella stanza dove di solito lui le aspettava in ginocchio a fine giornata e lo fece alzare in piedi prendendolo per l’orecchio.
“Ci sai arrivare a casa della tua principale, vero?” gli chiese.
“Andiamo lì?” rispose lui. “Certo … certo che ci so arrivare. Mi ci ha portato altre volte.”
“Allora salta in macchina. Guidi tu” lo informò Sabrina.
Iku era già in cucina a fare gli onori di casa, preparando qualche cibo da occasione speciale, mentre le ragazze aspettavano in sala da pranzo, comodamente sedute su dei divanetti, attorno alla tavola apparecchiata.
Appena entrò l’attrazione principale della serata, le ragazze si misero a gioire e applaudire. Sabrina lo spinse orgogliosamente in mezzo a loro tirandolo per un braccio.
“Dove lo mettiamo?” chiese una ragazza.
“Là in mezzo! Dove possiamo vederlo tutte!” rispose un’altra.
“Deve stare in una posizione ridicola. Ecco, così…” e prese uno dei poggiapiedi di Iku e lo sistemò al centro della scena. “Mettiti qui. In ginocchio” disse poi rivolta a Matteo.
“Ragazze … il cartello!” disse poi rivolta alle sue colleghe.
Matteo vide che le passavano un cartoncino a cui era attaccato uno spago. La massaggiatrice glielo appese al collo e le altre ragazze risero di gusto.
“Ecco. Ora siamo pronte.”.
Matteo provò a leggere il cartello che gli avevano appena assegnato, ma era scritto in un alfabeto che non conosceva, così non ci riuscì.
Evidentemente le ragazze dovevano capirlo bene, invece, perché ridevano tutte come matte, e senza un briciolo di pietà.
Iku entrò poco dopo per salutare le sue ospiti appena arrivate.
“Vedo che è arrivato anche lui” affermò guardandolo, poi lo sguardo le cadde sul cartello e rise anche lei.
“Dai, verme salutami” gli ordinò.
Gli tolse il cartello per qualche secondo, il tempo necessario per prostrarsi ai suoi piedi e darle un paio di leccate alle scarpe.
“Bene.” disse poi “la cena è quasi pronta. Mi servono un paio di ragazze per aiutarmi a portare i piatti. Poi mangeremo … nel frattempo il nostro zerbino se ne starà qui in ginocchio a guardarci cenare, ovviamente.”
Le ragazze risero. Una gridò:
“Ringraziaci!”
“Grazie, signorine” biascicò Matteo rosso di vergogna. Loro risero di nuovo, poi si misero a tavola.
Durante la cena, Sabrina prese parola.
“So che pensavamo di tenere gli aneddoti per dopo la cena ma, siccome stiamo mangiando, me n’è venuto in mente uno carino …”
“No, questo no…” pregò mentalmente Matteo, che aveva capito dove Sabrina sarebbe andata a parare.
C’era un periodo, quando ero piccola, che mi ero messa in testa di voler fare una dieta. Io e Matteo stavamo parlando dei metodi che usano le modelle per restare magre. Lui mi disse che ce n’erano alcune che vomitavano dopo mangiato … allora io dissi che potevo fare la stessa cosa sputando il cibo dopo averlo masticato.
‘E che ci fai, dopo?’ mi chiese lui, ‘Lo butti?’. Io risposi: ‘Perché, no?’ Dopo-tutto, anche il cibo vomitato subito dopo veniva sprecato. ‘Sì… però… bhò… mi sembra uno spreco…’ commentò lui. ‘Posso farlo mangiare a te, se vuoi.’ gli dissi io ridendo. Lui ci pensò su un mo-mentino… poi mi disse che potevamo farlo. Lo potevo sputare a terra e lui lo avrebbe mangiato, però dovevo accarezzarlo col piede per ringraziarlo, mentre lo faceva

