| Racconto non autografo, trovatosul web, dal sito raccontieroticipertutti.it, scritto da Delicato Autore su soggetto di Nponzo1 =============================================================================
Era una giornata come tante altre e Matteo, un ragazzo di circa diciotto anni, camminava verso il centro massaggi con i soliti pensieri per la testa. Gli stessi che aveva sempre da qualche mese, da quando aveva iniziato a frequentare il centro massaggi “Iku Tramp-Lin”, dal nome della ragazza cinese che lo possedeva. Non era solo per l’ambiente accogliente e rigenerante che trovava in quel luogo, né solo per come si sentiva meglio dopo i trattamenti; quello che aveva davvero spinto Matteo ad entrare in quel centro erano stati i massaggi Kalari. Uno dei trattamenti prevedeva infatti che il cliente si sdraiasse su un lettino per venire calpestato da una ragazza cinese. E a Matteo era sempre piaciuto essere calpestato dalle ragazze. Era una sua debolezza fin da piccolo. A costo di essere preso in giro da loro, aveva sempre permesso che le bambine lo stendessero a terra come un tappeto e gli camminassero sopra. A spingere le sue amiche ad umiliarlo, a infierire su di lui, era, oltre il fatto che fosse così facile metterlo sotto i propri piedi, anche che, una volta fatto questo, tenercelo era facilissimo. Matteo, difatti, stava immobile, pregando che la tortura durasse il più possibile. Con i suoi amici era diverso; anche loro finivano, per scherzo o per qualche altro motivo, sotto i piedi delle loro compagne di giochi, di tanto in tanto, ma iniziavano subito a divincolarsi, liberandosi in pochi secondi. Arrivato all’ingresso del centro massaggi, Matteo trovò ad accoglierlo i sorrisi maliziosi di un gruppetto di massaggiatrici. Erano tutte cinesi, o almeno asiatiche, Matteo non aveva mai fatto domande troppo precise, a riguardo delleloro origini. Erano tutte molto più basse di lui, e avevano l’aria più cordiale che si fosse mai vista, eppure lo mettevano orribilmente a disagio. “Ciao, Matteo!” disse una di loro “Come stai? Sei venuto per qualcosa?” “Io… ciao… bene…” rispose lui arrossendo “Sì… ero venuto…” - fece una pausa, che fu riempita dalla risatina di una di loro - “io… ho messo da parte cinquanta euro.” “Oh, cinquanta euro…” gli disse quella con un sorriso compassionevole “Non bastano per un massaggio coi piedi, lo sai” “Vi prego…” singhiozzò lui a quel punto “Sto finendo i risparmi… non so più dove trovare i soldi…” Le ragazze fecero delle risatine, ma non cattive, accondiscendenti. “Un modo c’è, lo sai.” disse la ragazza che gli aveva parlato fino a quel momento Un’altra aprì la porta di un’altra stanza e urlò: “Signorina Lin… c’è qui Matteo!” “No…!” pregò mentalmente lui. Dall’ufficio uscì una ragazza di meno di trent’anni, così giovane che non si sarebbe detto che potesse già essere la proprietaria di un centro massaggi. “Oh… ciao, Matteo” - gli disse con un sorriso, guardandolo come si guarda una preda succulenta - “Sei venuto per il solito massaggio?” “Sì” rispose lui con un filo di voce. “Hai abbastanza soldi?” chiese lei. “No” rispose lui “Bhè, allora il sistema con cui puoi pagarci lo sai!” disse lei. Questo detto, si sedette sulla scrivania, si tolse una scarpa e, tra le risate delle sue dipendenti, porse il piede a Matteo.
