Racconto non autografo, trovato sul web, dal sito raccontifemdom, autore anonimo
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Nota: si tratta naturalmente di un racconto di fantasia, come tutti.
E' piuttosto forte e contiene brani e descrizioni che potrebbero urtare la suscettibilità di qualcuno.
Chi legge è avvisato.============================================================
1
La macchina percorreva velocemente la strada che si apriva tra colline e campi coltivati.
La mia padrona non mi aveva rivolto nessuna parola da quando eravamo partiti ed io stavo chiedendomi cosa stesse pensando. Era bellissima. Avevo il cuore in gola e dall’inizio del viaggio, ero in uno stato di eccitazione perenne.
Eravamo partiti la mattina presto. La sera precedente mi era arrivato un messaggio sul cellulare dove lei mi diceva di depilarmi completamente e che l’indomani mattina avrei dovuto raggiungerla alle 7 in punto a casa sua perché l’avrei dovuta accompagnare per il fine settimana da una sua amica in campagna. La fortuna era che quel venerdì era ponte altrimenti avrei dovuto giustificarmi in ufficio. Probabilmente la mia padrona aveva calcolato anche questo.
Mentre la strada scivolava sotto di noi, ripensavo se avessi messo tutti i giocattoli nella borsa; sapevo infatti benissimo che le dimenticanze sarebbero state punite severamente. Con rapidità ripassavo mentalmente l’elenco delle cose da prendere, poi mi lasciai prendere dalla bellezza del paesaggio.
Mi ero alzato prestissimo quella mattina per preparare me e tutto il necessario, per giunta lo stato di eccitazione in cui mi trovavo non mi aveva fatto prendere sonno per un bel po', in totale avrò dormito forse un'ora. Così, dopo circa mezz'ora di viaggio mi stavo assopendo. La mia padrona se ne accorse, mi chiamò e mi disse:
“Caro Paolo, stai sveglio che siamo quasi arrivati. Passerò con te questo fine settimana dalla mia amica Roberta, le ho già parlato di te e sa tutto, ma probabilmente ignora quanto tu possa essere servizievole, devoto e soprattutto ninfomane, mi raccomando devi farmi fare bella figura”.
Annuii e risposi, come avevo imparato che sempre dovevo fare “Sì, mia signora” .
Lei continuò, dicendomi: “Roberta è una mia carissima amica, forse la più cara che ho, è una donna molto autoritaria e tu dovrai essere molto compiacente con lei, anche se ha gusti particolari…. molto particolari” e si mise a ridere sguaitamente.
Conoscendo la mia padrona mi aspettava sicuramente qualcosa di pesante, ma che l'avrebbe fatta divertire moltissimo. Ma solo questo contava, mi aveva sottomesso completamente, ero da tempo il suo schiavo, ma mi avetotale. Le va detto che l'obiettivo era quello di degradarmi e addestrarmi a un percorso di schiavitù incondizionata e io risposi che l’avrei servita devotamente e che avrei fatto tutto quello che la mia padrona mi avrebbe ordinato di fare.
Dopo circa 15 minuti arrivammo al cancello di una grande villa. La mia padrona scese, citofonò e rientrò in macchina. Il cancello si aprì e imboccammo un viale fiancheggiato da entrambe le parti da altissimi cipressi. Dopo alcune centinaia di metri arrivammo a un casale fortificato in pietra.
Cruel, così si chiama la mia padrona, si fermò e scese dalla macchina ordinandomi di prendere tutte le valige e di seguirla. Intanto lei andò avanti, bussò alla porta edun maggiordomo le aprì e la fece entrare, inchinandosi riverente ed accompagnando con un ampio gesto di invito con il braccio e la mano il suo ingresso. Io presi tutti i bagagli e la seguii.
Varcato il portone, mi ritrovai in una stanza rettangolare sulla quale si aprivano delle finestre con pesanti vetrate in ferro e delle porte. Il maggiordomo era alla mia destra mentre la mia padrona stava abbracciando la sua amica Roberta, una bella donna sulla quarantina, rossa di capelli, alta, sul metro e settanta, una figura che sprizzava energia da ogni poro.
Dopo i convenevoli di rito Roberta si rivolse al suo maggiordomo e gli ordinò di accompagnarmi a portare le valigie della sua ospite nella stanza e di sistemarmi. Fui accompagnato al piano nobile, dove si aprì una doppia porta in quello che era un vero e proprio appartamento privato. Lasciai le valige e il maggiordomo fece il segno di seguirlo. Mi portò in una stanza molto piccola che nulla aveva a che fare con gli arredi e il fasto delle altre. Lì mi fece cenno di mettermi seduto su una panca in pietra murata nella parete, poi prese un collare, me lo mise al collo e lo chiuse con un lucchetto. Quindi lo fissò a una catena che pendeva dal muro e con altro lucchetto agganciò il mio collare a quella catena. Ecco quale sarebbe stata la mia condizione. Mi fosse mai venuto in mente di scappare non avrei potuto farlo, ero prigioniero.