“Non l’avessi mai fatto!” pensò Matteo. Era stata una cosa molto più disgustosa di quanto aveva pensato, tanto che non aveva praticamente sentito l’eccitazione per il fatto di essere calpestato
“Dai! Facciamolo anche adesso!” esclamò una ragazza.
“Sì, dai!” le diede corda un’altra “Chi vuole dimagrire?”
“No, vi prego…” le scongiurò Matteo giungendo le mani “È una cosa bruttissima, vi prego, no…”
“Zitto!” urlarono un paio di ragazze all’unisono.
Iku, senza proferir parola, diede il via al gioco sputando per terra, vicino alla propria sedia, un boccone che aveva appena masticato.
“Dai, vieni a mangiare ai nostri piedi, cagnolino” gli disse.
Matteo non si mosse.
“Non vieni? Va bene… allora…” sputò un altro boccone, che andò a cadere sul precedente.
“Più passa il tempo, più la poltiglia aumenta…” disse. Sputò di nuovo e mentre sputava Matteo scese dal poggiapiedi e iniziò a gattonare verso di lei.
Gli tolsero il cartello per un momento, poi lui avvicinò la faccia al mucchietto di cibo e saliva e diede una timida leccatina.
Iku gli accarezzò la testa con il piede, tra le risate delle altre ragazze, che si sporgevano da sotto il tavolo per guardarlo mangiare.
Dopo qualche sua esitazione, Iku gli spinse la faccia con decisione in mezzo alla poltiglia, facendogliene finire un po’ in bocca e il resto sulle guance. Risate generali, ovviamente.
Matteo mangiò tutto mentre Iku lo premeva contro il pavimento, poi rimase solo la poltiglia che gli era rima-sta appiccicata alla faccia.
“Ci penso io, signora” affermò una dipendente, e, sedendosi su una sedia, iniziò a pulire la faccia di Matteo con le proprie scarpe.
“Fermo…” gli disse “Ora puliscimi le scarpe.”.
Ormai in preda a conati di vomito, Matteo obbedì.
L’esempio di Iku venne seguito da un paio di ragazze. Smisero quasi subito, però (anche se a Matteo sembrò che avessero continuato anche troppo); volevano mangiare davvero, e poi a loro piaceva anche l’idea che il ragazzo soffrisse un po’ la fame.
“Sei migliorato!” commentò Sabrina.
Le ragazze gli ordinarono di ringraziarle inchinandosi davanti a loro, per poi tornare a inginocchiarsi sul poggiapiedi.
Gli fecero rivolgere un ringraziamento speciale a Sabrina, che era l’ultima persona in quella stanza che Matteo avrebbe voluto ringraziare, per la bella idea che aveva dato alle sue amiche.
Per Sabrina fu elettrizzante. Gli ordinarono di baciarle i piedi, ed era la prima volta che un uomo si umiliava così con lei.
Dopo la cena, finalmente le ragazze si misero in posizione intorno a Matteo.
Avevano l’aria famelica. Non vedevano l’ora di iniziare. Continuavano a punzecchiarlo in tutti i modi, godendo all’idea che non potesse reagire.
Una di loro, quella che gli aveva ripulito la faccia usando le scarpe poco prima, avvicinò il divanetto su cui era seduta al poggiapiedi su cui era inginocchiato lui e gli mise un piede tra le ginocchia.
“Allarga le gambe!” ordinò “Serve anche a me il poggiapiedi.”
“Sì, Otsune…” rispose Matteo che, ovviamente, la conosceva bene. La punta della scarpa destra di Otsune andò a solleticarlo appena sotto i testicoli.
“Poi ci farà lui da poggiapiedi!” esclamò un’altra ragazza.
Iku, poco per volta, le calmò, poi diede la parola a Sabrina.

(continua)
 
Top
view post Posted on 22/12/2023, 13:23     +1   -1
Avatar

T.P.E.
Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3

Group:
Administrator
Posts:
6,719
Like:
+2,087

Status:


5

Per essere sicure che Matteo le guardasse mentre Sabrina lo umiliava, le massaggiatrici gli misero una scarpa sulla testa, ordinandogli di non farla cadere, pena un numero indefinito di sculacciate da parte di Iku. In questo modo, furono sicure che il ragazzo tenesse sempre il mento alto.
Con la punta della scarpa di Otsune che lo solleticava in mezzo alle gambe, quell’impresa non sarebbe stata facile comunque, quindi Matteo si preparò a essere sculacciato almeno una volta.
Sabrina, dal canto suo, era in estasi. Avere un suo amico immobilizzato, con un cartello denigrante al collo e costretto ad ascoltarla mentre lei lo umiliava davanti a una ventina di altre ragazze era una specie di sogno che si realizzava, senza che lei l’avesse mai sognato.