Per i primi tempi, le visite di Matteo al centro massaggi erano state paradisiache. Si sdraiava sul lettino e iniziava a farsi schiacciare dalla cinesina di turno che, coi suoi piedini piccoli e delicati, iniziava a tormentarlo per un tempo che gli sembrava infinito e sempre troppo breve. Il tutto con una piacevolissima erezione contenuta dal proprio corpo e dal materasso del lettino. La cosa più bella era che nella stessa stanza dove si svolgevano quei massaggi c’era un’ampia specchiera, quindi il ragazzo, di tanto in tanto, poteva sbirciare tutta la scena come un osservatore esterno. Guardava lo specchio e vedeva un ragazzo trattato come meritava da una dolce e piccola creatura. Poi rifletteva che quel ragazzo era lui stesso e sentiva aumentare la propria erezione. Quando i massaggi finivano, doveva fare violenza su sé stesso per non inginocchiarsi davanti alla ragazza per ringraziarla. I suoi risparmi non erano illimitati, però. Doveva razionarli bene. Quello col massaggio doveva essere un piacevole appuntamento mensile, o tutta quella meraviglia sarebbe finita subito. Nonostante queste buone intenzioni, il richiamo dei piedini di quelle ragazze era troppo forte e in meno di due mesi Matteo aveva finito i soldi. Una piacevole sorpresa del centro massaggi, per Matteo, era stata lo scoprire che il massaggio Kalari non consisteva solo nel camminare sulla schiena del paziente, ma anche nel colpirlo con le piante dei piedi in varie zone del corpo per scioglierne la tensione. In origine, gli spiegarono, quella non era una tecnica da massaggiatori, ma da lottatori. Col tempo era successo qualcosa di meraviglioso: una tecnica nata per lottare si era trasformata in… Matteo non sapeva neppure come definire qualcosa di così bello… una tecnica per far impazzire di gioia. Starsene sdraiato, coperto di oli essenziali, mentre una cinesina lo colpiva coi propri piedi su tutto il corpo. Il suono delle piante delle ragazze quando colpivano il suo corpo unto, l’odore del loro sudore per la fatica che facevano, il sentirsi alla loro mercé, guardare i movimenti delle loro gambe mentre lo colpivano … tutto questo era diventato una droga, per lui. E, quando si trovava in quella situazione, non capiva più niente. Per questo capire il suo stato d’animo in quei momenti non era stato difficile per quelle ragazze. Matteo pensava che fosse stato soprattutto uno l’episodio che aveva rivelato il piacere che provava. Una volta, una di loro gli aveva chiesto in che zona sentiva più tensione e lui, desiderando ardentemente quei piedi sulle guance, aveva risposto: “Sulla faccia!”. La ragazza era scoppiata a ridere, e lui era arrossito come un peperone. “Volevo dire… sulle spalle…” si era corretto, ma il tono della sua voce, flebile e umile, non era certo risultato convincente. Poi erano finiti i soldi. Se quell’episodio aveva fatto venire alle ragazze qualche dubbio su di lui, le sue continue visite al centro nonostante ormai sembrasse non potersele più permettere, le richieste di credito, le suppliche e il fervore con cui venivano portate avanti glieli tolse. A un certo punto, fu chiaro che quel ragazzo, per le ragazze del centro massaggi, era uno schiavetto. Un giorno la signora Tramp-Lin, la proprietaria del centro, approfittò di una delle visite di Matteo per parlargli in privato. “Allora, Matteo…” gli disse “Ti piace essere calpestato da noi, eh?” “Eh?” aveva gracidato lui arrossendo “Io… ecco…” “Insomma, ti piacciono quei massaggi, no?” “Sì” rispose lui, sempre tesissimo “Non essere così teso…” disse lei “Sai perché t’ho chiamato qui?” “No.” “Perché il motivo per cui sono la direttrice del centro è che sono anche la più esperta massaggiatrice” gli rispose lei “e così voglio farti provare un massaggio fatto da me”. Fu strabiliante. Iku lo fece stendere a pancia in su, in modo che la vedesse perfettamente, mentre lo calpestava. Poi iniziò a calpestarlo in modo più simile a quello delle sue amichette di infanzia che a quello di una massaggiatrice. Lo fece sentire umiliato, lo calpestò come si calpesta uno zerbino, con gli stessi gesti che si fanno per pulirsi le scarpe. Non era neppure sicuro che fosse un massaggio, quello. Tutto questo avvenne verso le sette di sera, con la sola intima luce che entrava dall’esterno, a lampade spente. Era il miglior massaggio ricevuto in quel centro. A un certo punto, Iku gli salì coi piedi sulla faccia, e Matteo ebbe la conferma che l’episodio che aveva