Il maggiordomo se ne andò via senza dire alcuna parola tirandosi dietro la porta. Rimasi nel buio più totale, con il collare fissato alla catena.
Dopo un tempo che non riuscii a quantificare la porta si aprì, entrò della luce e riconobbi la sagoma di padrona Cruel.
“Ti piace la tua camera?” mi disse ridendo, era tra l’euforico, l'eccitato e il divertito.
Le risposi di sì, d'altronde ogni negazione mi era vietata, la parola "no" per ordine della padrona era stata da tempo cancellata dal mio vocabolario, non potevo pronunciarla apena di essere severamente punito.
Cruel si rallegrò, mi venne vicino e mi accarezzo la testa dicendomi che ero un cucciolo e che avrei imparato molte cose nuove. Mi liberò dalla catena, e mi ordinò di spogliarmi completamnete nudo lasciandomi solo il perizoma di pizzo, indumento che dovevo portare regolarmente, e di raggiungerla in stanza.
Liberatomi dei vestiti superflui, praticamente tutti tranne il perizoma che brillava sul mio corpo completamente depilato come da ordine del giorno precedente, la raggiunsi. Era comodamente distesa su un divanetto e mi ordinò di inginocchiarmi e di prostrarmi ai suoi piedi di fronte a lei. Poi incominciò a parlarmi.
“Caro Paolo sai cosa sono le fluffers?”
Non lo sapevo, ma non potevo rispondere di no, così non dissi nulla e abbassai lo sguardo.
Lei riprese il discorso: “Ho parlato con Roberta delle tue attitudini e, lei complimentandosi con me, mi ha suggerito un tuo uso estremamente divertente, per cui ho deciso che seguirò i suoi consigli per il tuo addestramento. Hai portato tutto il necessario? Corri a prenderlo e torna qui”.
Eseguii rapidamente e tornai, rimettendomi prostrato di fronte a lei.
Mi ordinò di mettermi a pecorina a gambe larghe, testa alta come se fossi un cane, poi tirò fuori dalla borsa un guanto in lattice lo indossò ed incominciò a ispezionarmi.
La sua mano si insinuava tra le mie cosce lisce e depilate, poi scostò le mutandine ed incominciò a saggiare la durezza delle palle pian piano, salì fino a raggiungere il mio buchino e mentre con un dito incominciava a penetrarmi, con l’altra mano mi prese un capezzolo e dopo averci pianto le unghie incominciò a tirarlo con forza.
Mentre mi mungeva inserì nel mio buchino un altro dito ed incominciando a sditalinarmi il culo. Mi mungeva il culo e anche i capezzoli.
Il tutto durò qualche minuto poi, sfilandomi di botto le dita dal culo, esclamò: “Bene, hai le palle belle gonfie, rispondi bene alle stimolazioni e la tua fichetta è abbastanza burrosa. Ora prendimi la cintura di castità e le mollette e mettiti in posizione”.
Obbedii. Presi tutto quello che mi aveva comandato e la raggiunsi, mi misi in ginocchio con il sedere sporto e lei incominciò il rito a cui ormai ero abituato.
Per prima cosa mi tirò le palle per farmi sgonfiare il pisello, me le strinse fortissimo poi mi mise la cintura di castità, che a dire il vero era strettina, infine mi applicò delle mollette da elettricista, molto dolorose, ai capezzol fissandole con una catenellai.
“Perfetto” esclamò “ma manca ancora qualcosa: prendi un cuneo anale dalla borsa, quello medio”.
Mi spinse con il busto sul pavimento, spostò il perizoma e mi spinse fino in fondo il cuneo nel culo. Poi prese una catenella e la trasformò in una mutandine che fissò con due piccoli lucchetti in modo tale che il cuneo fosse bloccato dentro di me in modo tale che non potesse comunque uscire.
Guardandomi compiaciuta per il lavoro mi disse: “Perfetto ora, mettiti il grembiulino da lavoro poi vai a prepararmi un bel bagno caldo e l’occorrente per un bel massaggio”.
Feci come mi aveva ordinato preparai il bagno, l’aiutai a spogliarsi, la lavai e poi la massaggiai con i suoi oli preferiti per circa un’ora.
Quando ebbi finito si alzò, e preso il telefono sul comodino fece un breve numero. “Ciao Roberta, la cameriera ora è pronta manda su il maggiordomo per portarsela via”.
Mi guardò negli occhi e disse: “Ora fai il bravo, questa sera ci dovrai servire tu a tavola”.
Mi accarezzò e subito dopo bussò il cameriere che mi mise un guinzaglio al collare che precedentemente mi aveva applicato e mi portò via.
(continua)
Edited by BDSMLover - 4/5/2019, 12:52