“Allora…” cominciò “Da dove comincio? Io e Matteo ci siamo conosciuti da piccoli, le nostre mamme erano amiche, quindi giocavamo sempre insieme. Un giorno siamo a casa mia che giochiamo a nascondino e indovinate Matteo dove si nasconde? Nello spazio tra il mio letto e il muro. Io non ci ho messo molto a trovarlo ma, quando l’ho trovato, ho fatto finta di non vederlo. Sono entrata nella stanza e ho detto: ‘Hmmm… ma dove si sarà cacciato Matteo? E se si fosse nascosto fuori? Fammi un po’ andare a vedere…’. Sul muro vicino vicino al nascondiglio di Matteo c’era una finestra… avrete già capito che, per affacciarmi, dovetti salire sul suo corpo. Dopo esserci salita, ci saltellai sopra un bel po’, dicendo cose tipo ‘Non lo vedo! Dove si sarà andato a nascondere?’. In genere giravo scalza per casa ma, per sfortuna di Matteo, quel giorno avevo le scarpe. Dovetti fargli parecchio male perché, a un certo punto, iniziò a lamentarsi e a chiedermi di scendere. ‘Ah! Sei lì!’ gli dissi ‘Prova ad alzarti, su’.”

Le massaggiatrici apprezzarono e Sabrina, dopo una pausa, continuò.
“Adesso penso che ci voglia qualcosa di più umiliante per lui…” risate delle ragazze “Ecco, ho trovato. Un giorno Matteo si offrì di massaggiarmi i piedi, solo che insistette per stare sdraiato ai piedi della sedia dove ero seduta, mentre lo faceva. Disse che così stava più comodo. In realtà voleva solo che tenessi il piede che non stava massaggiando sul suo petto. Stette in quella posizione per tutto il tempo che mi ci volle per fare i compiti per il giorno dopo. Dovevo averne davvero tanti, perché Matteo a un certo punto mi chiese di potersi alzare, perché era stanco e iniziava a fargli male la schiena, e io gli risposi che lo avrei fatto alzare appena avessi finito. Quando finalmente lo feci alzare gli diedi un foglio su cui avevo scritto duecento volte: ‘Appena ho finito i compiti, ho scritto queste frasi e ti ho tenuto a massaggiarmi i piedi per tutto il tempo!’.”

Le ragazze, in effetti, risero ancora molto più di gusto, stavolta. Otsune, soprattutto, alzò anche un po’ le gambe, il tempo necessario a graffiare i testicoli di Matteo, che sobbalzò, facendo cadere la scarpa che aveva in testa.
“L’hai fatta cadere!” esclamò Iku
“Non l’ho fatto apposta! Giuro che non l’ho fatto apposta!” gemette Matteo
“Accucciati subito sul poggiapiedi. Devo sculacciarti.” ordinò
“Ma…” provò a obiettare lui
“Sabrina,” disse Iku “vatti a sedere sulla sua schiena. La punizione durerà per tutto il tempo del tuo prossimo racconto”
Matteo capì subito che Sabrina, per allungare la sua agonia, avrebbe parlato più lentamente possibile. Si gettò ai suoi piedi abbracciandole le gambe.
“Non farlo, Sabrina. Ti prego, non farlo…” implorò
“Non fare cosa?” rise lei
“Non parlare piano… racconta veloce…”
“Non ci avevo pensato!” lo umiliò lei. “Hai ragione. Più tempo ci metto a raccontare, più sculacciate ti prendi. Ora sdraiati lì sopra, da bravo bambino…”.
Iku si accomodò su una sedia dietro Matteo, che si sdraiò sul poggiapiedi con Sabrina che lo cavalcava sulla schiena.
Otsune, che gli aveva causato quella punizione, si tolse le scarpe e poggiò i piedi nudi, poggiando sulle piante, sulla sua nuca. Ora che il suo poggiapiedi era occupato, glie ne serviva un altro. Le scarpe che Otsune si tolse, logicamente, finirono sotto il viso di Matteo.