tanto fatto ridere quella massaggiatrice non era passato inosservato. Dopo un’oretta circa di supplizio, la ragazza scese dal corpo di Matteo, mettendo i piedi ai lati della sua testa. Il ragazzo stava esplodendo. Sentiva un’erezione gigantesca e una voglia assurda di masturbarsi. “Ti è piaciuto?” gli chiese guardandolo dall’alto in basso “Tantissimo…” gemette lui adorando ogni centimetro visibile di quella ragazza, dalle caviglie alle gambe che quasi scomparivano nella penombra, dai minuscoli seni al visino che faceva capolino da dietro di essi. Avrebbe voluto toccare lei o sé stesso, ma non poteva fare nessuna delle due cose. Se ne stava impietrito, sorvolato dal corpo della ragazza, i cui piedi erano così vicini e così lontani sia dal suo tatto che dalla sua vista. “Addirittura tantissimo?” disse lei “Allora adesso devo chiederti una cosa...” con un gesto scioltissimo e naturale, poggiò un piede sull’erezione di Matteo, mentre l’altro rimaneva vicino alla sua faccia: “Mi lecchi un piede?”. Era una cosa a cui Matteo non aveva mai pensato. Non riguardava le sue fantasie, per dirla con un’eleganza moderna. In quel momento non ebbe problemi a obbedire, però: Iku spostò il piede dalla sua erezione alla sua faccia e lui leccò la pianta. Dopo un po’, la ragazza spostò il piede, se lo asciugò sul materassino e scese dal lettino. Mentre la ragazza si rimetteva le scarpe, complimentandosi con Matteo per quanto era stato bravo a leccarle il piede, il ragazzo realizzò quello che aveva appena fatto, e iniziò a sentirsi più umiliato che mai. Poco dopo, mentre anche Matteo si rivestiva, preparandosi a uscire, Iku gli spiegò la situazione. “Non c’è niente di male ad amare i massaggi Kalari.” gli spiegò. “Se non fossero belli, la gente non pagherebbe per farseli fare, no?” “Io… immagino di sì…” rispose lui arrossendo e guardando per terra, ben consapevole che il suo non era semplicemente amore per la fisioterapia… “Io sono disposta a farti fare gratis tutti i massaggi che vuoi. Anche uno al giorno.” disse Iku con il suo strano e delizioso accento asiatico “Però devi fare qualcosa per me.” “Leccarti i piedi…!” esclamò lui. “Non dire così…” lo rassicurò lei. “Diciamo che voglio… un assistente, ecco. Uno che mi aiuti col lavoro. Per esempio, poter avere una rinfrescatina ai piedi ogni tanto, dopo una giornata passata alla scrivania… qualche massaggino alle mie dipendenti, che si stancano tanto facendo quei massaggi che piacciono a te… e, magari, anche qualche servizietto alle clienti. Ma, soprattutto, dovrai essere il mio leccapiedi.”. Matteo aveva rifiutato, imbarazzatissimo. Per mesi aveva continuato a raggranellare soldi col contagocce e a elemosinare pietà dalle ragazze del centro. Pessima strategia; in tre mesi riuscì sì e no a mettere insieme i soldi per un massaggio e le ragazze che cercava di impietosire più che prenderlo in giro non facevano.
Ora Matteo si trovava di fronte a Iku che gli porgeva il suo piedino nudo e sudato, e intorno a lui un paio di massaggiatrici che osservavano la scena divertite. Leccarle i piedi… non sapeva neppure come aveva fatto la prima volta! Certo che, però… un massaggio al giorno… era un’idea che lo mandava letteralmente in visibilio, oltre le sue più rosee speranze. Non poté non pensare che, se proprio doveva umiliarsi davanti a loro, tanto valeva farlo in cambio dei loro massaggi. “Se vuoi accettare,” gli disse Iku “inginocchiati subito e vieni qui strisciando sulle ginocchia” Le ragazze risero. Matteo dovette percorrere un paio di metri che gli sembrarono chilometri in ginocchio, in mezzo a un gruppo di cinesine che ridevano di lui, fino a arrivare al piede di Iku. Stavolta leccare fu molto più difficile. Non c’era l’atmosfera della volta precedente, non aveva lo stesso stato d’animo… sentì l’odore del piede della ragazza salirgli nelle narici, e capì che era sudato. Iniziò a leccare. Incrociò lo sguardo di Iku, ed era uno sguardo molto eloquente; gli intimava di non distogliere lo sguardo dal suo viso, mentre leccava. L’umiliante operazione, durante il quale anche l’altro piede della ragazza conobbe la lingua di Matteo, durò una ventina di minuti. In quei venti minuti, Matteo sentì che tutte le massaggiatrici del centro massaggi “Iku Tramp-Lin” venivano ad assistere alla scena. Era in ginocchio, con la lingua sui piedi di una ragazza, per implorare di essere calpestato.
(continua)
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