“Ora vi sembrerà strano che questo verme si faccia ridurre così,” cominciò Sabrina strascicando ogni parola, mentre Iku sculacciava Matteo “ma vi assicuro che non ci voleva niente a umiliarlo anche da ragazzino.”
“Non lamentarti!” esclamò Iku a quel punto “Non ci fai sentire il racconto.”
“Per esempio, pur di farsi mettere i piedi addosso, mi lasciava sempre vincere, qualsiasi cosa facessimo.” proseguì Sabrina dopo una breve risata “Per esempio, una volta, ci mettemmo a fare a botte per non so quale motivo. Lui crollò subito e io gli misi un piede sul petto. ‘Non ci vuole niente a buttarti giù!’ commentai guardandolo dall’alto in basso. ‘Non è vero!’ rispose lui sentendosi umiliato. ‘Sì, invece!’ dissi io ‘Scommetto che non riesci a battere neppure la mia Barbie!’. Lo feci alzare e iniziammo una lotta tra lui e la mia Barbie. Ovviamente, la Barbie la tenevo in mano io, quindi era come se stesse lottando lui contro di me con una mazza in mano. Per non farsi bastonare troppo, si sdraiò a terra di sua spontanea volontà. ‘Ah!’ dissi io ‘Lo vedi che hai perso? Adesso la mia Barbie ti metterà un piede addosso come ho fatto io.’ e glie lo feci mettere. Dovete credermi, era uno spettacolo vederlo così, sconfitto da un pupazzetto alto venti centimetri! La feci camminare lungo tutto il suo corpo in lungo e in largo, facendole fare un sacco di discorsi umilianti per lui. A un certo punto anche Matteo dovette sentirsi troppo umiliato, perché mi disse: ‘Adesso però basta, fammi alzare.’. Io gli tenni la testa per terra con una mano e dissi: ‘No! Ti ha sconfitto e adesso la fai festeggiare! Anzi, dille…’ poi lo obbligai a dire un sacco di cose umilianti. Non me le ricordo, però…”
“‘Perché te la prendi con un bambino piccolo come me?’.” recitò Matteo sconsolato
“È vero! Questa era una di quelle!” esclamò Sabrina. “Non me ne ricordo altre… so solo che, alla fine, gli dissi ‘Se vuoi, ti libero io, ma poi dovrai diventare mio prigioniero.’. Matteo accettò, io cacciai via la Barbie e misi un piede sulla sua testa in segno di supremazia. Ora lui era il mio prigioniero, l’avevo liberato dalla Barbie e doveva ringraziarmi ammettendo che potevo calpestarlo quando volevo”.

Il povero Matteo si alzò col fondoschiena dolorante e circondato dalle risate delle ragazze, che avevano apprezzato parecchio quell’ultima storia.
Perlomeno, non dovette più sentire la scarpa di Otsune contro i testicoli, dato che la ragazza si era tolta le scarpe e non sembrava più interessata al poggiapiedi.

(continua)
 
Top
view post Posted on 24/12/2023, 11:48     +1   -1
Avatar

T.P.E.
Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3Italy_Flag3

Group:
Administrator
Posts:
6,719
Like:
+2,087

Status:


6

Quindi Sabrina cominciò a raccontare di quella volta che aveva trovato Matteo addormentato e gli si era seduta sopra, immobilizzandolo, per poi divertirsi a calpestarlo appena si era svegliato.
Matteo intanto stava pensando a un altro episodio.
Si ricordava benissimo di quando Sabrina aveva scritto su quel foglio quelle duecento frasi. Se ne ricordava perché, purtroppo, non aveva pensato di bruciarlo; lo aveva semplicemente messo in mezzo a un quaderno.
Qualche giorno dopo una sua vicina di casa, una ragazza un po’ più grande di lui di nome Fabiola, che prendeva lezioni di piano da sua madre, si presentò a casa sua.
Matteo era alle prese coi primi anni del liceo, stava facendo i compiti in cucina. La ragazza lo andò a salutare.
“Ciao, Matteo.” gli disse scompigliandogli i capelli. Fabiola sarebbe stata molto più simpatica, se non avesse avuto sempre quell’aria condiscendente con lui.
“Fai i compiti?” chiese
“Sì” rispose, ovviamente, Matteo
“Bravo. Sai quando torna la mamma?”
“Non lo so… penso tra un’oretta” rispose lui senza staccare gli occhi dal foglio
“Un’oretta…! Sono proprio in anticipo!” esclamò Fabiola. “Bhè, mi faccio un po’ i fatti tuoi.”
Matteo la ringraziò mentalmente dell’iniziativa, che almeno serviva a farla stare zitta, e, mentre lei prendeva a sfogliare un suo quaderno, tornò ai propri esercizi. Ovviamente il quaderno preso da Fabiola fu …
“Che cos’è questo? Appena ho finito i compiti, ho scritto queste frasi e ti ho tenuto a massaggiarmi i piedi per tutto il tempo!’. Non è la tua scrittura!”
Matteo sobbalzò.
“Niente.” rispose, e gli strappò il foglio di mano.
Con quel gesto si era tradito. La scrittura non era la sua, avrebbe potuto dire che non sapeva da dove provenisse quel foglio ma, dopo aver reagito in quel modo…
“Cosa nascondi?” gli chiese Fabiola maliziosa.
Il povero Matteo non era bravo a nascondere le cose, in realtà, ed era molto più sincero di quanto si potesse credere. Sospirò e iniziò a raccontarle tutto.
Quello che avrebbe subito anni dopo dalle massaggiatrici del centro “Iku Tramp-lin” durante la cena con Sabrina era solo un pallido riflesso dell’imbarazzo che provò davanti a quella ragazza.
Fabiola lo costrinse, in cambio del proprio silenzio, a implorarla leccandole i piedi per un quarto d’ora circa.
“Bravo… umile e sottomesso.” gli disse “Così devono essere i ragazzi… non sfacciati come voi ragazzini”
Poi, dopo qualche minuto, aggiunse:
“Abbiamo ancora una mezz’oretta prima che torni tua madre. Ho voglia di suonare un po’ il piano.”
“Posso smettere di leccare, allora?” chiese Matteo.
“Di leccare sì” disse la ragazza alzandosi “Ma non credere che ti lascerò andare così facilmente… seguimi nella stanza del pianoforte.”.
Una volta in quella stanza, Fabiola si tolse le ballerine che aveva ai piedi e si sedette davanti alla tastiera.
“Che devo fare?” chiese Matteo
“Poggi la nuca sul pedale e non muoverti. Come se fosse un cuscino. Non ti muovere! Potrei farti male.
Il piede nudo di Fabiola calò sulla faccia di Matteo, coprendogliela completamente, poi la ragazza iniziò a suonare.
Matteo avrebbe voluto supplicarla di smettere, ma si sentiva immobilizzato come un verme infilato nell’amo. Il minimo movimento avrebbe potuto costargli come minimo un graffio, un livido… o addirittura uno strappo muscolare. Si trovava in equilibro precario tra il pedale del pianoforte e il piede di Fabiola.
Dopo una mezz’oretta, quando ormai era questione di minuti, prima che arrivasse sua madre, smisero, ma Fabiola non si accontentò: prese Matteo per le orecchie, lo guardò dritto negli occhi e disse:
“Adesso voglio che tu rifletta su cosa si prova a essere umiliati dalla propria vicina di casa più grande. Va bene? E, visto che ti piacciono tanto i compiti a casa, domani mi porterai un bel temino proprio su questo tema, ok?”
Detto questo lo lasciò e si diresse in cucina, dove recuperò il foglio scritto da Sabrina qualche giorno prima.
“Questo lo tengo io. A proposito, lo voglio anch’io un massaggio ai piedi! Stasera dirai a tua madre che esci con gli amici, invece verrai a trovarmi e me ne farai uno, ok? Ciao, ciao…!”.
Per fortuna di Matteo, qualche mese dopo Fabiola si era trasferita, e lui aveva smesso di perdere il sonno, terrorizzato all’idea che raccontasse qualcosa a sua madre.

Stanche di vederlo in ginocchio, a un certo punto della serata, le massaggiatrici fecero mettere Matteo a quattro zampe, e un paio di loro lo usarono come poggiapiedi.
Sotto le loro gambe faceva caldo, ma il ragazzo non si lamentò.
Perché potesse stare sempre col viso bene in vista (volevano cogliere ogni sua espressione mentre lo umiliavano), gli avevano poggiato il mento sul poggiapiedi dove era stato inginocchiato fino a poco tempo prima. Senza neanche bisogno di dirlo, quello stesso poggiapiedi veniva usato contemporaneamente da alcune ragazze, rigorosamente a piedi nudi.
Quando i ricordi del ragazzo smisero di passargli davanti agli occhi, la sua mente tornò a concentrarsi sulla voce di Sabrina, e Matteo realizzò che la sua amica era passata a un altro racconto.
“E allora lui si mise a piagnucolare.
"No, dai… non avevi detto che dovevamo fare così…” stava dicendo.
Sabrina allora si rivolse a Matteo: “Dai, facci vedere come piagnucolavi.”
“Eh?” rispose lui “Cosa?”
“Non stavi ascoltando!” disse una ragazza “Guarda che tu sei qui per essere umiliato! Come facciamo a umiliarti, se non ci ascolti?”
“Puniamolo!” esclamò un’altra
“No! No! Vi prego, signore, no!” strillò Matteo, che aveva ancora il sedere rosso per le altre sculacciate, sudando.
“Dai!” gridarono le ragazze “Dobbiamo punirlo!”.
Iku le accontentò volentieri. Si sedette su una poltrona e disse:
“Matteo… sdraiati sulle mie ginocchia.”
“No…” piagnucolò Matteo “Non questo… mi dispiace… non lo farò più, ma punitemi in un altro modo, per favore…”
“Potremmo farlo uscire in balcone nudo per mezz’ora” propose una ragazza leggermente impietosita
“Non fa abbastanza freddo.” le rispose un’altra; era Saya
“Vieni subito o vengo lì io.” tagliò corto Iku “Uno, due…”.
Matteo le saltò in grembo come un gattino, poi si mise a piagnucolare, mentre Iku gli sfilava delicatamente pantaloni e mutande.

I dolori che gli inflisse la massaggiatrice furono lancinanti. Lo colpì decine di volte sulla pelle già piena di lividi, e poi se lo scrollò di dosso tutto dolorante.
Il ragazzo strisciò con le lacrime agli occhi sotto i piedi delle altre massaggiatrici, ovviamente felicissime di vederlo così, dove si accasciò con la faccia a terra.

“Devi ancora farci sentire come piagnucolavi quella volta…” gli ricordò sadicamente Sabrina “Ecco… così…” disse, e gli strofinò la suola della scarpa sul sedere dolorante
“Ahi! No… mi fai male…!” gemette Matteo “Non così, per favore…”
“Esatto!” confermò lei, poi continuò il racconto tenendogli un piede sulle natiche “Continuava a dirmi: ‘No… non è giusto…’, allora io gli ho risposto: ‘Perché? La penitenza diceva solo che dovevo prenderti a schiaffi, non specificava quanti te ne dovevo dare e con cosa.’. L’ho fatto sdraiare a terra, cosa che riuscivo a fargli fare sempre molto facilmente, e ho cominciato a colpirlo coi miei piedini nudi finché non si è messo a piangere. Non avevo mai preso a schiaffi nessuno in quel modo, ovviamente, così esagerai un po’ e dovemmo inventare una scusa per certi segnetti… che gli rimasero per un paio di giorni.”.
In genere Sabrina non umiliava troppo Matteo, se non a parole, ma il ricordo di quell’esperienza le fece venire voglia di farlo. Andò a mettere un piede sotto la faccia di Matteo che, senza bisogno di ordini, lo baciò.
La serata, insomma, si trasformò presto in una nottata. Per Matteo iniziò a farsi sentire la stanchezza, oltre che l’umiliazione e il dolore fisico delle sculacciate. Verso le quattro, iniziò a implorare le ragazze di lasciarlo andare, strisciando e stringendo le loro caviglie.
“Io voglio continuare! Non sono stanca!” esclamò una massaggiatrice “Voglio che continui fino allo sfinimento.”
Iku, però, venne in aiuto di Matteo.
“No,” disse “dobbiamo farlo riposare, e riposare un po’ anche noi. Io inizio a aver sonno.”.
La padrona di casa si era espressa, e contraddirla non sarebbe stato educato.
“Ma non possiamo mica smettere così, subito, no?” fece notare con aria triste la massaggiatrice che aveva parlato prima “È così divertente vederlo strisciare! Almeno facciamo un’ultima cosa divertente!”
Iku acconsentì, e iniziarono le proposte.
“Facciamogli leccare i nostri piedi finché non crolla a terra sfinito!” propose Saya
“No, ci vuole troppo!” disse Kazue “Mettiamogli le nostre scarpe in equilibrio sul petto e vediamo quanto resiste senza farle cadere.”
“Ho un’altra idea!” esclamò Otsune “Usciamo in fila indiana calpestando il suo corpo per lungo!”
“Non è male…” disse Sabrina “Però io avrei in mente un’altra cosetta…”.
Verso le cinque, Matteo si trovava in ginocchio, con intorno tutte le ragazze che lo avevano appena umiliato, a piedi nudi. I piedi si trovavano tutti intorno alla sua testa. A malapena riusciva a scorgere i loro sorrisi divertiti.
“Dai… avanti…!” gli disse Iku
“Non ci riesco…” rispose lui a fatica
“Ma come non ci riesci? Ti abbiamo fatto bere almeno tre litri d’acqua!” commentò Sabrina
“Facendola passare prima nella nostra bocca!” precisò un’altra
“Dai…” lo incoraggiarono “Fatti la pipì addosso…”
“Non ci riesco…” continuò lui quasi piangendo “Mi state umiliando troppo… vi prego…”
“O così o non esci, e io a dormire qui non ti ci tengo.” gli disse Iku facendo ridere le altre ragazze.
Matteo si stava concentrando in modo da sentirsi più umile possibile, sottomesso al punto da trovare naturale un gesto così ridicolo.
Non ci riuscì subito. Gli ci volle un’altra ora. Quando sentì la risata delle ragazze alla vista della macchia scura sui suoi pantaloni, si coprì la faccia con le mani per la vergogna.
Ovviamente Sabrina non glielo permise.
Quando si fu svuotato completamente (Iku gli raccomandò molto caldamente di non far cadere nemmeno una goccia sul pavimento), si alzò, lo raggiunse e gli alzò la testa prendendolo per i capelli, in modo che fosse visibile da tutte.
“Non voglio farmi scappare l’occasione di umiliarlo!” gridò mentre le altre ridevano “Mentre usciremo, lui starà alla porta e ci saluterà una per una, guardandoci dritto negli occhi e dicendo ‘Mi sono fatto la pipì addosso. Buonanotte, signorina.’. Dopo gli porgeremo un piede e lui ce lo bacerà.”.
Tutte furono d’accordo. Sabrina uscì per ultima per potersi godere lo spettacolo, e ovviamente pretese lo stesso saluto dovuto a tutte.
“Salutami, verme che non sei altro!”
“Mi sono fatto la pipì addosso.” disse Matteo; anche dopo essere stata detta tante volte, quella frase continuava a strappare una risatina “Buonanotte, signorina.”
“Baciami il piede” ordinò lei porgendoglielo “e pensa che la serata che hai appena passato la devi a me!”.
Matteo le baciò il piede come gli aveva chiesto, dopodiché la accompagnò a casa insieme a un paio di ragazze e tornò a casa propria.
Ormai era mattina, e camminava tutto rosso dalla vergogna in mezzo ai cittadini che si alzavano per andare a lavoro, con i pantaloni sporchi di pipì.

FINE
 
Top
5 replies since 14/12/2023, 12:24   2621 views
  Share